Secondo i Parlamentari promotori del DDL i trentenni di oggi potrebbero essere costretti ad andare in pensione a 75 anni per ricevere, se matureranno i requisiti, una pensione inferiore del 25 per cento rispetto a quanto ricevono i pensionati di oggi. Sul fronte contributivo, poi, giovani e donne scontano in maniera molto più pesante di altre categorie periodi di assenza dal lavoro, disoccupazione e inattività. A pesare, ricordano i firmatari, è comunque il quadro del mercato del lavoro che stenta ad uscire dalla crisi: il 26,9 per cento dei giovani tra 16 e 29 anni non sono infatti occupati né coinvolti nel sistema educativo o di formazione. Inoltre, il rischio di povertà si è di fatto già trasferito dagli anziani ai giovani: è povero il 15 per cento dei giovani tra 18 e 25 anni, mentre la percentuale tra gli over 65 è pari al 9 per cento. Il 12 per cento delle donne tra 25 e 49 anni è assente dal lavoro per motivi familiari, rispetto a meno dell'1 per cento degli uomini della stessa fascia di età. L'ingresso nel mondo del lavoro retribuito avviene poi con più di due anni di ritardo per le donne rispetto agli uomini.
La modifica all'articolo 38 della Costituzione
Per risolvere questa situazione - proseguono i firmatari del DDL 3478 - le azioni più importanti sono, naturalmente, quelle finalizzate, da un lato, alla crescita economica e, dall'altro, a un miglioramento del mercato del lavoro tale da assicurare il più semplice e rapido ricollocamento sul mercato alle persone che hanno perso il proprio impiego, soprattutto giovani e donne. La presente proposta di legge costituzionale intende dunque introdurre nella Costituzione nuovi princìpi cardine ai quali devono conformarsi gli istituti previdenziali e assistenziali previsti dalla Carta. Nel testo vigente, infatti, l'articolo 38 sancisce che ogni cittadino inabile al lavoro e sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all'assistenza sociale. Viene poi stabilito il diritto dei lavoratori a misure di previdenza e sicurezza sociale in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria. Ma non si può considerare equo un Paese nel quale il sistema pensionistico discrimina fra pensionati di generazioni diverse. Viene meno un caposaldo della Costituzione, il principio di uguaglianza. Per questo, nella proposta si prevede che gli istituti, previsti dall'articolo 38 della Costituzione e predisposti o integrati dallo Stato, devono essere informati ai princìpi di equità, ragionevolezza e non discriminazione tra le generazioni. L'obiettivo velato dei firmatari, in definitiva, è quello di inserire un principio nella Carta che possa fornire copertura costituzionale per intaccare i diritti acquisiti dai pensionati di oggi per dare più ai giovani.
Boeri: richiamo importante e condivisibile
La possibilità di inserire nella Costituzione un richiamo che assicuri l’equità nei trattamenti previdenziali e assistenziali «è un tema puntuale, ed è importante che questo principio venga interpretato dal Parlamento con estrema attenzione alle implicazioni che tutti i futuri provvedimenti in tema di protezione sociale e previdenza avranno sulle future generazioni», ha detto il presidente dell’Inps. Il presidente dell’Inps ha suggerito che si guardi «a una grandezza, finora ignorata, che è quella del debito implicito pensionistico ossia l’insieme degli impegni futuri, in valore attuale e a legislazione vigente, presi dallo Stato nei confronti dei cittadini in termini di prestazioni pensionistiche al netto dei contributi», ha concluso. «Quando si valutano provvedimenti di riforma sulle pensioni, le relazioni tecniche guardano spesso al breve periodo, ma sulle riforme previdenziali dobbiamo sempre guardare al lungo periodo», ha continuato Boeri.