Pensioni, l'indennità di amministrazione non entra nella base pensionabile della Quota A nè del TFS

Valerio Damiani Venerdì, 16 Marzo 2018
La Corte di Cassazione respinge il ricorso di due dipendenti del ministero della Giustizia. Le voci pensionabili riferite all'anzianità contributiva maturata entro il 31 dicembre 1992 sono oggetto di riserva di legge e, pertanto, se non espressamente previste dal legislatore non possono essere valutate nella quota A di pensione.
L'indennità di amministrazione corrisposta in favore dei dipendenti pubblici non entra nella base pensionabile della quota A, riferita alle anzianità contributive maturate entro il 31 dicembre 1992, prima della Riforma Amato (Dlgs 503/1992). E pertanto non determina un incremento significativo della pensione. Lo ha confermato la Corte di Cassazione con l'ordinanza numero 5715 del 9 marzo 2018 con la quale i giudici hanno accolto la sentenza della Corte d'Appello che, a sua volta, aveva rigettato l'istanza da parte di due ricorrenti, dipendenti del ministero della Giustizia. 

La questione

I ricorrenti chiedevano il riconoscimento del diritto al computo dell'indennità di amministrazione nella 13^ mensilità dello stipendio, nella base di computo della Quota A di pensione e, in via subordinata, il riconoscimento del diritto a ripetere i contributi indebitamente versati in quanto non utili ai fini pensionistici in misura piena. L'Inps nel calcolo della pensione aveva valutato l'indennità di amministrazione solo ai fini della determinazione delle quote di pensione successive al 31 dicembre 1992 causando, ad avviso dei ricorrenti, un forte danno sulla misura della pensione avendo loro maturato una notevole anzianità contributiva al 31 dicembre 1992. Ad avviso dei ricorrenti il comportamento dell'Istituto era erroneo posto che la natura dell'indennità di amministrazione aveva ormai assunto caratteri di fissità e continuità in esito agli aggiornamenti dei CCNL di riferimento per il comparto e che, a seguito della soppressione dell'Inpdap, si dovesse ormai operare una piena equiparazione tra settore pubblico e settore privato. Secondo i ricorrenti era erroneo pure il non aver corrisposto l'indennità per 13 mensilità annue. 

Le due corti territoriali, seguendo l'indirizzo ormai pacifico della giurisprudenza di legittimità, avevano rigettato il ricorso ma la questione è stata portata, comunque, innanzi alla Corte di Cassazione per una nuova ed ultima valutazione.

La decisione

Il giudizio della Cassazione non è stato però favorevole per i ricorrenti. I Giudici spiegano, infatti, che nel pubblico impiego le voci pensionabili in quota A sono oggetto di una specifica riserva di legge e, pertanto, non è possibile alcuna estensione analogica o di natura interpretativa in merito alla loro valutazione ai fini pensionistici. Nè tale impostazione è stata modificata a seguito della soppressione dell'Inpdap ad opera della Legge Fornero. In particolare l'orientamento ormai pacifico della giurisprudenza ha sancito più volte che "l'indennità di amministrazione, istituita quale componente accessoria della retribuzione dall'art. 34 del c.c.n.I. del comparto Ministeri per il quadriennio 1994/1997, va computata, ai fini del calcolo della pensione, nella cosiddetta "quota B", parzialmente pensionabile ex art. 13, comma 1, lett. b), del d.lgs. n. 503 del 1992, e non nella cosiddetta "quota A", interamente pensionabile ex art. 13, comma 1, lett. a), per quest'ultima vigendo il principio di tassatività legale delle componenti della base pensionabile, sancito dall'art. 43 del d.P.R. n. 1092 del 1973, come sostituito dall'art. 15 della legge n. 177 del 1976, e non rilevando l'estensione della base pensionabile alle voci retributive accessorie ex art. 2 della legge n. 335 del 1995, poiché espressamente limitata alla "quota B". Il Supremo Collegio ha, quindi, confermato l'operato dell'Inps secondo la quale l'indennità di amministrazione non poteva essere valutata ai fini della determinazione della quota A di pensione. 

Stesso discorso, ricordano i giudici, vale per l'indennità di buonuscita per la quale vige tutt'oggi un principio di tassatività delle componenti retributive della base di calcolo, ai sensi degli artt. 3 e 38 del D.P.R. n. 1032 del 1973 (Testo unico in materia di trattamenti di fine servizio per i dipendenti civili e militari dello stato). Pertanto, l'indennità di amministrazione non concorre neppure alla determinazione della buonuscita a prescindere, precisano i giudici, da qualsiasi indicazione che si possa riscontrare nei contratti collettivi che non avrebbero la forza di incidere sulla normativa pensionistica.

I giudici bocciano, infine, anche la richiesta di valutare per 13 mensilità l'indennità di amministrazione posto che i CCNL 1998/2001 e 2002/2003 e quello integrativo del 16.2.1999 (art. 25), che avevano previsto l'indennità di amministrazione non ne avevano stabilito l'inclusione nella 13^. Il Supremo Collegio ha quindi respinto in toto le richieste dei ricorrenti accogliendo, invece, l'impostazione già seguita dall'Inps e avvalorata dalle Corti di Merito.

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