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Previdenza - Results from #2328

 

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Riforma Pensioni, Damiano: no al reddito minimo. Serve la quota 100

redazione Martedì, 28 Aprile 2015
“Si rischia di negare un diritto pensionistico trasformando quest’ultimo in assistenza”. Serve un anticipo strutturale dell'età pensionabile con il ritorno al sistema delle quote.

Kamsin "Concluso l'esame dei decreti sul Jobs Act convocheremo in audizione il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e i vertici dell'Inps". Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, che si dice "preoccupato" per le dichiarazioni delle ultime settimane dell'Inps e dello stesso Ministro sulle reali intenzioni di modificare la Legge Fornero sulle Pensioni.

Sostanzialmente il Governo e l'Inps ci stanno dicendo che vogliono estendere l'Asdi alla fascia degli ultra 55enni senza lavoro e in condizioni di bisogno dal prossimo anno. Non siamo contrari in modo assoluto alla misura però diciamo che non è questa la strada da seguire. L'assegno di disoccupazione è, infatti, un sostegno assistenziale che eroga sino ad massimo di 450-500 euro al mese indipendentemente dai contributi versati, uno strumento utile - sottolinea Damiano - per affrontare situazioni particolarmente complesse e disagiate ma che non può soddisfare le esigenze di flessibilizzare l'età pensionabile.

Correremmo altrimenti il rischio di intervenire con una misura assistenziale laddove alcuni potrebbero andare in pensione. E' come dire ad un lavoratore disoccupato che ha versato 40 anni di contributi ma che non ha agganciato i requisiti per la pensione pubblica: ti prendi un indennizzo uguale a quello concesso ad uno che non ha mai lavorato o che magari lo ha fatto sempre in nero. L'assegno, inoltre, sarebbe corrisposto solo al di sotto di un certo reddito tagliando fuori, di fatto, una larga fetta di lavoratori che hanno perso il posto".

Come si vede rischiamo di produrre una profonda ingiustizia. Per questo bisogna accelerare sull'introduzione dei pensionamenti flessibili a partire dai 62 anni di età". Noi, come partito democratico, abbiamo depositato due disegni di legge in Commissione Lavoro (uno sulla quota 100, l'altro che consente l'uscita da 62 anni e 35 di contributi con un taglio dell'8% oppure a 41 anni di contributi) sui quali ci attendiamo un confronto sereno e costruttivo con il Governo.

seguifb

Zedde

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Pensioni, l'Inps avvia il ricalcolo degli assegni liquidati ante 1° gennaio 2015

Franco Rossini Lunedì, 27 Aprile 2015
L’obiettivo è verificare che l'importo complessivamente erogato non superi quanto sarebbe stato conseguito applicando il sistema retributivo vigente sino al 2011.

Kamsin L'Inps sta procedendo al ricalcolo degli assegni liquidati dopo il 2012 per quei lavoratori che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. L'obiettivo è verificare che l'importo dei trattamenti erogati non superi quanto sarebbe stato corrisposto con il sistema retributivo in ossequio al nuovo "tetto" introdotto dall'articolo 1, comma 707 della legge 190/2014 (legge di stabilità 2015). La misura avrà, infatti, effetti anche sugli assegni già liquidati ante 2015 e, pertanto, l'istituto dovrà effettuare il raffronto su tutti i lavoratori usciti dal 2012 in poi con le regole Fornero e procedere, eventualmente, al recupero delle somme indebitamente corrisposte a decorrere dal 1° gennaio 2015.

Il Doppio Calcolo. La Circolare Inps 74/2015 chiarisce che dovrà essere messo in pagamento l'importo minore tra la cifra determinata con il sistema di calcolo vigente (cioè retributivo sino al 2011 e contributivo pro rata dal 1° gennaio 2012) e quella determinata applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate dall’assicurato.

L'assegno determinato con questa seconda modalità di calcolo sarà tuttavia meno penalizzante rispetto a quanto si riteneva all'indomani dell'approvazione della misura. Infatti da un lato l'Inps precisa che potranno essere valorizzate con l'aliquota di rendimento prevista con il sistema retributivo (2% e poi mano mano decrescente al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile) anche le anzianità contributive eccedenti i 40 anni di contributi (superando il concetto di massima anzianità contributiva); dall'altro l'istituto indica che possono essere valorizzati tutti i periodi lavorativi accreditati compresi quelli eventualmente maturati dalla data di conseguimento del diritto a quella di effettiva corresponsione della pensione.

Insomma per confrontare l'importo dell'assegno in essere si utilizzerà un calcolo retributivo diverso da quello in vigore fino al 31 dicembre 2011 e piu' favorevole potendosi derogare al limite massimo di anzianità contributiva valorizzabile. Rimarranno invece inalterati i criteri per la determinazione della retribuzione pensionabile e delle aliquote di rendimento per la generalità dei lavoratori che, com'è noto, decrescono al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile.

L'Inps, come indicato, metterà in pagamento l’importo minore determinato dal raffronto fra i due sistemi di calcolo.

Gli effetti - I lavoratori maggiormente colpiti dall'innovazione, cioè quelli per i quali l'importo del trattamento determinato attraverso il secondo sistema di calcolo è inferiore a quello attualmente vigente, sono coloro che cessano con un'anzianità anagrafica superiore all'età prevista per la pensione di vecchiaia (cioè oltre i 66 anni e 3 mesi) e con retribuzioni medie superiori a circa 46mila euro annui, cioè superiori al tetto pensionabile vigente nel sistema retributivo. 

Costoro, infatti, non avendo nessun massimale sulle retribuzioni, riescono a valorizzare, con il sistema contributivo, l'intera cifra sulla terza quota di pensione (quota C) ottenendo, quindi una prestazione superiore a quella determinata con il secondo sistema di calcolo grazie anche all'attivazione di coefficienti di trasformazione piu' succulenti perchè calcolati sino al 70° anno di età.

Il perimetro di applicazione del taglio risulta quindi interessare potenzialmente soprattutto i professori universitari, i dirigenti, i medici, i magistrati e alti funzionari delle forze militari o dello stato (i cd. grand commis) che com'è noto possono restare in servizio sino a 70-75 anni sfruttando retribuzioni medie lorde ben superiori ai 100mila euro; mentre non dovrebbero sussistere effetti negativi per i lavoratori con retribuzioni medio-basse che magari si trattengono oltre il 40° anno di versamenti sul posto di lavoro. Cio' in virtu' proprio del superamento del concetto di massima anzianità contributiva che, altrimenti, avrebbe costituito un ulteriore limite alla crescita degli assegni nel sistema retributivo determinando la spiacevole conseguenza di travolgere anche gli assegni di importi bassi.

seguifb

Zedde

Pensioni

Opzione Donna, Poletti: valutiamo la proroga della pensione a 57 anni

redazione Domenica, 26 Aprile 2015
Le domande delle lavoratrici che maturano i requisiti nel corso del 2015 non dovranno essere respinte in attesa che il Ministero del Lavoro decida sull'estensione di un anno del regime.

Kamsin "L'INPS sta raccogliendo le domande delle lavoratrici che maturano i requisiti anagrafici e contributivi nel corso del 2015 per l'esercizio della cd. opzione donna. Saremo quindi a breve in grado di valutare le risorse economiche e le condizioni per risolvere questo nodo, che, come è noto, è pendente da un po’ di tempo". Lo ricorda il Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in una nota inviata alla nostra redazione. "La stessa legge istitutiva (articolo 1, comma 9 della legge 243/04, ndr) prevede che al termine della sperimentazione il Governo verifichi i risultati della stessa, al fine di una sua prosecuzione".

"Il tema è all'attenzione del nuovo presidente dell'Inps Tito Boeri" ha indicato Poletti assieme all'altro punto sul quale stiamo lavorando "cioè la possibilità di intervenire nei confronti di quei cittadini che, vicini al pensionamento, perdono il lavoro e non raggiungono la maturazione dei requisiti, nonostante gli ammortizzatori sociali". "Abbiamo diverse criticità da risolvere e l'intenzione del Governo è quella di dare una risposta a questi problemi."

La Questione. Com'è noto si tratta della possibilità offerta alle lavoratrici di conseguire prima la pensione in presenza cioè di almeno 35 anni di contributi e un'età non inferiore a 57 anni e tre mesi (lavoratrici dipendenti) ovvero 58 e tre mesi (autonome). Unica condizione: optare per il calcolo di tutta la pensione con la regola contributiva.

L'opzione è stata salvata dalla riforma Fornero del 2012 che ha allungato l'età per la pensione a 63 anni e 9 mesi (dipendenti del privato) e a 66 anni e 3 mesi (impiegate pubbliche). Nella circolare Inps 35/2012 l'Istituto ha precisato però che le lavoratrici possono avvalersene soltanto se, entro il termine del 31 dicembre 2015, riescono a ricevere la liquidazione della pensione (cioè la decorrenza) e non solamente a maturare i requisiti (cioè il diritto). In pratica, nel calcolo del termine per l'opzione (31 dicembre 2015), deve tenersi conto anche della finestra mobile di 12 mesi per i dipendenti e 18 mesi per gli autonomi. E ciò lascia fuori tutte le lavoratrici che non hanno agguantato i requisiti nel 2015.

L'Inps con gli ultimi messaggi di dicembre diramati in proposito, ha indicato, tuttavia, che le donne che maturano i requisiti nel 2015 possono comunque presentare la domanda di pensione. Nello specifico nei messaggi, l'Ente assicuratore ha precisato che le donne lavoratrici con un'età anagrafica di 57 anni e 3 mesi e 35 di contributi, conseguiti nel corso del 2015, anche se la decorrenza del trattamento pensionistico è successiva al 31 dicembre 2015, non devono essere rigettate ma "tenute in evidenza" in attesa che il Ministero del Lavoro decida sull'eventuale stralcio dei limiti imposti dalle attuali Circolari. Sul punto pende anche il ricorso collettivo al Tar del Lazio avviato dal Comitato guidato da Dianella Maroni.

Seguifb

Zedde

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Riforma Pensioni 2015, Damiano: oltre agli esodati occupiamoci anche dei giovani

redazione Domenica, 26 Aprile 2015
Anche se una soluzione ben definita non c'è, il governo Renzi si è dato come sua priorità quella di garantire la pensione agli ultracinquantenni ma non c'è alcuna garanzia per i giovani di oggi.

Kamsin Prevedere una sorta di integrazione al minimo anche ai giovani che hanno la pensione calcolata con il sistema contributivo. Lo ricorda Cesare Damiano, ex ministro del Lavoro e presidente dell'omonima commissione della Camera, in una intervista raccolta dal Quotidiano Il Garantista. Un sostegno di almeno 500 euro al mese - sostiene Damiano - a carico della fiscalità generale, corrispondente all'incirca ad una pensione sociale, al quale aggiungere i contributi versati nel corso della vita di lavoro per poi procedere al calcolo tutto contributivo della pensione.

Quando parliamo di pensioni dei giovani commettiamo un errore e ci soffermiamo soltanto sul passaggio dal sistema retributivo a quello contributivo avvenuto con la riforma Dini. Nel primo caso la pensione viene calcolata sulla media delle retribuzioni degli ultimi dieci anni. E la cosa potrebbe risultare favorevole se c'è un versamento di contributi continuativo. Nell'altro caso, invece, l'assegno viene conteggiato sulla base dei contributi versati dal primo all'ultimo giorno di lavoro. Con un risultato meno conveniente se non si è percepita una retribuzione alta e avuto una carriera regolare.  Ma oggi un giovane, se parliamo di un'occupazione dignitosa, entra nel mondo del lavoro non prima dei 30 anni. Spesso il primo "contatto" avviene attraverso uno stage o un passaggio nel lavoro nero o grigio, sottopagato o senza contributi. E, rispetto al passato, si continuerà poi negli anni con paghe più basse, contratti temporanei e contribuzioni frastagliate. E' sommando tutto questo abbiamo pensioni che possono scendere anche al 40 per cento dell'ultima retribuzione.

La Soluzione? Va anticipato l'ingresso nel mondo del lavoro, nella logica dell'alternanza scuola/occupazione insita nell'apprendistato. Il contratto a tutele crescenti potrebbe consentire una continuità sotto il profilo contributivo e quello retributivo. Quando si perde il lavoro, bisogna garantire contributi figurativi per non abbassare il monte dei contributi pensionistici.

Torniamo a una fiscalità di vantaggio sulle pensioni integrative, che non possono essere equiparate al risparmio di carattere speculativo. E si deve cancellare la revisione negativa dei coefficienti quando cala il Pil, ai fini della rivalutazione degli assegni. Se vogliamo qualcosa di più strutturale c'è una sola soluzione. Ma è molto costosa. Fissare uno "zoccolo" minimo di 500 euro mensili pagato dalla fiscalità generale a partire dal quale calcolare le pensioni con il sistema contributivo, per chi non ha accumulato contributi sufficienti.

Seguifb

Zedde

Pensioni

Riforma Pensioni, Flessibilità ed Opzione Donna. Ecco le ricette della Fismic

Fismic Sabato, 25 Aprile 2015
La legge Fornero del 2011 ha avuto effetti molto incisivi e pesanti sulla vita del cittadino, ma allo stesso tempo ha permesso il risanamento dei conti pubblici e ha contribuito in modo altrettanto positivo alla stabilità finanziaria.

Kamsin Come messo in evidenza dal numero uno dell'Inps Tito Boeri, oggi c'è un problema molto serio, le persone nella fascia di età tra i 55 e i 65 anni che una volta perso il lavoro si trovano progressivamente in condizioni di povertà.

Alcune soluzioni potrebbero essere individuate dalla istituzione di una sorta di banca delle ore che percorra tutta la vita lavorativa del lavoratore che potrebbe rinunciare al pagamento della contribuzione previdenziale per attività straordinarie o per accumulo di ferie e di permessi non goduti per accumularli tutti allorquando si avvicina l'età pensionistica accorciandone il godimento; oppure il lavoratore potrebbe essere indirizzato verso attività meno onerose dal punto di vista dell'impegno fisico per attività che sfruttino le sue competenze accumulate nell'arco di vita e, con opportuni percorsi formativi, per dedicarsi ad attività più di servizio o di utilità sociale; o ancora si può pensare a utilizzare il tempo parziale negli ultimi anni della vita lavorativa, parttime non solo verticale, ma anche periodi di lavoro intervallati da periodi di non lavoro.

Altrettanto, a livello aziendale, potrebbero essere sperimentati occasioni di job sharing, o, meglio ancora, alternanza al lavoro tra padre/figlio. Proprio per far fronte a queste problematiche, si è molto sentito parlare della necessità di introdurre più elasticità nella previdenza e della flessibilità in uscita. La proposta avanzata sarebbe quella di intervenire sulla legge Fornero permettendo il pensionamento anticipato in cambio però di una riduzione dell'assegno.

Anche un consigliere economico di Renzi e commissario alla spending review, ritiene che l'idea di intervenire sulla legge Fornero sia «buona e condivisibile», ma il processo non è al momento consentito dalle regole dettate dalla contabilità Europea in quanto suddetta manovra creerebbe un incremento del deficit. Di sicuro il nostro Paese, ma tutto l'Occidente non potrà non pensare a misure straordinarie per fare fronte a un declino che sembra inevitabile, stretto nella morsa di una finanza pubblica sempre più asfittica e priva di respiro e un allungamento della possibilità di vita che comporterebbe, se non si interviene, un invecchiamento della popolazione attiva e un allungamento peri giovani nel trovare un primo impiego che rischia di saltare l'occasione lavorativa per intere generazioni.

A nostro avviso si dovrà pensare a un insieme di misure, a un mix di interventi che coinvolga sia il pubblico che il privato, al fine di trovare delle ricette in grado di superare questo drammatico impasse.

Ma qualcosa è stato fortunatamente già introdotto dalla legge di Stabilità 2015, infatti è stata di recente pubblicata dall'Inps la circolare numero 74 che prevede il pensionamento anticipato senza penalizzazioni. La legge di Stabilità ha eliminato fino a tutto il 2017 le penalizzazioni per chi lascia il lavoro con 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne), prima di aver raggiunto i 62 anni di età.

Con questa correzione si cancella la così detta prestazione effettiva di lavoro, al netto cioè di forme di permessi o sospensioni del lavoro accumulate nell'arco dell'intera carriera lavorativa. Pertanto alle suddette pensioni non vengono applicate le seguenti riduzioni: la riduzione dell'1% per ogni anno di anticipo della pensione rispetto ai 62 anni di età e la riduzione del 2% per ogni anno ulteriore di anticipo rispetto ai 60 anni. La legge di Stabilità 2015 ha quindi previsto che le riduzioni non si applicano a prescindere dall'anzianità contributiva derivante esclusivamente da prestazione effettiva dí lavoro.

Un piccolo passo in avanti questo che di certo toglierà qualche preoccupazione a tutti quei lavoratori che, avendo raggiunto i requisiti, procederanno con la richiesta di pensionamento. Infine si spera al momento nella discussione intrapresa in sede governativa riguardante la quota 100 per le pensioni e sulla possibilità invece di estendere l'accesso dell'Opzione Donna, a tutti, con il passaggio però al sistema contributivo in modo efficace e tutelando i lavoratori.

seguifb

Zedde

A cura della Fismic - Sindacato Autonomo dei Lavoratori Metalmeccanici

Pensioni

Riforma Pensioni, Palazzo Chigi studia l'ipotesi del reddito minimo per gli ultra 55enni

rassegna stampa Sabato, 25 Aprile 2015
Non ci sarà alcun taglio sulle pensioni d'oro ma appositi strumenti per tutelare chi ha perso il posto di lavoro e non hanno i requisiti per la pensione con la Legge Fornero.

Kamsin Non ci saranno tagli delle cosiddette pensioni d'oro. Lo ha detto l'altro giorno Carlotta De Franceschi, consigliere economico del premier Matteo Renzi, durante una tavola rotonda al convegno della cassa dí previdenza dei commercialisti. Parlando dopo il presidente dell'Inps, Tito Boeri, che aveva indicato la cassa come un esempio da seguire per il contributo di solidarietà che da anni ha previsto a carico dei pensionati con l'assegno calcolato col generoso metodo retributivo, De Franceschi ha fatto capire che la linea di Palazzo Chigi è diversa.

E alla domanda se il governo interverrà sulle pensioni, ha risposto: «Apprezzo il lavoro di Tito, ma non vedo interventi sulle pensioni . Se si ragionerà sulle pensioni sarà non per togliere, ma per dare. In particolare, per i lavoratori anziani in difficoltà. Stiamo studiando varie proposte, ma come è noto bisogna rispettare gli equilibri di bilancio». Quindi, nonostante Boeri porti avanti l'«operazione trasparenza», cominciata con i dossier sui fondi speciali (volo, dirigenti d'azienda, ferrovieri, telefonici), tesa a dimostrare come le pensioni in pagamento siano molto più generose rispetto ai contributi versati e che quindi si potrebbe prevedere un prelievo di solidarietà su quelle più alte (tesi che Boeri ha sostenuto da economista), il governo si tiene alla larga da simili ipotesi, anche perché la Corte costituzionale ha più volte bocciato provvedimenti a danno dei «diritti acquisiti».

La presidenza del Consiglio e il ministro dell'Economia stanno invece lavorando su ipotesi che hanno un altro obiettivo: non quello di riequilibrare il trattamento previdenziale tra vecchi e giovani (penalizzati dal calcolo contributivo) ma quello di evitare che i lavoratori più anziani, se licenziati, non restino senza stipendio e senza pensione perché non hanno ancora raggiunto i requisiti previsti dalla riforma Fornero. Rispetto a questo problema si possono ipotizzare diversi interventi.

Reintrodurre elementi di flessibilità sull'età pensionabile a partire dai 62 anni di età, ma costa molto. Prevedere un mini-assegno anticipato per chi perde il lavoro a 2-3 anni dalla pensione, che poi lo stesso lavoratore restituirebbe a piccole rate mensili da quando comincerebbe a prendere la pensione piena. Potenziare l'Asdi, l'assegno aggiuntivo di disoccupazione per chi è vicino alla pensione e ha un basso reddito.

seguifb

Zedde

Fonte: Corriere della Sera

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