Riforma Pensioni, Si apre il confronto con i sindacati per superare la quota 100

Valerio Damiani Lunedì, 27 Gennaio 2020
Oggi l'incontro al Ministero del Lavoro tra parti sociali e Governo sul futuro della quota 100. Tante ipotesi in campo ma il nodo è sempre quello delle risorse.
Si apre oggi al Ministero del Lavoro ufficialmente il confronto con le parti sociali per la pensione flessibile. Governo e parti sociali devono trovare un canale di pensionamento flessibile in grado di superare senza eccessivi scaloni l'attuale versione della quota 100 e che faccia comunque i conti i consueti vincoli di bilancio.

«Lo scopo è superare la riforma Fornero - ha indicato la ministra Nunzia Catalfo - inizieremo a capire come inserire maggiore flessibilità in uscita». Il formato è quello di un incontro con le parti sociali che come tale si protrarrà in più sessioni, nelle quali non si entrerà nel merito delle soluzioni tecniche. E' già scontato che il Governo rigetterà la proposta dei sindacali di una pensione senza ricalcolo con il sistema contributivo dai 62 anni con un requisito contributivo ridotto (20 anni). Più verosimilmente l'esecutivo ragionerà su una pensione flessibile, che potrebbe cioè scattare a partire dai 64 anni di età (contro i 62 anni della quota 100) ma con il calcolo dell’assegno interamente su base contributiva, una specie di estensione e generalizzazione dell’attuale Opzione donna (ora riservata solo alle lavoratrici). Al requisito anagrafico potrebbe essere agganciato un minimo contributivo di 36 o 38 anni, quindi, in sostanza il canale di pensionamento resterebbe molto simile a quello attualmente previsto per la quota 100. La differenza chiaramente sarebbe nel calcolo della pensione, contributiva nell'ipotesi del Governo, mista-retributiva secondo la versione attuale della quota 100.

Nella valutazione dei costi/benefici dell'operazione occorrerà tener presente che il passaggio al contributivo, per quanto penalizzante, con il passare degli anni diventa via via meno sensibile perchè minori sono gli anni di contribuzione in possesso al 31.12.1995 per le coorti di lavoratori potenzialmente coinvolti nella misura. L’entità della decurtazione dipende dal percorso lavorativo dei singoli, ma in media potrebbe essere anche accettabile considerato che in media solo un terzo degli anni di contribuzione, per chi andrà in pensione dal 2022 in poi, sarà collocato ancora nel sistema retributivo. Il ragionamento potrebbe quindi comportare adesioni maggiori alle attese e contribuirebbe ad addolcire quel gradino attualmente esistente tra soggetti in possesso di contribuzione al 31.12.1995 e nuovi iscritti. Per contenere i costi iniziali e tarare meglio le risorse da impegnare per il nuovo meccanismo di pensionamento flessibile il Governo starebbe, peraltro, già ipotizzando ad un avvio sperimentale.

L'alternativa potrebbe essere il rilancio dello schema dell'Ape sociale con la previsione di un indennizzo economico con un tetto massimo di erogazione (attualmente pari a 1.500 euro al mese lordi) sino al pensionamento di vecchiaia (67 anni) esteso ad ulteriori categorie di lavoratori beneficiari. Questa formula avrebbe il pregio di non comportare il ricalcolo della pensione con il sistema contributivo. Tra gli altri temi al centro del confronto la futura pensione di garanzia per i giovani, la separazione tra previdenza e assistenza e l’approfondimento sui lavori gravosi.

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