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Rossini V - Results from #60

 

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Rossini V

Franco Rossini, già avvocato ed esperto in diritto del lavoro e della previdenza collabora dal 2013 con PensioniOggi.it. 

Lavoro

Riforma Pensioni, Il prolungamento a 70 anni possibile solo per pochi

Martedì, 23 Settembre 2014
I giudici dichiarano legittimo il recesso ad nutum dal rapporto di lavoro intimato dopo il conseguimento dell'età per il pensionamento di vecchiaia. La permanenza in servizio sino al settantesimo anno di età, come prevista dalla riforma Fornero del 2011, è subordinata al consenso del datore di lavoro.

Kamsin Sarà più difficile per i lavoratori dipendenti del settore privato fruire dell'incentivazione prevista dall'articolo 24 del DL 201/2011 e restare in servizio sino al compimento del settantesimo anno di età al fine di maturare una pensione più succulenta. Dopo il recente altolà imposto ai lavoratori del pubblico impiego per i quali è stato ribadito il collocamento a riposo d'ufficio al perfezionamento dei requisiti per la pensione di vecchiaia (66 anni e 3 mesi) o anche prima, al perfezionamento dei 65 anni, qualora abbiano raggiunto un diritto a pensione anticipata entro tale età, il diritto viene compresso anche nei confronti dei settore privato. 

Il Tribunale di Roma con sentenza del 30 Aprile scorso ha infatti deciso che la normativa in questione contenga unicamente la previsione di un incentivo alla permanenza in servizio fino al settantesimo anno di età, in coerenza con l’impianto della riforma del sistema pensionistico che tende all’innalzamento dell’età pensionabile, e un invito alle parti a consentire la prosecuzione del rapporto.  In altri termini, il tenore letterale della norma, nella parte in cui recita “il proseguimento dell’attività lavorativa è incentivato … fino all’età di settant’anni …”, non consente, quindi, di affermare che la norma sancisca un vero e proprio diritto potestativo del lavoratore di scegliere se rimanere in servizio fino all’età di settant’anni, né un correlativo obbligo dal datore di lavoro di consentire la prosecuzione del rapporto fino a tale limite massimo di età.

La circostanza che la norma non preveda che, ai fini dell’esercizio del presunto diritto, il lavoratore debba presentare una domanda e che la domanda debba essere presentata entro un determinato arco temporale induce ulteriormente ad escludere, ad avviso del Tribunale, che la stessa possa configurare un diritto potestativo in favore del lavoratore. 

Il Giudice del Lavoro ha, quindi, concluso che la possibilità per il lavoratore di rimanere in servizio fino al compimento del settantesimo anno di età, in assenza della previsione di un diritto suo potestativo, resti subordinata al consenso del datore di lavoro.

La Questione - La Riforma Fornero ha previsto un sistema di flessibilità per il quale i lavoratori, dopo la maturazione dei requisiti di età e di contribuzione, possono scegliere di posticipare il momento di ritiro dal mercato del lavoro. La prosecuzione dell’attività lavorativa oltre il conseguimento dei requisiti minimi viene, infatti, incentivata fino all’età di 70 anni, fatti salvi gli adeguamenti alla speranza di vita.

 

Con queste regole si è posta la questione se, quale corollario del progressivo innalzamento dell’età pensionabile e della flessibilità a 70 anni (ulteriormente adeguata agli incrementi della speranza di vita), la legge differisca l’esercizio del potere di recesso ad nutum da parte del datore di lavoro dall'età pensionabile di vecchiaia sino al compimento del limite massimo di flessibilità (70 anni, via via aggiornati agli incrementi dell’attesa di vita). 

 

L’art. 24 prevede, infatti, anche che nei confronti dei lavoratori dipendenti l’efficacia delle disposizioni di cui all’art. 18 della legge n. 300/1970 e successive modificazioni, cioè delle norme che recano la disciplina limitativa dei licenziamenti, “è differita fino al predetto limite massimo di flessibilità”. Ma tale possibilità non opera nel settore pubblico, ad eccezione delle categorie per le quali i limiti ordinamentali sono fissati a 70 anni (ad esempio magistratura, avvocati dello stato, professori universitari).

Zedde

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Pensioni

Esodati, Inps chiarisca il termine di pagamento della buonuscita

Domenica, 21 Settembre 2014
L'Inps sta inviando le lettere che autorizzano il pensionamento con i requisiti ante 2012 nei confronti di quei lavoratori che nel corso del 2011 hanno fruito della legge 104/1992.

Kamsin Ancora non risulta chiaro il termine di pagamento della buonuscita per i lavoratori del pubblico impiego beneficiari delle disposizioni di salvaguardia di cui al decreto legge 102/2013. Il provvedimento, come si ricorderà, ha ampliato di 2.500 unità la platea dei lavoratori salvaguardati dalle nuove regole in favore di coloro che risultavano in congedo ai sensi dell'articolo 42, comma 5, del Dlgs 151/2001 (noto anche come congedo straordinario biennale) o fruitori di permessi ai sensi dell'articolo 33, comma 3, della legge 104/1992 nel corso del 2011. Ulteriore condizione riguarda la decorrenza della pensione che deve collocarsi entro il 6 gennaio 2015.

Ad oggi circa 1500 posizioni sono state certificate e gli interessati stanno ricevendo la comunicazione ufficiale che gli consentirà di accedere alla pensione con le previgenti regole pensionistiche.

Molti lettori di Pensioni Oggi lamentano tuttavia l'impossibilità di conoscere con precisione la data entro cui sarà posta in pagamento l'indennità di buonuscita. Le regole in realtà dovrebbero essere quelle indicate nella Circolare Inps 73/2014. E cioè nei casi di dimissioni volontarie il pagamento avverrà non prima di 24 mesi mentre nei casi di risoluzione da parte della pubblica amministrazione per raggiungimento del limite ordinamentale (65 anni) o dei requisiti per la pensione anticipata i termini vengono accorciati a 12 mesi. Scaduti questi termini, l’istituto ha l'onere di porre in pagamento la prestazione entro 3 mesi (quindi il termine di pagamento è pari a 27 o 15 mesi) pena il pagamento degli interessi.

Per importi superiori a 50mila euro ma inferiori a 100mila euro il pagamento sarà frazionato secondo quanto previsto dalla legge 147/2013. L'erogazione avverrà in due rate di cui la prima erogata con i termini sopra citati e la seconda trascorsi ulteriori 12 mesi. Se la prestazione dovesse risultare superiore a 100mila euro, l'erogazione avverrà in tre rate con l'ultima rata pagata dopo ulteriori 12 mesi dalla seconda erogazione.

Si ritiene, peraltro, che i dipendenti che grazie alla salvaguardia riescano a conseguire un diritto a pensione entro il 2013 i frazionamenti di 50mila e 100mila siano portati rispettivamente a 90mila e 150mila euro. Una precisazione sul punto da parte dell'Istituto nazionale di Previdenza sarebbe tuttavia utile a chiarire la vicenda.

Zedde

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Pensioni

Invalidi 80%, quando la pensione di vecchiaia arriva a 60 anni

Giovedì, 18 Settembre 2014
Restano i requisiti di pensionamento agevolati per i lavoratori invalidi e non vedenti. Le donne con una invalidità di almeno l'80% possono ottenere la pensione di vecchiaia a 55 anni, gli uomini a 60 anni.

Kamsin Nonostante l'introduzione della Riforma Fornero sono rimasti i benefici per i lavoratori non vedenti e per gli invalidi con una invalidità non inferiore all'80%. La loro disciplina, infatti, ha carattere eccezionale e non è stata pertanto modificata dal Dl 201/2011, provvedimento che, com'è noto, chiede 66 anni per il traguardo della pensione di vecchiaia. Vediamo dunque quali sono i benefici previdenziali in favore dei lavoratori invalidi e dei non vedenti.

I lavoratori non vedenti - I lavoratori ciechi dalla nascita o divenuti tali prima dell'inizio del rapporto assicurativo e per quelli che, se pur divenuti ciechi dopo l'inizio del rapporto assicurativo, fanno valere almeno 10 anni di contribuzione dopo l'insorgere della cecità hanno diritto alla pensione di vecchiaia al perfezionamento dell'età di 55 anni, se uomini, e di 50 anni se donne (per gli autonomi sono richiesti 5 anni in piu'). Inoltre il requisito contributivo è costituito da una anzianità di iscrizione previdenziale pari a 10 anni ed un numero minimo di contributi anch'esso pari a 10 anni.

Ciò in quanto l'articolo 9 del regio decreto 14 aprile 1939 n. 636, come modificato dall'articolo 2 della legge 1952 n. 218, prevede che limiti di età per la pensione di vecchiaia allora previsti (60 per gli uomini 55 per le donne) siano ridotti di 5 anni per i ciechi lavoratori di ambo i sessi a condizione che siano trascorsi almeno dieci anni dalla data iniziale dell'assicurazione e risultino versati in loro favore i contributi necessari (al tempo pari a 15 anni) ridotti di un terzo. 

Per tutti i lavoratori non vedenti che si trovino in condizioni diverse da quelle sopra esposte o con meno di 10 anni di contributi versati dall’insorgere dello stato di cecita’, rimangono fermi i requisiti di eta’ richiesti in via generale al 31 dicembre 1992: 60 anni per gli uomini e 55 per le donne (per gli autonomi sono richiesti 5 anni in piu') e una base minima contributiva di 15 anni.

Ex-inpdap - Per i lavoratori non vedenti iscritti all'ex-inpdap i requisiti sono invece piu' elevati. Per gli statali sono necessari 65 anni e almeno 14 anni, 11 mesi e 16 giorni contributivi ed assicurativi. Pari condizioni si hanno per i "non statali", tuttavia, nei loro confronti rimangono tuttora validi i tassativi limiti di eta’ in vigore al 31/12/1992, stabiliti per il collocamento a riposo d’ufficio, dalla fonte normativa delle singole amministrazioni di appartenenza. Di conseguenza, nell’ipotesi che tali limiti vigenti al 31 dicembre 1992 siano inferiori a 65 anni, restano confermati tali limiti di età piu’ bassi.

Gli invalidi - Anche a favore dei lavoratori invalidi sono rimasti attualmente in vigore requisiti diversi da quelli necessari per la generalità degli assicurati. L'articolo 1 comma 8 del decreto legislativo 30 dicembre 1992 n. 503 infatti ha indicato che l'elevazione dei limiti di età effettuata dalla medesima disposizione non si applica agli invalidi in misura non inferiore all'80 per cento.

Pertanto, tuttora, i lavoratori e le lavoratrici invalidi in misura non inferiore all'80% hanno diritto alla pensione di vecchiaia al compimento del 60° anno, se uomini, e del 55° anno se donne. I requisiti di contribuzione restano allineati a quelli generali (15, se maturati entro il 1992, o 20 anni). Il beneficio è attivo solo per i soggetti iscritti nel fondo lavoratori dipendenti e pertanto non è esercitabile dagli autonomi o dai soggetti iscritti all'ex-inpdap (cioè i lavoratori del pubblico impiego).

La stima di vita - I requisiti anagrafici dei lavoratori in questione devono essere tuttavia adeguati per l'effetto dell'aspettativa di vita Istat (3 mesi dal 2013) e risultano interessati dalla disciplina delle finestre mobili, cioè il differimento di un anno dal perfezionamento del requisito (cfr: Circolare Inps 53/2011; Circolare Inps 35/2012).

Zedde

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Pensioni

Riforma Pensioni, reversibilità e penalizzazioni nella legge di stabilità

Giovedì, 18 Settembre 2014
Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha indicato la disponibilità del Governo a verificare le coperture necessarie per garantire una modifica della penalizzazione sulla pensione anticipata per chi non ha ancora raggiunto i 62 anni. Pronta anche una revisione della pensione di reversibilità.

Kamsin Ci sarà un «approfondimento» su alcune criticità nell'accesso alla pensione anticipata nella Legge di Stabilità. E il governo intende rivedere anche le norme che regolano la reversibilità ai figli ormai obsolete, perché con la separazione della laurea triennale da quella specialistica e con l'introduzione dei master post universitari, può accadere che lo studente perda il genitore dopo la laurea, ma prima del successivo passaggio formativo.

E' quanto ha precisato, ieri, nel corso del question time a Montecitorio, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti che, a proposito della prestazione destinata a chi resta orfano, ricorda come secondo i requisiti attuali per l'erogazione il figlio superstite deve avere meno di 26 anni ed essere iscritto all'università; l'intervento che Poletti ha indicato servirà, puntualizza, per «per verificare se vi siano i margini un'interpretazione evolutiva della norma», o se, invece, bisognerà ricorrere ad una nuova disciplina, nel qual caso andrà «reperita la copertura economica».

Quanto alla pensione anticipata, il governo intende procedere, all'interno della manovra, all'analisi delle categorie di persone che possono essere escluse dalle penalizzazioni della legge 214/2014 dell'ex ministro Elsa Fornero. E, anche in questa circostanza, un'eventuale modifica della fattispecie renderebbe necessario trovare adeguate risorse.

La richiesta del Pd al ministro Poletti è quella di estendere la deroga prevista dall'articolo 6, comma 2-quater del Dl 216/2011 in favore di tutti i lavoratori; una modifica, già tentata senza successo con il Dl sulla Pa, che significherebbe lo stop definitivo alla penalizzazione sino al 2017 per chiunque maturi i requisiti per la pensione anticipata anche in assenza dei 62 anni. Attualmente, invece, l'articolo citato ferma i disincentivi solo in favore dei lavoratori la cui contribuzione derivi esclusivamente da lavoro effettivo ma penalizza coloro che hanno contribuzione figurativa derivante da disoccupazione indennizzata, mobilità, cigo e le varie maggiorazioni connesse allo stato di invalidità od amianto. 

Zedde

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Pensioni

Pensioni, ecco le regole di pensionamento vigenti sino al 2011

Mercoledì, 17 Settembre 2014
Per i lavoratori salvaguardati e per coloro che fruiscono del prepensionamento nel Pubblico Impiego è prevista l'ultrattività delle regole previdenziali vigenti sino al 31 Dicembre 2011. 

Kamsin Alcune categorie di lavoratori possono beneficiare, in via eccezionale, delle precedenti regole di pensionamento e di decorrenza anche dopo il 2011. Si tratta in primo luogo dei lavoratori esodati salvaguardati, soggetti per i quali il legislatore ha approvato specifici provvedimenti legislativi per consentirgli di beneficiare di un trattamento pensionistico anticipato, in deroga alla nuova disciplina Fornero. Le vecchie regole sono state altresì rimesse in carreggiata per il prepensionamento dei pubblici dipendenti, cioè per far uscire i dipendenti in soprannumero nelle Pa all'esito dell'approvazione di specifici piani di riduzione delle piante organiche (articolo 2, comma 11 del Dl 95/2012).

Appare quindi utile richiamare le regole pensionistiche che tali lavoratori hanno "cristallizzato" e dunque mantenuto in vigore anche dopo il 2011 anche alla luce della sesta salvaguardia che sarà a breve convertita in legge dal Senato.

La Finestra mobile e la Stima di Vita - Sia che si andasse in pensione con il pensionamento di vecchiaia o con la pensione di anzianità la vecchia normativa preveda una finestra mobile standard pari a 12 mesi per i lavoratori dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. Entrambi gli istituti erano poi soggetti all'applicazione della speranza di vita Istat (3 mesi già scattati dal 2013; altri 4 mesi dal 2016).

La Vecchiaia - Il pensionamento di Vecchiaia richiedeva il perfezionamento di un'età anagrafica di 65 anni per gli uomini (settore privato e pubblico); 61 anni per le donne del pubblico impiego (65 dal 2012); 60 anni per le lavoratrici del settore privato (dipendenti e autonome). Queste ultime lavoratrice subivano - ai sensi dell'articolo 18, comma 1 del 98/2011 convertito con legge 111/2011 - il progressivo innalzamento dell'età pensionabile a partire dal 1° gennaio 2014 sino al 2026 in modo da raggiungere la parificazione con l'età pensionabile dei lavoratori del pubblico impiego.

La seguente tabella riassume il graduale innalzamento del pensionamento di vecchiaia per i lavoratori e le lavoratrici con le vecchie regole pensionistiche comprensive degli adeguamenti alla speranza di vita Istat (3 mesi dal 2013; 4 mesi dal 2016; 4 mesi dal 2019).

Anzianità - La pensione di anzianità richiedeva requisiti di pensionamento piu' bassi. Nello specifico il diritto si perfezionava al raggiungimento di una quota data dalla somma tra l'età anagrafica minima richiesta e almeno 35 anni di contributi. Per i lavoratori dipendenti e iscritti ai fondi pensione sostitutivi ed integrativi, a partire dal 1° gennaio 2011, era necessario raggiungere la quota 96 con almeno 60 anni di età (ovvero 60 anni di età + 36 di contributi oppure 61 anni di età + 35 di contributi). Per i lavoratori autonomi il quorum era di un anno piu' elevato: ossia bisognava perfezionare la quota 97 con almeno 61 anni di età: dunque 61 anni e 36 di contributi oppure 62 anni e 35 di contributi. Dal 2013 tali requisiti crescevano di un anno e venivano adeguati alla stima di vita. Il risultato? I lavoratori dipendenti dovevano raggiungere la quota 97,3 (con almeno 61 anni e 3 mesi di età), gli autonomi la quota 98,3 con almeno 62 anni e 3 mesi di età. E dal 2016 il nuovo scatto della stima vita prevede un innalzamento di ulteriori 4 mesi.

In alternativa, la pensione di anzianità poteva essere conseguita, indipendentemente dall'età anagrafica, con 40 anni di contributi. In tal caso tuttavia la finestra mobile sarebbe stata leggermente piu' lunga (1 mese; 2 mesi o 3 mesi in piu' a seconda se il requisito contributivo fosse stato maturato rispettivamente nel 2012; 2013 o dal 2014 in poi).

Le seguenti tabelle mostrano il graduale innalzamento dei requisiti per l'accesso alla pensione di anzianità dal 2011 in poi comprensivi degli adeguamento alla speranza di vita (si noti che il requisito contributivo dei 40 anni non è soggetto ad adeguamento cfr: messaggio inps 20600/2012)

Statali, così il prepensionamento nel pubblico impiego

Esodati, stop a nuove salvaguardie. Piu' flessibilità per la pensioneZedde

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