Lavoro
Contratti a termine 2014, il tetto è del 20 per cento sull' organico complessivo
Dallo scorso 21 marzo i datori di lavoro dovranno solo prestare attenzione alla circostanza che il numero massimo dei contratti a termine rispettino il tetto massimo del 20 per cento del organico complessivo dei dipendenti impiegati in azienda. Le imprese pertanto dovranno verificare di non aver ancora superato in quel determinato momento la soglia massima del 20 per cento dell'organico complessivo prima di procedere alla stipula di un nuovo contratto a termine.
Restano comunque esclusi dal tetto le imprese che occupano fino 5 dipendenti le quali potranno sempre stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.
Inoltre vengono mantenute le specifiche esclusioni di legge contenute dell'articolo 10 del D Lgs 368/2001 in favore di talune particolari situazioni meritevoli di una diversa regolamentazione. Si tratta in pratica dei contratti conclusi per l'avvio di attività di startup nei periodi indicati dai contratti nazionali, i contratti stagionali, i contratti stipulati per specifici spettacoli o programmi radiofonici e televisivi e contratti stipulati con lavoratori di età superiore a 55 anni.
Tra le varie problematiche che stanno riscontrando gli operatori del settore c'è quella relativa alla definizione della soglia dell' organico complessivo. La formulazione del termine non è del tutto chiara e può generare dubbi interpretativi. Secondo l'ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma la base di calcolo del 20 per cento deve essere riferita esclusivamente ai rapporti di lavoro subordinato a tempo indeterminato in sintonia del resto con quanto prevedono i contratti nazionali di settore e come stabilito anche da diverse sentenze della giurisprudenza.
Il decreto legge fa salvi gli eventuali limiti diversi previsti nei contratti collettivi nazionali stipulati dai sindacati comparativamente più rappresentativi in base al Dlgs 368/2001 e concede la possibilità di innalzare questo limite attraverso accordi sindacali.
Contratti a termine, i professionisti sono fuori dalla deroga
La deroga in favore delle imprese di piccole dimensioni rischia di non essere applicabile agli studi professionali.
Le imprese di minori dimensioni, fino a 5 dipendenti, possono stipulare sempre un contratto a tempo determinato. È quanto previsto dal decreto legge Poletti (dl 34/2014) entrato in vigore lo scorso 21 marzo. La norma mira a salvaguardare le imprese minori per le quali l'applicazione del limite generale del 20 per cento di organico complessivo non avrebbe consentito altrimenti il ricorso al contratto a tempo determinato.
La nuova disciplina del contratto a tempo determinato ha infatti previsto un tetto massimo di dipendenti assunti con contratto a tempo determinato rispetto al totale degli addetti nell'impresa. Il limite è del 20 per cento.
Vincolo che chiaramente non poteva essere rispettato per le imprese minori per le quali, se non fosse stata concessa una deroga, non avrebbero potuto assumere nessun collaboratore con contratto a tempo determinato; un'impresa con tre dipendenti infatti se ne avesse assunto un quarto con un contratto a tempo determinato avrebbe sforato immediatamente il tetto del 20%.
Il Decreto Poletti ha quindi stabilito che le imprese di minori dimensioni, sino a 5 dipendenti, possono sempre assumere un collaboratore con contratto a tempo determinato in deroga al tetto legale.
La norma tuttavia fa riferimento esclusivamente alle imprese ed escluderebbe di fatto i soggetti non imprenditori come per esempio i professionisti, gli studi, le associazioni e fondazioni. Che, in assenza di un chiarimento da parte del Ministero del Lavoro, rischiano di non poter assumere alcun collaboratore a tempo determinato nel caso il loro organico sia inferiore a 5 dipendenti.
Si tratta questo di un punto sul quale l'Ordine dei consulenti del lavoro chiede, in sede di conversione in legge del provvedimento, di chiarire l'applicabilità della deroga anche nei confronti dei soggetti non imprenditori per scongiurare dubbi interpretativi e per evitare di discriminare ingiustamente i professionisti.
Electrolux, parte la solidarietà per 3 mila dipendenti
È stato siglato a Mestre l'accordo tra azienda e sindacati per prorogare di un anno gli ammortizzatori sociali.
A Mestre Electrolux e i sindacati hanno siglato un accordo per consentire la proroga degli ammortizzatori sociali negli stabilimenti italiani. L'accordo riguarda il sito di Solaro in provincia di Milano che vedrà gli ammortizzatori sociali partire dal 1° giugno 2014 al 31 marzo 2015, il sito di Porcia in provincia di Pordenone dal 3 agosto 2014 al 2 agosto 2015 e lo stabilimento di Susegana in provincia di Treviso dal 1° aprile 2014 al 31 marzo 2015.
I contratti di solidarietà riguarderanno 3079 lavoratori impiegati nei tre siti e consentirà di evitare i licenziamenti e ridistribuire il carico di lavoro. L'accordo è stato raggiunto anche grazie alle novità introdotte dal Governo con il Decreto Lavoro che sostiene con incentivi contributivi le imprese che usufruiscono dei contratti di solidarietà per salvaguardare l'occupazione e contestualmente investono in innovazione e ricerca.
I bancari richiedono gli aumenti contrattuali
Si avvicinano i tempi per la chiusura del rinnovo del contratto dei bancari. L'ABI punta a chiudere il contratto collettivo nazionale entro il 30 giugno, ma sono molte le questioni ancora aperte sollevate dai sindacati unitari.
Lando Maria Sileoni, da poco riconfermato alla guida della Fabi, chiede infatti che il nuovo contratto collettivo preveda risorse in favore dei lavoratori bancari che stanno affrontando anche loro forti difficoltà in un momento di cambiamento.
La Fabi chiede l'inserimento di una revisione del Fondo per l'occupazione in modo che se ci fossero dei residui a livello di solidarietà questi possano essere utilizzati per la riconversione professionale del personale. Le sigle unitarie del credito chiedono anche un rafforzamento delle garanzie contro l'eccessiva frammentazione dei contratti e il rischio di una deregulation del settore.
Importanti anche le richieste economiche. Le sigle sindacali chiedono un differenziale del 6,05 per cento sul 2012 che su retribuzioni di circa 37 mila euro comporterà un aumento di circa 170 euro dello stipendio medio dei bancari.
Per i sindacati, i banchieri dovranno puntare sulla riduzione delle consulenze e sul ridimensionamento dei compensi dei top manager da contenere entro il rapporto di 1 a 20.
Cassa in deroga. Poletti chiede un miliardo di euro al governo
Per il neoministro del Welfare, Giuliano Poletti, anche il 2014 sarà un anno di grande sofferenza sul fronte del lavoro. In audizione alla Camera, Poletti ha portato all'attenzione di nuovo il nodo del miliardo di euro che manca quest'anno per finanziare la cassa integrazione in deroga che, con le casse ordinaria e straordinaria in esaurimento, rischia di diventare un rifugio per i lavoratori che non hanno coperture.
Il titolare del Lavoro precisa che il miliardo mancante «è un dato meccanico che risulta se guardiamo alle risorse impegnate negli anni precedenti» ed «è la differenza tra ciò che abbiamo finanziato in passato e ciò che abbiamo in bilancio quest' anno».
La ferita si riapre dopo che l'Inps ha sottolineato l'exploit della cassa integrazione a febbraio: 83,3 milioni le ore complessivamente erogate. L'aumento su un anno è stato del 5,3%. Ed è tutto da imputare alla cassa straordinaria e in deroga salite rispettivamente del 16,9% e del 55,6%. Mentre le ore di cassa ordinaria si sono ridotte del 27,4%.
Tirreno Power, l'azienda chiede la cassa integrazione per oltre 100 dipendenti
Sono 102, su un totale di 260 dipendenti diretti, i lavoratori della centrale elettrica Tirreno Power di Vado Ligure (Savona) che saranno messi in cassa integrazione, in seguito al provvedimento di sequestro degli impianti a carbone imposto l'11 marzo scorso dall'Autorità Giudiziaria per un presunto coinvolgimento dell'azienda in disastro ambientale doloso.
Ieri la Tirreno Power, al termine di un incontro in prefettura a Savona con i sindacati, ha chiarito che chiederà la cassa integrazione ordinaria.
Controllata al 50% da Gdf Suez e partecipata da Sorgenia (39%), società che fa capo alla famiglia De Benedetti, da Hera (5,5%) e da Iren (5,5%), la società ha sottolineato in una nota che «sta seguendo tutte le strade nelle sue possibilità per riprendere la produzione, tra le quali anche una serie di interventi che potrebbero essere sottoposti al giudice in tempi ragionevolmente brevi, auspicabilmente all'interno di un quadro di costruttivo dialogo e consapevolezza delle difficoltà finanziarie della società».
Il blocco «protratto della produzione - aggiunge l'azienda - in un momento, come noto, estremamente delicato di rinegoziazione del debito da parte dell'azienda con gli istituti finanziari può compromettere la continuità industriale».