Pensioni, Uscire prima dei 67 anni penalizza i dipendenti degli enti locali
Chiarimento Inps circa gli effetti dell’innalzamento dei limiti ordinamentali per la permanenza in servizio nel pubblico impiego. Solo la pensione di vecchiaia salva dall’applicazione delle nuove aliquote di rendimento.
Incrociare le braccia prima dei 67 anni abbatte sempre la pensione per il personale iscritto per il personale iscritto alle casse degli enti locali (CPDEL, CPS, CPUG e CPI) in possesso di un’anzianità inferiore a 15 anni di contributi al 31 dicembre 1995. Il mantenimento delle vecchie aliquote di rendimento (previste dalla L. 965/65) sulle quote retributive, più vantaggiose rispetto a quelle introdotte con L. 213/2023, è possibile, infatti, solo al raggiungimento dell’età pensionabile, attualmente fissata a 67 anni. Lo rende noto, tra l’altro, l’Inps con il messaggio n. 2491/2025 in cui spiega che è l’effetto dell’innalzamento dei limiti ordinamentali per la permanenza in servizio dei dipendenti pubblici.
Limiti Ordinamentali
Sino al 31 dicembre 2024 il mantenimento delle vecchie aliquote di rendimento era possibile in tre ipotesi:
- Raggiungimento dell’età di vecchiaia (67 anni);
- Collocamento in pensione d’ufficio al raggiungimento del 65° anno di età (limite ordinamentale nelle Pa) a condizione che il dipendente avesse raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne);
- Raggiungimento di un diritto a pensione (qualsiasi) entro il 31 dicembre 2023.
L’articolo 1, co. 162 e ss. della legge n. 207/2024 ha innalzato dal 1° gennaio 2025 i limiti ordinamentali per la permanenza in servizio della generalità dei dipendenti pubblici dai precedenti 65 a 67 anni abrogando contestualmente il collocamento in pensione d’ufficio per il personale che ha raggiunto i requisiti per la pensione anticipata.
Ciò significa che le ipotesi derogatorie si riducono sostanzialmente a due:
- Raggiungimento dell’età di vecchiaia (67 anni) ora nuovo limite ordinamentale per il collocamento in pensione d’ufficio da parte della Pa;
- Raggiungimento di un diritto a pensione (qualsiasi) entro il 31 dicembre 2023
Trattenimento in servizio
Siccome la legge n. 207/2024 ha autorizzato le Pa a trattenere in servizio i dipendenti pubblici, previo loro consenso, sino al 70° anno l’Inps spiega che il dipendente che si dimette prima della scadenza del trattenimento resta soggetto, comunque, alle vecchie aliquote di rendimento. L’assicurato ha, infatti, già raggiunto l’età di 67 anni e, pertanto, rientra nell’ipotesi derogatoria.
Il raggiungimento dell’età di vecchiaia fa salva l’applicazione delle vecchie aliquote di rendimento anche nei confronti dei dipendenti di datori di lavoro che hanno perso la natura giuridica pubblica e che hanno mantenuto l’iscrizione alla CPDEL e per gli assicurati iscritti al FPLD che vanno in pensione di vecchiaia con il cumulo dei periodi assicurativi (utilizzando contribuzione nella CPDEL).
Ape Sociale
L’Inps conferma che sia l’Ape sociale che la pensione al termine della fruizione dell’indennità viene effettuato con l’applicazione delle vecchie aliquote di rendimento (perché l’ape sociale consiste per sua natura in un accompagnamento alla pensione di vecchiaia). Attenzione: se l’interessato avesse maturato i requisiti per la pensione anticipata e decidesse di anticipare l’uscita il calcolo della pensione sarebbe di converso effettuato con le nuove aliquote di rendimento.
Precoci
L’Inps conferma, infine, che sono esclusi dall’applicazione delle nuove aliquote di rendimento i lavoratori precoci che hanno maturato i requisiti per il pensionamento entro il 31 dicembre 2023. Si tratta, in sostanza, dei lavoratori che hanno maturato 41 anni di contributi entro il 31 dicembre 2023 (con certificazione emessa dall’Inps) a prescindere dall’aver raggiunto anche i requisiti per la pensione anticipata (42 anni e 10 mesi di contributi, 41 anni e 10 mesi le donne).
Documenti: Messaggio Inps 2491/2025