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Aspi 2015, stop alla comunicazione del reddito presunto
Lavoro

Aspi 2015, stop alla comunicazione del reddito presunto

Eleonora Accorsi Domenica, 22 Marzo 2015
Per ottenere l'Aspi in un'unica soluzione non si dovrà più dichiarare all'Inps il reddito presunto derivante dalla nuova attività.

Kamsin Regole piu' agevoli per ottenere la liquidazione dell'Aspi o della Mini-Aspi in unica soluzione. Chi intende ottenere l'erogazione del sussidio in via anticipata per intraprendere un'attività di lavoro autonomo non dovrà comunicare all'Inps il suo reddito presunto ma solo l'inizio dell'attività lavorativa. E' quanto ha stabilito l'Inps con la circolare 62/2015.

La vicenda. Secondo la legge 92/2012, i soggetti titolari di Aspi o mini Aspi possono richiederne il pagamento in un'unica soluzione, per intraprendere un'attività di lavoro autonomo o per associarsi in cooperativa. Per l'accesso alla prestazione bisogna inoltrare un'istanza telematica all'Inps entro la fine del periodo di fruizione della prestazione mensile Aspi o mini Aspi e, comunque, entro 60 giorni dalla data di inizio dell'attività autonoma o parasubordinata o dell'associazione in cooperativa.

Oltre a tale istanza gli interessati devono comunicare all'istituto di previdenza, a pena di decadenza, entro 30 giorni dall'avvio dell'attività, sia l'inizio dello svolgimento dell'attività lavorativa, sia il reddito presunto della stessa, nell'anno di riferimento.

La novità. Nella circolare n. 62 di ieri l'Inps fa marcia indietro sollevando, in pratica, gli interessati dalla denuncia del reddito presunto. In considerazione del fatto che l'anticipazione non è più funzionale al sostegno di uno stato di bisogno che nasce dalla disoccupazione e che, piuttosto, assume la natura specifica di contributo finanziario per lo sviluppo dell'autoimprenditorialità, l'istituto precisa "che il beneficiario è dispensato dall'effettuare la comunicazione qualora presenti la domanda di anticipazione dell'indennità entro il termine previsto per la detta comunicazione, ossia entro un mese dall'inizio dell'attività".

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Zedde

Riforma Pensioni, Boeri apre alla flessibilità: nostra proposta entro l'estate
Pensioni

Riforma Pensioni, Boeri apre alla flessibilità: nostra proposta entro l'estate

Davide Grasso Sabato, 21 Marzo 2015
Ma il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano, frena: attenzione a ricalcolare con il contributivo gli assegni già liquidati.

Kamsin Entro l'estate l'Inps formulerà una proposta per tutelare quella fascia di persone tra i 55-65 anni che hanno perso il lavoro e sono ancora lontane dalla pensione. Lo ha spiegato ieri il neo presidente dell'Inps, Tito Boeri, parlando a “Otto e Mezzo” (La 7), precisando che nei loro confronti si penserà ad ammortizzatori sociali ad hoc abbinati all'introduzione nell'ordinamento previdenziale pubblico di una maggiore flessibilità in uscita, al prezzo di una decurtazione dell'assegno. Nessun dettaglio in piu', per ora.  

Il professore ricorda anche se "ci si concentra su alcune fasce d'età non costa molto. Sono risorse che si possono trovare risparmiando su altri fronti. Ci può fare un'armonizzazione dei sistemi, ci sono grandi asimmetrie, con un'operazione organica, sfruttando ad esempio la legge di Stabilità, "credo si possano trovare risorse importanti". La strada di far andare prima in pensione persone che accettano pensioni più basse è da sperimentare ma "credo si possa fare anche se potrebbero esserci dei problemi con l’Europa".

Per Boeri, l’Italia del resto è di fronte ad un «problema» sul fronte previdenziale legato alla crisi e agli incrementi della speranza di vita «su cui bisogna riflettere, ed è un limite delle riforme fatte durante il governo Monti». Con la crisi «il mercato del lavoro è peggiorato e gli interventi di politica economica hanno ridotto gli ammortizzatori sociali e allungato l'età della pensione, ci sono state alcune generazioni che si sono trovate in difficoltà e su questi bisogna urgentemente intervenire».

Secondo l'economista resta poi sempre in pista l'ipotesi di intervenire sui trattamenti in essere al di sopra di un determinato importo. Una misura di "eguaglianza sociale", ricorda Boeri, da cui si potrebbero trovare risorse per introdurre proprio maggiore flessibilità. Nessuna indicazione però sulla cifra che potrebbe essere considerata come tetto massimo.

Damiano: Le aperture di Boeri e Poletti confermano la bontà del nostro lavoro in Commissione. 
E’ positivo il fatto che Poletti e Boeri stiano lavorando sulle pensioni: anche noi lo stiamo facendo e abbiamo sollecitato il Governo, in tempi non sospetti, di mettere in agenda l’argomento” lo dichiara Cesare Damiano (Pd), Presidente della Commissione Lavoro alla Camera.

“Alla Commissione lavoro della Camera – ricorda Damiano – e’ ripresa la discussione sulle proposte di legge sulla flessibilita’ del sistema previdenziale: faremo le audizioni del ministro Poletti, del Presidente dell’INPS Boeri e delle parti sociali. L’ulteriore allungamento di 4 mesi del requisito per accedere alla pensione, che dal 2016 portera’ quella di vecchiaia dei lavoratori a 66 anni e 7 mesi, dimostra quanto sia insostenibile il sistema. L’aggancio all’aspettativa di vita voluto dal Governo Berlusconi, se non viene corretto, ci portera’ in un futuro non lontano ad aziende popolate da settantenni. Con buona pace del ricambio generazionale. L’idea di Boeri, non nuova, – spiega il Presidente – di ‘tosare’ le pensioni in essere liquidate con il retributivo puo’ essere pericolosa se non si affrontano per prima cosa i privilegi di chi ha goduto di contribuzioni piu’ basse e regole piu’ generose di anticipo pensionistico, magari andando in pensione con l’80% della retribuzione e soli 30 anni di contributi. E’ da li’ che bisogna partire se non di vogliono colpire i soliti noti che hanno gia’ dato piu’ del dovuto” conclude l’esponente Pd.

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Zedde

Lavoro

Naspi 2015, i periodi di cig a zero ore restano "neutri"

Redazione Sabato, 21 Marzo 2015

Con riferimento alla nuova prestazione NASpI (decorrente dal 1° maggio 2015), il Ministero del lavoro, con comunicato del 20 marzo 2015, precisa che i periodi di Cassa Integrazione a zero ore o di altri periodi non utili ai fini del soddisfacimento del requisito contributivo (p. es. malattia senza integrazione della retribuzione da parte del datore di lavoro), immediatamente precedenti la cessazione del rapporto di lavoro, saranno considerati, come avveniva in precedenza, periodi neutri e determineranno un ampliamento, pari alla loro durata, del quadriennio all'interno del quale ricercare il requisito necessario di almeno tredici settimane di contribuzione.

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Zedde

Pensioni

Pensioni Privilegiate, termini piu' ampi per presentare la domanda

Redazione Sabato, 21 Marzo 2015
Una decisione della Corte Costituzionale acclara che il termine di decadenza per presentare domanda di accesso alla pensione privilegiata decorre dal momento in cui si manifesta la malattia.

Kamsin La decorrenza dei cinque anni per inoltrare la richiesta di accesso al trattamento previdenziale in caso di malattie contratte per causa di servizio scatta dal momento del manifestarsi della malattia e non dalla data di cessazione del servizio. Lo ha precisato la Corte costituzionale nella sentenza n. 43 del 19 marzo 2015, con cui ha dichiarato illegittimità costituzionale del primo periodo dell'art. 14 della legge 274/1991, in materia trattamenti pensionistici privilegiati.

Il giudizio, promosso dalla terza sezione giurisdizionale della Corte dei conti, aveva a oggetto la legittimità costituzionale dell'art. 14 per la parte in cui stabiliva che il termine di decadenza quinquennale per fare richiesta della pensione privilegiata per malattie contratte per cause di servizio dovesse essere calcolata a partire dalla cessazione del servizio. Secondo i ricorrenti, infatti, questo criterio sarebbe stato in conflitto con gli art. 3 e 38 della Costituzione, ponendosi come discriminatorio nei confronti dei lavoratori la cui, malattia, sempre legata allo stato di servizio, si fosse manifestata dopo i cinque anni.

La Consulta ha accettato questa tesi sottolineando come il «requisito imprescindibile affinché possa essere fatta richiesta per la pensione privilegiata è che l'infermità derivi in modo evidente dal servizio. Secondo la Corte, però, «far decorre il termine di decadenza per l'inoltro della domanda di pensione privilegiata per infermità dalla data di cessazione del servizio, anziché dal momento della manifestazione della malattia, anche nel caso di patologle a lunga latenza è da ritenersi in contrasto con gli art. 3 e 38 della Costituzione. È, infatti, irragionevole esigere che la domanda di accertamento della dipendenza dell'infermità del servizio svolto fosse inoltrata entro un termine in cui ancora difettava il presupposto oggettivo della richiesta stessa».

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Fisco

Giustizia, In Gazzetta il decreto sulla non punibilità dei reati "lievi"

Bernardo Diaz Sabato, 21 Marzo 2015
I reati caratterizzati da scarsa offensività sociale puniti con la reclusione sino ad massimo di 5 anni potranno essere non piu' perseguibili penalmente. La decisione sarà del giudice.

Kamsin I reati puniti con meno 5 anni di reclusione o solo con la pena pecuniaria potranno, a determinate condizioni, non essere piu' perseguibili penalmente. Dal prossimo 2 Aprile entrerà infatti in vigore il decreto legislativo 28/2015 che da' attuazione alla legge delega 28 aprile 2014, n. 67 , in materia di pene detentive non carcerarie, depenalizzazione e riforma del sistema sanzionatorio. Il provvedimento introduce , in particolare, nel nostro ordinamento l'istituto della non punibilità per particolare tenuità del fatto, un nuovo istituto che mira alla rapida definizione, tramite archiviazione o proscioglimento, dei procedimenti iniziati nei confronti di soggetti che abbiano commesso illeciti caratterizzati da una scarsa gravità.

E' così perseguita la finalità di evitare l'avvio o il proseguimento di giudizi penali - con conseguenti risparmi in termini di economia processuale - laddove la sanzione penale non risulti necessaria; per le persone offese dal reato resta, tuttavia, ferma la possibilità di rivalersi in sede civile dei danni comunque subiti.

Per la concessione del beneficio ci sono precise condizioni: l'archiviazione potrà essere infatti concessa solo con riguardo ai reati per i quali è prevista la pena detentiva non superiore nel massimo a cinque anni ovvero la pena pecuniaria, sola o congiunta alla suddetta pena detentiva. Inoltre la non punibilità opererà quando l'offesa è di particolare tenuità e il comportamento non risulta abituale.

La disciplina introdotta non prevede però alcun automatismo nella concessione della causa di non punibilità dovendo essere comunque il giudice a valutare, in base alla sua discrezionalità, se nel caso concreto ricorrano le condizioni che giustificano l'archiviazione.

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Zedde

Altro...

Pensioni, alla Consulta la decisione sul blocco dell'indicizzazione degli assegni

Fernando Sacco Sabato, 21 Marzo 2015
Atteso il giudizio della Corte Costituzionale sulla legittimità, per il biennio 2012 2013, del blocco della perequazione sui trattamenti pensionistici di importo superiore a tre volte il minimo INPS.

Kamsin E' atteso a giorni il pronunciamento della Corte Costituzionale sul blocco della perequazione delle pensioni per gli anni 2012 e 2013. Come si ricorderà nel 2011 il Governo Monti  ha sospeso l'indicizzazione al costo della vita delle pensioni di importo mensile superiore a tre volte il trattamento minimo INPS (circa 1.400 euro mensile al lordo delle ritenute fiscali). 

Una fascia reddituale decisamente bassa che ha fortemente penalizzato oltre sei milioni di pensionati che, a fronte di una crescente inflazione (pari a + 2,7% nel 2012 e + 3,0% nel 2013) si son visti decisamente impoverire ulteriormente il trattamento pensionistico in godimento contro ogni logica e in dispregio di diritti costituzionalmente tutelati.

Il “danno economico” arrecato ai pensionati destinatari del provvedimento è estremamente rilevante non solo per gli anni in cui opera il blocco, ma anche per il futuro atteso che, in difetto di qualunque previsione di recupero negli anni successivi, tale danno si protrae ininterrottamente all’infinito fino ad incidere sulla misura delle pensioni di reversibilità, ove spettanti ai superstiti.

La tabella seguente mostra quanto potere di acquisto hanno lasciato sul campo gli assegni superiori a 3 volte il minimo inps rispetto alla disciplina vigente sino al 2011 (si noti che la "colpa" della perdita non è solo data dalla mancata rivalutazione del biennio 2012-2013 ma anche dalla riduzione dell'indice di perequazione da attribuire per gli assegni superiori a 4 volte il minimo come stabilito dalla legge 147/2013).

Sulla legittimità della norma dovrà ora pronunciarsi la Consulta che è stata chiamata in causa dal Tribunale di Palermo, dalla Corte dei Conti della Regione Liguria e dalla Corte dei Conti della Regione Emilia Romagna. Sotto la lente dei giudici c'è la sospetta violazione di diversi principi sanciti dal dettato costituzionale, in particolare quelli della “uguaglianza”, della“adeguatezza” e della “proporzionalità” della retribuzione differita tutelati dagli articoli 3 e 36 Cost., nonché dei principi della capacità contributiva e del concorso di tutti i cittadini alle spese pubbliche di cui all’art. 53 Cost.

La pronuncia è attesa dai pensionati serenamente, con la speranza che l’iniquità del blocco della rivalutazione automatica delle pensioni, ai fini di un loro adeguamento alle variazioni del costo della vita quali periodicamente accertate dall’ISTAT, sarà definitivamente cancellata con una sentenza rispettosa dei principi posti a fondamento del vivere civile.

Va da sé, infatti, che le reiterate sospensioni del meccanismo perequativo, comportando di fatto una sostanziale decurtazione del “valore” delle pensioni, finiscono col disconoscere l’incidenza obiettiva della erosione inflazionistica sui redditi considerati con gravi ripercussioni sulle economie delle famiglie che vedono sempre più impoverita la loro fonte (spesso unica) di reddito.

seguifb

Zedde

A cura di Fernando Sacco

Riforma Pensioni, Damiano: tempi maturi per un intervento

Redazione Venerdì, 20 Marzo 2015

L'Inps ha oggi evidenziato come cambieranno le pensioni dal prossimo anno con l'ennesimo incremento pari a 4 mesi. La situazione è ormai insostenibile da un punto di vista sociale. E' quindi positivo che il ministro Poletti convochi i sindacati per discutere di pensioni”. Kamsin Lo dichiara Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. “L’argomento – spiega Damiano – e’ maturo e il tema e’ in calendario alla Commissione Lavoro della Camera, che ha intenzione di audire le parti sociali, il Presidente dell’INPS e lo stesso ministro per discutere una serie di norme a 360 gradi di revisione della Legge Fornero. Un criterio di flessibilita’ nel sistema previdenziale e’ necessario per favorire, con il turnover, l’ingresso dei giovani nelle aziende e per evitare che aumenti il numero dei nuovi poveri, cioe’ di lavoratori over 60 rimasti senza lavoro e senza pensione ”, conclude Damiano.

Ieri il ministro del Lavoro, aveva indicato che la convocazione dei sindacati per un confronto sul tema delle pensioni è all'ordine del giorno: "arriverà a breve dopo un breve confronto con l'Inps".

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Pensioni, L'Inps certifica lo slittamento dell'età pensionabile dal 2016

Giorgio Gori Venerdì, 20 Marzo 2015
L'istituto con una circolare ha ricordato le novità che entreranno in vigore dal prossimo 1° gennaio 2016. Per il triennio 2016-2019 si dovrà lavorare 4 mesi in piu'.

Kamsin L'Inps certifica la crescita dell'età pensionabile dall'anno prossimo. Con la Circolare 63 diffusa oggi l'istituto rivede al rialzo tutti i requisiti per conseguire la pensione per i lavoratori iscritti alla previdenza obbligatoria in sintonia con quanto previsto dal decreto 16 dicembre 2014. A partire dal 1° gennaio 2016 e sino al 31 dicembre 2018, per colpa della speranza di vita, bisognerà in pratica lavorare 4 mesi in più. E dal 2019 si dovrà mettere in conto un ulteriore scatto che attualmente, secondo lo scenario demografico dell'Istat, sarà di nuovo pari a 4 mesi.

Da prossimo anno, dunque, per la pensione anticipata sarà necessario perfezionare 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi di contributi per donne pari, rispettivamente, a 2227 settimane e a 2175 settimane di versamenti. Il tutto indipendentemente dall'età anagrafica del lavoratore.

Per la pensione di vecchiaia, fermi restando un minimo di 20 anni di contributi, i requisiti restano differenti per le donne del settore privato rispetto agli uomini e alle donne del settore pubblico. Gli uomini, dipendenti o lavoratori autonomi, dovranno raggiungere i 66 anni e sette mesi di età e non piu' 66 anni e 3 mesi, come accade attualmente. Lo stesso requisito è fissato per le donne del pubblico impiego. Per le lavoratrici del settore privato l'aumento sarà piu' elevato in quanto l'effetto della speranza di vita si cumula con il graduale innalzamento dell'età per la vecchiaia che, entro il 2018, dovrà assicurare la totale parificazione con i requisiti vigenti per gli uomini. Per le dipendenti del settore privato serviranno quindi 65 anni e sette mesi, per le autonome 66 anni e un mese. 

L'Inps non lo dice nella circolare ma l'adeguamento alla speranza di vita colpisce anche le prestazioni previdenziali dei contributivi puri, cioè di quei soggetti privi di anzianità contributiva al 31 dicembre 1995. Ad esempio il requisito anagrafico per la prestazione anticipata passerà da 63 anni e 3 mesi a 63 anni e 7 mesi e da 70 anni e 3 mesi a 70 anni e 7 mesi per la vecchiaia contributiva.

Novità anche per i lavori usuranti. Com'è noto nei loro confronti si applica ancora il previgente sistema delle quote di cui alla Tabella B allegata alla legge 23 agosto 2004, n. 243. Ebbene dal 2016 dovranno perfezionare 61 anni e 7 mesi di età anagrafica con il contestuale raggiungimento del quorum 97,6 con un minimo di 35 anni di contributi. Per gli autonomi serviranno, invece, 62 anni e 7 mesi ed un quorum pari a 98,6.

Lo slittamento di 4 mesi influenzerà anche la data di ingresso alla pensione per il comparto difesa e sicurezza (sul punto ci sarà un approfondimento di pensionioggi.it nei prossimi giorni) e per i comparti per i quali sono attualmente previsti requisiti previdenziali diversi da quelli vigenti nell'AGO, appena esposti (si pensi ad esempio agli ex-enpals e agli autoferrotranvieri). Naturalmente sono soggetti agli adeguamenti anche i lavoratori cd. salvaguardati ma in tal caso la normativa da prendere a riferimento è quella ante-fornero (vedi: vecchie regole pensionistiche).

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Zedde

A cura di Giorgio Gori - Patronato Inas

Dis-Coll 2015, nessuna restrizione per chi ha già perso il lavoro

Bernardo Diaz Venerdì, 20 Marzo 2015

Non ci sarà alcuna preclusione nell'accesso alla Dis-Coll, per coloro che abbiano perduto l'occupazione dal 1o gennaio 2015 e per i quali, alla data di entrata in vigore del decreto legislativo, o di adozione delle procedure telematiche per la presentazione della domanda, siano già trascorsi i 68 giorni entro i quali la stessa deve essere presentata, a norma dell'articolo 15 del dlgs 22/2015. Kamsin E' quanto ha ricordato ieri il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti nel corso di un'interrogazione parlamentare.

Secondo il Ministro "il problema è perfettamente presente all'INPS e a questo Ministero ed è in corso di predisposizione una circolare che prevede disposizioni operative volte a salvaguardare la situazione di quei soggetti che, avendo perso il lavoro in data antecedente l'entrata in vigore del decreto o l'adozione delle procedure telematiche, potrebbero vedere limitato il loro diritto di accesso ai benefici in parola. L'INPS sta predisponendo con carattere di priorità la procedura per la presentazione telematica delle domande".

Il nuovo ammortizzatore sociale, lo si ricorda è riconosciuto ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla gestione separata che perdano il lavoro a partire dal 1° gennaio 2015 e sino al 31 dicembre 2015; la prestazione sostituirà l'indennità una tantum corrisposta sino ad oggi.

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Statali, Ichino: il Jobs si applica anche alle Pa. Nessuna norma lo vieta

Redazione Venerdì, 20 Marzo 2015
Il Senatore Pietro Ichino ricorda che servirebbe una modifica nella legge delega sulla Pa per evitare l'applicazione del Jobs Act al pubblico impiego.

Kamsin Secondo il ministro della Funzione Pubblica, Marianna Madia, il Jobs act non si applicherà pubblico impiego. Ma nel testo del decreto legislativo sui contratti a tutele crescenti (dlgs 23/2015) non c'è traccia di una norma che escluda le Pa dalla nuova normativa. Lo conferma anche Enrico Zanetti, sottosegretario all'Economia, e Pietro Ichino, senatore del Pd che sottolineano come, nella legge delega, di esclusione del pubblico impiego non vi sia traccia. Ciò vuoi dire che se davvero il governo vorrà escludere gli statali dalla riforma del lavoro, le norme dovranno cambiare e i tempi per l'approvazione, annunciata entro l'estate, risulterebbero stretti.

Per Zanetti la questione è di sostanza: «Dire che la specificità del pubblico impiego rende opportuno non estendere il Jobs act ai dipendenti pubblici è profondamente sbagliato, oltre che ingiusto nei confronti di chi lavora nel settore privato. Semmai è giusto dire che la specificità del pubblico impiego rende opportuni appositi accorgimenti procedurali in una normativa che non può fare figli e figliastri. Di questo dovrebbe occuparsi il ministro Madia». «E' chiaro  sottolinea che non deve essere il singolo dirigente a decidere su un licenziamento, ma una Commissione. Ecco mi aspetto che ci si occupi di queste aspetti, ma i principi non si toccano».

Critico verso il messaggio lanciato dalla Madia anche Pietro Ichino. «Poiché il decreto 23, entrato in vigore il 7 marzo scorso, non contiene una norma che escluda il settore pubblico, esso si applica anche al pubblico impiego. È la conseguenza di una norma molto chiara contenuta nel Testo Unico sul pubblico impiego del 2001. In questo senso il governo ha deciso il 24 dicembre e questa scelta è stata confermata il 20 febbraio. Se il ministro Madia intende compiere una scelta diversa, occorrerà che questa si esprima in una modifica della legge delega sulle p.a.; e se ne dovrà discutere in Parlamento». «Per quanto mi riguarda -  sostiene Ichino -  sono invece convinto che sia giusto e necessario applicare le stesse regole nel settore pubblico e in quello privato, anche se ciò non basta certo a risolvere i problemi delle amministrazioni pubbliche: è altrettanto importante che i dirigenti pubblici siano incentivati e motivati a riappropriarsi delle prerogative manageriali e a esercitarle correttamente e incisivamente».

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