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Cassa Integrazione e mobilità, il Governo sblocca i fondi per coprire il 2014
Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere gli arretrati del 2014. Nei prossimi giorni l'incontro con le regioni per definire le modalità di riparto.
Kamsin Per la cassa e mobilità in deroga il Governo stanzierà tra i 480 e i 500 milioni per coprire l'arretrato del 2014. A giorni verrà emanato il decreto con le risorse attese da decine di migliaia di lavoratori, secondo quanto ha annunciato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, nell'incontro che con le Regioni che lamentavano di avere le domande ferme a causa del blocco dei finanziamenti e hanno sollecitato certezze per assicurare la copertura del 2015. Con i nuovi fondi sarà possibile chiudere il 2014 poiché le Regioni Calabria, Sicilia e Sardegna provvederanno a coprire il proprio fabbisogno attraverso la riprogrammazione dei fondi comunitari, attingendo a proprie risorse.
«Poletti ci ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto il 2015 spiega l'assessore Gianfranco Simoncini, coordinatore del Lavoro per la Conferenza delle Regioni. «Abbiamo offerto al Governo - spiega Simoncini - tutta la nostra collaborazione per la soluzione dei problemi sia relativi alla cassa integrazione che per i centri dell'impiego, al fine di seguire un percorso comune che superi le gravi situazioni presenti». Nei prossimi giorni si svolgeranno incontri ravvicinati bilaterali tra le Regioni e il ministero del lavoro per la puntuale definizione del riparto.
Coperture per il 2015. L'assessore Simoncini, a nome delle Regioni, ha chiesto che insieme al decreto per il 2014 venga emanato il decreto che attribuisce le risorse per il 2015. «Il Ministro Poletti ha assicurato che nel bilancio dello Stato ci sono le risorse per coprire tutto l'anno. Ragione in più per far presto. Questo decreto, quindi, permetterebbe alle Regioni di cominciare ad autorizzare la Cig a quelle aziende che ne hanno fatto richiesta dall'inizio dell'anno. Il Ministro si è riservato di dare una risposta in merito, pur ritenendo ragionevole la richiesta da parte delle Regioni».
Centri per l'impiego. Per quanto riguarda invece la riorganizzazione dei Centri per l'impiego, l'incontro è servito per ribadire la fortissima preoccupazione per il loro futuro e per mettere in rilievo l'emergenza nella quale si trovano quasi tutte le Province. «I servizi per il lavoro - afferma Simoncini - si trovano oggi in una situazione di limbo, grazie al combinato disposto della riforma delle Province e del Jobs act. Molte Province denunciano il rischio che, nelle prossime settimane, possano trovarsi nella impossibilità di pagare gli stipendi ai dipendenti, con il conseguente blocco delle attività di questi servizi, fondamentali per il lavoro e per il sostegno all'occupazione». La Conferenza delle Regioni ha consegnato al Ministro un'ipotesi di riordino dei servizi per il lavoro che pun ti sia ad un rafforzamento del livello centrale di coordinamento delle politiche del lavoro, sia al mantenimento a livello territoriale di questi servizi. Il ministro ha fatto le sue valutazioni e l'incontro si è concluso con l'attivazione di un tavolo di confronto ravvicinato per arrivare a una ipotesi di proposta condivisa da presentare a Governo e Conferenza delle Regioni.
Nei prossimi giorni si terranno incontri bilaterali tra le Regioni e il ministero del Lavoro per la definizione del riparto.
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Zedde
Riforma Pensioni, Lamonica (Cgil): Poletti ancora non ci ha convocato
Per il segretario confederale Vera Lamonica occorre introdurre meccanismi di flessibilità in un sistema rigido e iniquo in cui l'innalzamento dell'età pensionabile, destinato a crescere progressivamente, ha raggiunto soglie insostenibili
Kamsin "Nonostante i reiterati annunci, non ci è ancora arrivata la convocazione del ministro Poletti per discutere di previdenza. Ribadiamo la necessità di aprire il prima possibile un tavolo per cambiare in modo radicale la legge Fornero". Con queste parole la segretaria confederale della Cgil Vera Lamonica, intervenendo all'iniziativa dello Spi Cgil 'Pensieri e Pensioni', è tornata a chiedere un incontro al governo, come fatto più volte nelle ultime settimane, anche con Cisl e Uil.
"Non si può più aspettare, occorre introdurre meccanismi di flessibilità in un sistema rigido e iniquo – continua Lamonica – in cui l'innalzamento dell'età pensionabile, destinato a crescere progressivamente con l'aumento delle aspettative di vita, ha portato al raggiungimento di soglie insostenibili. Soglie che vanno abbassate modificando i requisiti di accesso alla pensione".
La dirigente sindacale precisa che "la flessibilità non può però essere barattata con ulteriori penalizzazioni: il sistema contributivo comporta già una riduzione dell'assegno in caso di pensionamento anticipato, e ulteriori tagli non sarebbero ammissibili". "Un intervento è doveroso anche in nome della giustizia sociale", sostiene Lamonica, che spiega come l'innalzamento dell'età pensionabile si abbatta "su tutti i lavoratori e su tutte lavoratrici, indipendentemente dagli impieghi svolti". "È inaccettabile: i lavori non sono tutti uguali e non si può chiedere a chi ha un'occupazione usurante o comunque gravosa, di lavorare fino a 67 anni.Così come non è possibile non tener conto dei lavoratori precoci".
Infine, per la segretaria confederale della Cgil "mettere mano alla legge Fornero è necessario anche per il futuro dei giovani". Infatti "ad essere maggiormente penalizzati dalle norme introdotte dal governo Monti, oltre alle donne, sono coloro che a causa della dilagante precarietà hanno carriere e storie contributive discontinue". "Se oggi vivono una condizione occupazionale di incertezza e di bassi salari - sottolinea - rischiano domani di diventare pensionati poveri, un danno enorme per il futuro del Paese".
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Zedde
Aspi 2015, l'assegno è compatibile con i redditi da lavoro
L'indennità di disoccupazione si può cumulare con il nuovo reddito di lavoro dipendente se non supera gli 8 mila euro annui.
Kamsin Cumulabilità piu' ampia dei trattamenti Aspi con i redditi da lavoro. L'indennità di disoccupazione, infatti, si potrà cumulare, anche se solo in parte, con il nuovo reddito di lavoro dipendente se questo non è superiore al reddito annuale minimo personale escluso da imposizione fiscale (cioè 8 mila euro annui). Lo ha precisato l'Inps con il messaggio 2028/2015.
La novità deriva dalla disciplina sul riconoscimento dello status di disoccupazione di cui all'art. 4, comma 1 lett. a) del dlgs n. 181/2000. La norma, che dispone la «conservazione dello stato di disoccupazione a seguito di svolgimento di attività lavorativa tale da assicurare un reddito annuale non superiore al reddito minimo personale escluso da imposizione», è stata prima abrogata dalla legge n. 92/2012 (riforma Fornero che ha pure introdotto l'Aspi e miniAspi) e poi reintrodotta dal dl n. 76/2013 convertito dalla legge n. 99/2013.
Pertanto oggi tale status si conserva anche in caso di rioccupazione con lavoro dipendente, a patto che non si consegua un reddito oltre gli 8mila euro annui (in caso di lavoro autonomo o collaborazione il limite di reddito è di 4.800 euro annui).
Le Ipotesi che danno luogo al cumulo dell'Aspi con i redditi da lavoro
Con la reintroduzione del requisito reddituale, spiega l'Inps, si potranno verificare le seguenti nuove ipotesi:
- 1) rioccupazione per un periodo pari o inferiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8 mila euro: scatta la sospensione dell'Aspi (cioè fino sei mesi);
- 2) rioccupazione per un periodo superiore a sei mesi con reddito annuo oltre 8mila euro: scatta la decadenza dall'Aspi (per perdita dello stato di disoccupazione);
- 3) rioccupazione per un periodo inferiore, pari o superiore a sei mesi ma con reddito annuo inferiore a 8 mila euro: l'Aspi viene erogata in misura ridotta (il lavoratore, quindi, «cumula» Aspi e nuovo reddito).
In tale circostanza, però, ai fini del cumulo, il lavoratore è tenuto a comunicare all'Inps, entro un mese dall'inizio del nuovo rapporto dipendente, il reddito annuo che prevede di guadagnare. In caso di mancata comunicazione se il nuovo rapporto di lavoro è di durata pari o inferiore a sei mesi scatta la sospensione dell'Aspi; se il nuovo rapporto di lavoro è di durata superiore a sei mesi o è a tempo indeterminato scatta invece la decadenza. Inoltre l'assegno Aspi sarà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito, con conguaglio d'ufficio in sede di dichiarazione dei redditi.
Ad esempio se un lavoratore percepisce un'indennità Aspi di 800 euro al mese e trova un contratto a tempo determinato da cui ottiene un reddito mensile di 600 euro per 6 mesi manterrà il diritto all'Aspi in quanto il reddito conseguito resterà comunque al di sotto del limite di 8mila euro annui (600 x 6 = 3.600 euro annui). L'assegno Aspi, però, non sarà erogato in forma piena ma verrà ridotto di un importo pari all'80% del nuovo reddito. In pratica l'assegno Aspi risulterà pari a 320 euro al mese [800 euro - (600 x 0,80)] e potrà integrare il reddito conseguito dalle attività lavorative.
Le predette indicazioni trovano applicazione anche in relazione alla mini-Aspi, tenendo però conto dei diversi tempi di sospensione (cinque giorni e non sei mesi). La stessa disciplina regolerà, inoltre, la Naspi, il nuovo ammortizzatore universale che, a partire dagli eventi di disoccupazione intervenuti dal 1° maggio 2015, prenderà il posto dell'attuale Aspi e Mini-Aspi.
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Zedde
Tempo Indeterminato, è boom di contratti grazie agli sgravi e al taglio Irap
Il Presidente dell'Inps conferma: gli sgravi contributivi introdotti dalla legge di stabilità stanno aiutando la crescita del tempo indeterminato.
Kamsin Il dato sulle nuove assunzioni a tempo indeterminato, anticipati ieri dal Ministro del Lavoro Giuliano Poletti e dal presidente dell'Inps Tito Boeri, conferma una crescita a doppia cifra. Nei primi due mesi del 2015 sono infatti 79 mila i contratti attivati, il 38,4% in più rispetto ai primi due mesi del 2014.
Un segnale che è stato subito ribadito dal premier Matteo Renzi come la conferma che l'Italia sta ripartendo. «E' solo l'inizio. Ci hanno detto di tutto in questi mesi, ma noi stiamo dando diritti a chi non ne ha mai avuti». La crescita a doppia cifra è quella degli assunti a tempo indeterminato che, nel solo mese di gennaio, sono cresciuti del 32,5% su base annua mentre per i giovani tra i 15 e i 29 anni i contratti stabili sono aumentati del 43,1%. La Cgia di Mestre ha ricordato ieri che la legge di stabilità 2015 prevede la creazione di 1 milione di nuovi contratti incentivati grazie alla decontribuzione triennale per i nuovi assunti.
I fattori chiave
Del resto sono molti i fattori che stanno contribuendo a invertire un ciclo economico fino a poche settimane fa disastroso. I più importanti sono esterni all'azione del governo e passano dall'immissione di liquidità monetaria della Banca centrale europea (quantitative easing) che sta facendo ripartire il credito e dall'allentamento del rigore sul debito pubblico da parte della
Commissione europea. A questo si aggiunge la riduzione del costo del petrolio e il miglior cambio euro-dollaro che favorisce le esportazioni. Detto questo, però, sarebbe un vero errore negare che almeno due azioni del Governo stanno contribuendo alla ripartenza dell'economia.
Oltre agli 80 euro al mese, l'intervento piu' significativo è la decontribuzione Inps per tre anni introdotta dalla Legge di Stabilità 2015 per chi assume a tempo indeterminato. Una norma, tuttavia, che durerà sino a fine anno salvo non si mettano nuovi denari con la prossima finanziaria. E non la sola molla. La possibilità appena diventata concreta di assumere con le regole del Jobs Act dovrebbe spingere molte altre imprese ad alimentare questo trend e fare nuovi investimenti. Ma anche il taglio sull'imponibile Irap della componente lavoro sta facendo la sua parte.
Poletti: non siamo in grado di chiarire se sono tutti contratti "nuovi"
Il dato ufficiale, comunque, è di quasi 80 mila posti di lavoro a tempo indeterminato nei primi due mesi, anche se i dati non chiariscono in che misura si tratti di contratti che stabilizzano rapporti precari (co.co.pro., partite Iva e contratti a tempo) e in che misura invece siano posti di lavoro nuovi, nati sull'onda dei tagli contributivi e fiscali. «Non siamo in grado di dire se questi contratti siano aggiuntivi o di conversione», ha detto Poletti.
Garanzia Giovani: aumentano gli iscritti
Ad andar bene è anche il piano Garanzia Giovani. Sono 476 mila i giovani, infatti, che si sono iscritti al programma europeo di avviamento al lavoro: di questi 234 mila «sono stati presi in carico dalle istituzioni» (i corsi sono gestiti dalle Regioni) mentre altri «49 mila hanno già avuto un'opportunità tra stage, servizio civile, tirocinio, lavoro o formazione», con un boom a febbraio del 43% di nuovi ingressi. I dati sono stati illustrati ieri dal ministro Paletti: «Se prosegue questo ritmo, entro dicembre si iscriveranno 800 mila giovani a fronte di risorse disponibili per 560 mila persone. La discussione è come troveremo i soldi per tutti», ha precisato il ministro.
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Imu agricola, in Gazzetta l'esenzione per i terreni montani
E' stata pubblicata in Gazzetta la legge 19/2015 che sposta al 31 marzo il termine per saldare l'Imu sui terreni montani relativa all'anno 2014. Confermate le regole di esenzione per i terreni totalmente montani.
Kamsin E' stata pubblicata in Gazzetta la legge 19/2015 che converte il decreto legge 4/2015 in materia di esenzione imu per i terreni montani. Con la definitiva entrata in vigore del provvedimento i contribuenti che devono ancora versare l’Imu 2014 sui terreni avranno tempo sino al 31 marzo per effettuare il pagamento del tributo, la cui scadenza era fissata lo scorso 10 febbraio, senza incappare in sanzioni e interessi.
Per quanto riguarda il versamento, ricordiamo innanzitutto chi è tenuto a presentarsi alla cassa. Al riguardo, il provvedimento ha abbandonato il criterio altimetrico introdotto dal dm 28 novembre 2014, che aveva suddiviso i comuni in tre fasce (fino a 280 metri, fra 281 e 600 metri e oltre i 600 metri) in base all’altitudine del centro. Il nuovo regime, invece, modula le esenzioni a seconda che gli enti siano riconosciuti come totalmente o parzialmente montani, tassando sempre e comunque i terreni ubicati in municipi non montani. Per capire quale caso si rientra occorre accedere al sito dell’Istat e verificare il codice riportato nella colonna «R» rubricata «comune montano», che potrà essere «T» (totalmente montano), «P» (parzialmente montano), «NM» (non montano).
Nel primo caso (comuni totalmente montani), l’Imu non è dovuta (e, se versata nel 2014, può essere chiesta a rimborso). Nel secondo caso (comuni parzialmente montani), sono esenti solo i terreni afferenti a coltivatori diretti e imprenditori agricoli professionali iscritti alla previdenza agri- cola (Iap). L’esenzione spetta anche nel caso di concessione degli stessi terreni in comodato o in affitto ad altri coltivatori diretti e Iap, purché il concedente abbia egli stesso la medesima qualifica. Nel terzo caso (comuni non montani), tutti i terreni sono assoggettati al prelievo.
Per il 2014, tuttavia, restano valide tutte le esenzioni previste dal dm di novembre, anche se non confermate dal provvedimento successivo. Quindi non devono versare l’Imu 2014: a) i terreni agricoli (anche non coltivati) ubicati i comuni con altitudine superiore a 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); b) i terreni agricoli (anche non coltivati) posseduti e condotti dai coltivatori diretti e dagli imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat); c) i terreni agricoli (anche non coltivati) concessi in comodato o in affitto a coltivatori diretti e a imprenditori agricoli professionali ubicati i comuni con altitudine tra 281 e 600 metri (anche se non inclusi nell’elenco Istat).
Le regole per la determinazione dell'imposta. Non sono invece mutate le regole per la determinazione di quanto si deve pagare. La base imponibile si ottiene applicando all’ammontare del reddito dominicale risultante in catasto, vigente al 1° gennaio dell’anno di imposizione, rivalutato del 25%, un moltiplicatore pari a 130, che scende a 75 per i coltivatori diretti e gli Iap. A favore di questi ultimi, inoltre, è prevista una franchigia di 6 mila euro e una riduzione per scaglioni sull’eccedenza fino a 32 mila euro. Quanto all’aliquota, infine, per il 2014 si applica quella «di base» stabilita dalla legge (7,6 per mille), salvo che l’ente non abbia approvato una specifica aliquota per i terreni. La stessa aliquota dovrà essere utilizzata per calcolare l’acconto 2015, mentre per il saldo si dovrà tenere conto delle eventuali decisioni assunte dai sindaci nei prossimi mesi.
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Pensione anticipata, Poletti: la penalizzazione resta per gli assegni già liquidati
Il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti conferma che gli assegni liquidati ante 2015 restano soggetti a vita al meccanismo della riduzione in assenza di ulteriori coperture.
Kamsin Qualora si vogliano eliminare le penalizzazioni sugli assegni anticipati liquidati prima del 1° gennaio 2015 il Parlamento dovrà individuare ulteriori risorse finanziarie. E' quanto ha indicato il Ministro del Lavoro Giuliano Poletti ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei deputati in risposta ad un'interrogazione sollevata dai deputati Fedriga e Prataviera (Ln). Niente da fare dunque per i 25mila pensionati che sono usciti tra il maggio 2013 ed il dicembre 2014 con la massima anzianità contributiva: la loro vicenda si potrà risolvere solo con un ulteriore intervento normativo che recuperi nuove risorse
La Vicenda. Com'è noto la Riforma Fornero, nell'ottica di un contenimento della spesa previdenziale, ha introdotto una penalizzazione per quei soggetti che accedono alla pensione anticipata ad un'età inferiore a 62 anni. Tale penalizzazione, in particolare, si sostanzia in una riduzione del trattamento pensionistico percepito, da applicarsi sulla quota relativa all'anzianità contributiva maturata al 31 dicembre 2011.
Successivamente, l'articolo 6, comma 2-quater, del decreto-legge n. 216 del 2011 ha stabilito che la predetta penalizzazione non trova applicazione nei confronti di quei soggetti che maturano il previsto requisito contributivo per il diritto alla pensione anticipata entro il 31 dicembre 2017, qualora l'anzianità contributiva ivi prevista derivi esclusivamente da prestazione effettiva di lavoro (piu' alcuni limitati e tassativi periodi di contribuzione figurativa). Da ultimo, l'articolo 1, comma 113, della legge n. 190 del 2014 ha stabilito che – sui trattamenti pensionistici decorrenti dal 1° gennaio 2015 – le penalizzazioni anzidette non trovano applicazione per quei soggetti che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017.
Poletti ricorda che ragioni di compatibilità finanziaria "hanno circoscritto gli effetti del predetto intervento normativo ai soli trattamenti pensionistici decorrenti dal 1o gennaio 2015; qualora, infatti, tale intervento avesse avuto effetti retroattivi, gli oneri finanziari sarebbero stati notevolmente più elevati. Pertanto, laddove si decidesse di effettuare un intervento normativo volto a estendere retroattivamente l'efficacia della norma in esame, o anche solo a sospendere le penalizzazioni per il triennio 2015-2017 nei riguardi di coloro che hanno avuto accesso al pensionamento anticipato entro il 31 dicembre 2014, ne conseguirebbero maggiori oneri per la finanza pubblica in relazione ai quali dovrebbe essere reperita la necessaria copertura finanziaria".
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Riforma Pensioni, Caregiver in pensione a 60 anni. Sel presenta il ddl
Il Gruppo Sel presenta una proposta di legge alla Camera per tutelare i lavoratori che assistono da oltre dieci anni familiari disabili con oltre il 100% di invalidità.
Kamsin Introdurre, per il triennio 2015-2017, in via sperimentale la possibilità di accedere alla pensione con 60 anni e 20 anni di contributi per i lavoratori sia del settore privato che del settore pubblico che si sono dedicati ad assistere in via continuativa un familiare disabile al 100% per almeno dieci anni. E' quanto prevede il ddl 2918 (vai al testo del disegno di legge) a firma dei deputati Melilla e Nicchi di Sinistra Ecologia e Libertà depositato ieri in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati.
Tra gli obiettivi del ddl c'è l'introduzione di un'apposita tutela previdenziale per quei lavoratori che si prendono cura 24 ore su 24 di un familiare gravemente disabile, i cosiddetti caregiver, una figura che - fanno notare i firmatari - non è adeguatamente ricompensata e riconosciuta nonostante rappresenti un tassello fondamentale nel tessuto sociale dell'intera comunità. Del resto - ricordano da Sel - oltre agli oneri psicologici di chi sostiene l'onere della cura di un disabile, si aggiunge, molto spesso, anche la difficoltà economica derivante dall'esigenza di dover provvedere con propri mezzi alla copertura della spesa per l'aiuto di persone esterne al nucleo familiare, laddove i servizi socio-assistenziali non riescono a coprire in toto le pressanti esigenze richieste dal caso specifico. Per i motivi esposti - concludono i promotori del provvedimento - non è pertanto più eludibile introdurre nel nostro sistema giuridico alcune nuove disposizioni che consentano il pensionamento anticipato per coloro che assistono familiari gravemente disabili, aventi cioè una invalidità non inferiore al 100 per cento, con necessità, quindi, di assistenza continua poiché non in grado di compiere i normali atti quotidiani della vita.
Nel ddl si precisa, inoltre, che il diritto al pensionamento anticipato può essere goduto da un solo familiare (coniuge, persona stabilmente convivente, genitore, fratello, sorella o figlio) che abbia convissuto con la persona per almeno dieci anni per ciascuna persona disabile presente all'interno del nucleo familiare. Il beneficio, inoltre, sarebbe riconosciuto a condizione che il familiare disabile non sia stato ricoverato a tempo pieno in modo continuativo in un istituto specializzato, nei dieci anni, ovvero non risulti stabilmente ricoverato a tempo pieno, alla data di entrata in vigore della presente disposizione, in un istituto specializzato. Le coperture, pari a circa 750 milioni di euro sino al 2023, sono individuate ricorrendo ad un aumento dell'accisa su birra, prodotti alcolici intermedi e alcool etilico.
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Riforma Pensioni, tre risoluzioni per riformare la Gestione Separata
La Gnecchi sottolinea come sia indispensabile un "intervento strutturale sulla Gestione Separata che riconduca il livello contributivo di questi lavoratori a quanto previsto per la generalità dei lavoratori autonomi".
Kamsin Allineare le aliquote contributive della Gestione Separata a quelle vigenti nelle gestione artigiani e commerciati; eliminare la doppia contribuzione nella Fondazione Enasarco per gli agenti di commercio; rivedere le tutele riguardanti la malattia, la maternità e politiche di sostegno al reddito; salvaguardare la contribuzione già versata alla gestione separata INPS in caso di conversione dei contratti atipici in contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti.
Sono questi i contenuti di tre risoluzioni che intendono impegnare il Governo a tutelare maggiormente il lavoro autonomo discusse ieri presso la Commissione Lavoro della Camera dei Deputati. Le risoluzioni, che sono state depositate dal M5S, dal Partito Democratico e dalla Lega nord, saranno la base per l'adozione di un testo unificato che sarà poi votato dalla Commissione.
Particolarmente duro il giudizio sulla normativa attuale accusata dalla Commissione di penalizzare chi intraprende un'attività di lavoro autonomo. "Negli ultimi due decenni - ha osservato la Gnecchi - in conseguenza delle profonde trasformazioni che hanno caratterizzato il sistema produttivo italiano, la composizione della forza lavoro ha vissuto una radicale mutazione, con un peso sempre più significativo dei lavoratori che svolgono la loro attività in forma autonoma. Sussistono però - ricordano dalla Commissione - ancora troppe differenze tra le tutele previste per i lavoratori dipendenti e quelle per i lavoratori autonomi, nonostante vi sia stato qualche miglioramento negli ultimi anni".
Tre sono gli interventi richiesti quindi al Governo. In primis una modifica strutturale che riconduca il livello contributivo dei professionisti senza cassa, iscritti alla gestione separata, a quanto previsto per la generalità dei lavoratori autonomi. Aliquote dunque piu' basse allineate intorno al 23-24% contro il 27% attualmente previsto. In secondo luogo la Commissione chiede che in caso di patologie gravi e di conseguente sospensione dell'attività sia rivisto l'obbligo del versare acconti e saldi di imposte e contributi sulla base di imponibili che la patologia non permette oggettivamente di produrre: la richiesta è almeno di consentire, in situazioni di conclamata e prolungata impossibilità di produrre reddito, la rateizzazione dei tributi dovuti.
Nei testi delle risoluzioni viene anche formulato l'invito al Governo a prevedere opportune misure che salvaguardino la contribuzione già versata alla gestione separata INPS in caso di conversione dei contratti atipici in contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti e alla soluzione della doppia contribuzione obbligatoria dovuta dagli agenti di commercio alla Fondazione/cassa Enasarco: secondo i deputati si tratta di un unicum nel panorama previdenziale italiano ormai anacronistico e assolutamente insostenibile per i giovani lavoratori che si affacciano alla professione.
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Riforma Pa, Ok alla stretta sulle assenze degli statali. Si tratta sui segretari comunali
E' stato approvato l'emendamento che affida all'Inps il controllo sulle assenze dei pubblici dipendenti. Via libera anche alla riforma della responsabilità disciplinare dei dipendenti pubblici.
Kamsin Ok al passaggio delle visite fiscali dalle Asl all'Inps per garantire maggiore efficienza dei controlli. E' stato approvato dalla Commissione Affari Costituzionali del Senato l'emendamento del relatore Giorgio Pagliari (Pd) 13.500 che attribuisce al Governo la delega per riorganizzare "le funzioni in materia di accertamento medico-legale sulle assenze dal servizio per malattia dei dipendenti pubblici, al fine di garantire l'effettività del controllo, con attribuzione della relativa competenza all'Istituto Nazionale della Previdenza Sociale".
Con l'emendamento passa anche la delega al Governo per la semplificazione delle norme in materia di valutazione dei dipendenti pubblici, di riconoscimento del merito e di premialità, nonché dei relativi soggetti e delle relative procedure. In particolare si prevede l'introduzione di norme in materia di responsabilità disciplinare "finalizzate ad accelerare, rendere concreto e certo nei tempi di espletamento e di conclusione l'esercizio dell'azione disciplinare".
Disabili: maggiori tutele per il rispetto delle quote di riserva
Passa anche un emendamento presentato dai Senatori Morra e Maturani (13.43) per garantire una piu' efficace adempimento degli obblighi di inserimento al lavoro di persone con disabilità come disposte dalla legge 68/1999 (le cd. quote di riserva). Si prevede in particolare la nomina, da parte delle pubbliche amministrazioni con più di 200 dipendenti, di un responsabile dei processi di inserimento dei disabili e l'obbligo di trasmissione annuale da parte delle pubbliche amministrazioni ai Ministeri della semplificazione e della pubblica amministrazione e del lavoro e delle politiche sociali oltre che al Centro per l'impiego territorialmente competente, della comunicazione relativa alle scoperture di posti riservati ai lavoratori disabili, e successiva dichiarazione relativa a tempi e modalità di copertura della quota di riserva prevista dalla normativa vigente.
Concorsi: valorizzati anche coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile
Nelle procedure concorsuali pubbliche saranno previsti, poi, meccanismi di "valutazione finalizzati a valorizzare l'esperienza professionale acquisita da coloro che hanno avuto rapporti di lavoro flessibile con le amministrazioni pubbliche, con esclusione, in ogni caso, dei servizi prestati presso uffici di diretta collaborazione degli organi politici e ferma restando, comunque, la garanzia di un adeguato accesso dall'esterno".
Sempre sui i concorsi passa un emendamento che prevede "la predisposizione di strumenti volti a garantire l'effettiva segretezza dei temi d'esame fino allo svolgimento delle relative prove, di misure di pubblicità sui temi di concorso e di forme di preselezione dei componenti delle commissioni".
Segretari Comunali: Pagliari conferma l'abolizione
Partita rinviata invece sulla riforma della dirigenza e sui segretari comunali. Il relatore, pur essendo disponibile ad approvare alcune modifiche, ha comunque confermato la volontà di abolire la figura attribuendo a un dirigente il compito di controllo della legalità dell'azione amministrativa e prevedendo che coloro attualmente iscritti all'albo nazionale dei segretari comunali siano inseriti nelle fasce professionali A e B del ruolo unico della dirigenza degli enti locali. Verrebbe previsto, inoltre, l'obbligo per gli enti locali di nominare comunque un dirigente apicale con compiti di attuazione dell'indirizzo politico, coordinamento dell'attività amministrativa e controllo della legalità dell'azione amministrativa. Nel caso dei comuni di minori dimensioni, la funzione di direzione apicale dovrà essere svolta in forma associata. Inoltre, in sede di prima applicazione del decreto attuativo, e per un periodo non superiore a tre anni, l'incarico dovrà essere conferito ai segretari comunali già iscritti nel relativo albo, senza nuovi oneri per la finanza pubblica.
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Zedde
Lavoro a progetto, a rischio le stabilizzazioni. Per il Mef non ci sono i soldi
Secondo il Mef non ci sono le coperture per garantire l'assorbimento nell'alveo del lavoro subordinato delle collaborazioni a progetto a partire dal 1° gennaio 2016.
Kamsin Il decreto legislativo sul riordino dei contratti varato lo scorso 20 febbraio dal Consiglio dei ministri all'interno del Jobs Act potrebbe essere rivisto. I tecnici di Palazzo Chigi del Ministero del Lavoro stanno infatti approfondendo taluni aspetti legati alla norma (articolo 48 del decreto) che incentiva la trasformazione delle collaborazioni a progetto in contratti a tempo indeterminato in vista del superamento di questa forma contrattuale.
Secondo gli esperti si teme una rapida erosione degli 1,8 miliardi di euro messi sul piatto dalla legge di stabilità per finanziare la trasformazione dei contratti precari in assunzioni stabili, a tempo indeterminato. La legge di stabilità, infatti, riconosce uno sgravio contributivo triennale per chi assume a tempo indeterminato lavoratori precari nel corso del 2015. Ma non solo. Al Mef fanno presente anche che una volta assunti stabilmente a tempo indeterminato questi lavoratori usciranno per sempre dalla gestione separata e non verseranno quindi le "ricche" aliquote nella gestione (che com'è noto chiede il 27,72%). Ciò metterebbe a rischio i conti stessi del Fondo dei parasubordinati che attualmente costituisce una delle poche gestioni in positivo dell'Inps. Insomma un doppio effetto negativo per le casse dello stato che da un lato si troverebbero il venir meno della contribuzione nella gestione dedicata ai collaboratori a progetto e dall'altro dovrebbe coprire i contributi per almeno tre anni in favore degli stabilizzati nel 2015.
Secondo quanto si apprende da fonti di stampa i tecnici del MEF suggeriscono in particolare due correttivi al decreto legislativo che ancora non è stato trasmesso alle Commissioni Lavoro di Camera e Senato per l'acquisizione dei relativi pareri. Il primo riguarda l'esclusione espressa dalla stabilizzazione delle forme di collaborazioni continuative a progetto nel pubblico impiego, si tratterebbe di circa 20-25 mila contratti. L'altro correttivo potrebbe comportare l'esclusione dalla stabilizzazione per quanti risultano iscritti alla gestione separata non via esclusiva per non perdere il gettito di tale gestione.
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