Pensioni
Pensioni, Damiano: Poletti acceleri sugli esodati
Le dichiarazioni del Ministro del Lavoro Giuliano Poletti che si è detto contrario ad una revisione dell'età pensionabile suscitano la preoccupazione del Presidente della Commissione Lavoro della Camera dei Deputati Cesare Damiano. {div class:article-banner-left}{/div} "Il ministro Poletti afferma che il Governo non toccherà l’età pensionabile: questa dichiarazione non tiene conto che andare in pensione a 67 anni è una delle cause del bassissimo turnover nelle aziende e, di conseguenza, del mancato ingresso dei giovani nel mercato del lavoro.
L’età pensionabile andrebbe abbassata, come sta facendo la Germania, con l’introduzione di un criterio di flessibilità o con il ritorno alle quote, seppure aggiornate. Altrimenti non si affronterà mai la questione dell’occupazione giovanile. Se il Governo non può o non intende risolvere in modo strutturale il problema previdenziale, non deve dimenticare che va almeno risolto il dramma degli “esodati” che non può più subire ulteriori dilazioni" ha concluso Damiano.
Intanto nei prossimi giorni sono tante le novità attese sul fronte previdenziale. Venerdì si saprà se il governo approverà modifiche in materia di anticipo dell'età pensionabile nel pubblico impiego. Gli occhi sono tuttavia puntati alla data del 23 Giugno quando inizierà alla Camera la discussione Generale sulla proposta di legge Damiano sugli esodati. Si tratta un progetto di legge che, in sostanza, estende la salvaguardia in favore dei lavoratori che fruiscono della mobilità sulla base di accordi sindacali stipulati entro il 2011 che maturino i requisiti per la pensione entro 2 anni dal termine dell'indennità di mobilità; gli autorizzati ai volontari che abbiano presentato domanda entro il 31 gennaio 2012 che maturino la decorrenza del trattamento entro il 2018; i lavoratori che hanno risolto il rapporto di lavoro (unilateralmente o con accordi) che maturano il requisito per la pensione entro il 6 dicembre 2014.
Modifiche importanti interessano anche i lavoratori precoci che vedrebbero sparire la penalizzazione sino al 31.12.2017. Modifiche minori ma comunque rilevanti interessano l'opzione donna, il riconoscimento dei benefici agli autorizzati ai volontari prima del 20 luglio 2007. Sarà inoltre esteso il regime eccezionale previsto dall'articolo 24, comma 15-bis del Dl 201/2011 (pensione a 64 anni) anche ai lavoratori dipendenti del pubblico impiego e i benefici riconosciuti al personale ferroviario viaggiante, di macchina e di manovra.
Pensioni, Poletti apre ad interventi strutturali
Giuliano Poletti nel corso dell'intervista a Napoli a "Repubblica delle Idee" ha indicato la volontà del Governo a promuovere "un cambiamento radicale della cultura del lavoro".
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Il Ministro ha precisato che la Riforma è di "sinistrissima" per il modo di aver riformato i contratti a termine, ed ha detto che non ci saranno interventi sull'età pensionabile ma che a parte l'emergenza esodati, qualcosa si farà anche per i lavoratori che in questa lunga crisi, perdono il posto a un passo dalla pensione.
Poletti: "Non li ho inventati io i contratti a termine"
«Io credo che sia molto di sinistra far lavorare un ragazzo 36 mesi anziché sei mesi. E poiché questo è l'effetto del nostro decreto, ritengo che la Riforma dei contratti a termine sia di sinistrissima. I contratti a termine non li ho inventati io: quando siamo arrivati al Governo rappresentavano il 68 per cento degli avviamenti al lavoro. Mi pare che la cosiddetta causale che ne avrebbe dovuto limitare il ricorso non ha limitato un bel niente. Noi abbiamo fatto in modo che un'Impresa anziché assumere sei ragazzi nell'arco di 36 mesi, ne prenda uno solo per lo stesso periodo. Non abbiamo liberalizzato un bel niente; una semplificazione, non una liberalizzazione». Abbiamo detto alle Imprese che ora non hanno più scuse per non assumere: hanno un contratto chiaro - semplice, possono usarlo smettendo di ricorrere ai contratti falsi, alle false partite Iva, ai falsi co.co.pro che sono davvero contratti terrificanti in termini di precarietà e mancanza di tutele».
Incalzato sulla legge delega per il Jobs Act, Poletti ha assicurato che il Governo andrà velocissimo: "penso che entro fine anno si possa chiudere questa partita".
Pensioni, Risolveremo il problema degli esodati
Il Ministro ha poi chiarito la centralità del tema pensioni nelle prossime scelte dell'esecutivo: "La priorità assoluta sono gli esodati. Per il resto questo Governo non prevede di cambiare l'età pensionabile, che rimane quella che è. Poi c'è un tema delicato che dovremo affrontare: quello dei lavoratori intorno ai 60 anni che perdono il lavoro, hanno un paio d'anni di ammortizzatori sociali e poi per un anno o poco più nessun sostegno. Per costoro andrà trovata una soluzione strutturale». Quale? «Quando l'avrò, la dirò».
Ricostituzione Pensioni, assegno a rischio errore per chi è stato in mobilità
Sei stato in mobilità? Presta attenzione al calcolo della pensione! E' quanto sta accadendo a molti lavoratori che hanno fruito dell'ammortizzatore sociale negli ultimi tre anni e che oggi rischiano di trovarsi con un importo della pensione inferiore a quello dovuto per legge.
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Coloro che hanno un periodo di mobilità valido per la pensione, l'importo del trattamento pensionistico potrebbe essere stato mal calcolato. Infatti in caso di mobilità di durata continuativa superiore ad un anno, collocata in fase utile per la determinazione della pensione, le retribuzioni accreditate figurativamente devono essere rivalutate anche in base agli indici di variazione delle retribuzioni contrattuali del settore di appartenenza rilevati dall'Istat.
Nell'applicazione di questi indici però l'Inps ha accumulato un forte ritardo (gli indici sono stati aggiornati solo fino al 2008) e ciò sta determinando, in molti casi, che le pensioni rimangano ferme ad un importo che non è quello esatto.
In questi giorni moltissimi pensionati si stanno dunque rivolgendo ai patronati per procedere ad una verifica dell'importo delle prestazioni erogate dall'Inps. I principali interessati sono i pensionati il cui trattamento pensionistico è stato liquidato a partire dal 6 luglio 2011: infatti in base alla normativa sulla decadenza ci sono solo tre anni di tempo per chiedere la ricostituzione della pensione. Per il recupero degli importi non erogati i lavoratori dovranno fare richiesta di ricostituzione on-line entro tre anni dalla liquidazione del trattamento e, all'esito dell'eventuale diniego inps, procedere con le azioni legali.
Pensioni, Poletti: non ci saranno ritocchi sull'età pensionabile
Il governo Renzi "non ha in previsione di cambiare l'età pensionabile, né innalzandola né abbassandola, rimane quella che è". E' quanto ha annunciato il ministro del lavoro Giuliano Poletti intervenendo alla Repubblica delle Idee in corso a Napoli.
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Il ministro ha voluto puntualizzare che non ci saranno modifiche che aumenteranno l'età per il collocamento a riposo dopo le voci circolate nei giorni scorsi circa un possibile intervento, allo studio del Commissario alla Spending Review Carlo Cottarelli, che avrebbe allineato l'età per la pensione anticipata per le donne a quella prevista per i lavoratori uomini, innalzandola di un anno.
"Dobbiamo ora lavorare - ha aggiunto Poletti - per trovare delle vie di equità, partendo da quelle persone che sono fuori dal mercato del lavoro e con gli ammortizzatori non arrivano alla pensione". "Penso - ha spiegato il ministro - a chi ha 60 anni, gli mancano tre anni alla pensione, perde il lavoro e ha due anni di ammortizzatori: gliene manca uno solo alla pensione ma è impossibile rioccuparlo. A questi - ha concluso - dobbiamo trovare una risposta".
Disoccupazione: Quasi 7 milioni gli italiani a casa - Intanto restano pesanti i dati sul mercato del lavoro diffusi dall'Istat. Sono quasi 7 milioni le persone che vorrebbero lavorare e che invece sono a casa. Stando ai dati Istat sul primo trimestre ai 3,487 milioni di disoccupati si possono sommare 3,381 milioni di inattivi che desidererebbero lavorare, ma non cercano attivamente o non sono subito disponibili, per un totale di 6,87 milioni. Nove mesi fa erano "solo" 6 milioni.
Si tratta di un "esercito" sempre più esteso, cresciuto solo nell'ultimo anno, tra i primi tre mesi del 2013 e lo stesso periodo del 2014, di ben 440 mila unità (+6,9%), alimentato sia dai disoccupati, coloro che effettivamente sono a caccia di un impiego, sia da quegli inattivi che si sono chiamati fuori dal mercato del lavoro pur mantenendo intatto il desiderio di un impiego. Un fenomeno su cui pesa lo scoraggiamento.
Pensioni, statali in prepensionamento con un anticipo di quattro anni
Possibilità da parte di amministrazioni ed enti di risolvere «unilateralmente» il rapporto di lavoro dei dirigenti, piu' prossimi alla pensione, tre o quattro anni al massimo, versando loro una prestazione di pari importo al trattamento pensionistico fino al giorno in cui avranno raggiunto i requisiti minimi per il collocamento a riposo. E' la misura allo studio da parte del Ministero della Funzione pubblica prevede che potrebbe trovare collocazione nel decreto legge sulla Pubblica Amministrazione atteso il prossimo 13 Giugno.
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Una misura che tradotta in pratica consentirebbe ad un dirigente di anticipare l'uscita dal lavoro già all'età di 62-63 anni in cambio di un assegno di accompagnamento alla pensione. Secondo la titolare della Funzione Pubblica, Marianna Madia, si tratta di estendere la normativa prevista dalla legge 92/2012 per le aziende del settore privato ai dirigenti statali con la finalità di ridurne il numero e favorire l'ingresso dei giovani.
Il documento dovrà essere vagliato "politicamente" ma potrebbe arrivare sul tavolo del Cdm il prossimo 13 Giugno e prevede che siano le amministrazioni pubbliche, sulla base di accordi con il dipartimento della Funzione pubblica, a chiudere il rapporto di lavoro del dirigente; l'amministrazione pubblica, attraverso l'Inps, verserà l'assegno di accompagnamento alla pensione dal momento della cessazione dal servizio fino alla maturazione dei requisiti per la pensione previsti dalla normativa Fornero.
Il tutto dovrebbe portare un risparmio medio di circa il 35% per le casse dello stato. La prestazione corrisposta sarebbe infatti di circa un terzo inferiore rispetto allo stipendio, poiché potrebbe raggiungere al massimo l'80% dell'ultima busta paga. La decisione se inserire la novità nei provvedimenti che attueranno la Riforma della Pubblica Amministrazione sarà assunta dai tecnici entro questa settimana: il 13 giugno infatti si terrà il consiglio dei ministri del prossimo 13 Giugno che dovrà mettere nero su bianco le decisioni dell'esecutivo sulla materia.
Tfs, l'inps detta le nuove regole per il pagamento
L'istituto di previdenza con la circolare Inps 73/2014 ha specificato i nuovi termini di pagamento dei trattamenti di fine servizio/rapporto previsti dalla legge 147/2013 (legge di stabilità 2014).
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La legge n. 147 del 27 dicembre 2013 ha infatti esteso la modalità di pagamento rateale dei Tfs e Tfr dei dipendenti pubblici anche alle prestazioni di importo lordo complessivo superiore a 50mila euro; ha, inoltre, innalzato a dodici mesi il termine di pagamento delle prestazioni per le cessazioni dal servizio per raggiungimento del limite di età o di servizio.
Nello specifico in relazione alle cessazioni dal servizio che intervengono dal 1° gennaio 2014 e con riferimento ai dipendenti che maturano i requisiti per il pensionamento a partire dalla stessa data, i trattamenti di fine servizio e fine rapporto, comunque denominati, vengono corrisposti: in unica soluzione se di importo pari o inferiore a 50.000 euro; in due o tre rate annuali, se di ammontare superiore a 50.000 euro a seconda che l’importo complessivo superi i 50.000 euro ma sia inferiore a 100.000 (in tal caso le rate sono due: 50.000 la prima e la parte eccedente la seconda) ovvero sia pari o superiore a 100.000 euro (e in tal caso le rate sono tre: 50.000 la prima; 50.000 la seconda e la parte eccedente i 100.000 la terza).
L'istituto precisa che i trattamenti, per i soggetti in questione, vengono liquidati entro 105 giorni per i decessi e le inabilità, dopo 24-27 mesi per le dimissioni volontarie, 12/15 mesi in tutti gli altri casi.
Per i dipendenti che invece cessano dal servizio avendo conseguito i requisiti pensionistici entro il 31 dicembre 2013, si applica la disciplina di cui al comma 7 dell’art. 12 del decreto legge n. 78/2010 illustrata nella circolare Inpdap n. 17 dell’8 ottobre 2010 e che dispone che le indennità di fine servizio e di fine rapporto vengano corrisposte:
- in un unico importo annuale se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è pari o inferiore a 90.000 euro;
- in due importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è superiore a 90.000 euro ma inferiore a 150.000 euro; in tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro ed il secondo importo annuale è pari all'ammontare residuo;
- in tre importi annuali se l'ammontare complessivo della prestazione, al lordo delle relative trattenute fiscali, è uguale o superiore a 150.000 euro; in tal caso il primo importo annuale è pari a 90.000 euro, il secondo importo annuale è pari a 60.000 euro e il terzo importo annuale è pari all'ammontare residuo.
In favore di tali soggetti peraltro restano confermati termini di pagamento piu' brevi (105 giorni per l'inabilità e 6 mesi per gli altri casi). Per fruire dei termini anticipati con riferimento al regime sperimentale donna l'Inps precisa tuttavia che il perfezionamento del requisito anagrafico (57 anni 3 mesi) e contributivo (35 anni) non può essere considerato come un autonomo requisito per il diritto alla pensione se non si verifica anche la cessazione del rapporto di lavoro.
Per quanto riguarda i prepensionamenti che le pubbliche amministrazioni possono attivare in forza del Dl 95/2012 e della circolare della Funzione Pubblica 4/2014, per le posizioni dichiarate in soprannumero o in eccedenza, i lavoratori possono continuare ad accedere alla pensione con i vecchi requisiti a condizione che perfezionino la decorrenza del trattamento pensionistico entro il 31 dicembre 2016. In tal caso però il termine di pagamento del trattamento di fine servizio/rapporto non decorrerà dalla data di cessazione dal servizio secondo le regole vigenti prima del decreto legge 201/2011, ma dalla data in cui il personale in parola maturerebbe il teorico diritto a pensione secondo le regole introdotte dalla Riforma Fornero con un posticipo che potrà anche superare i 5 anni.