Omissioni Contributive, Per la Consulta le sanzioni sono legittime
Legittima la “stangata” pecuniaria anche se più alta della pena penale per le omissioni superiori a 10mila euro. La Consulta respinge le censure di irragionevolezza: nessuna disparità di trattamento.
La Consulta promuove la disciplina prevista dal dlgs n. 48/2023 sulle sanzioni per omissione di versamento all’Inps delle trattenute operate ai dipendenti. In particolare, secondo il giudice delle leggi, non è irragionevole che la sanzione amministrativa per omissioni sino a 10.000 euro possa superare, in valore assoluto, la sanzione penale prevista per omissioni superiori a quella soglia. Lo ha stabilito la Corte costituzionale con la sentenza n. 103/2025 depositata ieri.
La questione
Il caso al centro del giudizio ha riguardato un datore di lavoro che, tra il 2013 e il 2015, non aveva versato complessivamente 7.153 euro di trattenute contributive (3.810 euro nel 2013, 714 euro nel 2014 e 2.629 euro nel 2015). In base alla disciplina previgente, l’INPS aveva inizialmente irrogato una maxi-sanzione di 73.000 euro, pari al 1.201% dell’omesso versamento. L’intervento del decreto-legge n. 48/2023 ha poi ricalibrato le sanzioni, portandole a 13.714 euro totali, pari al 192% dell’importo non versato.
Il tribunale di Brescia, chiamato a pronunciarsi sul caso, ha sollevato questione di legittimità costituzionale per presunta disparità di trattamento. Secondo il giudice rimettente, il nuovo regime introdurrebbe un paradosso: la sanzione amministrativa per omissioni sino ai 10.000 euro può risultare più elevata della pena pecuniaria derivante dalla conversione della sanzione penale per omissioni superiori a quella soglia. Un esempio concreto? Per l’omissione di 714 euro nel 2014, il datore di lavoro ha subito una sanzione di 1.428 euro (pari al 200%). Per un’omissione di 11.000 euro, invece, la sanzione penale minima convertita in pecuniaria può fermarsi a 1.125 euro.
La Consulta: nessuna incostituzionalità
La Corte costituzionale ha però rigettato le doglianze, ribadendo che il legislatore gode di «ampia discrezionalità» nella definizione delle sanzioni, e che queste vanno valutate non in termini puramente aritmetici, ma in base alla gravità e alla natura della violazione.
In particolare, la Corte ha sottolineato che le sanzioni amministrative, per quanto significative, non sono sproporzionate né arbitrarie, e che il confronto diretto con le sanzioni penali non è corretto, data la diversa natura delle due forme di responsabilità. La responsabilità penale – afferma la sentenza – si connota sempre come «maggiormente afflittiva», anche quando la pena venga convertita in una pena pecuniaria di importo inferiore rispetto alla sanzione amministrativa.
Il nuovo sistema sanzionatorio
La disciplina è stata modificata nel 2023 con il dl n. 48/2023. Attualmente, le omissioni contributive:
- fino a 10.000 euro annui sono sanzionate in via amministrativa, con una multa dal 150% al 400% dell’importo omesso;
- oltre i 10.000 euro annui costituiscono reato, punito con la reclusione fino a 3 anni o con una multa fino a 1.032 euro.
In entrambi i casi, è prevista la possibilità di ravvedimento operoso: se il datore di lavoro versa quanto dovuto entro tre mesi dalla notifica della violazione, non è punibile.