Riforma Pensioni, Per i giovani spunta l'assegno minimo sino a 675 euro al mese

Bernardo Diaz Lunedì, 04 Settembre 2017
L'intervento potrebbe essere realizzato innalzando la quota di cumulabilità dell'assegno sociale con la pensione liquidata interamente con le regole del sistema contributivo.
I giovani che sono interamente nel sistema contributivo e hanno avuto carriere discontinue maturando una pensione di importo molto basso, in futuro, potrebbero avere un assegno minimo sino a 675 euro al mese. È questa l’indicazione arrivata l'altro giorno dal governo al tavolo con i sindacati e che potrebbe essere inserita nella prossima legge di bilancio. Tecnicamente il piano dell'esecutivo punta ad aumentare la cumulabilità dell'assegno sociale con la pensione liquidata interamente con le regole del sistema contributivo. 

La quota di cumulabilità verrebbe portata dall'attuale un terzo, come previsto dall'articolo 3, co. 6 della legge 335/1995, al 50%, quindi passerebbe dagli attuali 150 euro a 225 euro in modo da far raggiungere un assegno complessivo sino ad un massimo di 675 euro al mese in particolare per quei lavoratori che hanno maturato una pensione al di sotto dei 500 euro al mese. L'integrazione scatterebbe in favore dei giovani che hanno iniziato a versare i contributi dal primo gennaio 1996 e che hanno raggiunto l'età per il conseguimento dell'assegno sociale (65 anni e 7 mesi sino al 2017, 66 anni e 7 mesi dal 1° gennaio 2018). 

L'integrazione 

La strada tracciata dal Governo sarebbe quella di escludere dal reddito rilevante ai fini del conseguimento dell'assegno sociale, la pensione a carico di gestioni ed enti previdenziali, pubblici e privati, che gestiscono forma pensionistiche obbligatorie, purchè liquidata interamente con le regole del sistema contributivo. La dispensa dal computo del reddito sarebbe limitata alla misura corrispondente alla metà della pensione medesima e comunque non oltre la metà del valore dell'assegno sociale. Secondo la normativa vigente, invece, la dispensa dal computo del reddito è limitata ad un terzo della pensione stessa e comunque non oltre un terzo del valore dell'assegno sociale. A conti fatti, dunque, un soggetto ultra 65enne che ha maturato una pensione di 300 euro al mese otterrebbe un assegno sociale pari a 300 euro totalizzando un reddito complessivo di 600 euro. Questo perchè solo metà del reddito pensionistico rileverebbe ai fini del conseguimento dell'assegno sociale (l'assegno sociale nel 2017 è pari a 448 euro; a questa cifra vanno sottratti 150 euro, cioè la metà del reddito pensionistico conseguito dal soggetto, restituendo un valore di 302 euro).

Le conseguenze di questa impostazione a seconda dell'importo della pensione sono esposte nella tabella sottostante elaborata da PensioniOggi.it (per semplificare si è assunto che il valore dell'AS sia pari a 450 euro al mese invece che 448,07€). Come si nota l'intervento proposto si rivolgerebbe esclusivamente nei confronti dei redditi non superiori a 7.800-8.000 euro annui. 

Alla misura verrebbe abbinata la riduzione da 1,5 a 1,2 volte dell'importo soglia per ottenere la pensione di vecchiaia nel sistema contributivo a 66 anni e 7 mesi unitamente a 20 anni di contributi. In definitiva un lavoratore nel sistema contributivo con carriera fortemente discontinua potrebbe pensionarsi all'età di 66 anni e 7 mesi a condizione di aver raggiunto un rateo pensionistico minimo di 537€ al mese che, come detto pocanzi, verrebbe integrato dall'assegno sociale sino al raggiungimento di circa 675 euro al mese. 

Complessivamente l'impianto delle modifiche proposte non appaiono in realtà significative rispetto alle aspettative della vigilia. Basti pensare che la minoranza dem chiedeva un impegno superiore in grado di far raggiungere un reddito minimo di mille euro lordi al mese. Mentre con il progetto del Governo le pensioni superiori a 675 euro non godrebbero di alcun beneficio. Si tratta comunque di un'apertura sulla quale inizierà una lunga discussione anche parlamentare. Per individuare ulteriori risorse si potrebbe, peraltro, anche razionalizzare l'ampio bacino delle maggiorazioni sociali che costituiscono un panorama schizofrenico nel nostro ordinamento previdenziale. 

Gli altri temi

Tra gli altri punti esaminati c'è quello di rivedere i requisiti per la pensione anticipata a 63 anni e 7 mesi (sempre per i lavoratori che hanno iniziato a lavorare dopo il 1995) abbassando l'importo soglia di 2,8 volte l'assegno sociale, un ostacolo al pensionamento per la maggior parte dei lavoratori, e la questione dell'aspettativa di vita con la parte sindacale che ha chiesto il blocco dei prossimi adeguamenti. Difficile che su questo tema si raggiunga un accordo. Tra le ipotesi proposte dal Governo c'è anche quella di svincolare la Rita, la rendita integrativa temporanea anticipata, dai requisiti (stringenti) per chiedere l'ape volontario e di renderla più attraente con una detassazione. Gli incontri proseguiranno nella prima parte di settembre con l'obiettivo di raggiungere un'intesa su un primo pacchetto di misure da inserire nella prossima di legge di bilancio. 

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