Il Premio alla Nascita di 800 euro va dato anche alle mamme straniere

Davide Grasso Giovedì, 14 Dicembre 2017
Secondo il Tribunale di Milano è discriminatorio darlo solo alle madri italiane o straniere con permesso lungo di soggiorno. L'Istituto di Previdenza dovrà adeguarsi. 
  Il 'premio nascita' di 800 euro una tantum va concesso a tutte le madri, anche quelle straniere non in possesso di un permesso di soggiorno di lungo periodo. Lo ha stabilito il Tribunale di Milano che ordina all'Istituto nazionale previdenza sociale di estendere il premio a tutte le mamme straniere regolarmente soggiornanti in Italia e giudica "discriminatoria" la condotta dell'Istituto - accogliendo il ricorso delle associazioni ASGI, APN e Fondazione Piccini che ne danno notizia - il quale ora dovrà revocare le proprie circolari e pubblicare sul proprio sito una "nota informativa" che informi della estensione del beneficio.

La questione

Il "Bonus mamma domani" consiste in una somma una tantum di 800 euro che l'Inps eroga alla nascita o all'adozione di un figlio a partire dal 2017. Il sostegno è riconosciuto alle donne gestanti o alle madri che siano in possesso dei requisiti attualmente presi in considerazione per il bonus bebè di cui alla legge di stabilità n. 190/2014 (art. 1, comma 125) vale a dire la residenza in Italia e la cittadinanza italiana o comunitaria (le cittadine non comunitarie in possesso dello status di rifugiato politico e protezione sussidiaria sono equiparate alla cittadine italiane). L'Inps ha ammesso al beneficio anche le cittadine non comunitarie residenti in possesso del permesso di soggiorno UE per soggiornanti di lungo periodo di cui all’articolo 9 del Decreto Legislativo n. 286/1998 oppure di una delle carte di soggiorno per familiari di cittadini UE previste dagli artt. 10 e 17 del Decreto Legislativo n. 30/2007). A tal riguardo l'Istituto ha incluso i titolari di carta di soggiorno per familiare di cittadino dell’Unione europea (italiano o comunitario) non avente la cittadinanza di uno Stato membro (art. 10 del Decreto legislativo n.30/2007); e i titolari di carta di soggiorno permanente per i familiari non aventi la cittadinanza di uno Stato Membro (art. 17 del Decreto legislativo n.30/2007). L'istituto però ha negato il beneficio alle cittadine non comunitarie presenti regolarmente nel nostro paese non in possesso della Carta di soggiorno. 

La decisione del tribunale

E' proprio questa esclusione ad aver attivato il contenzioso.  Secondo il tribunale di Milano, non può essere l'Inps a escludere arbitrariamente l'una o l'altra categoria di stranieri dato che non sussiste alcuna indicazione di legge che lo preveda. Pertanto l'Istituto dovrà eliminare "la condotta discriminatoria attraverso l'estensione del beneficio assistenziale "a tutte le future madri regolarmente presenti in Italia che ne facciano domanda e che si trovino nelle condizione giuridico-fattuali" previste dalla legge 232 del 2016. "Non è quindi neppure necessario, come avevano fatto invece altri giudici, fare riferimento a quelle norme comunitarie che prevedono la parità di trattamento per i titolari di permesso unico lavoro - commentano i legali delle associazioni che hanno presentato ricorso -: in questo caso è proprio la legge nazionale istitutiva a prevedere il beneficio con la massima ampiezza, persino senza alcun limite di reddito".

L'Istituto precisa di aver "chiesto alla Presidenza del Consiglio dei ministri, al ministero del Lavoro e al Mef se intendano confermare l'orientamento finora espresso sulla limitazione del Bonus mamma domani alle residenti e immigrate con permesso di lungo soggiorno. Il governo non ci ha ancora risposto". "Confidiamo che ora l'Inps si adegui rapidamente alla decisione del Tribunale - ha commentato invece l'avvocato Alberto Guariso che assisteva le associazioni - evitando così il diffondersi di un contenzioso che sarebbe non solo oneroso per lo stesso Inps, ma, soprattutto, ingiusto per la difformità di trattamento che verrebbe a crearsi in una materia così delicata tra chi agisce in giudizio e chi fa affidamento sulle erronee comunicazioni dell'Inps". 



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