Disabili, Più limiti al trasferimento per chi gode dei permessi di cui alla legge 104

Valerio Damiani Venerdì, 03 Novembre 2017
Il diritto del lavoratore a rifiutare il trasferimento ad altra sede può essere compresso solo se il datore dimostri la presenza di ragioni tecniche ed organizzative che non possono essere altrimenti soddisfatte. 
 Il dipendente che assiste un proprio familiare gravemente disabile e che per questa ragione usufruisce dei permessi della Legge 104/92 non può essere trasferito unilateralmente da una sede di lavoro a una nuova, anche quando la nuova destinazione non comporta lo spostamento a una nuova unità produttiva salvo che il datore di lavoro provi che il trasferimento è stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte.

Lo ha stabilito la Cassazione con la sentenza n. 24015/2017 dichiarando illegittimo il licenziamento intimato ad un lavoratore fruitore dei permessi mensili di cui all'articolo 33 della legge 104/92, per assenza ingiustificata,dopo che si era rifiutato di prendere servizio presso la nuova sede. 

La questione

La questione verteva su un lavoratore che prestava assistenza ad un familiare disabile licenziato per aver rifiutato il trasferimento dalla mensa del Carcere di Poggioreale alla mensa del Carcere di Portici. Le Corti di merito avevano dato ragione al datore di lavoro dichiarando ingiustificato il rifiuto al trasferimento del lavoratore perché la nuova sede di lavoro si trovava a pochi chilometri di distanza dalla originaria sede di lavoro e dalla abitazione del lavoro del medesimo, le mansioni erano equivalenti a quelle già affidate presso il carcere di Poggioreale e l'orario di lavoro assegnato non era incompatibile con le esigenze del lavoratore di assicurare l'assistenza la familiare disabile. La Corte di Cassazione ha tuttavia ribaltato il giudizio delle Corti Territoriali di Napoli riconoscendo le ragioni del lavoratore a rifiutare il trasferimento unilaterale alla nuova sede di lavoro. 

Le motivazioni della Corte di Cassazione

L’Alta Corte sottolinea che il riconoscimento al lavoratore dello speciale regime di protezione ha come obiettivo la tutela del diritto del congiunto a mantenere invariate condizioni di assistenza nel rispetto di quanto previsto dalla Costituzione, dalla Carta di Nizza, che salvaguarda il diritto dei disabili di beneficiare di misure rivolte al loro inserimento sociale, e dalla Convenzione delle Nazioni Unite del 13 dicembre 2006 in materia di protezione dei disabili. E’ in questo ampio ambito di applicazione che deve essere inserito il limite al trasferimento lavorativo unilaterale.

La Cassazione richiama in particolare l'articolo 33, co. 5 della legge 104/92 precisando che il divieto di trasferimento del lavoratore che assiste con continuità un familiare disabile convivente ivi contenuto "opera ogni volta che muti definitivamente il luogo geografico di esecuzione della prestazione anche se lo spostamento venga attuato nell'ambito della medesima unità produttiva". Non solo. Secondo i giudici "il diritto del lavoratore a non essere trasferito ad altra sede lavorativa senza il suo consenso non può subire limitazioni risultando la inamovibilità giustificata dal dovere di cura e di assistenza da parte del lavoratore al familiare disabile, sempre che non risultino provate da parte del datore di lavoro specifiche esigenze tecniche, organizzative e produttive che, in un equilibrato bilanciamento tra interessi, risultino effettive e comunque insuscettibili di essere diversamente soddisfatte".

In altri termini, accogliendo il ricorso del lavoratore, l’alta Corte ha precisato che “il trasferimento del lavoratore legittima il rifiuto del dipendente che ha diritto alla tutela di cui all’art. 33 c. 5 della L. n. 104 del 1992 di assumere servizio nella sede diversa cui sia stato destinato ove il trasferimento sia idoneo a pregiudicare gli interessi di assistenza familiare del dipendente e ove il datore di lavoro non provi che il trasferimento è stato disposto per effettive ragioni tecniche, organizzative e produttive insuscettibili di essere diversamente soddisfatte”.

Il diritto del lavoratore a rifiutare il trasferimento, secondo i giudici supremi, può essere compresso, in sostanza, solo in caso di evidenti e comprovate esigenze aziendali di carattere tecnico organizzativo e produttivo ma, perché il trasferimento imposto unilateralmente sia legittimo, spetta al datore di lavoro l’onere di provare chiaramente l’esistenza di queste esigenze e il fatto che esse non possano essere soddisfatte in nessun altro modo.

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