Finalmente il Governo dopo mesi di silenzio quasi ostinato si è deciso in sede di legge di bilancio a voltare le carte in tema di previdenza. Avrebbe avuto tutto il tempo di presentare una sua proposta articolata e strutturale che seguisse un suo iter autonomo e che affrontasse in Parlamento la discussione generale ma, evidentemente, il piano di Draghi era ben preciso. Procrastinare il più possibile questo argomento che interessa milioni di lavoratrici e lavoratori, arrivare alla fine di ottobre ed inserire qualche singolo provvedimento riguardante la previdenza all’interno del disegno di legge di bilancio 2022.
L’intendimento del Governo era quello di venire incontro alle richieste dell’Europa che voleva il termine di “quota 100” e un progressivo ritorno alla odiatissima legge Fornero. E così di fatto è stato. Dapprima nel Documento Programmatico di Bilancio da mandare a Bruxelles per l’approvazione erano state inserite la quota 102 (38 anni di contributi + 64 anni di età) per l’anno 2022 e la quota 104 (38 anni di contributi + 66 anni di età) per l’anno 2023 e non era inserita l’Opzione Donna, poi nel disegno di legge di bilancio è rimasta solo la quota 102 ed è ritornata Opzione Donna ma con l’innalzamento di due anni di età per poterne usufruire.
Si passerebbe in pratica a 60 anni di età per le lavoratrici dipendenti e 61 di età per le lavoratrici autonome oltre a 35 anni di contributi per poter accedere a questo istituto. Tutte le altre proposte che erano sul tappeto 41 anni per tutti, flessibilità in uscita a partire da 62/63 anni con eventuali penalizzazioni per ogni anno di anticipo rispetto ai 67 anni di età sono state messe da parte. Queste due proposte quota 102 e Opzione Donna varrebbero per il solo anno 2022. Si avrebbe così un anno di tempo per varare una nuova legge previdenziale equa, strutturale e duratura che dovrebbe entrare in vigore il 1/1/2023 in sostituzione della legge Fornero.
Non ci siamo. Affrontare il complesso tema previdenziale con le quote dapprima ”quota 100” ora “quota 102” non risolve i problemi delle persone, anzi li complica, con l’ulteriore aspetto negativo di creare ulteriori differenze tra lavoratori. Le quote permettono in sostanza solamente a coloro i quali raggiungono entrambi i requisiti l’accesso al pensionamento escludendo altri lavoratori che magari hanno versato per più anni oneri previdenziali ma che non posseggono il requisito dell’età. Inoltre, aumentare “tout court” di due anni i requisiti per l’accesso al pensionamento permetterà a pochissime persone di raggiungere l’obiettivo. Allo stesso modo innalzare di due anni Opzione Donna si configura quasi come un accanimento verso le donne che oltretutto devono optare per il calcolo dell’assegno totalmente contributivo con una penalizzazione che di fatto è intorno al 30%. Inoltre, non aver affrontato seriamente il problema previdenziale, optando, di fatto per un rinvio di un anno, ha umiliato milioni di lavoratori che dopo venti mesi di terribile pandemia non si meritavano tale trattamento.
La decisione poi di affrontare questo delicato e spinoso problema nell’anno 2022 appare molto pretestuosa e incerta dal momento che non si conosce il destino del Premier Draghi con sua eventuale ascesa al Colle e con lo spettro di eventuali elezioni anticipate che, necessariamente, rimetterebbero tutto in gioco.
In questi giorni il governo ha fatto trapelare che potrebbe tornare indietro su Opzione Donna ripristinando i requisiti dell’anno 2021 e che nel 2022 si potrebbe pensare ad una sorta di Opzione Libera per tutti. Consentire cioè dall’anno 2023 a tutti coloro che hanno 64 anni di età ed almeno 20 anni di contributi l’accesso al pensionamento a condizione che optino per il calcolo totalmente contributivo.
Sarebbe una soluzione pessima perché ingolosirebbe milioni di persone all’uscita dal mondo del lavoro percependo assegni previdenziali bassissimi e con la prospettiva di essere i nuovi poveri del futuro. L’auspicio è che in questo mese che il disegno di legge di bilancio è in Aula Parlamentare si trovino fin da subito alcuni correttivi e ci siano alcune sostanziali modifiche per avere già dal 1 gennaio 2022 una legge previdenziale più equa e più rispettosa delle aspettative di milioni di lavoratrici e lavoratori.