Incentivo all'esodo, Scatta la contribuzione ove sia accertata la natura transattiva

redazione Venerdì, 16 Giugno 2017
L'ente previdenziale può chiedere il versamento della contribuzione sulle corresponsioni economiche erogate a titolo di incentivazione all'esodo ove sia acclarata la loro natura transattiva.
 
Due recenti sentenze – rese dalla Corte di Cassazione, n. 13467 e dalla Sezione Lavoro della Corte d’Appello di Roma, n. 3062/2017 – pongono nuovamente alla ribalta dell’attenzione giurisprudenziale la questione del trattamento previdenziale delle somme formalmente erogate a titolo di “incentivo all’esodo” ai dipendenti in occasione della cessazione del rapporto di lavoro, che possono tuttavia rivestire natura transattiva e, come tali, assumere rilevanza ai fini dell’imponibile previdenziale.

Entrambe le fattispecie oggetto delle due pronunce traggono origine da accertamenti ispettivi effettuati dai funzionari dell’ INPGI presso aziende editoriali, all’esito dei quali e’ stato riscontrato l’omesso versamento della contribuzione previdenziale in favore dell’Ente Previdenziale con riferimento ad alcune somme erogate a giornalisti dipendenti a titolo di incentivazione all’esodo che – tenuto conto dei termini e delle condizioni contenuti negli accordi sottoscritti tra le parti e delle relative modalita’ attuative – sono state ritenute di natura retributiva.

Sulla scorta di quanto disposto dalla legislazione vigente in tema di determinazione della base imponibile a fini previdenziali, infatti, le somme che il datore di lavoro corrisponde al personale dipendente all’atto della cessazione del rapporto di lavoro risultano esenti da obblighi di contribuzione qualora siano erogate a titolo di “incentivo all’esodo”, vale a dire con l’esclusiva finalita’ di indurre il lavoratore ad accettare la risoluzione del rapporto.

Al contrario, gli importi che vengono pattuiti tra il datore di lavoro e il lavoratore a titolo “transattivo” – cioe’ che sono finalizzati ad ottenere dal lavoratore la rinuncia a far valere diritti retributivi riferiti allo svolgimento del rapporto di lavoro – sono equiparati, ai fini previdenziali, alla retribuzione e, pertanto, debbono essere assoggettati al versamento dei contributi in favore dell’ente di previdenza.

Per tali ragioni accade, a volte, che i datori di lavoro – pur ponendo in essere degli accordi di natura “transattiva”, che prevedono l’espressa rinuncia dei lavoratori ad ottenere il pagamento di alcune spettanze retributive – utilizzino, sul piano formale, lo schema giuridico dell’ “incentivo all’esodo” per non versare la contribuzione previdenziale a proprio carico  e aggravare, di conseguenza, il “costo” aziendale dell’operazione.

Si tratta, pertanto,  di una tematica ripetutamente affrontata dalla giurisprudenza, che – salvo rare eccezioni – ha affermato il principio in base al quale, a prescindere dalla qualificazione formale e letterale degli accordi sottoscritti tra le parti, ai fini dell’applicazione del corretto regime previdenziale delle somme definite a titolo di “incentivo all’esodo” e’ necessario esaminare in concreto, sul piano sostanziale, i termini e le modalita’ di attuazione degli accordi in relazione all’eventuale presenza di rinunce del lavoratore a diritti retributivi connessi con lo svolgimento del rapporto di lavoro.

Nelle pronunce citate e’ stato, quindi, riaffermato che la pretesa contributiva dell’Istituto va esaminata e decisa sulla base del principio secondo il quale deve essere provata dal datore di lavoro – su cui pacificamente incombe l’onere – la funzione incentivante l’esodo, non essendo sufficiente, ai fini della esclusione dal versamento dei contributi previdenziali, la mera “qualificazione delle somme come incentivo all’esodo operata dalle parti nell’accordo conciliativo”.

E ciò tanto più quando – come nei casi di specie – nell’accordo  conciliativo si rinvengano elementi idonei a ritenere il contrario, quali l’espresso richiamo al pregresso rapporto di lavoro e la rinuncia, operata dai lavoratori nei verbali di transazione, a pretese di natura retributiva, ancorche’ genericamente espresse e riferite a diritti non ancora formalmente azionati.

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