Pensioni, Per la totalizzazione occorre cancellarsi dall'albo professionale

Bernardo Diaz Giovedì, 14 Dicembre 2017
I Giudici della Corte di Cassazione hanno dato ragione alla Cassa Forense che aveva negato la pensione di anzianita' in regime di totalizzazione nazionale ad un avvocato che non si era cancellato dall'albo professionale.
Niente pensione di anzianita' in regime totalizzazione all'avvocato che non si è cancellato dall'albo professionale. Lo hanno stabilito i giudici della Corte di Cassazione con la sentenza 29780 del 12 Dicembre 2017 in cui i censori danno ragione all'interpretazione della Cassa Forense che aveva rifiutato l'erogazione della pensiona maturata. La questione aveva ad oggetto la domanda di un avvocato volta ad ottenere la liquidazione della pensione di anzianita' con 40 anni di contributi - avendone maturato il requisito assicurativo e contributivo mediante totalizzazione della contribuzione versata presso l'INPS dal luglio 1970 al marzo 1981 con gli anni di contribuzione alla Cassa compresi tra aprile 1981 e gennaio 2006 - pur non avendo provveduto alla propria cancellazione dall' albo professionale.

La questione

Le Corti territoriali avevano bocciato la domanda di pensionamento rilevando la mancata cancellazione dall'albo professionale osservando che l'art. 3 della legge n. 576/1980, che subordina la corresponsione della pensione di anzianità alla cancellazione dall'albo, non è stata abrogata implicitamente dal d.lgs. 42/2006 che si è limitato a consentire la totalizzazione della contribuzione senza incidere sulla specifica disciplina preesistente presso la gestione interessata. Avverso la sentenza l'avvocato ha ricorso per Cassazione affidato prevalentemente ad un motivo:  che la totalizzazione costituisse una particolare fattispecie di pensionamento, come tale sottratta ai vincoli previsti dalla Cassa Forense per il pensionamento di anzianita'. I giudici di Piazza Cavour hanno sostanzialmente confermato il giudizio delle Corti di Merito bocciando la richiesta del ricorrente.

La decisione

La Corte di Cassazione ha osservato preliminarmente che la disciplina dettata dal decreto legislativo n. 42 del 2006 prevede che il diritto a pensione sorga soltanto a condizione che: il lavoratore abbia maturato almeno 20 anni di contribuzione e abbia raggiunto un'età di 65 anni (totalizzazione di vecchiaia) , ovvero abbia maturato un'anzianità contributiva di almeno 40 anni, indipendentemente dall'età (totalizzazione di anzianità); sussistano gli ulteriori, eventuali, requisiti (diversi dall'età anagrafica e dall'anzianità contributiva) previsti «dai rispettivi ordinamenti per l'accesso alla pensione di vecchiaia»; i periodi di contribuzione siano considerati «tutti e per intero».

La Corte ha osservato dunque che la disciplina della totalizzazione non ha in alcun modo lambito le regole di erogazione dei trattamenti pensionistici di anzianità proprie di ogni singolo ordinamento interessato dalla totalizzazione contributiva, alla luce del disposto dell'art. 1 comma tre del d.lgs. 148/1997 (ndr art. 1 comma tre del d.lgs. 184/1997), limitandosi a consentire di valorizzare effettivamente tutti i contributi versati dal lavoratore nel corso della sua intera vita lavorativa, per conseguire il diritto a pensione, o ad una pensione più elevata.

I giudici in particolare hanno rigettato la tesi sostenuta dal ricorrente secondo cui il d.lgs. 42/2006 avrebbe introdotto sostanzialmente una nuova fattispecie di trattamento pensionistico di anzianità con l'effetto, nel caso di specie, di far venir meno l'obbligo di cancellazione dagli albi professionali previsto dalla disposizione in tema di pensione di anzianità a carico della Cassa nazionale di previdenza e assistenza forense (art. 3 I. n. 476/1980). Così come hanno confermato la cogenza di tale divieto posto che la disposizione da ultimo richiamata non è stata abrogata da nessuna disposizione di legge e risulta legittima anche da un punto di vista costituzionale. La presenza di tale presupposto è stata infatti ritenuta più volte conforme a Costituzione (n. 73/1992; n. 362/1997) - in quanto si tratta di una condizione che, analogamente alla pensione di anzianità dei lavoratori subordinati, è concepita come forma di riconoscimento e di premio a coloro che hanno adempiuto il dovere con una partecipazione assidua a un'attività di produzione sociale durata almeno trentacinque anni; e consegue ad una libera scelta dell'interessato. Per tali ragioni la Corte di Cassazione ha rigettato la domanda del ricorrente.

I riflessi sul nuovo regime di cumulo

La questione anche se verteva sulla pensione in regime di totalizzazione non dovrebbe incidere, comunque, sul nuovo cumulo dei periodi assicurativi di cui alla legge 232/2016 che, come noto, consente dal 1° febbraio 2017 agli avvocati di cumulare la contribuzione in Cassa Forense con quella versata presso le gestioni Inps al fine di ottenere la pensione anticipata con 42 anni e 10 mesi di contributi (41 anni e 10 mesi le donne). Nei confronti degli avvocati che chiedono la liquidazione della pensione in cumulo la Cassa Forense ha, infatti, stabilito un criterio diverso nel senso che la cancellazione dall'albo non è necessaria (si veda qui per dettagli).

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