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Isee 2015, La riforma estende gli assegni alle famiglie
Fisco

Isee 2015, La riforma estende gli assegni alle famiglie

Eleonora Accorsi Mercoledì, 04 Febbraio 2015
La riforma dell'Isee agevola i nuclei familiari con Isee superiori a 7800 euro. Chi ha fatto domanda entro fine gennaio potrà beneficiare dell'assegno con le nuove regole, cosa impossibile invece in base alla vecchia disciplina, se avesse fatto domanda entro il 31 dicembre 2014.

Kamsin E' scaduto il 31 Gennaio scorso il termine per presentare le domande per l'assegno mensile per il nucleo familiare pagato dai Comuni relative al 2014 da parte delle famiglie con almeno tre figli minori. Tuttavia occorre prestare attenzione: se le domande sono corredate di una dichiarazione sostitutiva per l'Isee sottoscritta nel 2015, l'indicatore della situazione economica equivalente è determinata dall'Inps con le nuove regole diverse rispetto al passato. E' quanto ha comunicato la presidenza del Consiglio dei ministri, in una nota diffusa sulla «Gazzetta Ufficiale il 30 Gennaio.

L'assegno al nucleo familiare. Come noto, l'assegno in parola spetta ai nuclei con almeno tre figli minori previa richiesta al comune di residenza, per anno solare, entro il 31 gennaio dell'anno successivo. Per l'anno 2014, per il quale le domande si potevano presentare sino al 31 gennaio scorso, l'assegno è di 141,01 euro e su base annua (13 mesi) vale quindi 1.833,26 euro.

La riforma del riccometro, però, ha cambiato dal 1° gennaio 2015 l'indice di riferimento: non più l'Ise ma l'Isee. Ebbene, applicando la «nuova» disciplina al nucleo standard (due genitori che lavorano e 3 figli minorenni), per l'anno solare 2014, l'assegno spetta al nucleo con Isee fino a 8.538,91 euro (risultato della rivalutazione dell'1,1% della soglia fissata per legge a 8.446 euro per il 2013) che corrisponde a un Ise di 27.751,45 euro (per l'applicazione del coefficiente 3,25 nella scala di equivalenza). In base alla «vecchia» disciplina, per l'anno solare 2014, l'assegno invece spettava al nucleo con un Ise fino a 25.384,91 euro corrispondente ad un Isee fino a 7.800 euro. La riforma dell'Isee, quindi, includerà ulteriori soggetti alla fruizione degli assegni in parola. 

Secondo quanto comunicato dalla Presidenza del Consiglio, pertanto, chi ha presentato domanda nel corso dell'anno 2014 l'assegno spetta in base alla vecchia disciplina Ise, ma solo per un semestre (per l'altro semestre si applica, invece, la nuova disciplina Isee); chi ha presentato domanda entro il 31 gennaio l'assegno viene calcolato in base alla nuova disciplina Isee.

L'Isee vale anche per le domande presentate nel 2015 per l'assegno mensile di maternità 2014 (338,21 e Isee 16.921,11 euro).

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Zedde

Riforma Pensioni, quattro progetti per pensioni piu' flessibili nel 2015
Pensioni

Riforma Pensioni, quattro progetti per pensioni piu' flessibili nel 2015

Eleonora Accorsi Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Poletti ha indicato di voler avviare una riflessione sulla Riforma Fornero. Nel mirino soprattutto la necessità di introdurre degli strumenti flessibili di accompagnamento al pensionamento.

Kamsin Una riflessione sulla Riforma Fornero dopo il Jobs Act. E' questa l'unica promessa del Governo, per voce del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, fatta alle parti sociali questa settimana. Con l'obiettivo di smussare le principali storture del Dl 201/2011, in primis quello di consentire un anticipo dell'età pensionabile per quei lavoratori che sono rimasti senza lavoro, senza indennità di disoccupazione e con il traguardo della pensione ancora molto lontano.

Il Governo non ha stabilito nessuna direzione precisa ma "la questione è posta", ha sottolineato il ministro del Lavoro ricordando che va affrontato soprattutto il problema di quanti hanno perso il lavoro, stanno per finire la copertura degli ammortizzatoti sociali, ma ancora non hanno maturato i diritti per andare in pensione. Subito dopo aver varato i decreti attuativi del Jobs Act (il limite è quello del 20 febbraio per i primi due decreti, gli altri saranno adottati entro la primavera) l'attenzione del governo si punterà dunque su quello che Poletti definisce «lo strumento flessibile» per uscire dalla trappola della legge Fornero. Ma sino ad allora non ci sarà alcuna novità garantisce Poletti.

Le ipotesi. Sul tavolo ce ne sono molte, forse troppe. Si va dall'opzione contributiva, al prestito pensionistico, alla staffetta generazionale (il lavoratore più anziano avrebbe un contratto part-time ma gli stessi contributi), all'introduzione della quota 100.

Nel primo caso si estenderebbe a tutti l'opzione valida per le donne valida a fine anno: probabilmente sarà rivisto il requisito anagrafico (che potrebbe passare da 57 anni e 3 mesi a 62 anni e 3 mesi e 35 di contributi) ma con il ricalcolo dell'assegno con il sistema interamente contributivo.

Poi ci sono le proposte del Pd (sostenute, anche se con qualche variante dagli gruppi politici di opposizione): quella dei pensionamenti flessibili con 62 anni e 35 di contributi e penalizzazione (per esempio del 2%) sulla quota di pensione calcolata con il retributivo per ogni anno di anticipo; e la quota 100, un'uscita anticipata per chi raggiunge il valore 100 determinato dalla somma di anzianità contributiva ed anagrafica abbinando un'anzianità contributiva minima di 35 anni e anagrafica minima di 60 anni (costo da 2,5 miliardi nel 2015 fino a 11,4 nel 2030). 

Da menzionare anche il cd. «prestito previdenziale» su cui aveva lavorato anche il predecessore di Poletti, Enrico Giovannini. Lo strumento concede al lavoratore la possibilità di percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente anticipata tramite micro-prelievi sull'assegno Inps. Il costo varia a secondo delle variabili proposte, a partire dalla durata dell'eventuale fase di sperimentazione ma le simulazioni realizzate dal ministero del lavoro rivelano che il «prestito previdenziale» rappresenta la soluzione di flessibilità in uscita meno onerosa in assoluto per le finanze pubbliche.

L'importo dell'assegno anticipato sarebbe di 760-800 euro (1,7 volte l'assegno sociale). L'indennità verrebbe corrisposta a coloro a cui mancano pochi anni alla maturazione del diritto a pensione con le regole Fornero, che non sarebbero ritoccate.

Qualche giorno fa il consigliere economico di Renzi, Gutgeld, spiegava in una intervista che con il nostro sistema, «ormai contributivo, se pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate». In sostanza, la Ue non dovrebbe fare obiezioni ad una eventuale modifica della Legge Fornero del 2011.

Sindacati sul piede di guerra. Scettici i sindacati che chiedono fatti e non parole. "E' da mesi - ricorda una nota della Cgil - che si parla di cambiare la legge Fornero ma non ci sono progetti concreti: solo fumo e niente arrosto. Non c'è un progetto ufficiale del governo, è disarmante. Tutto questo la dice lunga sulla volontà di metter mano al capitolo pensioni mentre i lavoratori sono stremati ed esausti". Cgil, Cisl e Uil hanno comunque avviato una piattaforma per un confronto unitario che parte dalla richiesta del ripristino delle quote e della pensione con 40, massimo 41 anni, di contributi sia per uomini e donne.

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Lavoro

Bonus Disoccupati, stop all'incentivo contributivo della legge 407/1990

Bernardo Diaz Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Potranno continuare a fruire dell'incentivo per l'assunzione di disoccupati di lungo periodo previsto dalla legge 407/1990 solo i datori che hanno inserito in azienda questa tipologia di lavoratori entro il 31 dicembre 2014.

Kamsin Stop al bonus contributivo previsto dalla legge 407/1990 in favore dei datori di lavoro che assumono lavoratori iscritti nelle liste di mobilità. La novità è contenuta dalla legge di Stabilità 2015 (articolo 1, comma 121, della legge 190/2014) per spostare le risorse sul nuovo esonero contributivo per le assunzioni a tempo indeterminato realizzate nel 2015. L'agevolazione potrà essere mantenuta, però, come ha indicato l'Inps con la Circolare 17/2015, solo in favore dei datori che hanno assunto nel 2014, fino alla scadenza dell'arco temporale agevolato, al termine dei 36 mesi dalla data di assunzione.

L'incentivo. L'articolo 8 della legge 407/1990 prevedeva nei confronti dei datori che assumevano alle loro dipendenze, con contratti di lavoro a tempo indeterminato, lavoratori disoccupati che si trovavano in tale stato da almeno 24 mesi, uno sgravio contributivo del 50% per un periodo di 36 mesi (lo sgravio arrivava al 100% se le assunzioni venivano effettuate da imprese operanti nel Mezzogiorno d'Italia ovvero da imprese artigiane ovunque localizzate).

Per poter accedere ai benefici contributivi della legge 407/90 bisognava rispettare alcune regole, introdotte dalla legge 92/2012 e specificate nella circolare Inps 137/2012: in particolare, l'assunzione non doveva realizzare una sostituzione di personale licenziato, nelle ipotesi dei recessi intimati «per giustificato motivo oggettivo o per riduzione di personale». L'Inps aveva chiarito che la «sostituzione» dei lavoratori licenziati ricorreva quando si assumeva un altro lavoratore per adibirlo a mansioni per le quali i lavoratori licenziati avessero un diritto di precedenza alla riassunzione. Per aver diritto all'incentivo, infatti, l'assunzione non doveva violare il diritto di precedenza.

L'incentivo spettava invece nel caso in cui il posto di lavoro fosse stato preventivamente offerto ai lavoratori licenziati e questi avessero rifiutato. L'unica deroga riguardava le assunzioni agevolate riferite a soggetti disabili, collocati in base alla legge 68/1999. Per godere dell'incentivo, i datori di lavoro dovevano anche accertare che il lavoratore possedesse il requisito di anzianità dei 24 mesi come disoccupato. Infatti, le sedi Inps, per verificare la spettanza dei bonus  legati allo stato e alla durata della disoccupazione, si attengono agli accertamenti dei centri per l'Impiego.

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Zedde

Pensioni

Esodati, pronta una interrogazione Pd per la sesta salvaguardia

Redazione Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Pronta una interrogazione parlamentare promossa da alcuni deputati del Pd al Ministro del Lavoro per comprendere le motivazioni del rigetto delle domande di accesso alla sesta salvaguardia da parte della DTL di Milano.

Kamsin Sarà protocollata nei prossimi giorni l'interrogazione in Commissione al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, promossa dai deputati Cinzia Fontana e Maria Luisa Gnecchi (Pd) relativa al rigetto delle domande di ammissione alla sesta salvaguardia da parte della Direzione Territoriale del Lavoro di Milano. Ne ha dato notizia, ieri, la sede regionale del Pd. Il problema riguarderebbe quei lavoratori che, in quanto percettori dell'indennità di mobilità, si sono visti respingere dalla DTL le domande di ammissione alla salvaguardia. 

L'interrogazione. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere, premesso che:
La legge n. 147/2014, recante "Modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico" (cosiddetta "sesta salvaguardia"), prevede le condizioni necessarie affinché alle categorie di lavoratori nello stesso riportate, che maturano i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, continuino ad applicarsi le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011;

In particolare, l'art. 2, comma 1, lett. b), c) e d) della legge n. 147/2014 prolunga di un anno il termine entro il quale debbano esser perfezionati i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico da parte di categorie di lavoratori già previsti nei precedenti provvedimenti di salvaguardia, confermando di fatto i criteri e le procedure ivi disciplinati;
La Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) di Milano, in contrasto con il dettato e lo spirito della legge istitutiva della legge n. 147/2014 e difformemente da altre DTL presenti sul territorio nazionale, ha deciso di considerare non riconducibili ai criteri di ammissibilità alla "sesta salvaguardia" i soggetti il cui rapporto di lavoro si sia risolto “in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivi all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, inviando a questi ex lavoratori, che hanno presentato domanda di ammissione secondo i criteri previsti dall'art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, un "preavviso di diniego" alle domande da essi formulate;
le domande presentate con riferimento ai precedenti provvedimenti di salvaguardia, riconducibili a pari posizioni e pari requisiti di quelli previsti dall’art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, sono state regolarmente accolte, anche dalla stessa DTL di Milano;
se codesto Ministero non ritenga necessario intervenire con la massima urgenza per dare indicazioni precise e chiare alla DTL di Milano, al fine di superare una situazione di esclusione e di profonda iniquità nei confronti dei lavoratori rientranti nella fattispecie prevista dall’art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, e considerato che altre DTL hanno già deciso l’accoglimento delle istanze presentate per “pari posizioni”.

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Fisco

Isee 2015, Caf: aumentano i rischi ma i compensi restano al palo

Redazione Martedì, 03 Febbraio 2015
Caf contrari alla decisione di Tiziano Treu di non riconoscere la compensazione dei corrispettivi dovuti a seguito dell'introduzione del nuovo modello Isee.

Kamsin Doccia freddissima per i Caf. I centri di assistenza fiscale dovranno continuare a presentare buon viso a cattivo gioco e assorbire il colpo inferto dall'Istituto nazionale della previdenza sociale. Sono, infatti, risultati del tutto infruttuosi i tavoli di dialogo tra i rappresentanti dei Centri e le figure dell'Inps. Tavoli sorti per presentare la richiesta di una compensazione dei corrispettivi dovuti ai Caf a seguito dell'introduzione (dal gennaio 2015) del nuovo modello Isee.

La motivazione della richiesta risiede nella manifesta complessità e nell'elevata esposizione al rischio sanzioni a cui sono sottoposti i centri fiscali al momento della compilazione e invio della documentazione necessaria per ottenere il valore Isee di ogni cittadino richiedente. Come detto dopo una prima parziale apertura (o per lo meno la «non indisponibilità» a discutere della possibilità di richiedere agli utenti un modico compenso), tutto è rimasto invariato.

 Non sarà possibile, quindi, ottenere per i Caf alcun contributo riequilibrativo dopo che era già stata cassata l'approvazione, da parte dell'Inps, di un aumento del 50% delle spettanze. La prima richiesta dei rappresentanti dei Caf fu, infatti, quella di richiedere un adeguamento  «a monte»  dei compensi (quindi direttamente all'Ente di previdenza), col solo scopo di far fronte alle difficoltà sorte con la presentazione del Nuovo Isee. Il «riccometro» di nuova generazione, nascendo con la missione manifesta di porre finalmente un freno alla serie sterminata di dichiarazioni mendaci, presenta maglie di compilazione particolarmente stringenti: «È assolutamente imprescindibile intervenire per ottenere una vera giustizia sociale; però, bisogna ammettere che la maggiore complessità dei nuovi modelli abbisogna di una rimodulazione e che cozza incredibilmente con la campagna incentrata sulla semplicità dell'innovativo Isee, portata avanti dal governo attraverso spot televisivi e manifesti» avverte il Presidente Cnai, Orazio Di Renzo.

Eccola allora la riforma fiscale che mira a intrappolare i furbi che indebitamente ottengono benefici e delle agevolazioni previste dallo stato per le categorie sociali più bisognose. Si prospettano così tempi duri per coloro che, per esempio, come genitore naturale non coniugato, col solo obiettivo di guadagnare un Isee inferiore per il proprio figlio (ottenendo quindi tariffe vantaggiose per l'accesso agli asili nido) dichiarino la residenza, fittizia, in un'abitazione diversa da quella reale.

L'altra faccia della medaglia della riforma fiscale appena introdotta, però è rappresentata dal fatto che sono considerevolmente aumentate le tipologie reddituali ammesse. Infatti la nuova DSU (Dichiarazione Unica Sostitutiva, indispensabile per ottenere l'Indicatore della situazione economica equivalente) è modificata in tal modo da cessare buona parte delle proprie caratteristiche di autocertificazione, aumentando di conseguenza il carico di lavoro per i centri che forniscono un aiuto nella compilazione. A ciò si aggiunga un ulteriore fattore di complessità: la Dichiarazione, ormai, abbraccia tutti i redditi tassati con regimi sostitutivi o a titolo di imposta; così come la totalità dei redditi esenti e dei redditi figurativi degli immobili non locati e delle attività immobiliari. L'indisponibilità immediata dell'Inps all'aumento, si è sommata anche al rifiuto del cosiddetto «Piano B» dei Caf: l'opzione di richiedere direttamente agli utenti un esiguo (ipotizzato tra i 5 e i 10 euro) compenso per l'assistenza ottenuta nella compilazione dei moduli. Invece la situazione rimane così invariata. Per i centri sono aumentati gli oneri e i rischi, ma spettanze e sanzioni rimangono impietosamente le stesse: per esempio i centri che dovessero richiedere qualsiasi onorario continueranno a essere sanzionati con una penale di 300 euro e, in caso di reiterazione, con l'annullamento automatico della convenzione per il centro incriminato.

La firma del 22 gennaio 2015 certifica così la decisione (unilaterale) da parte del commissario straordinario dell'Inps Tiziano Treu, di presentare la convenzione valevole per il 2015 come fotocopia degli anni precedenti. «Firma a cui si è giunti comunque con colpevole ritardo visto che la precedente convenzione ha avuto il suo termine naturale lo scorso 31 dicembre, mentre il tanto decantato Nuovo Isee avrebbe dovuto trovare i suoi natali nel giugno dello scorso anno», ricorda il presidente Cnai Di Renzo. In realtà, la convenzione appena sottoscritta, prevede in linea teorica una sua rivalutazione semestrale, per procedere eventualmente in un aumento delle spettanze. «Però almeno per questi sei mesi i centri di assistenza si troveranno in una situazione di fuoco incrociato: da un lato l'utenza che giustamente esige un servizio tanto importante e dall'altra l'ente di previdenza, che sembra ignorare le esigenze dei fornitori di assistenza fiscale, presentandosi nella sua veste punitiva e tutt'altro che conciliante», continua il presidente Di Renzo. «Si rimane sempre tristemente sorpresi nell'apprendere che a fronte di un maggior carico di lavoro, tempo e risorse, non trovi soddisfazione neppure la minima richiesta di chi materialmente ha a che fare con la realtà dell'utenza. Bisogna ricordare che ogni responsabilità della compilazione ricade sul singolo centro di assistenza fiscale», conclude il presidente Di Renzo.

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Zedde

A cura della Cnai

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Esodati, ristretto il campo di applicazione della seconda salvaguardia

Rossini V Martedì, 03 Febbraio 2015
La legge 147/2014 restringe i requisiti per accedere alla seconda salvaguardia per i lavoratori in mobilità: il rapporto di lavoro deve cessare entro il 30 dicembre 2016.

Kamsin Come noto un passaggio della legge 147/2014 ha recuperato 20 mila posizioni nell'ambito dei lavoratori nel profilo "mobilità" destinatari della seconda salvaguardia (articolo 22, comma 1, lettera a) del decreto legge 95/2012 convertito con legge 135/2012) "in considerazione del loro limitato utilizzo". L'intervento ha finanziato in pratica oltre la metà dei 32.100 posti assegnati con la sesta salvaguardia.

Nel far questo la legge 147/2014 ha, tuttavia mutato, con una stretta, le condizioni di accesso alla seconda salvaguardia per il profilo in parola inserendo una specifica data entro cui il rapporto di lavoro deve cessare (31 dicembre 2014 o 30 dicembre 2016), vincolo che in origine era escluso.

La Formulazione originaria. Nella formulazione originaria del Dl 95/2012 la salvaguardia poteva essere concessa a 40mila lavoratori per i quali le imprese avessero stipulato, in sede governativa, entro il 31 dicembre 2011, accordi intesi alla gestione delle eccedenze occupazionali, con impiego di ammortizzatori sociali, ancorché alla data del 4 dicembre 2011 gli stessi lavoratori ancora non risultassero cessati dall'attività lavorativa e collocati in mobilità; era richiesta, inoltre, la condizione che essi maturassero i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità.

La modifica. Per effetto della modifica operata sull'articolo 22, comma 1, lettera a) del Dl 95/2012 dalla legge 147/2014 la salvaguardia potrà essere concessa, nei limiti ora di 20mila unità (rispetto ai 40mila originari), ai lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali che rispettino una delle seguenti condizioni:

a) Lavoratori che siano già percettori al 6 novembre 2014, ovvero, entro i quindici giorni successivi a detta data (cioè 21 novembre 2014), del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e il cui rapporto di lavoro cessi – senza soluzione di continuità con il predetto trattamento di cigs -  entro il 30 dicembre 2016 per il collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni. I predetti lavoratori dovranno essere presenti negli elenchi inviati all’Inps dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ai sensi del decreto del 8 ottobre 2012 del predetto Ministero;

b) lavoratori che siano cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e i cui nominativi siano stati comunicati entro il 31 dicembre 2014 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012.

In entrambi i casi resta fermo che i lavoratori devono perfezionare i requisiti pensionistici entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 223 del 1991.

La legge ha, pertanto, precisato le condizioni oggettive per accedere al profilo di tutela in questione. Se la disciplina originaria richiedeva, genericamente, solo il perfezionamento di un diritto a pensione entro il termine della fruizione dell'indennità di mobilità a nulla rilevando il termine del rapporto di lavoro, ora, con la modifica viene richiesto o che tali soggetti siano cessati dall'attività lavorativa entro il 31.12.2014 oppure che siano titolari di un trattamento salariale in deroga (cioè la cigs), e che cessino il rapporto di lavoro entro il 30.12.2016 per il collocamento in mobilità. Gli accordi validi, per il profilo in questione, restano sempre solo quelli stipulati presso la sede governativa e i lavoratori devono comunque maturare un diritto a pensione entro il termine dell'indennità di mobilità.

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Piccola Mobilità, al via gli sgravi contributivi

Daniele Bonaddio Martedì, 03 Febbraio 2015
Sospese definitivamente le note di rettifica emesse in conseguenza della mancata proroga degli incentivi connessi alla c.d. piccola mobilità.

Kamsin Il nodo legato agli incentivi connessi alla c.d. piccola mobilità trova finalmente un lieto fine. A pensarci è stata la Legge di Stabilità 2015 (art. 1, c. 114 della L. n. 190/2014), la quale ha riconosciuto in favore dei datori di lavoro che hanno assunto fino al 31 dicembre 2012 lavoratori iscritti nelle liste di mobilità, uno sgravio contributivo – disciplinato dagli art. 8, c. 2 e 25, c. 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223 - nel limite massimo di 35.550.000 euro. Ragione per cui l’INPS, con il messaggio n. 717/2015, ha disposto la sospensione dell’invio delle note di rettifica nel frattempo emesse in conseguenza della mancata proroga delle disposizioni concernenti l’iscrizione nelle liste di mobilità.

L’emendamento, dunque, ristabilisce i diritti e riconosce le legittime aspettative degli imprenditori, i quali si sono visti negare le agevolazioni contributive assegnate per l’anno 2012.

La vicenda - In particolare, la questione riguarda i lavoratori licenziati dalle aziende – che occupano fino a 15 dipendenti – e di quei datori di lavoro che, nel riassumere il lavoratore licenziato, pensavano di poter fruire dell’incentivo ai suoi tempi concesso, per l’anno 2013, dal decreto direttoriale del Ministero del Lavoro n. 264 del 19 aprile 2013, come modificato dal decreto direttoriale n. 390 del 3 giugno 2013. Sul punto, infatti, l’INPS (messaggio n. 150/2013) affermava che:

  • non era possibile riconoscere le agevolazioni per le assunzioni, effettuate nel 2013, di lavoratori licenziati prima del 2013;
  • non era possibile riconoscere  le agevolazioni per le proroghe e le trasformazioni a tempo indeterminato, effettuate nel 2013, di rapporti agevolati instaurati prima del 2013;
  • in via cautelare doveva ritenersi anticipata al 31.12.2012 la scadenza dei benefici connessi a rapporti agevolati, instaurati prima del 2013 con lavoratori iscritti nelle liste di mobilità a seguito di licenziamento individuale.

Alla luce della suddetta situazione, con una risoluzione parlamentare approvata il 31 luglio 2014 il Governo era stato impegnato a reperire le fonti di finanziamento per far fronte alla mancata proroga delle disposizioni concernenti l’iscrizione nelle liste di mobilità. Ciò ha causato il blocco momentaneo delle iniziative di recupero degli addebiti contributivi, rinviando la spedizione delle note di rettifica alla terza decade di novembre 2014 (INPS messaggio n. 7119/2014).

Successivamente, con il messaggio n. 8889/2014 è arrivato il secondo stop da parte dell’INPS. In pratica, sono state sospese le iniziative volte al recupero dei benefici fruiti dai datori di lavoro relativamente ai lavoratori assunti dalle liste della c.d. "piccola mobilità", limitatamente alle assunzioni, proroghe e/o trasformazioni effettuate entro il 31/12/2012. Di conseguenza, è stata modificata la data di spedizione delle note di rettifica, recanti gli addebiti contributivi corrispondenti, fissandola per la seconda metà di gennaio 2015.

Pertanto, da tale data in poi dovevano essere riavviate le spedizioni delle note di rettifica, con i corrispondenti addebiti contributivi.

Legge di Stabilità 2015 – A risolvere definitivamente la questione, che si protrae da un paio di anni ormai, è stata l’ultima manovra Finanziaria, stabilendo che “ai datori di lavoro che hanno assunto fino al 31 dicembre 2012 lavoratori iscritti nelle liste di mobilità ai sensi dell'articolo 1 del decreto-legge 20 gennaio 1998, n. 4, convertito, con modificazioni, dalla legge 20 marzo 1998, n. 52, e successive modificazioni, si applicano gli sgravi contributivi di cui agli articoli 8, comma 2, e 25, comma 9, della legge 23 luglio 1991, n. 223, nel limite massimo di 35.550.000 euro”.

Di conseguenza, è stata definitivamente disposta la sospensione dell’invio delle note di rettifica nel frattempo emesse, in conseguenza della mancata proroga delle disposizioni concernenti l’iscrizione nelle liste di mobilità.

L’INPS, infine, ha specificato che non dovranno essere tenute in considerazione eventuali note di rettifica recanti addebiti allo stesso titolo che siano state eventualmente già oggetto di notifica nel mese corrente.

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Regime dei minimi, Renzi promette il dietrofront nel cdm del 20 febbraio

Bernardo Diaz Martedì, 03 Febbraio 2015
Possibili correttivi al regime dei minimi la cui attuazione è stata anticipata con la legge di stabilità. Si studia un doppio intervento: proroga o ripristino del regime cancellato dal 1° gennaio e revisione dei limiti di accesso ai nuovi minimi.

Kamsin Portare la soglia dei ricavi per i professionisti che chiedono di beneficiare del regime fiscale di favore, riportandola da 15 mila a 30 mila euro ma lasciando invariata l'aliquota forfettaria del 15% in vigore dal primo gennaio. È questa una delle ipotesi alle quale stanno lavorando i tecnici del Tesoro per rendere più conveniente il cosiddetto regime dei minimi, il regime che è stato modificato dalla legge di Stabilità bruscamente con un innalzamento dal 5% al 15% dell'aliquota sostitutiva applicata alle partite Iva. L'idea caldeggiata dal premier Matteo Renzi è quella di una modifica strutturale del nuovo regime fiscale in vigore dal primo gennaio, che modificato il vecchio sistema forfettario basato su un'aliquota di favore del 5% applicata fino a30 mila euro di ricavi l'anno per un massimo di cinque anni e comunque non oltre i 35 anni di età. Il nuovo regime prevede invece una varietà di soglie che parte dai 15 mila euro dei professionisti ai 40 mila euro di commercianti, albergatori e ristoratori. Una situazione che penalizza i professionisti che dovranno pagare più Iva con una soglia di ricavi dimezzata rispetto a quella precedente.

La modifica allo studio dovrebbe essere introdotta in uno dei decreti delegati sul fisco attesi al Consiglio dei ministri del 20 febbraio: «C'è lo spazio per modificare in meglio le norme sulle partite Iva», ha detto ieri Renzi. Lo stesso premier, del resto, aveva definito un «clamoroso autogol» il nuovo regime dei minimi con l'aggravante che la legge di Stabilità ha innalzato dal 27 al 30%, e in prospettiva la 33%, i contributi versati all'Inps dall'esercito delle partite Iva. Il governo intende rimettere mano alla norma introdotta con la legge di stabilità, anche se al Tesoro fanno presente che non è stata ancora archiviata del tutto l'ipotesi di una proroga per tutto il 2015 del vecchio regime con la possibilità di opzione per i contribuenti che lo ritengono più favorevole. In questo caso, l'intervento verrebbe attuato con un emendamento al decreto Milleproroghe, che deve essere convertito in legge entro la fine di febbraio.

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Riforma Pensioni, Messina (Idv): ecco la nostra proposta per anticipare l'uscita

Bernardo Diaz Martedì, 03 Febbraio 2015
Una riduzione del 10% sul trattamento pensionistico in cambio della possibilità di accedere alla pensione già con 60 anni e 35 di contributi.

Kamsin Accesso alla pensione a 60 anni con una riduzione del 10% dell'assegno, incentivi per chi resta sino a 70 anni, nuovo tetto sulle pensioni d'oro oltre i 5mila euro netti mensili. E' questa la sintesi del disegno di legge presentato da Italia dei Valori alla Camera alla fine dello scorso anno sulla base di una proposta di legge popolare avviata da IDV.

“L’Italia dei Valori - ricorda Ignazio Messina, segretario nazionale Idv - combatte la riforma Fornero che ha distrutto tutele e garanzie nel mondo del lavoro, impedendo il ricambio generazionale e mettendo anzi alla porta migliaia di giovani, sostiene una riforma previdenziale che consenta una flessibilità in uscita con un tetto alle pensioni d’oro, propone misure a favore di famiglie ed imprese, impigliate in una tassazione asfissiante. L’abbiamo presentata in parlamento". Chi ci sta?

“La nostra proposta al Governo, impegnato nella discussione sulle riforme, è di introdurre una flessibilità in uscita che preveda, tra i 60 ed i 70 anni, la libertà di scegliere quando andare in pensione con 35 anni di contributi versati, con penalità decrescenti tra i 60 e i 65 anni ed incentivi fino ai 70" sottolinea Messina.

L'impianto della proposta è molto simile alla pdl 857 (cd. pensionamenti flessibili) promossa da Damiano e dalla minoranza dem e depositata alla Camera nell'Aprile 2013. A differenza di quest'ultima (che chiedeva un minimo di 62 anni e 35 di contributi) la proposta Idv fissa a 60 anni di età e 35 di contributi i requisiti per conseguire la pensione con una penalità del 10% sull'assegno (era dell'8% nella proposta Damiano), penalità che si riduce progressivamente al perfezionamento di 65 anni di età o al raggiungimento di 40 anni di contributi con 62 anni di età. Se si resta sul posto di lavoro oltre i 65 anni è previsto un incremento che può raggiungere il 6,5%.

Nel disegno di legge si prevede inoltre l'istituzione di un "sistema di crediti di cura a fini pensionistici", sul modello di quanto già accade in diversi ordinamenti europei, allo scopo di attenuare gli effetti prodotti dall’improvviso aumento dell’età pensionabile sulle donne, consistenti in:

1) contributi figurativi legati al numero dei figli ( ed altre fattispecie di lavori di cura ) stabiliti in 24 mesi per il primo figlio e 12 mesi per ogni figlio successivo, con un meccanismo a scalare rispetto alla contribuzione già riconosciuta a titolo di indennità di maternità e di congedi parentali.

2) integrazioni contributive per i periodi di lavoro part-time, legati ad esigenza di cura particolari e certificabili, essendo i lavoratori part-time penalizzati dal passaggio al contributivo (sul modello di quanto accade per esempio in Germania).

La Separazione dell'Assistenza dalla Previdenza - Nel progetto di legge c'è anche l'obiettivo di portare a compimento il processo già avviato dalla Legge 1989, n. 88 attraverso la separazione rigorosa dei bilanci rispettivamente riconducibili alle funzioni di natura assistenziale, a carico della fiscalità generale, e a quelle di natura previdenziale, finanziate dai contributi versati dai datori di lavoro e dei lavoratori/lavoratrici.

"Per rimediare le coperture abbiamo avanzato la possibilità di una patrimoniale sui grandi patrimoni sopra i 5milioni di euro al netto della prima casa, per tre anni, con un ricavo di 10mld di euro l’anno ed un tetto alle pensioni d’oro di oltre i 5mila euro netti, per recuperare 15mld di euro l’anno. In questo modo si da lavoro ai giovani e si aiutano anche le imprese” ha indicato Messina.

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Inps, il Senato approva la nomina di Boeri

Redazione Martedì, 03 Febbraio 2015

La commissione Lavoro del Senato ha espresso parere favorevole alla nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Inps. L'economista ha incassato 14 voti a favore e un astenuto. Kamsin La scorsa settimana erano stati invece i deputati della commissione Lavoro di Montecitorio, guidata dal pd Cesare Damiano, a dare il benestare alla nomina di Boeri al vertice dell'ente previdenziale, contestata da alcuni parlamentari, secondo i quali l'economista non disporrebbe dei requisiti e dell'esperienza manageriale richiesti dalla legge per l'incarico. Ieri intanto il ministro per il Lavoro Giuliano Poletti ha indicato la riforma della governane dell'ente quale una priorità per la nuova presidenza. «Ci sono delle proposte di legge depositate» e per questo occorre passare prima per «il confronto con il Parlamento», ha aggiunto.

Non è invece ancora sciolto il nodo del direttore generale. Il mandato dell'attuale direttore, Mauro Nori è scaduto a fine dicembre e al momento è in prorogatio sino al 15 febbraio. E' probabile che arrivi una conferma con una clausola di scadenza al momento dell'approvazione della nuova governance.

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