Nicola Colapinto

Nicola Colapinto

Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

Avviate dall'Istituto di previdenza le operazioni per la rilevazione delle retribuzioni medie provinciali per gli operai a tempo determinato e a tempo indeterminato, occupati nei vari settori in cui si articola l’attività del comparto agricolo.
Le misure sono contenute nella bozza di decreto attuativo del Jobs Act, approvato in via preliminare lo scorso 20 Febbraio dal consiglio dei ministri.

Kamsin Almeno per il 2015 i genitori potranno fruire del congedo parentale sino ai 12 anni di età del figlio (invece di otto). Lo conferma il testo del decreto sulla conciliazione vita-lavoro trasmesso dal Governo alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato per l'acquisizione dei rispettivi pareri. 

Sempre quest'anno, i genitori avranno diritto all'indennità di congedo parentale, senza vincoli di reddito, fino all'età di sei anni (e non tre); avranno diritto all'estensione dell'indennità sino all'ottavo anno coloro che abbiano un reddito individuale inferiore a 2,5 volte l'importo del trattamento minimo di pensione a carico dell'assicurazione generale obbligatoria (circa 1255 euro). Il restante periodo (cioè dai 6 ai 12 anni nel primo caso e dagli 8 a 12 anni laddove si possa godere dell'estensione dell'indennità legata alle condizione di redddito) rimane non coperto dall'indennità di congedo.

Congedo ad Ore. Il provvedimento contiene inoltre una spinta all'utilizzo del congedo parentale a ore, possibilità introdotta dalla legge Fornero, e che doveva però essere regolamentata dalla contrattazione collettiva. Considerato che ciò fino a oggi è avvenuto in pochissimi casi, il legislatore ne consente l'uso anche senza disciplina contrattuale fissando alcune regole di carattere generale. In particolare il decreto prevede che ciascun genitore può scegliere tra la fruizione giornaliera e quella oraria. Vengono modificati anche i termini di preavviso: da 15 giorni si passa a 5 per il congedo giornaliero e a 2 in caso di congedo ad ore.

Congedo di maternità. Altre modifiche riguardano il congedo di maternità. Da un lato si concede la possibilità per la madre di sospenderlo in caso di ricovero del neonato in una struttura pubblica o privata. Se pertanto il bambino viene ricoverato nel periodo previsto per la cosiddetta astensione obbligatoria (tre o quattro mesi dopo il parto) il periodo può essere sospeso e riprenderà a decorrere dopo le dimissioni del figlio, a condizione che la lavoratrice produca una attestazione medica che dichiari la compatibilità dello stato di salute della donna con la ripresa dell'attività lavorativa. Il diritto della sospensione del congedo può essere esercitato una sola volta per ogni figlio. L'altra importante novità è l'estensione del diritto a percepire l'indennità di maternità (direttamente dall'Inps) anche nel caso di risoluzione del rapporto per giusta causa, precedentemente escluso.

seguifb

Zedde

Le nuove regole precisano che non possono essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.

Kamsin Gli eventi di malattia senza integrazione da parte del datore di lavoro, o alla Cig con sospensione a zero ore non devono essere considerati ai fini della determinazione delle 30 giornate di effettivo lavoro che il lavoratore deve possedere con riferimento ai 12 mesi precedenti la disoccupazione (unitamente a 13 settimane di contribuzione nei 4 anni precedenti) per accedere alla Naspi.

Con questa precisazione il ministero del Lavoro ha messo le mani avanti nei giorni scorsi per eliminare i primi dubbi degli operatori in attesa di una circolare Inps piu' chiara al riguarda. In pratica gli eventuali periodi immediatamente precedenti la perdita involontaria del lavoro, non coperti dalla contribuzione, non devono considerati ai fini della determinazione dei requisiti menzionati.

Ma a parte questa precisazione c'è un altro aspetto da tenere in considerazione, sempre in virtù delle condizioni richieste per godere del sussidio: la penalizzazione che si creerà nei confronti della categoria dei lavoratori stagionali. Rispetto alla "vecchia" Aspi, le nuove regole precisano come non possano essere tenuti in considerazione i periodi contributivi già utilizzati per precedenti erogazioni del trattamento.

Con il vecchio sistema (Mini Aspi) i lavoratori stagionali, lavorando sei mesi, potevano contare, una volta rimasti disoccupati, su un sostegno al reddito per gli altri sei, riuscendo a percepire salario per un anno. Ora, con il nuovo sistema di calcolo, l’integrazione che potranno ottenere sarà di soli tre mesi, con un'evidente e inspiegabile danno. Cio' perchè l'assegno sarà erogato solo per la metà delle settimane contributive del lavoratore. Quindi su sei mesi lavorati l'assegno avrà una durata massima di 3 mesi.

Secondo il Sindacato Filcams la Naspi crea inique differenziazioni fra chi ha rapporti continuativi e chi frammentati, a scapito di questi ultimi. "Da simulazioni effettuate, emerge che a parità di retribuzione e di numero di giornate lavorate, l’importo dell’indennità diminuisce all’aumentare del numero di settimane su cui si dispiega la prestazione lavorativa. Chi lavora con molte interruzioni, e raggiunge il requisito per somma di giornate, effettuate in periodi lunghi di tempo, riceve meno di chi può contare su rapporti di lavoro più stabili e lineari sostiene il sindacato".

L'importo. Per quanto riguarda l'importo l'assegno Naspi sarà rapportato alla retribuzione imponibile previdenziale degli ultimi quattro anni. L'importo sarà pari a tale retribuzione divisa per il numero di settimane di contribuzione e moltiplicata per il numero 4,33, con i seguenti limiti: 1) se la retribuzione media non supera i 1.195 euro mensili (dato valido per il 2015 da rivalutare annualmente), l'indennità mensile sarà pari al 75% di tale retribuzione; 2) se supera i 1.195 euro mensili, l'indennità è pari al 75 per cento del predetto importo incrementata di una somma pari al 25 per cento del differenziale tra la retribuzione mensile e il predetto importo.

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Zedde

guidariformalavoro

Un provvedimento all'esame del Senato intende estendere i benefici previdenziali connessi all'amianto anche ai lavoratori autonomi la cui prestazione lavorativa è stata caratterizzata da attività prevelentemente personale.

Kamsin Prosegue in Commissione Lavoro del Senato la discussione dei disegni di legge in materia di riforma dei benefici previdenziali per i lavoratori esposti all'amianto. Oltre ai ddl 1645 e 8 già all'esame della Commissione, nella seduta della scorsa settimana la Relatrice Spillabotte (Pd) ha illustrato il recente ddl 1703 che interviene per tutelare i lavoratori dipendenti o autonomi la cui prestazione sia stata caratterizzata da attività prevalentemente personale.

L'applicazione concreta della normativa già specificamente prevista per l'amianto ha infatti mostrato diverse lacune per questi lavoratori, a partire dall'esclusione dai benefici previdenziali dei lavoratori autonomi la cui prestazione sia stata caratterizzata da attività prevalentemente personale. Partendo da questo quadro, il disegno di legge interviene estendendo i benefici per l'amianto anche ai lavoratori autonomi, la cui prestazione sia stata caratterizzata da attività prevalentemente personale.

Nei loro confronti il ddl determina il coefficiente di maggiorazione, attualmente fissato a 1,25 per chi è stato esposto per almeno dieci anni, in modo proporzionale alla durata dell'esposizione (0,125 per ogni anno di esposizione sino ad un massimo di dieci), questo in ragione delle caratteristiche ormai accertate della morbilità determinata dall'esposizione all'amianto.

Tra le altre novità il ddl prevede anche la non applicazione per questi lavoratori, nel calcolo della pensione, dell'adeguamento all'incremento della speranza di vita dei loro requisiti anagrafici a meno che ciò comporti un incremento del valore dell'assegno previdenziale.

Il ddl continuerà ad essere esaminato in via congiunta con gli altri ddl in materia di riforma dei benefici previdenziali sull'amianto. Sull'iter dei disegni di legge pendono tuttavia i costi delle misure sui quali i senatori attendono la valutazione del Governo e della Ragioneria dello Stato.

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Zedde

Il governo sarebbe orientato a fissare un'asticella minima per legge solo nei settori che non sono già regolamentati da un contratto nazionale. E ad applicarla per il momento anche ai contratti di collaborazione, in attesa del loro superamento.

Kamsin Sette euro l'ora. E' la paga minima oraria che spetterà per legge ai lavoratori dipendenti e a parte dei parasubordinati ma solo nei settori che attualmente non sono regolati da un CCNL. I dettagli della misura saranno definiti in uno dei prossimi decreti attuativi del jobs act, la riforma del lavoro; in particolare in quello sulle cosiddette politiche attive, che dovrebbe riscrivere le regole sul collocamento, e che nel giro di qualche settimana arriverà sul tavolo del consiglio dei ministri.

La vicenda. La legge 183/2014 affida infatti al Governo l'introduzione, anche solo in via sperimentale, di un compenso orario minimo, applicabile ai rapporti aventi ad oggetto una prestazione di lavoro subordinato, nonche', fino al loro superamento, ai rapporti di collaborazione coordinata e continuativa, nei settori non regolati da contratti collettivi sottoscritti dalle organizzazioni sindacali dei lavoratori e dei datori di lavoro comparativamente piu' rappresentative sul piano nazionale. 

In pratica si tratta di una soglia al di sotto della quale non si può andare quando si paga un dipendente o un collaboratore. La somma esatta non è stata ancora definita, anche se si ragiona su una quota intorno ai 7 euro l'ora, forse 6 e mezzo. Una soglia che sarebbe determinata dal valore dei voucher, i buoni lavoro per le prestazioni occasionali che valgono 7,5 euro netti l'ora, che il governo non intende superare per non far naufragare tali prestazioni.

L'ipotesi promossa dal M5S - Una misura analoga, ma piu' estesa, è contenuta nei ddl 1148 e 1670 (i ddl sul reddito di cittadinanza promossi dal M5S) attualmente in discussione in Senato. Qui si prevede l'applicazione del salario minimo nei confronti di tutti lavoratori, subordinati e parasubordinati, sia nel settore privato, ivi incluso quello dell’agricoltura, sia in quello pubblico laddove si ricorra a contratti di lavoro "precario".

E si fissa un valore piu' elevato pari a 9 euro lordi con la previsione di un meccanismo automatico di incremento agganciato alla variazione dell’indice dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati Istat. Il salario minimo diventerebbe inoltre impignorabile e verrebbe esteso anche ai soggetti praticanti, presso studi professionali al fine dell’abilitazione all’esercizio della professione. Resta da vedere cosa diranno i sindacati, che considerano il salario minimo come un altro modo per metterli all'angolo.

Il salario minimo non va comunque confuso con il reddito di cittadinanza - novità anch'essa contenuta nei ddl promossi dal M5S - in quanto il primo è una misura che non riguarda tutti ma solo chi lavora. Il reddito minimo, invece, è una somma che viene garantita per vivere e prescinde dal rapporto lavorativo.

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Zedde

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