Interessati sono tutti i lavoratori delle grandi aziende licenziati a far data dal 31 dicembre 2016 che non potranno più essere collocati in mobilità ordinaria, in quanto l’iscrizione nelle liste decorre dall’ 1 gennaio 2017, giorno successivo alla data di licenziamento. Tali soggetti, quindi, potranno beneficiare da questa data in poi, ricorrendone i requisiti, esclusivamente della Naspi. Nulla cambia per chi è già in mobilità o ci entrerà entro la fine dell'anno che continuerà, pertanto, a fruire dell'indennità secondo le regole attuali anche dopo il 2016, fino all'esaurimento del periodo di assistenza.
Il cambio delle carte in tavola porterà una rideterminazione della durata del sostegno e dell'importo erogabile. L'indennità di mobilità, del resto, prima dell'intervento della Legge Fornero del 2012, che ne ha progressivamente limato la durata a partire dal 2013 sino al 2016 (in vista del suo superamento, si veda la tavola sottostante), può garantire un sostegno sino a 48 mesi dalla perdita del posto di lavoro. Ed eroga un importo pari all'80% della retribuzione teorica lorda spettante, che comprende le sole voci fisse che compongono la busta paga. Per i primi dodici mesi, è pari al 100% del trattamento straordinario di integrazione salariale, detratta una aliquota contributiva del 5,84%. Dal 13° mese è pari all'80% dell'importo lordo corrisposto nel primo anno. L'indennità non può però superare i massimali stabiliti annualmente che si aggirano intorno ai 970 euro lordi al mese per retribuzioni sino a 2.102 euro lordi al mese, e 1.160 euro lordi per retribuzioni superiori al predetto importo.
Dal 2017 chi entrerà nel regime Naspi, invece, potrà contare su un sostegno "personalizzato" pari, cioè, alla metà delle settimane contributive degli ultimi quattro anni. In pratica la durata massima del sussidio Naspi potrà toccare, nella migliore delle ipotesi, i due anni e non sarà più ancorata all’età del lavoratore o alla zona di residenza. Ma sarà unica in tutto il territorio nazionale. Per averne diritto i lavoratori dovranno vantare almeno 13 settimane di contribuzione negli ultimi 4 anni e almeno 30 giorni di lavoro effettivo nell'ultimo anno precedente l'evento di disoccupazione. L’ammontare della Naspi si ottiene sommando gli imponibili previdenziali degli ultimi 4 anni, dividendo il risultato per le settimane di contribuzione e moltiplicando il tutto per 4,33 entro un massimale di 1300 euro. L'importo, però, si riduce del 3% al mese dal quarto mese di fruizione.
A conti fatti, ad esempio, un lavoratore del mezzogiorno con 2mila euro lordi al mese, prenderà con la Naspi un assegno di poco superiore all'indennità di mobilità, pari a circa 1.100 euro lordi (contro 970 euro erogati con l'indennità di mobilità). Il suo importo, di converso, diminuirà nel corso dei 24 mesi di fruizione dell'ammortizzatore sociale. Senza contare che la durata, anche nella migliore delle ipotesi, passerà dai 48 mesi indennizzabili in regime di indennità di mobilità prima della Riforma Fornero del 2012, ai 24 mesi in regime Naspi. Stesso destino per il trattamento speciale edile, anch'esso assorbito dal prossimo anno, dal nuovo ammortizzatore sociale contro la disoccupazione. Anche dal punto di vista pensionistico i risvolti sono diversi. I contributi figurativi da disoccupazione naspi hanno, infatti, un tetto retributivo oltre il quale non è riconosciuta valenza ai fini della misura della pensione e non sono utili ad integrare i 35 anni di versamenti necessari per pensionarsi con le vecchie quote (ex pensione di anzianità) per le categorie di lavoratori che le hanno mantenute (es. salvaguardati e lavori usuranti).
Sempre dal 2017 andranno in soffitta gli attuali ammortizzatori sociali in deroga come cassa integrazione e mobilità in deroga. L'Inps tuttavia ha chiarito ieri con la Circolare 217/2016 che, dopo il correttivo del Jobs Act (Dlgs 185/2016) questi trattamenti potranno essere concessi anche nel 2017 e solo sino al 31 dicembre 2017 a condizione che siano il prolungamento di una cig o di una mobilità avviata prima del 2017 il cui termine è previsto il prossimo anno. Ad esempio un lavoratore che termina l'indennità di mobilità ordinaria il 30 gennaio 2017 potrà ulteriormente usufruire di un intervento di mobilità in deroga nei limiti temporali previsti dal decreto del 1° agosto 2014. Sempre che le regioni abbiano stanziato le risorse a tal fine.