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Previdenza - Results from #2520

 

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Riforma Pensioni, Ugl: intavolare discussione seria dopo il 20 Febbraio

Redazione Venerdì, 06 Febbraio 2015

E’ da diverse settimane che il ministro Giuliano Poletti interviene sulla previdenza e non riusciamo a comprendere se si tratti di una ‘excusatio non petita’ o del vero desiderio di porre mano ad un riesame dell’ultima legislazione”. Kamsin E' quanto dichiara il dirigente confederale dell’Ugl, Nazzareno Mollicone, che commenta un post su Facebook del ministro del Lavoro e delle Politiche sociali, spiegando che “più di una volta è tornato sui problemi creati dalla legge Fornero, e questa intensità di dichiarazioni avviene stranamente dopo la bocciatura del referendum proposto proprio contro questa riforma delle pensioni”.

Nel mentre si stringono i tempi per i decreti attuativi del Jobs act: il 20 febbraio ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti arriverà in Consiglio dei ministri la normativa di revisione delle tipologie contrattuali, il cosiddetto «codice dei contratti» che dovrebbe prevedere il «superamento» delle collaborazioni, anche se l'obiettivo resta quello di ridurre la precarietà senza far aumentare il lavoro nero.

Secondo l'Ugl dopo questa data "si deve quindi intavolare una discussione seria sulla Riforma delle Pensioni. Ci auspichiamo che si apra finalmente un serio tavolo di confronto con le Parti Sociali per esaminare tutti i problemi della previdenza, che non sono solo quelli provocati dalla Fornero”.  L'occasione - secondo l'Ugl - sarà fornita con la presentazione del piano di Riforma della governance dell'Inps".

Del resto, in settimana la Commissione lavoro del Senato ha dato parere positivo alla nomina di Tito Boeri alla presidenza dell'Istituto e a questo punto si stringono i tempi per il passaggio di consegne con Tiziano Treu (manca solo il passaggio al Cdm e il decreto del nuovo presidente della Repubblica). Non è invece ancora sciolto il nodo del direttore generale. Il mandato dell'attuale direttore, Mauro Nori è scaduto a fine dicembre e al momento è in prorogatio fino al 15 febbraio. È probabile che arrivi una conferma con un clausola di scadenza al momento dell'approvazione della nuova governance.

seguifb

Zedde

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Pensioni, assegni piu' bassi nei primi mesi del 2015. Ecco perchè

Redazione Giovedì, 05 Febbraio 2015
E' l'effetto del meccanismo di rivalutazione delle pensioni che, nel 2014, ha avuto un effetto negativo dovuto al fatto che l'inflazione l'anno scorso è stata più bassa di quanto stimato.

Kamsin In attesa dei correttivi da apportare alla legge Fornero, così come ricordato di recente dal ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, è possibile fare il punto delle misure che interesseranno non solo chi è già in pensione ma anche chi è in procinto di andarci. Purtroppo gli effetti delle norme, alcune delle quali contenute nella legge di Stabilità, non sono tutti positivi.

Proprio in questi giorni, i pensionati hanno constatato che l'assegno di gennaio è più basso di quello di dicembre in virtù di una nuova trattenuta denominata «conguaglio pensione da rinnovo». Si tratta degli effetti automatici del meccanismo di rivalutazione delle pensioni che, nel 2014, ha avuto un effetto negativo dovuto al fatto che l'inflazione l'anno scorso è stata più bassa di quanto stimato. Mediamente, saranno "trattenuti" 12 euro per ogni mille euro di pensione. La trattenuta riguarderà i mesi di gennaio e febbraio mentre, da marzo, gli assegni torneranno di poco a crescere per effetto della rivalutazione provvisoria prevista per il 2015.

Per il triennio 2014-2016, è stato introdotto un diverso sistema di calcolo per rivalutare gli assegni previdenziali. Per il 2015, gli assegni fino a tre volte il minimo (1.502,64 euro) avranno un incremento dello 0,30%. Quelli compresi tra tre e quattro volte il minimo saranno rivalutati dello 0,285% mentre gli importi superiori fino a 2.504,4 euro subiranno un incremento dello 0,225%. Sarà invece dello 0,150% l'aumento per gli assegni tra i 2.504,40 e i 3.005,28 euro per poi scendere allo 0,135% per le pensioni oltre 6 volte il minimo.

La trattenuta Gli assegni di gennaio e febbraio, però, saranno colpiti dalla trattenuta generata dalla differenza emersa tra l'inflazione programmata e quella realmente calcolata a fine anno. I più colpiti saranno coloro che hanno una pensione superiore a 6 volte il minimo (61,88 euro annui) mentre la cifra scende a 6,50 euro per chi ha il trattamento minimo.

Stop penalizzazioni E' una delle novità introdotte dalla Stabilità approvata a dicembre. Per i lavoratori che accederanno alla pensione dal 1° gennaio 2015, e che matureranno i requisiti di anzianità contributiva la fine del 2017, sono bloccate le penalità nel caso in cui si lascia il lavoro con meno di 62 anni.

Le penalità bloccate sono dell'1 % per ogni anno di anticipo rispetto ai 62 anni e del 2% per ogni ulteriore anno di anticipo rispetto ai 60. Resta, invece, ancora da comprendere se gli assegni già decurtati potranno essere "depenalizzati" a partire dal 1° gennaio 2015 su apposita domanda del pensionato. Sul punto si attende un chiarimento da parte dell'Inps entro Marzo.

Contributo di solidarietà Anche per quest'anno, e fino al 2016, resterà in vigore il cosiddetto "contributo di solidarietà" sulle pensioni alte. Per quanto riguarda le pensioni che vanno da 7.003 a 10.047 euro, il prelievo sarà del 6%. Sale al 12%, invece, per tutti gli assegni inseriti nella fascia 10.047-15.071 mentre si arriva fino al 18% per tutte le pensioni superiori ai 15.071 euro.

Incremento dei requisiti di accesso alla pensione. Lo scorso 30 dicembre, è stato pubblicato in Gazzetta ufficiale il decreto che porta in avanti di ulteriori quattro mesi le speranze di vita media. Questo inciderà, a partire dal 2016, con l'età che bisognerà raggiungere per ottenere il trattamento pensionistico. Dall'anno prossimo, per le pensioni anticipate saranno necessari 42 anni e dieci mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne, mentre per quelle di vecchiaia saranno necessari 66 anni e 7 mesi di età.

seguifb

Zedde

A cura di Paolo Ferri, Acli Italiane

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Riforma Pensioni, Cgil: ripristinare l'uscita a 60 anni o con 40 anni di contributi

Redazione Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Il sindacato della Cgil che rappresenta i lavoratori del comparto della scuola e del pubblico impiego presenta 5 punti al Governo per riformare la Legge Fornero.

Kamsin "La riforma Fornero ha profondamente modificato il nostro sistema previdenziale intervenendo su procedure e diritti che si ritenevano consolidati e mettendo a dura prova le legittime aspettative e progetti che dopo una vita di lavoro si pensa di poter realizzare". E' quanto si legge in una nota diffusa dalla FLC Cgil, il ramo del sindacato guidato dalla Camusso che rappresenta i lavoratori della scuola e del pubblico impiego.

"L’età di accesso alla pensione - ricordano dal sindacato - si è “allungata” per contenere il costo della previdenza pubblica, impedendo così ai giovani l’ingresso nel mercato del lavoro in una età utile per maturare un adeguato assegno pensionistico".

Il sindacato mette dunque all'ordine del giorno almeno 5 punti per rivedere la legge Fornero. In primis c'è il ripristino della flessibilità in uscita, con un minimo di 60 anni di età, cioè il sostanziale ritorno alla vecchia pensione di anzianità, cancellata dal 2012 dalla legge Fornero. La misura è accompagnata dal ripristino dell'uscita con 40 anni di contributi, sia per uomini che per donne, indipendentemente dall'età anagrafica sempre come prevedeva la vecchia normativa.

In terzo luogo il sindacato chiede l'abolizione dell'aggancio dei requisiti per la pensione alla speranza di vita, un innalzamento "ingiusto e punitivo" che già dal 2016 porterà un incremento di 4 mesi di tutti i requisiti di accesso alla prestazioni a carico dell'AGO.

Fari accesi ancora sulla questione dei quota 96 della scuola per i quali "è necessaria una doverosa soluzione". La vicenda riguarda i lavoratori della scuola che hanno maturato il diritto al pensionamento con i vecchi requisiti nell’agosto del 2012. "La politica a tutt’oggi - sottolineano dal sindacato - non vuole dare risposta ai loro appelli, non per un motivo economico (ormai il loro numero è ampiamente scemato), ma perché non si vuole aprire un varco in una legge ingiusta che ha colpito i diritti di molte categorie di lavoratori, in spregio delle norme legislative e contrattuali".

La nota sindacale chiede, infine, di "introdurre sistemi di tutela che salvaguardino gli importi pensionistici delle vite lavorative discontinue e con scarsa contribuzione" con un chiaro riferimento all'innalzamento delle pensioni minime e all'estensione dell'integrazione al trattamento minimo anche delle prestazioni erogate con il sistema contributivo. 

seguifb

Zedde

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Riforma Pensioni, quattro progetti per pensioni piu' flessibili nel 2015

Eleonora Accorsi Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Poletti ha indicato di voler avviare una riflessione sulla Riforma Fornero. Nel mirino soprattutto la necessità di introdurre degli strumenti flessibili di accompagnamento al pensionamento.

Kamsin Una riflessione sulla Riforma Fornero dopo il Jobs Act. E' questa l'unica promessa del Governo, per voce del Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, fatta alle parti sociali questa settimana. Con l'obiettivo di smussare le principali storture del Dl 201/2011, in primis quello di consentire un anticipo dell'età pensionabile per quei lavoratori che sono rimasti senza lavoro, senza indennità di disoccupazione e con il traguardo della pensione ancora molto lontano.

Il Governo non ha stabilito nessuna direzione precisa ma "la questione è posta", ha sottolineato il ministro del Lavoro ricordando che va affrontato soprattutto il problema di quanti hanno perso il lavoro, stanno per finire la copertura degli ammortizzatoti sociali, ma ancora non hanno maturato i diritti per andare in pensione. Subito dopo aver varato i decreti attuativi del Jobs Act (il limite è quello del 20 febbraio per i primi due decreti, gli altri saranno adottati entro la primavera) l'attenzione del governo si punterà dunque su quello che Poletti definisce «lo strumento flessibile» per uscire dalla trappola della legge Fornero. Ma sino ad allora non ci sarà alcuna novità garantisce Poletti.

Le ipotesi. Sul tavolo ce ne sono molte, forse troppe. Si va dall'opzione contributiva, al prestito pensionistico, alla staffetta generazionale (il lavoratore più anziano avrebbe un contratto part-time ma gli stessi contributi), all'introduzione della quota 100.

Nel primo caso si estenderebbe a tutti l'opzione valida per le donne valida a fine anno: probabilmente sarà rivisto il requisito anagrafico (che potrebbe passare da 57 anni e 3 mesi a 62 anni e 3 mesi e 35 di contributi) ma con il ricalcolo dell'assegno con il sistema interamente contributivo.

Poi ci sono le proposte del Pd (sostenute, anche se con qualche variante dagli gruppi politici di opposizione): quella dei pensionamenti flessibili con 62 anni e 35 di contributi e penalizzazione (per esempio del 2%) sulla quota di pensione calcolata con il retributivo per ogni anno di anticipo; e la quota 100, un'uscita anticipata per chi raggiunge il valore 100 determinato dalla somma di anzianità contributiva ed anagrafica abbinando un'anzianità contributiva minima di 35 anni e anagrafica minima di 60 anni (costo da 2,5 miliardi nel 2015 fino a 11,4 nel 2030). 

Da menzionare anche il cd. «prestito previdenziale» su cui aveva lavorato anche il predecessore di Poletti, Enrico Giovannini. Lo strumento concede al lavoratore la possibilità di percepire un assegno temporaneo fino al perfezionamento del diritto alla pensione di vecchiaia con successiva restituzione da parte del pensionato della somma complessivamente anticipata tramite micro-prelievi sull'assegno Inps. Il costo varia a secondo delle variabili proposte, a partire dalla durata dell'eventuale fase di sperimentazione ma le simulazioni realizzate dal ministero del lavoro rivelano che il «prestito previdenziale» rappresenta la soluzione di flessibilità in uscita meno onerosa in assoluto per le finanze pubbliche.

L'importo dell'assegno anticipato sarebbe di 760-800 euro (1,7 volte l'assegno sociale). L'indennità verrebbe corrisposta a coloro a cui mancano pochi anni alla maturazione del diritto a pensione con le regole Fornero, che non sarebbero ritoccate.

Qualche giorno fa il consigliere economico di Renzi, Gutgeld, spiegava in una intervista che con il nostro sistema, «ormai contributivo, se pensiono anticipatamente un lavoratore con un trattamento inferiore a quello che gli spetterebbe, sto solo anticipando una spesa che recupererò dopo, con un rimborso a rate». In sostanza, la Ue non dovrebbe fare obiezioni ad una eventuale modifica della Legge Fornero del 2011.

Sindacati sul piede di guerra. Scettici i sindacati che chiedono fatti e non parole. "E' da mesi - ricorda una nota della Cgil - che si parla di cambiare la legge Fornero ma non ci sono progetti concreti: solo fumo e niente arrosto. Non c'è un progetto ufficiale del governo, è disarmante. Tutto questo la dice lunga sulla volontà di metter mano al capitolo pensioni mentre i lavoratori sono stremati ed esausti". Cgil, Cisl e Uil hanno comunque avviato una piattaforma per un confronto unitario che parte dalla richiesta del ripristino delle quote e della pensione con 40, massimo 41 anni, di contributi sia per uomini e donne.

seguifb

Zedde

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Esodati, pronta una interrogazione Pd per la sesta salvaguardia

Redazione Mercoledì, 04 Febbraio 2015
Pronta una interrogazione parlamentare promossa da alcuni deputati del Pd al Ministro del Lavoro per comprendere le motivazioni del rigetto delle domande di accesso alla sesta salvaguardia da parte della DTL di Milano.

Kamsin Sarà protocollata nei prossimi giorni l'interrogazione in Commissione al Ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, promossa dai deputati Cinzia Fontana e Maria Luisa Gnecchi (Pd) relativa al rigetto delle domande di ammissione alla sesta salvaguardia da parte della Direzione Territoriale del Lavoro di Milano. Ne ha dato notizia, ieri, la sede regionale del Pd. Il problema riguarderebbe quei lavoratori che, in quanto percettori dell'indennità di mobilità, si sono visti respingere dalla DTL le domande di ammissione alla salvaguardia. 

L'interrogazione. Al Ministro del lavoro e delle politiche sociali. - Per sapere, premesso che:
La legge n. 147/2014, recante "Modifiche alla disciplina dei requisiti per la fruizione delle deroghe riguardanti l'accesso al trattamento pensionistico" (cosiddetta "sesta salvaguardia"), prevede le condizioni necessarie affinché alle categorie di lavoratori nello stesso riportate, che maturano i requisiti per il pensionamento successivamente al 31 dicembre 2011, continuino ad applicarsi le disposizioni in materia di requisiti di accesso e di regime delle decorrenze vigenti prima della data di entrata in vigore dell'art. 24 del decreto-legge n. 201/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 214/2011;

In particolare, l'art. 2, comma 1, lett. b), c) e d) della legge n. 147/2014 prolunga di un anno il termine entro il quale debbano esser perfezionati i requisiti per l'accesso al trattamento pensionistico da parte di categorie di lavoratori già previsti nei precedenti provvedimenti di salvaguardia, confermando di fatto i criteri e le procedure ivi disciplinati;
La Direzione Territoriale del Lavoro (DTL) di Milano, in contrasto con il dettato e lo spirito della legge istitutiva della legge n. 147/2014 e difformemente da altre DTL presenti sul territorio nazionale, ha deciso di considerare non riconducibili ai criteri di ammissibilità alla "sesta salvaguardia" i soggetti il cui rapporto di lavoro si sia risolto “in ragione di accordi individuali sottoscritti anche ai sensi degli articoli 410, 411 e 412-ter del codice di procedura civile, ovvero in applicazione di accordi collettivi di incentivi all'esodo stipulati dalle organizzazioni comparativamente più rappresentative a livello nazionale”, inviando a questi ex lavoratori, che hanno presentato domanda di ammissione secondo i criteri previsti dall'art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, un "preavviso di diniego" alle domande da essi formulate;
le domande presentate con riferimento ai precedenti provvedimenti di salvaguardia, riconducibili a pari posizioni e pari requisiti di quelli previsti dall’art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, sono state regolarmente accolte, anche dalla stessa DTL di Milano;
se codesto Ministero non ritenga necessario intervenire con la massima urgenza per dare indicazioni precise e chiare alla DTL di Milano, al fine di superare una situazione di esclusione e di profonda iniquità nei confronti dei lavoratori rientranti nella fattispecie prevista dall’art. 2, comma 1, lett. c) della legge n. 147/2014, e considerato che altre DTL hanno già deciso l’accoglimento delle istanze presentate per “pari posizioni”.

Seguifb

Zedde

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Esodati, ristretto il campo di applicazione della seconda salvaguardia

Rossini V Martedì, 03 Febbraio 2015
La legge 147/2014 restringe i requisiti per accedere alla seconda salvaguardia per i lavoratori in mobilità: il rapporto di lavoro deve cessare entro il 30 dicembre 2016.

Kamsin Come noto un passaggio della legge 147/2014 ha recuperato 20 mila posizioni nell'ambito dei lavoratori nel profilo "mobilità" destinatari della seconda salvaguardia (articolo 22, comma 1, lettera a) del decreto legge 95/2012 convertito con legge 135/2012) "in considerazione del loro limitato utilizzo". L'intervento ha finanziato in pratica oltre la metà dei 32.100 posti assegnati con la sesta salvaguardia.

Nel far questo la legge 147/2014 ha, tuttavia mutato, con una stretta, le condizioni di accesso alla seconda salvaguardia per il profilo in parola inserendo una specifica data entro cui il rapporto di lavoro deve cessare (31 dicembre 2014 o 30 dicembre 2016), vincolo che in origine era escluso.

La Formulazione originaria. Nella formulazione originaria del Dl 95/2012 la salvaguardia poteva essere concessa a 40mila lavoratori per i quali le imprese avessero stipulato, in sede governativa, entro il 31 dicembre 2011, accordi intesi alla gestione delle eccedenze occupazionali, con impiego di ammortizzatori sociali, ancorché alla data del 4 dicembre 2011 gli stessi lavoratori ancora non risultassero cessati dall'attività lavorativa e collocati in mobilità; era richiesta, inoltre, la condizione che essi maturassero i requisiti per il pensionamento entro il periodo di fruizione dell'indennità di mobilità.

La modifica. Per effetto della modifica operata sull'articolo 22, comma 1, lettera a) del Dl 95/2012 dalla legge 147/2014 la salvaguardia potrà essere concessa, nei limiti ora di 20mila unità (rispetto ai 40mila originari), ai lavoratori per i quali le imprese abbiano stipulato in sede governativa entro il 31 dicembre 2011 accordi finalizzati alla gestione delle eccedenze occupazionali con utilizzo di ammortizzatori sociali che rispettino una delle seguenti condizioni:

a) Lavoratori che siano già percettori al 6 novembre 2014, ovvero, entro i quindici giorni successivi a detta data (cioè 21 novembre 2014), del trattamento di cassa integrazione guadagni straordinaria ai sensi dell’articolo 1 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e il cui rapporto di lavoro cessi – senza soluzione di continuità con il predetto trattamento di cigs -  entro il 30 dicembre 2016 per il collocamento in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni. I predetti lavoratori dovranno essere presenti negli elenchi inviati all’Inps dal Ministero del Lavoro e delle politiche sociali ai sensi del decreto del 8 ottobre 2012 del predetto Ministero;

b) lavoratori che siano cessati dall’attività lavorativa entro il 31 dicembre 2014 e collocati in mobilità ai sensi degli articoli 4 e 24 della legge 23 luglio 1991, n. 223, e successive modificazioni e i cui nominativi siano stati comunicati entro il 31 dicembre 2014 al Ministero del lavoro e delle politiche sociali secondo le modalità di cui al decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali 8 ottobre 2012.

In entrambi i casi resta fermo che i lavoratori devono perfezionare i requisiti pensionistici entro il periodo di fruizione dell’indennità di mobilità ai sensi dell’art. 7, commi 1 e 2, della legge n. 223 del 1991.

La legge ha, pertanto, precisato le condizioni oggettive per accedere al profilo di tutela in questione. Se la disciplina originaria richiedeva, genericamente, solo il perfezionamento di un diritto a pensione entro il termine della fruizione dell'indennità di mobilità a nulla rilevando il termine del rapporto di lavoro, ora, con la modifica viene richiesto o che tali soggetti siano cessati dall'attività lavorativa entro il 31.12.2014 oppure che siano titolari di un trattamento salariale in deroga (cioè la cigs), e che cessino il rapporto di lavoro entro il 30.12.2016 per il collocamento in mobilità. Gli accordi validi, per il profilo in questione, restano sempre solo quelli stipulati presso la sede governativa e i lavoratori devono comunque maturare un diritto a pensione entro il termine dell'indennità di mobilità.

seguifb

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