Rossini V
Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it.
Riforma Pensioni, via la decurtazione sugli assegni anticipati
Mercoledì, 31 Dicembre 2014Scatterà il 1° gennaio 2015 lo stop alla penalizzazione sugli assegni dei lavoratori con meno di 62 anni di età. La misura resterà in vigore sino al 2017. Da comprendere gli effetti sugli assegni già decurtati.
Kamsin Da domani entra ufficialmente in vigore lo stop alla penalizzazione. La novità, contenuta nell'articolo 1, comma 113 della legge di stabilità 2015 (legge 190/2014), introduce una deroga rispetto al principio generale secondo cui chi accede alla pensione anticipata con un'età inferiore ai 62 anni ha una penalizzazione sulla quota retributiva della pensione. La penalizzazione scatterà, infatti, solo dal 2018.
In sostanza, quindi, chi matura i requisiti di anzianità contributiva tra il 1° gennaio 2015 ed entro il 31 dicembre 2017, otterrà sempre l'importo intero della pensione anticipata a prescindere dalla natura della contribuzione che ha dato diritto alla pensione anticipata.
La penalizzazione di cui stiamo parlando, com'è noto, prevede un taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. A conti fatti pertanto un lavoratore che ha 60 anni e decide di lasciare incorre in un taglio del 2%, taglio che sale al 4% se ha 59 anni e al 6% se ha 58 anni. Scopo della norma è, infatti, quello di incentivare il lavoratore a restare sul posto di lavoro sino, almeno, a 62 anni per limitare i costi per lo Stato.
La legge nulla dice, invece, per quanto riguarda i lavoratori che già hanno subìto il taglio dell'assegno, perchè hanno lasciato prima del 2015. L'Inps, tuttavia, potrebbe ammettere al ricalcolo e quindi alla depenalizzazione dell'assegno a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda dell'interessato.
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Zedde
TFS Salvaguardati, così il pagamento della buonuscita
Martedì, 30 Dicembre 2014I lavoratori salvaguardati nel pubblico impiego otterranno il pagamento della buonuscita dopo 24 mesi dalle dimissioni. La vicenda coinvolge soprattutto i 4300 lavoratori in congedo per assistere parenti disabili.
Kamsin L'Inps ha chiarito i termini di pagamento dei Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici interessati dalle salvaguardie per l'accesso al pensionamento in base alla disciplina previgente al decreto legge 201/2011. Lo ha fatto con il messaggio inps 8680/2014 con il quale ricorda che la salvaguardia disposta dal decreto legge 201/2011 e da successive norme per particolari categorie di lavoratori, consistendo nella conservazione delle regole di accesso alla pensione precedenti il 6 dicembre 2011 (data di entrata in vigore della riforma Monti Fornero), non ha alcun effetto diretto sui termini e le modalità di pagamento dei trattamenti di fine servizio e fine rapporto per i lavoratori che accedono alla salvaguardia.
L'Inps ricorda, pertanto, che i termini di pagamento del TFS per i lavoratori salvaguardati sono quelli vigenti nel regime generale e conseguentemente, qualora non operi alcuna deroga all’applicazione della disciplina generale, si deve tener conto della causa e della data di cessazione dal servizio ai fini dell’applicazione del corretto termine di pagamento secondo le istruzioni diramate con la circolare Inps 73/2014.
La questione interessa soprattutto i lavoratori del pubblico impiego che fruiscono dei congedi e dei permessi di cui alla legge 104/1992 (2500 in quarta salvaguardia ed altri 1800 lavoratori in sesta salvaguardia). In altri termini, secondo la disciplina generale, tali lavoratori, riceveranno il pagamento dell'indennità di buonuscita, dopo 24 mesi dalla data di dimissioni volontarie. Scaduti questi termini, l’istituto ha l'onere di porre in pagamento la prestazione entro 3 mesi pena il pagamento degli interessi. Nei casi di risoluzione da parte della pubblica amministrazione e/o di raggiungimento del limite ordinamentale (65 anni) i termini vengono accorciati a 12 mesi.
Per importi superiori a 50mila euro ma inferiori a 100mila euro il pagamento sarà frazionato secondo quanto previsto dalla legge 147/2013. L'erogazione avverrà in due rate di cui la prima erogata con i termini sopra citati e la seconda trascorsi ulteriori 12 mesi. Se la prestazione dovesse risultare superiore a 100mila euro, l'erogazione avverrà in tre rate con l'ultima rata pagata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda erogazione.
Si ritiene, peraltro, che i dipendenti che grazie alla salvaguardia riescano a conseguire un diritto a pensione entro il 2013 i frazionamenti di 50mila e 100mila siano portati rispettivamente a 90mila e 150mila euro.
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Zedde
Congedo Maternità, se la nascita non arriva nel giorno presunto
Martedì, 30 Dicembre 2014Com'è noto dopo la data effettiva del parto la madre ha diritto ad un periodo di congedo dal lavoro. Si tratta di un periodo obbligatorio di astensione dal lavoro pari a tre mesi successivi al parto, mesi che decorrono dalla data effettiva della nascita del bambino. Kamsin Molti dei nostri lettori ci chiedono cosa accade qualora, però, la madre partorisca qualche giorno prima o qualche giorno dopo la data indicata dal certificato di gravidanza. Può perdere qualche giorno di congedo mentre nell'altro guadagna invece qualche giorno? Oppure la legge opera in diverso sistema di calcolo?
Per evitare spiacevoli discussioni in azienda al rientro dalla maternità è utile sapere che in tali circostanze non si verifica nessuna perdita, al piu' ci sarà un incremento del periodo di riposo. Ad esempio se la madre dovesse partorire 5 giorni dopo la data indicata nel certificato di gravidanza, il periodo di congedo partirà dalla data effettiva del parto con la conseguenza che il periodo di congedo si dilaterà di 5 giorni in avanti rispetto a quanto originarimente previsto. Ad esempio se la madre doveva partorire il 15 gennaio 2015 ma il bambino nascerà il 20 gennaio il congedo arriverà sino al 20 aprile. Nel caso opposto, qualora la data effettiva del parto sarà 10 gennaio (cinque giorni prima): il congedo durerà comunque fino al 15 aprile (tre mesi + cinque giorni di anticipazione dall'11 al 15 gennaio). Quindi, in queste circostanze, la madre vede, in realtà allungarsi il periodo di congedo.
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Zedde
Pensione anticipata, via le penalità dal 2015
Sabato, 27 Dicembre 2014La legge di stabilità manda in soffitta il sistema di penalizzazioni che colpiva i lavoratori con meno di 62 anni di età. Ma solo sino al 2017. Da comprendere gli effetti della misura sugli assegni già decurtati.
Kamsin E' fatta. Manca solo l'ufficialità con la pubblicazione del provvedimento in Gazzetta, ma ormai ci siamo. L'articolo 1, comma 115 della legge di stabilità 2015, approvata in via definitiva prima di Natale, porta un piccolo dono sotto l'albero dal prossimo anno per chi ha iniziato a lavorare molto presto. Viene, infatti, eliminata la penalizzazione per tutti coloro che matureranno tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 Dicembre 2017 i requisiti contributivi per accedere alla pensione anticipata (cioè 42 anni e 6 mesi di contributi e 41 anni e 6 mesi per le donne).
La legge attuale prevede che le penalizzazioni, un taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni, non si applicano limitatamente a quei soggetti la cui anzianità contributiva (cioè 42 anni e mezzo o 41 anni e mezzo) sia composta da sola prestazione effettiva da lavoro (piu' alcuni, ma limitatissimi e tassativi, periodi di contribuzione figurativa: ferie, cigo, malattia, servizio di leva, congedi e permessi per l'assistenza disabili, donazione di sangue, maternità obbligatoria).
Ora con la legge di stabilità non ci sarà piu' penalizzazione per le pensioni "decorrenti da gennaio 2015" con un'anzianità contributiva di 41 anni e 6 mesi per le donne e 42 anni e 6 mesi per gli uomini. Il requisito contributivo, peraltro, è destinato a innalzarsi, dal 2016, con l'allungamento della speranza di vita, e saranno necessari, quidni, 41 anni e 10 mesi per le donne e 42 anni e 10 mesi per gli uomini.
I principali beneficiari di questa modifica sono pertanto i lavoratori che, nel corso della propria carriera contributiva, hanno avuto periodi ad esempio di disoccupazione indennizzata, mobilità, cigs, maggiorazioni contributive da amianto, da invalidità, scioperi, congedi matrimoniali, riscatto, contribuzione volontaria. Tali periodi, secondo la legislazione vigente, devono essere infatti "recuperati" con periodi lavorativi in quanto non sono utili a "depenalizzare".
Le penalizzazioni, come già detto, sono cancellate solo per le pensioni che saranno maturate fino al 31 dicembre 2017. Dal 1° gennaio 2018, salvo proroghe, il beneficio dunque viene meno. Per tutti. Torna il taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni.
La legge nulla dice, invece, per quanto riguarda i lavoratori che già hanno subito il taglio dell'assegno, perchè hanno lasciato prima del 2015. L'Inps, tuttavia, potrebbe ammettere al ricalcolo e quindi alla depenalizzazione dell'assegno a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda dell'interessato.
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Zedde
Riforma Pensioni, lo stop alla penalizzazione è legge
Martedì, 23 Dicembre 2014Sino al 2017 va in soffitta il sistema di penalizzazioni che colpiva i lavoratori con meno di 62 anni di età. Da comprendere gli effetti della misura sugli assegni già decurtati.
Kamsin E' fatta. L'articolo 1, comma 115 della legge di stabilità 2015, approvata ieri in via definitiva dalla Camera, porta un piccolo dono sotto l'albero per il prossimo anno per i cd. lavoratori precoci. Viene, infatti, eliminata la penalizzazione per tutti coloro che matureranno tra il 1° gennaio 2015 ed il 31 Dicembre 2017 i requisiti contributivi per accedere alla pensione anticipata (cioè 42 anni e 6 mesi di contributi e 41 anni e 6 mesi per le donne).
Una sorta di moratoria che per ora, per l'appunto, arriverà sino al 2017 ma che, probabilmente, sarà prorogata anche oltre nei prossimi anni non appena si troveranno le risorse nelle future manovre.
La penalizzazione di cui stiamo parlando, com'è noto, prevede un taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. A conti fatti pertanto un lavoratore che ha 60 anni e decide di lasciare incorre in un taglio del 2%, taglio che sale al 4% se ha 59 anni e al 6% se ha 58 anni. Scopo della norma è, infatti, quello di incentivare il lavoratore a restare sul posto di lavoro sino, almeno, a 62 anni per limitare i costi per lo Stato.
Chi sono i beneficiari - La legge attuale prevede che le predette penalizzazioni non si applicano limitatamente a quei soggetti la cui anzianità contributiva (cioè 42 anni e mezzo o 41 anni e mezzo) sia composta da sola prestazione effettiva da lavoro (piu' alcuni, ma limitatissimi e tassativi, periodi di contribuzione figurativa: ferie, cigo, malattia, servizio di leva, congedi e permessi per l'assistenza disabili, donazione di sangue, maternità obbligatoria). Dal prossimo anno, invece, potrà essere fatta valere tutta la contribuzione, a qualsiasi titolo, accreditata.
I principali beneficiari di questa modifica sono pertanto i lavoratori che, nel corso della propria carriera contributiva, hanno avuto periodi ad esempio di disoccupazione indennizzata, mobilità, cigs, maggiorazioni contributive da amianto, da invalidità, scioperi, congedi matrimoniali, riscatto, contribuzione volontaria. Tali periodi, secondo la legislazione vigente, devono essere infatti "recuperati" con periodi lavorativi in quanto non sono utili a "depenalizzare". Ma dal 2015 anche questi periodi saranno utili a bloccare la penalizzazione.
Il vantaggio, dunque, è evidente. Si immagini, ad esempio, un lavoratore che ha 58 anni di età e 42 anni e mezzo di contributi al gennaio 2015 di cui, però, un anno di contribuzione (figurativa) da amianto. Con la legge attuale ha tre alternative: o andare in pensione nel gennaio 2015 accettando un taglio del 6% circa sull'assegno, per sempre; o lavorare almeno un anno in piu' (se ha la fortuna di avere ancora un lavoro) in modo da integrare 42 anni e mezzo di versamenti con contribuzione effettiva da lavoro ed andare in pensione senza penalizzazione; oppure, se ha perso il lavoro, attendere sino a 62 anni ed evitare, parimenti, la penalità.
Dal 2015, se l'emendamento sarà tradotto in legge, le cose si semplificano: il lavoratore potrà andare in pensione a 42 anni e 6 mesi di contributi nel gennaio 2015 senza incappare nella penalizzazione.
Cosa succede dopo il 2017 - Dal 1° gennaio 2018, salvo proroghe, il beneficio però viene meno. Per tutti. Torna il taglio dell'1% per ogni anno di anticipo sino a 60 anni e del 2% per ogni anno ulteriore rispetto all'età dei 60 anni. Quindi se, proseguendo l'esempio precedente, il nostro lavoratore raggiungerà i requisiti di 42 anni e 10 mesi (perchè dal 2016 scatta un adeguamento di 4 mesi alla speranza di vita) nel gennaio 2018 dovrà, per forza di cose, attendere i 62 anni per evitare un taglio del 6%.
La legge nulla dice, invece, per quanto riguarda i lavoratori che già hanno subìto il taglio dell'assegno, perchè hanno lasciato prima del 2015. L'Inps, tuttavia, potrebbe ammettere al ricalcolo e quindi alla depenalizzazione dell'assegno a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda dell'interessato.
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