Riforma Pensioni, Ecco i nodi da sciogliere entro Ottobre

Bernardo Diaz Venerdì, 15 Settembre 2017
Dall'ampliamento delle categorie destinatarie dell'Ape sociale e del pensionamento con 41 anni di contributi al riconoscimento dei lavori di cura familiare.
Restano ampie le distanze tra parti sindacali e governo sulla fase due delle pensioni. Il confronto che riprenderà ad ottobre dopo la presentazione del DEF ha visto alcuni passi avanti ma i nodi principali sono tutti ancora irrisolti. Si parte dal tema degli adeguamenti automatici alla speranza di vita sui quali il Governo non ha ancora scoperto le carte. I sindacati chiedono un blocco generalizzato, valevole cioè per tutti i lavoratori (dal 2019 l'età per la pensione di vecchiaia potrebbe schizzare, infatti, a 67 anni e quella per la pensione anticipata a 43 anni e 3 mesi di contributi per gli uomini e a 42 anni e 3 mesi per le donne). 

“Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha assunto una posizione di attesa - indica una nota della Cgil - sull’innalzamento dell’età pensionabile e su questo siamo molto critici, perché non dare risposte ora significa non darle mai più. Noi pensiamo che, in particolare per le donne, ci sia bisogno di intervenire con qualche modifica, perché l’automatismo attuale porta la crescita dell’età all’infinito, senza tener conto dell’impatto sociale che hanno misure di tal genere. Non fare nulla è un grosso errore, perché non parliamo di numeri o di conti economici, ma di persone che fanno certi lavori a una certa età e hanno tanti anni di contributi che non possono proprio più lavorare".

Le categorie escluse dall'Ape sociale

Poi c'è la questione delicata dell'Ape sociale con l'obiettivo di estendere le platee dei lavoratori coinvolti. L'esecutivo ha fatto una timida apertura per le donne circa la possibilità di riconoscere uno sconto sui contributi richiesti (30 o 36 anni) di sei mesi per ogni figlio entro un massimo di due anni. Tutta da sondare, invece, la disponibilità ad estendere l'ape sociale (e la quota 41 per i lavoratori precoci) ai lavoratori disoccupati a seguito della scadenza naturale del contratto a termine, di coloro che, seppur licenziati, non hanno avuto accesso alla naspi e dei lavoratori autonomi o parasubordinati in condizione di disoccupazione. Categorie escluse dal perimetro di tutela che ancora oggi attendono una risposta nel silenzio generale della politica. I commercianti, peraltro, hanno perso dal 2017 anche la possibilità di ottenere l'indennizzo per la cessazione definitiva dell'attività. Si spera, al riguardo, che ad ottobre, in occasione della conclusione del monitoraggio delle risorse per l'ape social ci possa essere una qualche apertura; sempre il prossimo mese l'esecutivo si è riservato di verificare una eventuale prosecuzione dell'Ape sociale dopo il 2018. 

Le modifiche per i giovani

Per i giovani ci dovrebbero essere alcune modifiche sul sistema contributivo. Si punta in particolare a ridurre l'importo soglia minimo per guadagnare il ritiro all'età di 66 anni e 7 mesi (che potrebbe scendere da 1,5 volte a 1,2 il valore dell'assegno sociale) e l'introduzione della pensione di garanzia con un assegno minimo di 675 euro al mese. Proposta che tuttavia non trova d'accordo i sindacati. "Noi chiediamo di costruire un sistema in cui si dica ai giovani: guarda, se tu t’impegni lavorando o comunque facendo formazione, stai sul mercato del lavoro. E tutto quello che versi - anche contributi fragili, perché magari fai una collaborazione, lavori a part time, sei pagato con i voucher - ti sarà comunque valorizzato, non andrà perduto e sarà considerato nel caso tu non abbia una pensione adeguata. È un’idea diversa da una pensione minima garantita a tutti a prescindere, perché è molto più seria, valorizza il sistema contributivo e la partecipazione delle persone al mercato del lavoro e non è assistenziale. Questa è la differenza rispetto alla proposta fatta dal governo”, ha detto Roberto Ghiselli, segretario confederale della Cgil. 

La valorizzazione del lavoro di cura

Posizioni distanti anche per i lavori di cura. Per i sindacati occorre rafforzare gli sconti previsti dall'articolo 1, co. 40 della legge 335/1995 in favore delle lavoratrici madri e di chi assiste disabili. Per le donne, in particolare, la parte sindacale ha chiesto uno sconto sull'età di pensionamento di un anno per ogni figlio, con un massimo di tre anni e uno sconto per chi assiste le persone disabili dei nuclei familiari: "in quei casi, abbiamo chiesto un anno di valorizzazione contributiva ogni 5 anni di lavoro di cura, perché in tal modo vai incontro a tante persone, soprattutto donne, che nel corso della loro vita hanno avuto a che fare con un figlio disabile o con un anziano non autosufficiente, dovendo conciliare molto spesso per diversi anni il lavoro professionale con l’assistenza a queste persone. Siccome anche quest’ultimo è un lavoro, noi chiediamo che venga giustamente riconosciuto”, ha detto Ghiselli. L'Impressione è che ad Ottobre, con la prossima legge di bilancio, le risorse disponibili per il capitolo previdenza saranno piuttosto contenute.  

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