Pensioni
Prosecuzione volontaria, ecco i requisiti per la domanda
Molti lavoratori colpiti dalla crisi e senza occupazione, optano per la prosecuzione volontaria della contribuzione per andare in pensione con le nuove regole.
Sono sempre di più i lavoratori che fanno ricorso alla prosecuzione volontaria dei contributi per andare in pensione con le regole Fornero. Colpiti dalla crisi, si tratta per lo piu' di soggetti senza lavoro a cui mancano 2 o 3 di contribuzione per raggiungere i nuovi requisiti per la pensione anticipata. Vediamo dunque, in breve, quali sono le caratteristiche principali e quali sono i requisiti per essere autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione.
Prima di tutto vale la pena di ricordare che i versamenti volontari hanno una doppia valenza: sono utili infatti sia ai fini del perfezionamento dei requisiti di assicurazione e di contribuzione necessari per raggiungere il diritto alla prestazione pensionistica, che per incrementare l'importo del trattamento pensionistico a cui si avrebbe diritto qualora siano già stati perfezionati requisiti contributivi richiesti.
Come sempre l'autorizzazione ai volontari può essere concessa esclusivamente in caso di cessazione del rapporto di lavoro subordinato o autonomo. In talune circostanze il rapporto di lavoro può però anche non essere interrotto. Si tratta di casi specifici, disciplinati dalla legge, in cui il lavoratore ha ottenuto un periodo di sospensione dal lavoro per brevi periodi di aspettativa non retribuita (ad esempio l'aspettativa per motivi di famiglia, i congedi per formazione o per gravi motivi familiari e le giornate di sciopero), oppure quando svolge attività lavorativa con contratto part-time. In questo caso però il versamento volontario può essere autorizzato solo a copertura ad integrazione dei periodi di attività lavorativa svolta ad orario ridotto.
I Requisiti per la domanda - Tutti i lavoratori (dipendenti, autonomi e del pubblico impiego) possono ottenere l'autorizzazione alla prosecuzione volontaria della contribuzione quando siano stati versati almeno 5 anni di contributi effettivi riguardanti qualsiasi epoca lavorativa oppure, in alternativa, tre anni di contributi nei cinque antecedenti la domanda di autorizzazione.
Diversi requisiti sono previsti per specifiche categorie di lavoratori: per i soggetti che svolgono dal 1997 in poi un lavoro a tempo parziale, devono essere presenti almeno un anno di contributi nei 5 anni antecedenti la domanda; stessi requisiti sono previsti per i dipendenti stagionali, in forma temporanea e discontinua, per i periodi successivi al 31 dicembre 1996 e non coperti da contributi obbligatori o figurativi.
Per i coltivatori diretti, coloni e mezzadri sono invece necessari 279 contributi giornalieri (186 se donne e giovani) nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione. Piu' basso il requisito per i parasubordinati a cui è richiesto un anno di contribuzione versato nei 5 anni antecedenti la domanda di autorizzazione.
I requisiti contributivi devono essere perfezionati esclusivamente attraverso contribuzione effettiva (cioè obbligatoria e da riscatto) escludendo la contribuzione figurativa a qualsiasi titolo accreditata.
I periodi antecedenti alla domanda - Dal luglio 1997 è possibile coprire, attraverso contribuzione volontaria, anche i sei mesi antecedenti la data di presentazione della domanda purchè non sussistano cause ostative in tale semestre quali, ad esempio, la presenza di altra contribuzione, anche quella figurativa.
Il calcolo dell'onere - Il contributo settimanale viene calcolato per i lavoratori dipendenti sulla base delle ultime 52 settimane di contribuzione obbligatoria. Per gli autonomi, artigiani e commercianti il contributo viene calcolato sulla media dei redditi da impresa denunciati ai fini Irpef negli ultimi 36 mesi di contribuzione precedenti.
Sostegno al reddito, gli esodati chiedono la pubblicazione dei decreti per il 2014
I lavoratori interessati dalle nuove decorrenze della legge 122/2010 chiedono la pubblicazione dei decreti che stanziano i fondi per l'anno 2014.
Nell'incontro che si è svolto ieri nella sede della Cgil di Roma è stato di nuovo affrontato il problema dei lavoratori che hanno subito lo scivolamento della finestra di decorrenza per effetto della legge 122/2010. L'incontro, patrocinato dalla Cgil e dall'Inca, ha denunciato con forza il ritardo nella pubblicazione dei decreti che devono coprire le annualità dal 2014 in poi.
"Chiediamo innanzitutto che il nuovo governo pubblichi i relativi decreti in tempo utile per evitare periodi di discontinuità economica ai lavoratori interessati" afferma Bruno Palmieri del patronato Inca. "Ad oggi infatti i provvedimenti vengono approvati con forte ritardo rispetto alle reali esigenze e ciò comporta un periodo di vuoto economico che può durare anche 11 mesi. E' un comportamento inaccettabile".
Palmieri ha ricordato anche che "l'ultimo decreto (il DM 76353 del 16 ottobre 2013 pubblicato in Gazzetta Ufficiale il 16 dicembre 2013, ndr) è l'ennesimo imbroglio perché ha previsto, a differenza dei precedenti, l'erogazione delle prestazioni sostegno al reddito solo sino al 31 dicembre 2013 lasciando di fatto a metà del guado quei lavoratori che avrebbero avuto la nuova decorrenza nel 2014. Si tratta di una nuova ed inutile complicazione che sta creando disagi e confusione per tutti gli interessati" ha concluso il rappresentante sindacale.
La questione - L'articolo 12, comma 5-bis, del DL 78/2010 convertito con legge 122/2010 ha concesso la proroga del sostegno del reddito ai lavoratori collocati in mobilità ordinaria o lunga e cessati dal servizio nel periodo ricompreso tra il 31 ottobre 2008 e il 30 aprile 2010; e ai lavoratori titolari di assegno straordinario a carico dei fondi di solidarietà di settore con decorrenza compresa tra il 1° novembre 2008 e il 31 maggio 2010.
Tali soggetti possono ottenere il prolungamento dell'intervento di tutela del reddito per un numero di mensilità pari al periodo di tempo intercorrente tra la data di decorrenza, calcolata in base alle disposizioni vigenti prima dell'entrata in vigore della legge 122 del 2010, e quanto risultante dall'applicazione di tale legge.
In pratica si tratta di un periodo di slittamento della prestazione pensionistica variabile che può passare da 2 a 11 mesi a seconda delle situazioni. In attuazione della disposizione il governo ha pubblicato sino ad oggi tre decreti: il DM 63665 del 2012; il DM 68225/2012 e, infine, il DM 76353/2013. I citati decreti hanno erogato le prestazioni in favore dei soli lavoratori che avrebbero avuto la finestra pensionistica - calcolata con le vecchie regole - entro il 31 dicembre 2013. Si attende dunque la pubblicazione dei decreti che coprano gli anni seguenti.
Nuovo allarme della Corte dei Conti sull'Inps
Lo sforzo è insufficiente. Secondo i magistrati contabili le risorse messe a disposizione dalla legge di stabilità 2014, approvata lo scorso dicembre dal governo Letta per tentare di ripianare il rosso in bilancio dell'Istituto previdenziale, non appaiono in grado di incidere sul deficit strutturale che l'Inps ha riportato sia nella gestione del lavoro pubblico sia di quello privato.
E' quanto hanno sostenuto questa settimana i rappresentanti della Corte dei Conti nel corso di un'audizione presso la Commissione parlamentare di controllo sugli enti previdenziali. Secondo gli esperti, le misure approvate nella legge di stabilità costituiscono "solo un alleggerimento del quadro ma non rappresentano la soluzione ai problemi economici dell'Istituto previdenziale".
L'Inps ha una situazione patrimoniale in forte peggioramento dopo l'incorporazione dell'Inpdap nel 2011. Quest'anno l'istituto previdenziale dovrebbe chiudere con un rosso di 4,5 miliardi di euro. A rendere insufficienti le misure approvate nella legge di stabilità, secondo i magistrati contabili, "sono i conti in profondo rosso della cassa dei dipendenti statali che continueranno a pesare gravemente sui bilanci dell'INPS per i prossimi anni nonostante il recente intervento abbia cancellato le passività accumulate dall'ex Inpdap per 25 miliardi di euro".
Calcolo contributivo, ecco le regole per il 2014
Per i lavoratori che non possono far valere 18 anni di contribuzione al 31/12/95, che ricadono nel sistema misto, o per coloro che sono iscritti dal 1° gennaio 1996 (data di entrata in vigore del sistema contributivo), l'importo annuo della pensione (o di una quota di pensione) viene calcolata col sistema contributivo.
Vediamo dunque come si calcola la pensione attraverso il sistema contributivo. A differenza di quanto si possa immaginare il sistema di calcolo contributivo è piuttosto semplice. Bisogna infatti considerare quattro parametri: la retribuzione, l'aliquota di computo, il coefficiente di trasformazione del montante contributivo e il tasso di capitalizzazione annua.
Il montante contributivo - Per prima cosa bisogna calcolare il montante contributivo, costituito dalla somma dei contributi versati dal lavoratore. Ogni anno viene accantonato un ammontare di contributi pari al 33% della retribuzione imponibile per i dipendenti, tra il 20% e il 28% della retribuzione per i lavoratori iscritti alla gestione separata o autonomi. Ciò avviene mese per mese, anno per anno, andando a costituire in questo modo il montante contributivo totale. In pratica il montante contributivo si ricava applicando alla base imponibile, l'aliquota di computo del 33% (per i lavoratori dipendenti) o del 22% per gli autonomi (che salirà al 24% nel 2018) e del 28% per i co.co.pro iscritti alla gestione separata Inps.
Il tasso di capitalizzazione - La somma così ottenuta viene rivalutata su base composta al 31 dicembre di ogni anno, con esclusione della contribuzione dello stesso anno, al tasso di capitalizzazione che è un indice pari alla variazione media quinquennale del prodotto interno lordo. L'Inps comunica tale valore annualmente: per l'anno 2014 è pari allo 0,1643%. Il tasso di capitalizzazione rivaluta il montante maturato alla data del 31 dicembre 2012 per chi va in pensione quest'anno.
Il Coefficiente di trasformazione - Al momento del pensionamento il montante accumulato e rivalutato in base al Pil, si deve moltiplicare per un altro valore, il cd. coefficiente di trasformazione, che consente di convertire i contributi in pensione. Il coefficiente in questione è variabile perchè legato all'età del pensionando e viene aggiornato periodicamente per legge. Piu' è elevata l'età del pensionando piu' è alto il coefficiente e pertanto piu' elevato sarà l'importo pensionistico.
Ad esempio chi lascia a 60 anni godrà di coefficiente di trasformazione piu' basso, pari al 4,661%, che sale però a 4,94 % a 62 anni e raggiunge il 5,826% qualora si vada in pensione a 67 anni. Il tasso piu' elevato è in corrispondenza dei 70 anni ed è pari a 6,541%.
Riforma Pensioni 2014, Il Pd presenta il decalogo a Renzi
La sinistra Pd presenta un decalogo con le correzioni alla Riforma Fornero riguardante l'introduzione dei pensionamenti flessibili e maggiori tutele per i giovani.
L'area lavoro e welfare del Pd ha elaborato un decalogo per le pensioni promosso dall'ex ministro Cesare Damiano e dai deputati del Pd Maria Luisa gnecchi e Teresa Bellanova. Il Ddl è stato illustrato ieri alla Camera dei Deputati.
Il documento parte dal presupposto che la riforma Fornero del 2011 comporterà risparmi pari ad oltre 300 miliardi di euro a regime (cioè tra il 2020 e il 2060), una cifra pari al 15 per cento del debito pubblico italiano. Numeri che, secondo l'ex ministro del Lavoro Damiano, "non possono essere impegnati solo per fare cassa ma devono essere utilizzati piuttosto per correggere le tante criticità del sistema pensionistico attuale".
Tra i punti "caldi" affrontati c'è quello riservato alle nuove generazioni. Nel documento si evidenzia infatti che i giovani di oggi iniziano a lavorare in tarda età e molto spesso tramite attività precarie con bassi stipendi e discontinuità retributive piuttosto significative. Secondo Damiano "l'obiettivo è quello di garantire giovani un assegno pensionistico pari almeno al 60 per cento dello stipendio in quanto cifre minori, come si rischierebbe con la disciplina attuale, sarebbero inaccettabili per vivere la vecchiaia in modo dignitoso".
Per realizzare questa innovazione in favore delle nuove generazioni il decalogo individua diverse misure. In primo luogo quello di abbassare l'età di ingresso al lavoro sperimentando forme di alternanza scuola lavoro e percorsi professionalizzanti; garantendo inoltre un equo compenso per forme di impiego che non fanno capo ad un contratto nazionale; infine attraverso l'istituzione di una pensione di base a carico della fiscalità generale pari a 442 euro, cioè pari all'importo dell'assegno sociale, in aggiunta alla pensione contributiva maturata dal lavoratore. La pensione dovrebbe essere riconosciuta al compimento del 65° anno di età a condizione che siano presenti almeno 15 anni di contributi.
Pensionamenti Flessibili - Secondo la Gnecchi inoltre bisognerà introdurre maggiore flessibilità nel pensionamento. L'idea, già discussa, viene ribadita nel Ddl per concedere penalizzazioni e premi per i lavoratori che si trovano tra i 62 e i 70 anni di età a condizione che abbiano almeno 35 anni di contributi e possono vantare un assegno pensionistico pari almeno ad una volta e mezzo la pensione sociale.
In pratica il documento prevede l'accesso alla pensione a 62 anni con una penalizzazione pari all'8 per cento, decurtazione che diminuisce progressivamente del 2% all'anno fino a 66 anni di età. A questa età la penalità sparisce. Inoltre per premiare coloro che restano al lavoro oltre 66 anni, con la medesima progressione, l'assegno pensionistico viene rivalutato del 2% per ogni anno superiore ai 66 anni sino ad un massimo dell'8 per cento per coloro che escono dal mondo del lavoro all'età di 70 anni.
Il ddl prevede anche una modifica sulla pensione anticipata. La novità consentirebbe ai lavoratori che abbiano 41 anni di contributi (sia uomini che donne), di poter andare in pensione indipendentemente dall'età anagrafica e senza alcuna penalità.
Un'altra novità potrebbe interessare le pensioni d'oro. Il ddl propone infatti di fissare un tetto di 5.000 euro netti mensili, circa 90.000 euro lordi l'anno, senza considerare per il conseguimento di questa soglia le pensioni integrative e complementari ma solo i vitalizi individuando quindi un sistema che non incorra nellla censura della Corte Costituzionale.
Con la crisi le pensioni saranno piu' basse
La scarsa crescita del Pil avrà effetti anche sulle pensioni. È cosa nota infatti che il blocco del Pil si ripercuote sulla rivalutazione della contribuzione versata all'Inps, quella contribuzione che sarà utile un domani a calcolare l'importo del trattamento pensionistico. Allarma infatti l'ultimo dato fornito dall'Inps riguardante i contributi versati nell'anno 2012: la rivalutazione sarà ferma ad un tasso pari allo 0,1643%. Quindi un lavoratore che abbia guadagnato nel 2012 20mila euro e versato all'Inps 6.600 euro di contributi (aliquota del 33%), 4.260 euro se commerciante o artigiano (aliquota al 21,30%) oppure 5400 euro se professionista senza cassa o co.co.pro (aliquota al 27%) per effetto della rivalutazione troverà in cassa rispettivamente solo 11, 7 e 9 euro in piu'.
Gli effetti colpiranno principalmente coloro che hanno iniziato a lavorare dal 1° gennaio 1996 e che quindi sono ascritti al sistema di calcolo contributivo; il sistema contributivo lega il trattamento pensionistico alla quantità di contributi effettivamente versati dal lavoratore nell'arco della sua vita che costitiuscono il suo montante contributivo.
Il montante è soggetto ad una rivalutazione annuale sulla base della dinamica quinquennale del prodotto interno lordo. Ecco quindi che una scarsa crescita del Prodotto Interno Lordo dovuto alla crisi determinerà una scarsa rivalutazione e quindi i contributi accreditati presso l'Inps subiranno un incremento del tutto irrisorio. E ciò in fin dei conti comporterà una minore crescita del trattamento pensionistico.