Pensioni, Occorre cambiare mentalità per una Riforma

Giovedì, 26 Gennaio 2023
Un commento in vista dell'apertura del confronto tra Governo e Parti Sociali sulla previdenza. Bisognerà mettere il lavoratore al centro delle proprie scelte previdenziali per superare la legge Fornero. 

Secondo tutti gli addetti ai lavori ed in primis della Ministra del Lavoro Calderone questo sarà l’anno della nuova riforma previdenziale per superare definitivamente la legge Fornero, ma questa giusta esigenza deve essere improntata ad un vero cambiamento di mentalità da parte dei nostri governanti.

In questi ultimi anni, per superare i termini rigidi imposti dalla legge Fornero, a parte l’Ape Sociale che ha assolto in pieno il suo compito, sono state istituite le famose Quote 100, 102, 103 che, se da una parte hanno consentito ad alcune centinaia di migliaia di lavoratori di uscire prima dal mondo del lavoro, dall’altra hanno creato ulteriore divisione tra di essi perché permetteva solamente a coloro che avessero centrato “l’ambo secco” (38+62), (38+64), (41+62) il pensionamento anticipato non consentendola, invece, ad altri che magari avevano più anni di contributi o maggiore età anagrafica.

Salvaguardando alcuni aspetti fondamentali della questione previdenziale come la tutela dei lavoratori precoci cha hanno cominciato a lavorare giovanissimi, sono sempre meno e debbono poter accedere al pensionamento con 41 anni di contribuiti, dando inoltre una pensione di garanzia a giovani e donne e rendendo strutturale l’Ape Sociale e Opzione Donna, che vede ritornare alla situazione preesistente la legge di bilancio 2023, bisognerebbe rivolgere l’attenzione verso due direttrici che sono la flessibilità in  uscita e l’implementazione della previdenza complementare, cambiando paradigma e mettendo il lavoratore al centro delle proprie scelte previdenziali.

In particolare, sulla flessibilità in uscita si potrebbe diminuire l’età del pensionamento ordinario portandola a 66 anni e concedere un grandissimo “range” in uscita di otto anni che parta dai 62 anni fino ad arrivare ai 70. Il lavoratore, con libera scelta, potrebbe uscire dal mondo del lavoro già a partire dai 62 anni di età con una penalizzazione annua dell’1,5% a partire dai 65 anni e al tempo stesso, sempre con libera scelta individuale, potrebbe invece decidere di rimanere sul posto di lavoro oltre l’età ordinamentale di pensionamento usufruendo di una maggiorazione analoga dell’1,5% annuo. Unici paletti quelli di possedere almeno venti anni di contribuzione e che l’assegno previdenziale al momento dell’uscita volontaria sia almeno di 1,5 volte il trattamento minimo.

In questa maniera il lavoratore potrebbe scegliere in perfetta autonomia, in base alle proprie necessità se e quando uscire dal mondo del lavoro posizionandosi al centro del sistema previdenziale con costi molti limitati per l’Erario dal momento che ci sarebbe una compensazione, almeno parziale, tra chi volesse uscire prima dal mondo del lavoro e chi, invece, decidesse di rimanere qualche anno in più. 

Altro aspetto importantissimo da attuare sarebbe quello di dare un fortissimo impulso alla previdenza complementare mediante detrazioni che devono arrivare fino al 50% di quanto versato. Destinando il proprio TFR ad un fondo pensione, che deve essere sotto il controllo di un Ente Pubblico, per esempio l’INPS, e attuando investimenti tutelati, costruire quel 30% di assegno previdenziale che in aggiunta all’importo garantito dallo Stato possa superare anche la criticità causata dal sistema contributivo che dal 1996 determina pensioni sempre più basse.

Mettendo il lavoratore a centro della scena e dando a lui la responsabilità della propria situazione pensionistica si potrebbe attuare un modo nuovo, intelligente e moderno di risolvere, almeno in parte, il problema previdenziale.

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