Riforma Pensioni, Boeri: Pronti alla Flessibilità in uscita dai 63 anni

redazione Domenica, 28 Agosto 2016
Ma resta la contrarietà del Presidente dell'Inps all'ipotesi di approvare un'ottava salvaguardia per altri 30mila lavoratori: "Questi provvedimenti tolgono risorse ad altri interventi".
L'Inps è pronta a lavorare sulla flessibilità in uscita. Lo ricorda il Presidente dell'Inps, Tito Boeri, in una intervista rilasciata oggi al Sole 24 Ore. Il titolare di via Ciro il Grande resta abbottonato sui dettagli del progetto APE, l'anticipo pensionistico finanziato da banche e assicurazioni, ma "quel che è certo è che l'Inps avrà un ruolo chiave in questa operazione" ricorda Boeri. "E stiamo già offrendo supporto tecnico alle decisioni". L'Istituto sta dando il suo supporto tecnico alla definizione delle norme e all'ingegnerizzazione dei processi per il lancio dell'anticipo pensionistico assicurato e finanziato dal sistema bancario (Ape). Secondo Boeri le cifre sui costi della flessibilità in uscita diffuse questa estate "sono fuorvianti anche perché le misure hanno ovvie interazioni e vanno valutate congiuntamente. Per lo stesso motivo è fondamentale che il confronto in atto mantenga una visione integrata delle misure di cui si discute, a cavallo fra assistenza e previdenza. L'Ape non può non tenere conto di cosa si fa sugli ammortizzatori sociali e viceversa. Le scelte sulle platee di lavoratori cui fiscalizzare le rate di ammortamento non possono prescindere dagli orientamenti sulle platee di pensionati da sostenere" ricorda Boeri.

L'Inps sarà al centro dei flussi finanziari e informativi fra lavoratori, imprese, banche e assicurazioni, precisa Boeri. "Il compito più importante e gravoso sarà quello di informare adeguatamente i lavoratori sulle implicazioni dell'eventuale scelta di un anticipo pensionistico. Ci baseremo sull'esperienza delle buste arancioni e avremo un ruolo consulenziale ancor prima che di erogatore. Per questo la riorganizzazione in atto al­l'Inps è così importante: ci serve a rafforzare la nostra presenza sul territorio e a trattare i problemi di chi si rivolge a noi in modo integrato, guardando alle singole persone anziché alle singole prestazioni. Più che per quanti anni consentire l'anticipo (si punta dal prossimo anno ad un'uscita a partire dai 63 anni che scendono a 62 anni per le donne dipendenti del settore privato, ndr) conta come lo si fa. Penso sia giusto consentire a lavoratori una certa libertà di scelta su quando andare in pensione, se questa scelta non grava sulle generazioni future, cioè non fa aumentare il debito pensionistico. Gli anticipi concessi in passato lo hanno fatto esplodere. Purtroppo la stessa Ape, con i bonus fiscali previsti per cancellare ad alcune categorie di lavoratori le rate di ammortamento, finirà per creare debito aggiuntivo. È bene che le categorie cui concedere il bonus siano circoscritte e scelte con cura. Se il bonus venisse concesso solo a chi ha redditi familiari bassi, l'Ape diventerebbe una specie di reddito minimo per quella fascia critica di lavoratori che faticano a rimanere sul mercato del lavoro e sono a rischio di povertà".

Il bonus sarebbe quindi un primo tassello di quel sostegno per l'inclusione attiva (Sia) universale che il governo ha dichiarato di voler costruire. Sulle pensioni basse Boeri avverte: "Se si vogliono aiutare i pensio­ nati poveri è bene guardare al reddito familiare, non al solo reddito pensionistico individua­le, come fa la quattordicesima che, proprio per questo, in 7 casi su 10 va a persone che povere non sono. Anche il coniuge del per­cettore di un ricco vitalizio può accedere alla quattordicesima se il suo reddito non supera di 1,5 volte il trattamento minimo. Me­glio allora aumentare le maggio­razioni sociali, che guardano al­l'insieme dei redditi familiari, o, ancora meglio, selezionare i be­neficiari con l'Isee, coerente­mente con quanto ci si propone di fare nel disegno di legge dele­ga sul contrasto alla povertà. Sa­rebbe un altro tassello verso la costruzione del Sia o reddito mi­nimo".  

Giudizio severo invece sulle salvaguardie. "C'è un equivoco ricorrente. Le salvaguardie non vengono fi­nanziate da un fondo su cui si fanno risparmi; tolgono sempre risorse ad altri interventi. L'otta­va salvaguardia vuole rendere possibile prolungare il periodo in cui si può esercitare l'opzione di prendersi la pensione con i criteri ante-­Fornero. Quindi molti di coloro che non sono usciti con le salvaguardie ( che in non pochi casi garantiscono pensioni di più di 3.000 euro al mese) potrebbero farlo a breve. Poi ricordiamoci che le salva­guardie sono già costate più di 11 miliardi, erodendo circa il 30% dei risparmi di spesa attesi dalla riforma del 2011. Con quei soldi si potevano finanziare dieci anni di reddito minimo per chi perde il lavoro fra i 55 e i 65 anni" precisa Boeri.

Infine sulle altre proposte in arrivo "siamo felici di sapere che si sta seriamente pensando di su­perare le ricongiunzioni onero­se che sono inique e penalizza­no proprio quelle carriere lavo­rative mobili, di cui il Paese ha bisogno per tornare a crescere. Era uno dei cardini delle nostre proposte dello scorso anno". Boeri ridimensiona, inoltre, gli effetti del part-time agevolato in uscita il cui decreto attuativo è stato firmato a giugno dal Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali: "al 20 Agosto sono state accolte solo 150 domande".  

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