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Notizie

Pubblico Impiego

Riforma Pensioni, Il Senato approva la staffetta generazionale nelle Pa. Ecco la misura

redazione Giovedì, 30 Aprile 2015
E' stato approvato nella Delega sulla Pa l'emendamento proposto da Hans Berger sul ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dei lavoratori prossimi al pensionamento.

Kamsin Il Senato ha approvato la staffetta generazionale nelle pubbliche amministrazioni. E' passato ieri all'esame dell'Aula l'emendamento a firma dell'Onorevole Hans Berger all'articolo 12 del disegno di legge delega sulla Riforma della Pubblica Amministrazione (numero 12.336 nel testo riformulato dal Senatore).

La misura consentirà, su base volontaria, ai dipendenti pubblici prossimi all'età pensionabile di chiedere il part-time con riduzione della base oraria di lavoro e della relativa retribuzione per far posto ai giovani.  "Si tratta di una strada facoltativa, un'opzione, ricorda il relatore al provvedimento, Giorgio Pagliari (Pd), che ha espresso parere favorevole alla novella, "in quanto non comporta nuovi oneri per lo stato".  

Scegliere questa strada, che non sarà revocabile una volta intrapresa, tuttavia avrà un costo non indifferente. Chi opterà per il part-time, oltre ad una riduzione di stipendio, dovrà infatti mettere mano al portafogli per versare la differenza dei contributi tra il part time ed il tempo pieno. L'emendamento infatti recita che il versamento del differenziale della contribuzione tra il tempo parziale e quello pieno sia garantito "attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 564 del 1996, con la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale".

In altri termini il dipendente che opti per la staffetta generazionale sarà costretto ad integrarsi i contributi mancanti tramite il riscatto o la prosecuzione volontaria al pari di quanto accade nel settore privato. Un esborso che, a ben vedere, rischia di non far decollare la misura dato che un dipendente pubblico che guadagna 1800 euro netti al mese, oltre al dimezzamento dello stipendio, sarebbe chiamato a versare circa 250 euro al mese all'Inps.

Berger precisa però come non fosse percorribile altra strada: "abbiamo dovuto riformulare l'emendamento perchè altrimenti non sarebbe passato. In occasione dei lavori in Commissione - ricorda il Senatore - avevamo indicato che il versamento del differenziale di contribuzione fosse a carico dell'amministrazione pubblica ma la Ragioneria dello Stato lo ha bocciato. Questo differenziale ora è carico del lavoratore che lo verserà alle stesse condizioni previste per i lavoratori del settore privato."

L'emendamento prevede "la facoltà, per le amministrazioni pubbliche, di promuovere il ricambio generazionale mediante la riduzione su base volontaria e non revocabile dell'orario di lavoro e della retribuzione del personale in procinto di essere collocato a riposo, garantendo, attraverso la contribuzione volontaria ad integrazione ai sensi dell'articolo 8 del decreto legislativo n. 564 del 1996, la possibilità di conseguire l'invarianza della contribuzione previdenziale, consentendo nel contempo, nei limiti delle risorse effettivamente accertate a seguito della conseguente minore spesa per redditi, l'assunzione anticipata di nuovo personale, nel rispetto della normativa vigente in materia di vincoli assunzionali. Il ricambio generazionale di cui alla presente lettera, non deve comunque determinare nuovi o maggiori oneri a carico degli enti previdenziali e delle amministrazioni pubbliche".

seguifb

Zedde

Lavoro

Dis-Coll, domande in forma cartacea sino all'11 maggio

redazione Giovedì, 30 Aprile 2015
La nuova prestazione opererà però in via sperimentale solo per il 2015 anche se il Governo lavora ad una sua estensione. Le Domande dovranno essere presentate entro il 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro.

Kamsin I co.co.co. che hanno perso il lavoro prima del 27 Aprile 2015 avranno tempo sino al prossimo 4 luglio per presentare domanda per ottenere la nuova dis-coll, l'indennità di disoccupazione per i parasubordinati introdotta dall'articolo 15 del Dlgs 22/2015. Per le cessazioni successive al 27 aprile, le richieste andranno invece presentate entro 68 giorni dalla data fine del rapporto di lavoro.

Lo spiega l'Inps nella circolare n. 83 con cui detta le istruzioni operative alla nuova prestazione del Jobs Act. Fino all'11 maggio la domanda è accettata su carta o per Pec (Posta elettronica certificata) con un apposito modulo disponibile sul sito internet dell'Inps; da tale data si presenterà, invece, solo per via telematica. La nuova prestazione opererà in via sperimentale un solo anno: il 2015. Almeno per ora in attesa che il Governo individui i fondi per la sua proroga.

I requisiti. Per evento di disoccupazione, precisa l'Inps, deve intendersi l'evento di «cessazione dal lavoro che ha comportato lo stato di disoccupazione». La prestazione spetta in presenza dei seguenti requisiti: stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; tre mesi almeno di contributi tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di perdita dell'occupazione; un mese di contributi oppure un rapporto di collaborazione di durata pari almeno a un mese e che abbia dato luogo a un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di un mese di contribuzione nell'anno 2015 (cioè 647,83 euro).

Relativamente al primo requisito, l'Inps precisa che ai sensi dell'art. 2, comma 1 del dlgs n. 181/2000, lo status di disoccupato va comprovato dalla presentazione del lavoratore presso il servizio competente o per mezzo dell'invio, tramite Pec, della dichiarazione d'immediata disponibilità allo svolgimento di attività lavorativa. Tuttavia, come già previsto ai fini Aspi, l'Inps stabilisce che anche i collaboratori potranno rilasciare direttamente alle sedi territoriali la dichiarazione d'immediata disponibilità al lavoro al momento della presentazione della domanda di DisColl.

Per quanto riguarda l'importo si ricorda che la Dis-Coll è pari al 75% del reddito medio mensile del collaboratore. Quando tale reddito risulti superiore a 1.195, è pari al 75% di tale importo più il 25% dell'eccedenza ma l'indennità non può superare l'importo massimo mensile di 1.300 euro. La Dis-Coll è corrisposta mensilmente per un periodo pari alta metà dei mesi di durata del rapporto o dei rapporti di collaborazione tra il 1° gennaio 2014 e il giorno di cessazione dal lavoro e non può superare comunque i 6 mesi. 

seguifb

Zedde

Pensioni

Pensioni, la settima salvaguardia salva altri 26mila esodati

Bernardo Diaz Mercoledì, 29 Aprile 2015
Il disegno di legge sulla settima salvaguardia consente ad ulteriori 26mila lavoratori di accedere alla pensione in deroga ai requisiti Fornero

Kamsin Proroga al 6 gennaio 2017 dei termini per maturare la decorrenza della prestazione pensionistica determinata con le vecchie regole ed estensione della salvaguardia ai lavoratori titolari dell'indennità edile e a coloro che non hanno potuto siglare accordi con il datore di lavoro in quanto falliti. Sono questi i punti cardine del disegno di legge sulla settima salvaguardia (ddl 2958) presentato dagli Onorevoli Gnecchi e Damiano (Pd) ed assegnato da ieri alla Commissione Lavoro della Camera dei Deputati.

I Profili. Il provvedimento si rivolge a tutti i profili già salvaguardati con la legge 147/2014 (si veda tabella) allungando di fatto di un anno il termine per la maturazione della decorrenza della pensione, cioè comprensiva della finestra mobile, che passa per l'appunto dal 6 gennaio 2016 al 6 gennaio 2017.

Per centrare questo vincolo è quindi necessario raggiungere i vecchi 40 anni di contributi entro il 30 settembre 2015 (perchè c'è una finestra di 15 mesi) oppure i 61 anni e 3 mesi di età unitamente al quorum 97,3 con almeno 35 anni di contributi entro il 31 Dicembre 2015. O ancora 65 anni e 3 mesi di età unitamente ad almeno 20 anni di contributi sempre entro il 31 Dicembre 2015.

Le lavoratrici del settore privato possono altresì partecipare a condizione di aver raggiunto 60 anni e 6 mesi di età e 20 di contributi entro il 31 dicembre 2015 (che sono in pratica i vecchi requisiti per il trattamento di vecchiaia). Mentre, nel comparto scuola o afam, tutti i requisiti suddetti possono essere conseguiti entro il 31 dicembre 2015.

La ripartizione dei posti vede protagonisti gli autorizzati alla prosecuzione volontaria della contribuzione (12mila nuovi posti) e i lavoratori che hanno firmato accordi individuali o collettivi con il datore o che sono stati licenziati (6.000 posti). 2mila sono invece i posti assegnati ai lavoratori in congedo al 2011 per assistere disabili e 1.000 quelli per i lavoratori cessati con contratti a tempo determinato (tra cui vengono però espressamente ricompresi gli agricoli a tempo determinato e i somministrati con contratto a tempo determinato).

Lavoratori in Mobilità. A questi si aggiungono ulteriori 5mila posti per i lavoratori in mobilità che vedono sostanzialmente sparire il paletto della necessaria cessazione dell'attività lavorativa al 30 settembre 2012. In questo gruppo vengono poi inseriti i lavoratori che non hanno potuto siglare accordi per la mobilità a causa del fallimento delle rispettive aziende e quelli provenienti dalle eccedenze occupazionali delle imprese del settore edile. 

Chi si riconosce in questo profilo, per partecipare alla salvaguardia, deve raggiungere un diritto a pensione, sempre secondo le vecchie regole pensionistiche, entro la fine dell'indennità di mobilità (o del trattamento edile) oppure entro i successivi 12 mesi dalla scadenza della stessa. Nei loro confronti il disegno di legge sterilizza inoltre l'applicazione della stima di vita con la conseguenza di rendere piu' agevole l'ingresso in salvaguardia.

seguifb

Zedde

Pensioni

Riforma Pensioni, Poletti: pronti a correttivi in legge di stabilità

redazione Mercoledì, 29 Aprile 2015

L'allungamento dell'età pensionabile fatta con la riforma Fornero sicuramente ha salvato i conti pubblici e continua a farlo, ma è anche una delle cause della difficoltà dei giovani a trovare occupazione. Kamsin Lo riconosce, in una nota, Giuliano Poletti, Ministro del lavoro, che conferma la necessità di intervenire sulla legge Fornero per attenuarne alcune rigidità. E proprio la "madre" della riforma tanto contestata, ieri, nel corso della trasmissione DiMartedì, non si dice contraria ad «aggiustamenti» in questa direzione a patto che non si applichi una controriforma, per la quale lei stessa non crede esistano comunque «ne la volontà ne lo spazio» di manovra.

«Il fatto che si sia allungato il periodo per il pensionamento è stato un cambiamento forte e l'innalzamento della disoccupazione giovanile ha una causa in questo — ammette Poletti —. Sappiamo tutti perché ci siamo arrivati e non possiamo cancellarla con un colpo di spugna, dobbiamo cercare soluzioni per gestire la transizione, che siano staffette generazionali o flessibilità in uscita, ma dobbiamo ricostruire un equilibrio». «Siamo a conoscenza delle proposte a cui sta lavorando la Commissione Lavoro (della Camera, ndr), e il nostro obiettivo è arrivare ad una proposta strutturale entro l'estate in modo da poterla inserire all'interno del veicolo della legge di stabilità».

I correttivi servono sostiene Poletti, perché non si può solo agire per risparmiare, ma occorre anche investire sul futuro, sui giovani e allora bisogna pensare a strumenti correttivi: «qualsiasi sistema se mancano ragazzi di 20 anni o 25 non funziona nella stessa maniera — suggerisce il responsabile del Welfare —. Servono tutte le generazioni. Questa transizione va gestita, per quello che ci compete a livello pubblico cerchiamo di farlo, accompagnando chi ha scelto strumenti di accompagnamento più forti come avvenuto nel settore del credito».

Equilibrio che secondo Fornero dovrebbe anche guardare, nonostante la Consulta abbia detto già di no, ad un contributo di solidarietà per le pensioni più alte, corrisposte con il contributo di persone che lavorano guadagnando molto di meno dei pensionati d'oro. Insomma non si dovrebbe equiparare reddito da lavoro e pensione. Con il contributo di solidarietà, inoltre, poi si potrebbero anche coprire alcune necessità di quei segmenti di lavoratori rimasti penalizzati dal passaggio al sistema di calcolo contributivo per l'assegno di vecchiaia. Il problema esiste ed e urgente, a prescindere dagli attacchi giustificati o meno alla riforma previdenziale, ai quali Fornero non è «insensibile, ovvio che mi pesino».

Seguifb

Zedde

Lavoro

Naspi 2015, Ecco chi guadagna e chi perde dal nuovo sostegno contro la disoccupazione

Bernardo Diaz Mercoledì, 29 Aprile 2015
La nuova disciplina troverà applicazione con riferimento ai contratti di lavoro interrotti dal 30 aprile 2015 (ossia, ultimo giorno giuridico del rapporto).

Kamsin Il prossimo 1° maggio sarà la data spartiacque tra Aspi e Naspi. I lavoratori che hanno perso il posto di lavoro entro il 30 Aprile continueranno a fruire del regime Aspi e Mini-Aspi regolato dalla legge 92/2012, mentre chi perderà il posto di lavoro "involontariamente" dal 1° maggio in poi sarà soggetto alla nuova assicuazione sociale per l'impiego come coniata dal decreto di Riforma degli ammortizzatori sociali (Dlgs 22/2015).

La Naspi, infatti, sostituirà, per gli eventi di disoccupazione decorrenti dal 1° maggio 2015, i trattamenti oggi riconosciuti ai lavoratori dipendenti ovvero Aspi e mini Aspi, i quali potranno quindi operare solo sino alle cessazioni intervenute alla fine di aprile 2015. Le due prestazioni coesisteranno dunque nel 2015 e nel 2016 in attesa che la Naspi prenda definitivamente il posto del vecchio regime. 

Le Differenze. La durata della Naspi sarà tuttavia, a differenza dell'Aspi, pari alla metà delle settimane di contribuzione contro la disoccupazione negli ultimi 4 anni. In pratica il nuovo regime potrà coprire sino a 24 mesi (dal 2017 però si passa ad un massimo di 18 mesi) contro i 10, 12 o 16 mesi (a seconda dell'età del lavoratore) indennizzabili dal regime Aspi. E' facile osservare che la durata massima potrà essere centrata solo dai lavoratori con un rapporto di lavoro stabile e duraturo alle spalle, ossia che dura da almeno 4 anni, e che si trovano di fronte al primo evento di disoccupazione.

Il passaggio al nuovo regime penalizzerà, invece, quei lavoratori con carriere discontinue e gli stagionali. Se con l'Aspi questi lavoratori potevano ottenere un sostegno variabile da 10 mesi a 16 mesi per mantenere la medesima durata la Naspi chiede loro tra i 20 e i 36 mesi di contribuzione contro la disoccupazione negli ultimi quattro anni. In caso contrario la durata dell'ammortizzatore risulterà piu' breve. Ad esempio uno stagionale che lavora 6 mesi l'anno potrà contare, a regime, su un assegno Naspi di soli 3 mesi mentre nel regime Aspi, avrebbe potuto coprire totalmente i restanti 6 mesi dell'anno e quindi ritornare sul lavoro.

Rispetto all'Aspi la Naspi non richiede inoltre piu' le due annualità di anzianità assicurativa e sostituisce l'anno di contribuzione nel biennio precedente il periodo di disoccupazione con un requisito piu' agevole pari ad almeno 30 giorni di lavoro effettivo nei 12 mesi antecedenti la disoccupazione.

Piu' favorevole alla Naspi il confronto con la Mini-Aspi, l'ammortizzatore sociale che spetta a quei lavoratori che non hanno i requisiti per accedere all'Aspi e che anch'esso andrà in soffitta dal 1° maggio. Le condizioni di accesso alla Naspi risultano, infatti, meno restrittive in quanto le 13 settimane di accredito contributivo vengono ricercate nelle ultime quattro annualità e non negli ultimi 12 mesi come previsto per l'accesso alla mini Aspi. 

Rimanendo sempre nell'ambito del diritto alla prestazione, l'art. 8 del dlgs 22/2015 rende strutturali le misure inerenti all'anticipo dell'indennità in un'unica soluzione al fine di avviare una attività di lavoro autonomo o di impresa individuale o per associarsi in cooperativa, cosa che nel precedente impianto normativo (cfr. art. 2, comma 19, legge 92/2012, dm 73380/2013) era prevista in via sperimentale fino al 2015.

seguifb

Zedde

Altro...

Riforma Pensioni, l'ex ministro Fornero: possibili solo aggiustamenti. No a controriforma

redazione Mercoledì, 29 Aprile 2015
La flessibilità può essere considerata uno degli aggiustamenti possibili purchè si tenga conto dell'invecchiamento demografico. Inevitabile, secondo il Ministro, lavorare di piu' per ottenere una prestazione piu' elevata.

Kamsin "Ci sono spazi solo per aggiustamenti ma non per una controriforma". Così l'ex-ministro del Lavoro Elsa Fornero ieri a La7 nel corso della trasmissione DiMartedì. Tra gli aggiustamenti possibili la Fornero ha aperto a maggiore flessibilità in uscita "purchè si tenga conto dell'invecchiamento demografico" e alla possibilità di utilizzare le risorse prelevate dagli assegni piu' alti per integrare la pensione dei giovani con carriere discontinue che escono con il sistema contributivo. Ma secondo l'ex ministro "il passaggio al sistema contributivo resta decisivo e deve compreso dai cittadini: "la pensione oggi si forma sulla base dei contributi versati e non sulla base degli interventi politici" ha detto l'ex-ministro.

La Fornero ha difeso poi la Riforma del 2011 dagli attacchi precisando che non è stato possibile intervenire con maggiore forza contro le pensioni d'oro a causa dei vincoli imposti dalla Corte Costituzionale e delle resistenze politiche in Parlamento. Sugli esodati il Ministro ha respinto le accuse di aver fatto male i calcoli ricordando come non sia possibile, ancora oggi, stimare in modo compiuto i lavoratori che avevano, entro il 2011, siglato accordi individuali e regionali e i contributori volontari.

Per quanto riguarda gli "aggiustamenti" alla Riforma, Alessia Rotta (Pd) ha precisato come si stia trovando una sostanziale convergenza in Commissione Lavoro alla Camera sulle proposte dell'Onorevole Damiano che intendono flessibilizzare l'età pensionabile a partire dai 62 anni di età unitamente a 35 anni di contributi, oppure sulla quota 100. Ma l'intervento sarà possibile solo con la prossima legge di stabilità.

seguifb

Zedde

Pensioni, uscita a 63 anni solo per chi è nel contributivo

Sergey Mercoledì, 29 Aprile 2015
Ai lavoratori il cui primo accredito contributivo risulta versato successivamente al 1° gennaio 1996 è richiesto che la prestazione pensionistica sia superiore ad almeno 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale.

Kamsin Com'è noto la riforma Fornero, DL 201/2011 ha innalzato requisiti anagrafici per il conseguimento della pensione di vecchiaia prevedendo la parificazione a partire dal 2018 per uomini e donne. Per tale data saranno dunque necessari 66 anni e 7 mesi sia per i lavoratori uomini che per le lavoratrici del settore privato. Ciò con riferimento delle prestazioni nel regime retributivo, misto e contributivo. Il Dl 201/2011 ha inoltre confermato che il trattamento di vecchiaia è conseguibile a condizione che siano stati perfezionati almeno 20 anni di contributi versati o accreditati a qualsiasi titolo.

Per le pensioni da liquidare ai lavoratori a favore dei quali il primo accredito contributivo risulta versato dal 1° gennaio 1996 (i cd. contributivi puri) è prevista tuttavia una ulteriore condizione: la prestazione infatti può essere liquidata con i requisiti anagrafici e contributivi previsti per il sistema retributivo e misto solo nelle ipotesi in cui l'importo del rateo non sia inferiore a 1,5 volte l'ammontare dell'assegno sociale (cioè circa 670 euro per il 2015). Tale soglia minima dovrà essere rivalutata annualmente sulla base delle variazione media quinquennale del Pil, come calcolata dall'Istat.

Si tratta di un importo che di fatto potrebbe ostacolare il pensionamento a quei lavoratori che hanno la minima anzianità contributiva e hanno avuto, nell'arco della vita lavorativa, retribuzioni piuttosto basse; una carriera lavorativa che dunque darebbe diritto a prestazioni previdenziali ridotte. Ciò è vero anche se bisogna ricordare che l'importo del rateo beneficerà di coefficienti di trasformazione piu' elevati che dovrebbero rendere comunque piu' agevole il raggiungimento dell'importo soglia richiesto dalla legge.

Si prescinde da questo importo minimo del rateo nei casi in cui il lavoratore abbia raggiunto un'età pari, almeno a 70 anni (il requisito tuttavia è da adeguare alla stima di vita Istat); in questi casi, inoltre, il requisito contributivo minimo richiesto per avere diritto alla prestazione non sarà piu' di 20 anni ma sarà sufficiente un'anzianità contributiva effettiva pari, almeno, a cinque anni.

In alternativa alla pensione di vecchiaia con le regole sopra descritte i "contributivi puri" hanno anche la possibilità di conseguire la pensione all'età di 63 anni e 3 mesi ed almeno 20 anni di contribuzione effettiva (a condizione però che l'importo del rateo sia almeno pari a 2,8 volte l'assegno sociale, cioè circa 1.250 euro al mese) oppure al raggiungimento di 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne) indipendentemente dall'età anagrafica.

Ai fini del perfezionamento di questo requisito contributivo è valutabile la contribuzione a qualsiasi titolo versata o accreditata a favore dell’assicurato, fermo restando che, ai sensi dell’art. 1, comma 7, della legge n. 335 del 1995, ai fini del computo di detta contribuzione non concorre quella derivante dalla prosecuzione volontaria, e quella accreditata per periodi di lavoro precedenti il raggiungimento del 18° anno di età è moltiplicata per 1,5. Nei confronti dei contributivi puri, inoltre, non opera la riduzione del trattamento pensionistico  nel caso di accesso alla pensione ad un’età anagrafica inferiore a 62 anni.

seguifb
Zedde

Naspi 2015, l'indennità spetta anche i lavoratori licenziati per motivi disciplinari

Davide Grasso Martedì, 28 Aprile 2015
L'indennità sarà erogata in tutti i casi in cui la disoccupazione è involontaria. Ammessi alla fruizione anche i lavoratori licenziati per motivi disciplinari.

Kamsin La nuova indennità di disoccupazione, Naspi, può essere riconosciuta anche in favore dei lavoratori licenziati per motivi disciplinari e nei casi di accettazione da parte del lavoratore licenziato dell’offerta economica propostagli dal datore nella c.d. “conciliazione agevolata” ex art. 6, D.Lgs. n. 23/2015.

Lo ha precisato il ministero del Lavoro in risposta ad un interpello avanzato dalla Cisl. Il Dicastero precisa che il presupposto per la Naspi resta l'involontarietà della perdita del posto di lavoro senza potersi desumersi, dalla normativa, alcuna esclusione specifica qualora il licenziamento sia avvenuto per motivi diciplinari. La Naspi, in altri termini, "prescinde dalla natura del licenziamento". Pertanto, spiega il Ministero, può essere annoverata anche la fattispecie del licenziamento disciplinare tra quelle coperte dalla Naspi come del resto era avvenuto per l'Aspi con l'interpello 29/2013. Peraltro, il ministero, a sostegno di questa tesi, argomenta come il licenziamento disciplinare sia estraneo alla sfera della "volontarietà" del lavoratore e come lo stesso possa altresì essere impugnato.

Nessun ostacolo anche alla possibilità di percepire il trattamento Naspi da parte di quei lavoratori che accetteranno l'indennità economica prevista dalla nuova offerta conciliativa del contratto a tutele crescenti (articolo 6 del Dlgs 23/2015).

La norma stabilisce, nello specifico, che in caso di licenziamento il datore di lavoro può offrire al lavoratore, entro i termini di impugnazione stragiudiziale del licenziamento stesso un importo che non costituisce reddito imponibile e non risulta assoggettato a contribuzione previdenziale e la cui accettazione da parte del lavoratore comporta l’estinzione del rapporto alla data del licenziamento e la rinuncia alla impugnazione del licenziamento anche qualora il lavoratore l’abbia già proposta.

Secondo il Ministero tale conciliazione è esclusivamente mirata a far decadere l'impugnativa del licenziamento e, pertanto, l’accettazione in questione non muta il titolo della risoluzione del rapporto di lavoro che resta il licenziamento unilaterale dal parte del datore di lavoro. In tali ipotesi resta quindi fermo il diritto alla Naspi da parte del lavoratore.

seguifb

Zedde

Dis-Coll 2015, ecco come si presenta la domanda per il beneficio. Scarica il modulo

Giorgio Gori Martedì, 28 Aprile 2015
Il Nuovo assegno di disoccupazione per i lavoratori parasubordinati sostituirà l' indennità una tantum prevista dall'attuale normativa. Termini ampi anche per chi ha concluso il rapporto di lavoro agli inizi del 2015.

Kamsin Con la Circolare dell'Inps 83/2015 può formalmente decollare la Dis-coll, la nuova indennità di disoccupazione coniata dall'articolo 15 del decreto legislativo che riforma degli ammortizzatori sociali (Dlgs 22/2015) riconosciuta ai lavoratori parasubordinati. Se infatti la Naspi, la tutela per i lavoratori dipendenti, partirà dal 1° maggio, l'indennità per i parasubordinati era già formalmente in vigore dal 1° gennaio 2015 anche se il ritardo nella pubblicazione delle istruzioni Inps per presentare la domanda aveva reso di fatto impossibile presentare domanda per il sostegno.

Ora l'Inps ha messo nero su bianco le modalità per chiedere il sussidio. I parasubordinati dovranno presentare domanda (a pena di decadenza) entro 68 giorni dalla data di cessazione del rapporto di lavoro. Nessun rischio per quei lavoratori il cui rapporto di collaborazione sia cessato prima della pubblicazione della Circolare (cioè tra la data del 1° gennaio 2015 e il 27 Aprile 2015): l'Istituto ha indicato che il termine di sessantotto giorni decorre a partire dal 27 Aprile.

La presentazione della domanda. La domanda per la dis-coll potrà essere presentata per via telematica a partire dal prossimo 11 maggio ma al fine di consentire comunque l’avvio delle operazioni di istruttoria delle domande e di relativa liquidazione della prestazione, fino a tale data la domanda di sarà accettata anche in forma cartacea o tramite Pec compilando il modulo disponibile a questo indirizzo. 

Le condizioni per il beneficio. L'indennità è riconosciuta ai collaboratori coordinati e continuativi, anche a progetto, con esclusione degli amministratori e dei sindaci, iscritti in via esclusiva alla Gestione separata dell'INPS, che non siano pensionati e che non siano titolari di partita IVA, in relazione ai nuovi eventi di disoccupazione involontaria verificatisi a decorrere dal gennaio 2015 e fino al 31 dicembre 2015. La nuova indennità, che attualmente è prevista in forma sperimentale solo per l'anno 2015 (anche se le intenzioni sarebbero di estenderla anche oltre) sostituirà l'indennità una tantum per i parasubordinati prevista dalla attuale disciplina.

Per avere diritto alla Dis-Coll è necessario possedere, congiuntamente, i seguenti requisiti: a) stato di disoccupazione al momento della domanda di prestazione; b) almeno tre mesi di contribuzione nel periodo intercorrente tra il 1° gennaio dell'anno solare precedente la cessazione dell'attività lavorativa e la cessazione dell'attività stessa; c) almeno un mese di contribuzione, oppure un rapporto di collaborazione di durata almeno pari a 1 mese dal quale sia derivato un reddito almeno pari alla metà dell'importo che dà diritto all'accredito di 1 mese di contribuzione, nell'anno solare in cui si verifica la cessazione dall'attività lavorativa.

Sulla misura dell'assegno che va in tasca ai disoccupati, si applicano le stesse regole stabilite per i lavoratori dipendenti con la Naspi. La misura è pari al 75% dei compensi fino a 1.195 euro al mese e poi scende al 25% sulle quote dei compensi superiori a tale importo. In ogni caso l'assegno massimo è di 1.300 euro lordi al mese. La norma però prevede una riduzione: a partire dal primo giorno del quarto mese l'assegno in pagamento viene ridotto del 3% per ogni mese.

L'assegno sarà pagato per un numero di mesi pari alla metà di quelli che nel 2014 sono stati coperti integralmente con i contributi Inps. Ad esempio, se sono stati versati contributi per otto mesi l'indennità Inps sarà corrisposta per quattro mesi. Il tetto massimo è pari a sei mesi.

A differenza di quanto previsto con la Naspi per i periodi di fruizione della Dis-Coll non sono riconosciuti i contributi figurativi e per avere diritto all'indennità i lavoratori dovranno presentare istanza all'Inps entro il termine di decadenza di 68 giorni dalla cessazione del rapporto di lavoro. Il Ministro del Lavoro ha, comunque, rassicurato nel corso di una interrogazione parlamentare che anche chi ha perso il lavoro agli inizi del 2015, e che quindi non ha potuto fare domanda entro tale termine per la mancanza delle istruzioni operative dell'Inps, avrà termini piu' estesi e potrà essere ammesso all'indennità.

seguifb

Zedde

Documenti: Il Modulo per presentare la domanda per la Dis-Coll

Giorgio Gori - Patronato Inas

Riforma Pensioni, Damiano: no al reddito minimo. Serve la quota 100

redazione Martedì, 28 Aprile 2015
“Si rischia di negare un diritto pensionistico trasformando quest’ultimo in assistenza”. Serve un anticipo strutturale dell'età pensionabile con il ritorno al sistema delle quote.

Kamsin "Concluso l'esame dei decreti sul Jobs Act convocheremo in audizione il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e i vertici dell'Inps". Lo dichiara in una nota il Presidente della Commissione Lavoro, Cesare Damiano, che si dice "preoccupato" per le dichiarazioni delle ultime settimane dell'Inps e dello stesso Ministro sulle reali intenzioni di modificare la Legge Fornero sulle Pensioni.

Sostanzialmente il Governo e l'Inps ci stanno dicendo che vogliono estendere l'Asdi alla fascia degli ultra 55enni senza lavoro e in condizioni di bisogno dal prossimo anno. Non siamo contrari in modo assoluto alla misura però diciamo che non è questa la strada da seguire. L'assegno di disoccupazione è, infatti, un sostegno assistenziale che eroga sino ad massimo di 450-500 euro al mese indipendentemente dai contributi versati, uno strumento utile - sottolinea Damiano - per affrontare situazioni particolarmente complesse e disagiate ma che non può soddisfare le esigenze di flessibilizzare l'età pensionabile.

Correremmo altrimenti il rischio di intervenire con una misura assistenziale laddove alcuni potrebbero andare in pensione. E' come dire ad un lavoratore disoccupato che ha versato 40 anni di contributi ma che non ha agganciato i requisiti per la pensione pubblica: ti prendi un indennizzo uguale a quello concesso ad uno che non ha mai lavorato o che magari lo ha fatto sempre in nero. L'assegno, inoltre, sarebbe corrisposto solo al di sotto di un certo reddito tagliando fuori, di fatto, una larga fetta di lavoratori che hanno perso il posto".

Come si vede rischiamo di produrre una profonda ingiustizia. Per questo bisogna accelerare sull'introduzione dei pensionamenti flessibili a partire dai 62 anni di età". Noi, come partito democratico, abbiamo depositato due disegni di legge in Commissione Lavoro (uno sulla quota 100, l'altro che consente l'uscita da 62 anni e 35 di contributi con un taglio dell'8% oppure a 41 anni di contributi) sui quali ci attendiamo un confronto sereno e costruttivo con il Governo.

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