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Sperimentale Donna, è boom di domande
Pensioni

Sperimentale Donna, è boom di domande

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
Sono sempre più le donne che decidono di accedere alla pensione contributiva con l'opzione donna 57 anni di età 58 per l'autonomia e 35 anni di contributi dopo l'entrata in vigore della riforma Fornero.

Secondo i dati dall'Inps le domande per accedere al regime sperimentale donna introdotto nel 2004 hanno registrato negli ultimi 2 anni una forte crescita. Il regime donna, è noto, si tratta purtroppo dell'unica scappatoia attualmente ancora disponibile per poter andare in pensione con un po' di anticipo rispetto alle nuove regole. Un beneficio, se così può essere chiamato, fruibile solo per il gentil sesso a condizione però di avere una pesante penalizzazione dal punto di vista economico. Chi opta per l'opzione donna otterrà infatti la liquidazione della pensione con il calcolo contributivo che significa, a conti fatti, una decurtazione dell'assegno medio che può toccare anche il 35 per cento.

Nonostante questi risvolti economici negativi lo sperimentale rimane l'unico canale d'uscita anticipato che ha superato indenne le maglie restrittive della Riforma Fornero del Dicembre 2011. E non sorprende quindi il fatto che nei primi due anni dall'introduzione della Riforma, le domande per l'opzione donna hanno subito un vero e proprio boom. Secondo i dati dell'INPS infatti l'opzione prevista dall'articolo 1, comma 9, della legge 243 del 2004 e' stata scelta da oltre 17.500 donne in tutto con una fortissima accelerazione nello scorso anno quando si è toccata quota 8.846 domande (contro le 5.646 del 2012).

Una vera e propria corsa destinata però a fermarsi in anticipo rispetto a quanto originariamente previsto. Secondo la circolare 35/2012 Inps possono infatti fruire del beneficio solo le donne con 57 anni di età (58 le autonome) e 35 anni di contributi la cui finestra di decorrenza si apra entro il 31 Dicembre 2015 (cioè una volta perfezionati i requisiti bisogna aggiungere il periodo di finestra mobile di 12 o 18 mesi a seconda se trattasi di lavoratrice dipendente o autonoma). Nella legge istitutiva in realtà non si faceva alcun riferimento alla decorrenza lasciando immaginare che il beneficio fosse fruibile a condizione di maturare i soli sopra citati requisiti anagrafici e contributivi entro il 31.12.2015.

La Corte dei Conti boccia la Super indennità per i vicecomandanti dell'Arma
Pensioni

La Corte dei Conti boccia la Super indennità per i vicecomandanti dell'Arma

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
La Corte dei Conti con la delibera n. 21/2013 boccia la speciale indennità pensionabile (SIP) a decorrere dal 9 Ottobre 2010, data di entrata in vigore del nuovo codice militare.

 Secondo quanto stabilito dalla Corte dei Conti i Vicecomandanti Generali dell'Arma non possono avere diritto alla SIP. La SIP è quell'emolumento in busta paga - pari a circa 4.800 euro netti in più al mese - che viene concesso ai Generali e ai Vice Generali di Corpo d'Armata che vanno in ausiliaria per un periodo di cinque anni. Si tratta in realtà di un vero e proprio privilegio particolarmente difficilmente da comprendere in un periodo tagli e di crisi economica come quello attuale.

La SIP infatti non viene corrisposta solo per il periodo di ausiliaria dell'Ufficiale - un periodo pari a cinque anni dopo aver lasciato il servizio durante i quali l'Ufficiale può essere richiamato in servizio dall'Arma  - in quanto l'indennità poi entra a far parte dell'assegno pensionistico portando quest'ultimo a circa 14mila euro lordi mensili.

La speciale indennità fu istituita per il capo della Polizia-direttore generale della Polizia di Stato nel 1981, poi estesa nel 1987 ai comandanti generali dell'Arma e della Guardia di Finanza, al capo della Forestale e del Dap (dipartimento amministrazione penitenziaria); nel 1997 diventò appannaggio anche dei capi di Stato maggiore della Difesa, di Esercito, Marina, Aeronautica e del segretario generale della stessa Difesa. Alla fine la speciale indennità è arrivata anche per i vicecomandanti dell'Arma e della Finanza.

Ora la Corte dei Conti ha bocciato i decreti di assegnazione della SIP di tre vicecomandanti dei carabinieri: i generali di corpo d'armata Carlo Alfiero, Salvatore Fenu ed Ermanno Vallino. La magistratura contabile ha tuttavia fissato uno spartiacque: «Ai fini del calcolo dell'indennità di ausiliaria, la valutazione della speciale indennità pensionabile» citata dal nuovo codice dell'ordinamento militare «non potrà più essere effettuata» a decorrere «dal 9 ottobre 2010» cioè la «la data di entrata in vigore dello stesso codice militare». Rispetto a quel termine, oltre a Fenu, Alfiero e Vallino si salvano dalla scure della Corte, tra gli altri, i vicecomandanti dell'Arma Roberto Santini, Roberto Cirese, Goffredo Mencagli, Massimo Cetola, Giorgio Piccirillo e Stefano Orlando. Il ministero della Difesa potrebbe a questo punto recuperare le somme nei confronti dei generali Corrado Borruso, Michele Franzè, Carlo Gualdi, Clemente Gasparri, Massimo Iadanza e Antonio Girone, numeri due dell'Arma che hanno percepito l'ausiliaria dopo l'entrata in vigore del nuovo ordinamento militare.

Pensioni

Pensioni, il governo spinge sull'introduzione dei pensionamenti flessibili

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
I tecnici del ministero del lavoro studiano la possibilità di introdurre il pensionamento con 62 anni e 35 anni di contributi. Tra i ritocchi al sistema previdenziale possibile anche un intervento sulle cosiddette pensioni d'oro e d'argento.

Tra i provvedimenti che sono allo studio del Commissario Cottarelli c'è anche quello, piuttosto significativo, al sistema previdenziale. Nel mirino del commissario straordinario alla cosiddetta spending review c'è soprattutto il capitolo pensioni d'oro e d'argento, tema molto caldo soprattutto per il Pd. Il bacino su cui il Commissario potrebbe intervenire è molto ampio dato che comprenderebbe gli assegni medio-alti con connotazione retributiva, le reversibilità sempre in relazione al passaggio al contributivo ed eventualmente il meccanismo di cumulo tra più trattamenti previdenziali e gli altri redditi da lavoro.

Il dossier è comunque allo stato attuale solo una bozza, predisposta piu' che altro per accontentare le forze di sinistra che appoggiano il governo piuttosto che un reale progetto di legge da portare in Parlamento. Il nodo è sempre quello della costituzionalità.

 Il lavoro di Cottarelli prosegue di pari fianco a quello del Ministro del Welfare Enrico Giovannini che  come ha di recente ribadito punta ad introdurre forme di pensionamento flessibile. E'da diversi mesi che i tecnici del ministro del Lavoro stanno lavorando a questo intervento che potrebbe essere sottoposto alle parti sociali nelle prossime settimane. Un intervento che prevederebbe la possibilità di riconoscere con un anticipo di 2 o 3 anni la pensione maturata a soggetti rimasti senza impiego e senza ammortizzatore sociale a condizione che abbiano raggiunto 62 anni di età e 35 di contributi. I beneficiari dovrebbero restituire all'Inps l'anticipo con micro-prelievi sull'assegno, una volta scattati i requisiti ordinari di accesso.

Pubblico Impiego

Precari Pa, arriva lo stop della Corte Ue

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
I contratti flessibili nel pubblico impiego tornano nel mirino della Corte di Giustizia europea che, boccia la legislazione italiana in materia di precariato.

I giudici della Corte Europea si sono pronunciati su due casi che sono stati sollevati dalle giuridizioni italiane: un insegnante della banda municipale in contenzioso contro il Comune di Aosta; un dipendente temporaneo in controversia con Poste Italiane.

Nel primo caso, i giudici hanno accertato l'illegittimità della legislazione italiana in materia di precariato pubblico, sostenendo che l'Italia non riconosce e non garantisce ai lavoratori pubblici precari le tutele e le garanzie previste dal legislatore europeo. La norma bocciata è quella che limita il risarcimento del danno subito dal lavoratore in caso di utilizzo abusivo da parte dello stato di piu' contratti a tempo determinato. Il lavoratore - secondo la norma italiana - ha diritto al risarcimento del danno subito solo se riesce a provare che a causa dell'abuso del precariato da parte del datore di lavoro pubblico ha dovuto rinunciare a migliori opportunità di lavoro che avrebbe avuto sul mercato, e senza possibilità di trasformazione del lavoro precario in lavoro stabile.

I giudici della Corte hanno poi bocciato anche la sanzione introdotta dalla legge 183/2010 con effetti retroattivi sui processi in corso di Poste italiane. La Corte Ue, con la sentenza Carratù, ha sancito che la Direttiva comunitaria sul lavoro precario può essere applicata anche a Poste italiane, in quanto deve essere considerata una società statale e non un'impresa privata.

Secondo il Ministro della Funzione Pubblica Dalia "la sentenza della Corte di Giustizia europea sulla egislazione italiana in materia di precariato pubblico non giunge certo come una novità, visto che il governo nel frattempo è già intervenuto con il decreto 101, convertito in legge, che ha come obiettivo proprio il superamento definitivo del fenomeno del precariato. Da un lato - ha detto il ministro - abbiamo introdotto il principio secondo cui l'unico modo per accedere nella P.A. è a tempo indeterminato, se non per esigenze eccezionali e motivate, pena la nullità del contratto con sanzioni disciplinari ed economiche per il dirigente che viola questa norma. Dall'altro abbiamo previsto, nell'ambito dei posti e delle risorse finanziarie disponibili, un sistema di inserimento stabile e meritocratico nelle Pubbliche amministrazioni attraverso concorsi riservati per quei precari che da almeno tre anni negli ultimi cinque, con il loro lavoro, mandano avanti le amministrazioni".

Secondo Dalia per assorbire il precariato nella Pa nei prossimi tre anni saranno possibili concorsi dedicati al 50% a chi ha cumulato 3 anni di contratti negli ultimi 5. Le pubbliche amministrazioni possono poi sottoscrivere contratti a termine con vincitori o e idonei di graduatorie ancora valide e predisposte per assunzioni a tempo indeterminato. Il ricorso al lavoro flessibile viene consentito solo per esigenze eccezionali.

Pensioni

Pensioni d'oro, la Camera approva il monitoraggio

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
La Camera dei deputati impegna il Governo a monitorare gli effetti e l'efficacia delle nuove misure di solidarietà contro le pensioni d'oro.

La Camera dei Deputati ha formalmente impegnato il governo con una mozione votata dai partiti di maggioranza a verificare gli effetti e l'efficacia delle misure introdotte con la legge di stabilità 2014 sulle cosiddette pensioni d'oro. Si tratta di quei prelievi di solidarietà che scattano a partire da quest'anno e durano fino al 2016 pari al 6% per la quota dell'assegno superiore a 14 volte il minimo Inps (circa 90mila euro lordi/anno); del 12% per la quota dell'assegno superiore a 20 volte il minimo Inps (128mila euro/anno); e del 18% per le pensioni 30 volte superiori al minimo Inps (190mila euro/anno). Secondo i calcoli dell'Inps i soggetti interessati saranno circa 37mila per un gettito annuo pari a 40 milioni di euro lordi.

La mozione approvata impegna l'esecutivo a verificare gli esiti di questa misura e di quella che ha introdotto il divieto di cumulo tra pensione e stipendio percepito da un incarico pubblico sopra i 300mila euro lordi l'anno. Solo al termine della verifica il Governo potrà intervenire nuovamente sul questo fronte «nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale».

La mozione congiunta è stata firmata da Pd, Ndc e Scelta civica. Nella premessa, oltre al richiamo alla giurisprudenza della Consulta «sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo talune fonti di reddito», viene ribadita l'esigenza di nuovi interventi solidali «a carico di percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati».

La Camera dei deputati impegna il Governo a monitorare gli effetti e l'efficacia delle nuove misure di solidarietà introdotte con la legge di stabilità 2014 a carico delle cosiddette "pensioni d'oro".
La discussione sulle sette mozioni presentate da tutti i gruppi (esclusa Forza Italia) per avviare nuovi interventi sugli assegni Inps più pesanti s'è conclusa, ieri pomeriggio, con la condivisione da parte della maggioranza di una nuova mozione riformulata che, appunto, riparte da quanto è appena stato fatto. Un monitoraggio, dunque. Su quei prelievi di solidarietà che scattano da quest'anno fino al 2016 e che ammontano al 6% per la quota di assegno pensionistico che superi di 14 volte il minimo Inps (circa 90mila euro lordi/anno); del 12% per la quota di assegno pensionistico che superi di 20 volte il minimo Inps (128mila euro/anno); e del 18% per le pensioni 30 volte superiori al minimo Inps (190mila euro/anno). Le pensioni interessate, a regime, saranno oltre 37mila (su 23 milioni di pensioni attive). Il gettito atteso 41 milioni lordi l'anno.
Solo dagli esiti del monitoraggio su questa misura, e su quella gemella che ha introdotto il divieto di cumulo tra pensione e stipendio da incarico pubblico sopra i 300mila euro lordi l'anno, il Governo dovrà adottare nuovi interventi normativi «nel rispetto dei principi indicati dalla Corte costituzionale» in un'ottica di solidarietà interna al sistema.
La mozione congiunta è stata firmata da Pd, Ndc e Scelta civica. Nella premessa, oltre al richiamo alla giurisprudenza della Consulta «sfavorevole a forme di prelievo coattivo di ricchezza che vadano a colpire solo talune fonti di reddito», viene ricordata l'esigenza di nuovi interventi equitativi e di solidarietà «a carico di percettori di importi pensionistici ingiustificatamente elevati».
Respinte, invece, le mozioni delle minoranze, a partire da quelle di M5S e Fratelli d'Italia, che con formulazioni diverse proponevano l'introduzione di un tetto massimo sui trattamenti pensionistici oltre a differenti forme di prelievo. Sia un tetto ai vitalizi calcolati con metodo retributivo (5mila euro netti mensili) sia un tetto (8mila euro mensili) alla possibilità di cumulo tra più pensioni erogate con metodo retributivo veniva invece proposto dalla Lega, mentre Sel chiedeva «ulteriori aliquote impositive progressive» per tutti i redditi over 75mila euro/anno, compresi quelli che derivino da "pensioni d'oro". Mozioni che, ovviamente, sono state respinte dall'Aula.
La discussione sul tema delle "pensioni d'oro" è servita per fare emergere una più diffusa perplessità (negli interventi di Galli, Tinagli, Damiano e Pizzolante) su ipotesi di ricalcolo con metodo contributivo delle pensioni vigenti al fine di individuare eventuali soglie su cui intervenire con prelievi perequativi. Al di là delle difficoltà tecniche e dei vincoli costituzionali, è stato tra l'altro osservato, un'operazione di questo tipo potrebbe addirittura comportare effetti regressivi premiando le pensioni più alte, visto che il sistema retributivo già contiene un meccanismo solidaristico. Lo squilibrio, è stato fatto osservare, emergerebbe semmai sulle pensioni medie e medio-basse, quelle sulle quali, dopo un biennio di blocco delle indicizzazioni, è ben difficile immaginare nuovi interventi senza mettere nel conto un impatto negativo su redditi e consumi.

Altro...

Inps, verso il dimezzamento dei dirigenti generali

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
Secondo il Piano Industriale 2014-2016, a seguito delle incorporazioni di Inpdap ed Enpals lanciate con il "Salva Italia" ormai due anni fa, le strutture dirigenziali del "Super-Inps" saranno dimezzate. In programma anche una riarticolazione delle sedi territoriali.

Entro marzo, secondo quanto stabilito nella tabella di marcia stilata dopo il varo degli ultimi decreti ministeriali di attuazione, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini dovrebbe avere sul tavolo il piano di incorporazione dell'Inps-Inpdap. Un piano di riduzione della spesa piuttosto consistente secondo quanto filtra dalle prime anticipazioni del piano: la struttura di vertice proposta al Ministro del Lavoro prevede un Istituto dotato di soli 31 dirigenti generali (a fronte dei 56 attuali), il dimezzamento delle direzioni centrali che vengono portate a 15, la possibilità di istituire una centrale unica per gli acquisti per l'intero gruppo nonchè una vasta diminuzione delle sedi territoriali che dovranno ricalcare effettivamente i bisogni della popolazione sul territorio.

 Il "carrozzone" Inps impegna infatti quasi 33mila unità di cui oltre il 90% è collocato nelle sedi territoriali. Il piano prevede infatti che la maggior parte dei risparmi possa derivare da una riarticolazione di queste sedi. Secondo il presidente dell'Inps Antonio Mastrapasqua "la nuova mappa delle sedi dovrà essere georeferenziata rispetto alle esigenze economiche e territoriali. Anche in questo senso vogliamo adottare soluzioni che poi possono combinarsi funzionalmente con le articolazioni di altri enti come l'Agenzia delle entrate, Equitalia, l'Inail. Soprattutto questo piano industriale dovrà contenere un'attenta analisi dell'impatto sociale, per le "rilevanti e delicate ricadute sul sistema complessivo del Welfare, conseguenti a tale operazione di riassetto, con particolare riferimento alla qualità dei servizi da erogare all'utenza", uso le opportune parole del ministro Giovannini per segnalare l'importanza dell'occasione".

Per Mastrapasqua "l'occasione è unica. Ora siamo finalmente entrati nella fase più importante: la definizione degli obiettivi di riorganizzazione accompagnata da una pianificazione economico-finanziaria che avrà una programmazione sul prossimo triennio. "Da quest'anno - afferma Mastrapasqua - riusciremo a garantire i 515 milioni di minore spesa di funzionamento che erano stati previsti, un taglio che supera il 12% dell'insieme dei costi di gestione. Per portata credo si tratti di un'operazione senza precedenti nella Pa italiana e spero diventi un buon esempio di come anche nel pubblico c'è una grande capacità di gestione di grandi processi di trasformazione e razionalizzazione".

Intanto la recente legge di stabilità contiene la norma che consente l'azzeramento del "buco" pari ad oltre 25 miliardi di euro sul bilancio Inps derivanti dalle anticipazioni alla Ctps (la gestione dei trattamenti pensionistici dei dipendenti statali) dell'Inpdap. La mossa era stata piu' volte richiesta da Mastrapasqua: «Con 25,2 miliardi di trasferimenti su cui ora non viene più chiesta una restituzione dal parte dell'Economia credo che nel prossimo bilancio riusciremo a recuperare la perdite patrimoniali che avevamo stimato».

Ticket Licenziamenti 2014, sale il contributo per il nuovo anno

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014

L'Istat ha diffuso ieri l'indice nazionale dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati (FOI): nel 2013 in media l'indice subisce un aumento pari all'1,1 per cento. Il Foi, com'è noto, si riferisce ai consumi delle famiglie che fanno capo a un lavoratore dipendente (ad esclusione di quelli facenti parte del settore agricolo) ed è l'indice che viene utilizzato come base per l'adeguamento degli affitti o degli assegni di mantenimento (dovuti ad esempio al coniuge separato). Per il 2014 dunque tali valori, compresi i minimali, i massimali, i tetti retributivi dei lavoratori devono essere rivalutati dell'1,1%.

Da quest'anno inoltre il Foi verrà utilizzato anche per individuare il contributo, dovuto all'Inps (a finanziamento dell'Aspi), per la cessazione dei rapporti di lavoro a tempo indeterminato, introdotto dal 1° gennaio 2013 dalla legge 92/2012. Il suo ammontare è pari al 41% della soglia di riferimento utile al calcolo dell'Aspi che, per il 2013, era pari a 1.180 euro. Per il 2014 la cifra diventa pari a 1.192,98 euro e pertanto - applicando il 41% a tale importo - il contributo per la cessazione di un rapporto di lavoro riferito a 12 mesi, sarà pari a 489,12 euro (che diventano 978,24 euro per la cessazione di un rapporto di 24 mesi e 1467 euro per la cessazione di un rapporto di 36 mesi).

Mini-Imu, la scadenza resta confermata al 24 Gennaio

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
Il Ministero dell'Economia ribadisce che la cosiddetta mini-Imu sulla prima casa dovrà essere pagata entro il 24 Gennaio 2014.

Secondo il Ministero dell'Economia non ci sono spazi per una revisione dell'appuntamento del prossimo 24 Gennaio, data entro cui i contribuenti dovranno presentarsi alla cassa per pagare la parte dell'aliquota eccedente rispetto il 4 per mille previsto dai parametri standard del dl 201/2011. Chiamati all'adempimento sono circa 10 milioni di proprietari di prime case in quei 2.400 Comuni che hanno applicato una aliquota superiore al 4 per mille. Tra 2012 e 2013, infatti l'aliquota dell'Imu sull'abitazione principale è salita in 2.400 Comuni oltre il parametro del 4 per mille. E, dal momento che il Governo non è stato in grado di individuare i fondi per abolire tutta l'imposta, chi abita in una casa di proprietà in questi enti dovrà pagare all'erario il 40% della differenza fra l'imposta annuale prodotta dall'aliquota effettiva e quella determinata invece dai parametri standard.

Il Calcolo della Mini-Imu - Per presentarsi all'appuntamento senza fare errori bisogna prima di tutto determinare l’Imu teoricamente dovuta con l’aliquota decisa dal proprio Comune, applicando l’aliquota stessa alla rendita catastale moltiplicata per 160 e rivalutata del 5%, e sottraendo le detrazioni previste: quella base di 200 euro piu' 50 euro di maggiorazione per ogni figlio convivente con meno di 26 anni fino ad un massimo di 8. Poi è necessario ripetere l’operazione ma applicando questa volta il valore standard del 4 per mille. L’importo da versare allo stato è pari il 40 per cento della differenza tra questi due valori. Per il pagamento è possibile utilizzare il modello F24 da presentare a uno sportello bancario o postale oppure un comune bollettino postale. Si ricorda che se l’importo da versare risulta inferiore a 12 euro (soglia minima), l’imposta non è dovuta (art. 25, l.n. 289/2002).

Maggiorazione Tares - Sempre entro il 24 Gennaio deve essere versata la maggiorazione Tares, l'imposta una tantum pari a 30 centesimi al metro quadro che riguarda sia i proprietari sia gli inquilini, e che andava pagata entro il 16 dicembre scorso. Ora con la legge di stabilità sono stati riaperti i termini per il pagamento con la possibilità di adempiere entro il 24 gennaio senza sanzioni.

L'Inps resta con i conti in rosso

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
Il 2013 sarà un altro anno con il segno rosso per l'Inps. Dopo le perdite nella gestione finanziaria per 9,7 miliardi del 2012 anche il 2013 non si preannuncia di colore diverso.

Secondo l'ultimo progetto di assestamento del bilancio disposto nei giorni scorsi dal Comitato di indirizzo e di vigilanza dell'Inps, l'Istituto chiuderà il 2013 in profondo rosso con un passivo di oltre 11 miliardi (in rosso anche il conto economico per la cifra eccezionale di 14 miliardi). Si tratta di una previsione ancora peggiore di piu' di 2 miliardi di euro rispetto a quanto era stato contabilizzato l'anno scorso. 

A pesare in particolare resta sempre il bilancio dell'INPDAP, l'ente dissestato che gestisce le pensioni pubbliche, incorporato nell'INPS nel 2012 a seguito della manovra "Salva-Italia". Le cifre in questione rischiavano di far saltare i conti dell'Inps e per questo il governo è stato costretto a disporre con la legge di stabilità 2014 un "trasferimento" pari a 25 miliardi di euro per colmare l'impatto del deficit dell'Inpdap. Per cui in pratica sarà lo Stato, cioè i contribuenti, a colmare il disavanzo dell'Inps e il disastro delle pensioni pubbliche (l'Inpdap da sola porta all'Inps una perdita di 8 miliardi di euro con un deficit patrimoniale che supera i 26 miliardi di euro).

Ma a parte l'Inpdap sono tutte le gestioni previdenziali ed essere in crisi con l'unica eccezione dei lavoratori parasubordinati, professionisti, partite Iva e co.co.co. Ad esempio nel bilancio Inps 2013 pesa la gestione degli agricoltori che accumula una perdita di oltre 5 miliardi di euro, quella degli artigiani con una perdita di quasi 6 miliardi, quella che paga le pensioni ai dirigenti d'azienda (in rosso per quasi 4 miliardi di euro) e poi ancora i telefonici, il fondo trasporti, il fondo elettrici.

E a ben vedere si tratta di una perdita sistematica, non certo episodica, dovuta in gran parte al rallentamento del versamento di contributi di quelle categorie di lavoratori che attraversano la crisi, un aumento dell'evasione contributiva (sempre dovuta a fattori economici) e alla modalità di calcolo della pensione. Ancora oggi infatti gran parte degli assegni pensionistici risultano erogati sulla base di un sistema di calcolo retributivo (con pensioni il cui importo è equivalente al 70-80 per cento dell'ultimo stipendio percepito dal lavoratore). Gli effetti calmieranti del Dl 201/2011 ancora non si vedono.

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Esodati, per i licenziati la pensione sarà in pagamento dal 1° Settembre 2013

Redazione Mercoledì, 15 Gennaio 2014
L'Inps precisa che i 6.500 lavoratori salvaguardati ai sensi del Dl 102/2013 avranno la liquidazione della pensione dal 1° Settembre 2013 .

L'Inps, con il messaggio n. 522/2014, ha fornito precisazioni sugli esodati di cui al D.L. n.102/2013. Il Dl 102/2013, lo si ricorda, ha esteso la possibilità di mantenere le vecchie regole pensionistiche, tra l'altro, ad ulteriori 6.500 soggetti il cui rapporto di lavoro è cessato per effetto di licenziamento tra il 1° gennaio 2009 e il 31 dicembre 2011, pur se hanno svolto un'attività lavorativa non a tempo indeterminato, con un reddito annuo lordo non superiore a 7.500 euro e con decorrenza del trattamento pensionistico entro il 6 gennaio 2015.

Ora nel messaggio 522 l'ente previdenziale afferma che, su parere conforme del Ministero del lavoro e delle politiche sociali (nota prot. n. 29/0004827/P del 15.11.2013) per i lavoratori licenziati la data di decorrenza dei trattamenti pensionistici, liquidati in applicazione delle disposizioni della quarta salvaguardia, non può essere antecedente alla data di entrata in vigore del decreto legge n. 102 del 2013 (31 agosto 2013). In pratica dunque i soggetti in questione avranno in pagamento il primo assegno dal 1° Settembre 2013.

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