Pensione Provvisoria, Niente Restituzione se il ricalcolo arriva troppo tardi

Vittorio Spinelli Sabato, 17 Marzo 2018
I chiarimenti in una Circolare dell'Inps con la quale l'Istituto si adegua alle più recenti sentenze della Giurisprudenza. Se il trattamento definitivo di pensione viene liquidato fuori tempo massimo i pensionati non saranno tenuti alla restituzione dell'indebito eventualmente maturato rispetto al trattamento provvisorio.
Più tutele contro gli indebiti pensionistici. I pensionati non saranno tenuti alla restituzione di quanto provvisoriamente erogato ove il trattamento definitivo arrivi fuori tempo massimo. Lo spiega la Circolare numero 47 del 16 Marzo 2018 in cui l'istituto illustra le principali regole in materia di ripetizione degli indebiti pensionistici adeguandosi agli ultimi orientamenti della Giurisprudenza. Il documento illustrativo fa seguito alla Determinazione Presidenziale n. 123 del 26 luglio 2017 dell'Istituto in cui è stato approvato il "Regolamento recante i criteri, i termini e le modalità di gestione del recupero dei crediti INPS derivanti da indebiti pensionistici e da trattamenti di fine servizio/fine rapporto nelle fasi antecedenti l’iscrizione a ruolocon l'obiettivo semplificare l'ampia stratificazione normativa che ha contraddistinto la materia degli indebiti pensionistici tra gestioni private e gestioni pubbliche e le relative azioni di recupero.

Il documento dell'Istituto distingue gli indebiti pensionistici in tre gruppi: gli indebiti propri, quelli più comuni che riguardano la falsa rappresentazione degli atti o dei fatti posti a base del calcolo del provvedimento di pensione o di fine servizio/fine rapporto o delle relative ricostituzioni; gli indebiti di condotta, la cui genesi è connessa ad un elemento intenzionale, cioè ad un comportamento commissivo od omissivo che ha generato la prestazione indebita e da cui consegue un illecito arricchimento, e gli indebiti civili in cui rientrano gli indebiti generati dall’assenza di legittimazione del destinatario della prestazione.

Gli indebiti per cause diverse da elementi reddituali

Il chiarimento più importante riguarda gli indebiti propri per i quali, come noto, esiste una normativa distinta tra la gestione privata e quella pubblica frutto della diversa origine delle gestioni. Questa forma di indebito è quella più comune e insidiosa perchè spesso si determina su fatti non conoscibili dal pensionato come un mutamento nel meccanismo di calcolo dell'assegno (si pensi ad esempio al nuovo tetto introdotto dall'articolo 1, co. 707 della legge 190/2014 per chi percepisce importi elevati). E si forma quasi sempre nelle more della liquidazione del trattamento definitivo di pensione in sostituzione di quello provvisorio emesso dall'Istituto.

Nelle Gestioni Private

La regola generale vuole che le pensioni definitive possono essere in ogni momento rettificate dall'Ente in caso di errore di qualsiasi natura commesso in sede di attribuzione, erogazione o riliquidazione della prestazione ma non si fa luogo a recupero delle somme corrisposte, salvo che l’indebita percezione sia dovuta a dolo dell’interessato. Questo meccanismo, in sostanza, protegge il pensionato che abbia avuto il provvedimento definitivo di pensione dalla possibilità di vedersi chiamato a rispondere dell'indebito incolpevole. Mentre se tra il trattamento provvisorio e quello definitivo emerga un indebito l'Inps può agire per la ripetizione dell'indebito nei confronti del pensionato.

Nelle gestioni pubbliche

Regole analoghe valgono anche per i pensionati pubblici (CPDEL, CPI, CPS, CPUG e CTPS) anche se per questi soggetti è più alta la probabilità di formazione dell'indebito a seguito della liquidazione di un trattamento provvisorio. Nel pubblico impiego, infatti, sono sempre state  le amministrazioni pubbliche a fissare l'importo provvisorio della pensione al momento della domanda per poi demandare ad ulteriori verifiche, passate poi all'Ente previdenziale (ex-Inpdap), il calcolo del quantum definitivo. Non essendoci per legge un termine chiaro per l'adozione del provvedimento definitivo il pensionato rischia di vedersi corrispondere anche per moltissimi  anni una pensione che, se ridotta in sede di liquidazione definitiva, può generare indebiti per decine di migliaia di euro

Però a seconda della gestione previdenziale in cui è iscritto il pensionato gli effetti sono diversi: se trattasi di pensionato a carico delle gestioni CPDEL, CPI, CPS e CPUG (cioè cassa enti locali, cassa sanitari, cassa pensione insegnanti e la cassa pensione ufficiali giudiziari) è l'amministrazione pubblica che ha liquidato il trattamento provvisorio di pensione a dover rinfondere l'Inps della somma indebitamente corrisposta al pensionato (art. 8 Dpr 538/1986); se trattasi di pensionato iscritto alla CTPS (Cassa dei trattamenti pensionistici dei dipendenti civili e militari dello Stato) è, invece, il pensionato a dover restituire quanto indebitamente percepito nelle more dell'adozione del trattamento definitivo (art. 162 Dpr 1092/1973).

Contro questa impostazione particolarmente penalizzante per i dipendenti iscritti presso la CTPS l’orientamento giurisprudenziale consolidatosi nel corso degli anni (Sezioni Riunite della Corte dei Conti sentenze n. 7/2011/QM e n. 2/QM/2012) ha però progressivamente introdotto il principio della tutela dell’affidamento ingenerato nel pensionato in buona fede dalla legittimità del provvedimento pensionistico provvisorio adottato. Tale affidamento deve essere valutato, in particolare, considerando il lasso temporale intercorso tra la fruizione della prestazione pensionistica indebitamente erogata e il momento in cui ne è chiesta la restituzione, nonché l’assenza di dolo dell’interessato nella causazione dell’errore che ha determinato detta prestazione. Alla luce di tale indirizzo giurisprudenziale, l’articolo 162 del d.P.R. n. 1092/73 - che non fissa  alcun limite temporale per l’eventuale recupero degli importi pensionistici provvisoriamente corrisposti - non può trovare applicazione qualora la liquidazione del trattamento definitivo di pensione sia oltremodo tardiva, rispetto ai perentori  termini procedimentali fissati dalla legge, essendo  trascorso  un notevole lasso temporale tra la formazione dell’indebito e la richiesta di restituzione dell’Ente previdenziale.

Ebbene, ricorda il documento dell'Inps, nel caso in cui l'istituto non possa procedere al recupero dell'indebito verso il pensionato dovrà essere l'amministrazione statale che ha cagionato l'errore a rinfondere l'Inps. 

Indebiti di natura reddituale

Per quanto riguarda gli indebiti derivanti dalle verifiche reddituali il documento ricorda che l’articolo 13, comma 2, della legge n. 412/1991, impone all'Inps di procedere annualmente alla verifica delle situazione reddituali dei pensionati incidenti sulla misura o sul diritto alle prestazioni pensionistiche e a provvedere, entro l’anno successivo, al recupero di quanto eventualmente pagato in eccedenza. Ebbene a questo riguardo l'Istituto spiega che se la verifica riguarda "redditi non conosciuti" (cioè redditi non presenti nelle banche dati a disposizione dell’Istituto) che determinino un indebito pensionistico, gli stessi devono essere recuperati entro l’anno successivo a quello nel corso del quale è stata resa da parte del pensionato la dichiarazione di dati completi.  Se si tratta di "redditi conosciuti” (es. pensioni o assegni già in godimento dal pensionato o dai suoi familiari comunicate al Casellario Centrale) il recupero dei relativi indebiti pensionistici deve essere effettuato entro l’anno successivo alla liquidazione del trattamento pensionistico rilevante.

Prescrizione

Infine la Circolare spiega che l'indebito pensionistico è soggetto al normale termine di prescrizione decennale (art. 2946 cc). La prescrizione del diritto alla restituzione si compie, pertanto, con il decorso di dieci anni che si calcolano a ritroso dall’invio della comunicazione del provvedimento di recupero all’interessato o dalla trasmissione del debito al servizio preposto da parte dell’Istituto. Per quanto riguarda il TFS/TFR occorre, invece, distinguere. Se si tratta di ripetere somme di indennità di buonuscita occorre rispettare i termini decadenziali previsti dall'articolo 30 del d.P.R. 29 dicembre 1973, n. 1032 (di regola un anno dalla data di emanazione dell'atto di riferimento); se si tratta dell'IPS e del TFR i termini per la ripetizione sono soggetti solo al termine di prescrizione decennale. 

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Documenti: Circolare Inps 47/2018

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