Lavoro: Bersani rassicura Renzi, sul voto finale saro' leale

Giovedì, 02 Ottobre 2014
- Roma, 1 ott. - La Ditta e' la Ditta, non ci si puo' mica scherzare su. Cosi' Pier Luigi Bersani, al termine di una giornata interlocutoria, quasi noiosa, dedicata alle prime schermaglie sulla riforma del lavoro appena sbarcata al Senato, rassicura premier e governo. Nessuno sfascera' niente. Anzi, lealta'. Lealta', sia chiaro, verso la Ditta, per l'appunto. Che non merita di entrare in crisi. Voci che si rincorrevano hanno dato per tutto il giorno per certo un passo eclatante (vuoi un'impuntatura in caso di voto di fiducia, vuoi addirittura una scissione. Alla fine parla l'ex segretario, protagonista insieme a Massimo D'Alema del dissenso manifestato l'altro giorno in direzione nazionale. Nessuna divisione nella minoranza, mette in chiaro, perche' in direzione "si e' pensato tutti che il documento rappresentasse un passo in avanti, ma che non e' ancora sufficiente. Di fronte a una valutazione cosi', si puo' votare contro o astenersi". Quindi, ribadito il concetto che nessuno e' stato spianato, che le reni al dissenso non sono state spezzate, aggiunge ecumenico: "certamente non manchera' la lealta' verso il partito e il governo". A voler azzardare un'analisi, parrebbe di capire che si tratta di un invito a compiere ancora un paio di passi in avanti, perche' le condizioni per una ragionevole intesa ci sono tutte. Basta che si evitino le lezioncine dei "neofiti" su cosa sia la Ditta. Perche' a riguardo Bersani non accetta sermoni. Il termine, se lo ricordino tutti, lo ha coniato lui. Pregasi evitare, al tempo stesso, battute acide ad indirizzo del mondo della rappresentanza sindacale. "Quando sento che si dice, 'dov'era il sindacato in questi anni?' mi viene da rispondere, a metterci la faccia nei posti di lavoro. A metterci la faccia, e spesso non solo quella, davanti ai lavoratori", aggiunge quasi irritato. Parole significativamente simili a quelle uaste poco prima da Susanno Camusso, che a riguardo (e nei confronti dello stesso destinatario) aveva minacciato piccata di fornire Palazzo Chigi di un elenco completo. Ad ogni modo, il clima si rasserena nel giorno in cui la riforma sbarca al Senato. Non si trattera' pero' di una pratica da evadere in "pochi giorni", come promesso da Matteo Renzi. Oggi la discussione generale, forse gli emendamenti a partire dalla prossima settimana. Si deve aspettare che il governo, in caso, ne presenti uno apposta per recepire le indicazioni della direzione nazionale del Pd, e qui potrebbe riprendere la trattativa. Nel frattempo si discute dell'altra idea lanciata da renzi: il Tfr a piccole rate in busta paga. Non a tutti l'idea piace. Soprattutto a Beppe Grillo, in questi giorni abbastanza assente dal centro dell'agone politico. Il comico ne approfitta per un rientro nel suo stile. "Mentre il paese precipita nel baratro della disoccupazione e della recessione, il governo gli da' una spintarella. Togliere il Tfr alle imprese vuol dire metterle in mutande e costringerle a rivolgersi al credito bancario per finanziarsi", scrive sul suo blog. Affermazioni che, alla fine della giornata, sembrano voler rivendicare all'M5S il ruolo di unica, vera opposizione e minoranza dello scacchiere politico. Pregasi diffidare delle imitazioni. .

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