Pensioni, ecco il tasso di rivalutazione dei contributi nel 2017

Bernardo Diaz Giovedì, 13 Aprile 2017
E' ora possibile calcolare con precisione la quota contributiva della pensione dei lavoratori assicurati presso il sistema previdenziale pubblico che usciranno nel 2017. 
Il valore da utilizzare per rivalutare i montanti contributivi delle pensioni aventi decorrenza nel 2017 è pari a 1,004684. I lavoratori che andranno in pensione quest'anno, pertanto, dovranno rivalutare il montante contributivo accreditato al 31 dicembre 2015 dello 0,4684%. Mentre non si procederà ad alcuna rivalutazione dei contributi versati nel 2016, cioè l'ultimo anno di lavoro prima di accedere alla pensione. 

Com'è noto, infatti, in base alla riforma Dini il montante contributivo (quel tesoretto che viene annualmente messo da parte dai lavoratori con il versamento dei contributi previdenziali) viene annualmente rivalutato in base all'andamento della crescita nominale del prodotto interno lordo degli ultimi 5 anni (il cd. tasso di capitalizzazione). Il tasso di rivalutazione si applica alla parte contributiva della pensione, e quindi è importante per chi ha iniziato a versare i contributi dal 1996, perché la sua pensione sarà calcolata interamente con il metodo contributivo; meno impattante per chi aveva meno di 18 anni di contributi nel 1995, in quanto soggetto al sistema misto (retributivo-contributivo); ancor meno significativo per chi aveva più di 18 anni di contributi nel 1995 dato che il metodo contributivo si applica solo ai versamenti effettuati dal 2012 in poi. L'ammontare dei contributi che ogni anno si traduce in pensione è determinato dall'aliquota di computo che risulta pari al 33% della retribuzione percepita per i lavoratori dipendenti (per gli autonomi l'aliquota è più bassa, e risulta compresa tra il 23 ed il 25% a seconda delle gestioni previdenziali in cui risulta iscritto l'assicurato). E' questo il valore che ogni anno deve essere rivalutato per la media quinquennale del Pil.  

La rivalutazione del montante dopo il dato negativo del 2015 che costrinse il Governo a correre ai ripari con il decreto legge 65/2015 resta, pertanto, al palo sempre a causa della crisi economica che da anni attraversa l'Italia. Due anni fa, infatti, a fronte di una svalutazione teorica dello 0,1927% (causata dal tonfo del Pil italiano nel quinquennio precedente), i montanti contributivi sono rimasti intatti ricorrendo all'applicazione di un tasso di rivalutazione nominale pari ad 1. In teoria la legge prevede che la mancata svalutazione si recuperi l'anno successivo, ma in sede di prima applicazione della misura, cioè lo scorso anno, non si è fatto luogo al recupero. Pertanto, il coefficiente di capitalizzazione da utilizzare per la rivalutazione del montante non ha subito alcuna decurtazione

La drastica riduzione del coefficiente inciderà profondamente in futuro sulle prestazioni pensionistiche, soprattutto nei confronti dei giovani che hanno larga parte dell'assegno interamente determinata con il contributivo. Abbassando il tasso di sostituzione tra ultima retribuzione da lavoro e pensione su livelli piuttosto preoccupanti. E costringendo costoro a dilatare l'età di uscita dal mondo del lavoro per ragguagliare un importo pensionistico migliore. Il meccanismo di calcolo del sistema contributivo tende, infatti, ad incrementare la prestazione offerta dal sistema pensionistico pubblico quanto più il lavoratore decide di posticipare il pensionamento. In tal caso, infatti, il lavoratore riceve l'accredito di un numero superiore di contributi e una serie di rivalutazioni più prolungate nel tempo oltre all'applicazione finale di un coefficiente di trasformazione del montante in rendita più favorevole. 

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