Welfare Aziendale, Le imprese potranno rimborsare l'abbonamento al trasporto pubblico

Bruno Franzoni Domenica, 21 Gennaio 2018
Lo prevede la Legge di Bilancio per il 2018. Reintrodotta anche la detraibilità al 19% del costo dell'abbonamento al trasporto pubblico locale entro un massimo annuo di 250 euro.
I datori di lavoro potranno rimborsare il costo per l'acquisto degli abbonamenti per il trasporto pubblico locale, regionale o interregionale. Lo prevede un passaggio della legge di bilancio per il 2018 con la quale il legislatore rafforza ulteriormente le tematiche relative al welfare aziendale già oggetto di una specifica attenzione negli ultimi anni.

Nello specifico l’art. 1, comma 28, lett. b) della Legge 27 dicembre 2017, n. 205 stabilisce per la prima volta nel nostro ordinamento che le somme rimborsate dal datore di lavoro o le spese direttamente sostenute da quest'ultimo per l'acquisto dei titoli di viaggio per il trasporto pubblico locale, regionale e interregionale del dipendente e dei familiari non concorrano a formare reddito di lavoro dipendente, analogamente a quanto già oggi avviene per i "buoni pasto". La novella amplia, quindi, le ipotesi di somme e valori che non concorrono alla formazione del reddito di lavoro dipendente includendo anche i cd. "buoni TPL" incentivando fiscalmente i piani di welfare aziendale.

La novella specifica che beneficiari possono anche essere, oltre agli stessi lavoratori, i familiari, purché a carico, indicati all’art. 12 TUIR ovvero: il coniuge non legalmente ed effettivamente separato;  figli compresi quelli naturali riconosciuti;  i figli adottivi e gli affidati, ogni altra persona indicata nell’art 433 c.c. che conviva con il contribuente o percepisca assegni alimentari non risultanti da provvedimenti giudiziari.

Il datore di lavoro potrà riconoscere le predette somme volontariamente o sulla base di un contratto accordo o regolamento aziendale sulla base di tre diverse modalità: a) mediante l'erogazione diretta di una determinata somma ai lavoratori finalizzata all'acquisto degli abbonamenti; b) mediante il rimborso delle spese sostenute dai lavoratori per l’acquisto degli abbonamenti al trasporto pubblico, oppure; c) mediante acquisto diretto del datore di lavoro degli abbonamenti al trasporto pubblico. Sulle modalità di attribuzione occorrerà comunque attendere un chiarimento dell'amministrazione finanziaria. Nei primi due casi è lecito, infatti,  ritenere che il lavoratore dovrà documentare le spese sostenute. Non ci sono peraltro particolari limiti circa le somme che possono essere attribuite dal datore di lavoro. 

Come noto l’espressione "categorie di dipendenti" non va intesa soltanto con riferimento alle categorie previste dal codice civile (dirigenti, quadri, operai), bensì a tutti i lavoratori "di un certo tipo" (ad esempio tutti quelli che hanno un certo livello o una certa qualifica) o che si trovano nella "medesima situazione" (in tal senso Circ. Agenzia delle Entrate n. 326/1997) a prescindere dalla circostanza che in concreto soltanto alcuni di essi ne usufruiscono. L’evidente obiettivo del legislatore è quello di impedire che siano concessi vantaggi ad personam, ovvero solo ad alcuni e ben individuati lavoratori.

Come già precisato in passato dall'Agenzia dell'entrate per “abbonamento” si intende il titolo di trasporto che consenta al titolare autorizzato di poter effettuare un numero illimitato di viaggi, per più giorni, su un determinato percorso o sull’intera rete, in un periodo di tempo specificato. 

Alla novità è abbinata, peraltro, più in generale la reintroduzione della detraibilità al 19%, prevista in passato per i soli anni 2008 e 2009, delle spese, fino a un massimo di 250 euro, sostenute per l'acquisto degli abbonamenti ai servizi di trasporto pubblico locale , regionale e interregionale. La detrazione spetta anche se le spese sono sostenute nell'interesse dei familiari a carico, anche in via cumulativa purchè nel rispetto del limite massimo di detraibilità annuo.

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