
Lavoro
Pensioni, per le lavoratrici assegni del 30% piu' bassi degli uomini
Donne penalizzate nel mondo del lavoro e, quindi, anche nel trattamento pensionistico. In media i loro assegni sono del 30% inferiori a quelli degli uomini, con una media di oltre 1.500 euro al mese per gli ex lavoratori e di poco più di 1.000 euro per le ex lavoratrici. Secondo i dati forniti dal Cnel nel corso di un'audizione in Commissione Lavoro della Camera questa settimana, la situazione delle donne nel welfare italiano è di sostanziale svantaggio. Nel mondo del lavoro la disoccupazione è per le donne più alta rispetto agli uomini, e - nonostante la maggiore tenuta dell'occupazione femminile negli anni della crisi - la quota di donne occupate in Italia rimane sempre molto inferiore alla media Ue. L'insieme dei servizi alla famiglia (cura della prole, assistenza agli anziani, ecc.) continua inoltre ad essere erogato essenzialmente da donne, sottraendole al circuito lavoro-produzione di reddito-fruizione di trattamento pensionistico.
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Rimborsi Pensioni, Troppi gli esclusi e restituzioni irrisorie. In arrivo nuovi ricorsi
«Se il decreto è questo oltre un milione di pensionati sarà lasciato al proprio destino. Dovremo proseguire con nuovi ricorsi in tribunale» ha commentato ieri il presidente della Cida, Bartolini (Cida). «La perequazione non è un privilegio, ma un diritto di tutti i pensionati italiani. Daremo battaglia»
Kamsin Le prime reazioni al decreto legge del Governo sulla rivalutazione delle pensioni bloccate dall'indicizzazione sono sostanzialmente negative. Il provvedimento lascia scontenti un pò tutti a partire da coloro che hanno un assegno superiore a 3mila euro lordi che non vedranno neanche un euro, sia coloro che rientrano nel bonus messo sul piatto dal Governo. Anche a chi ha un assegno più modesto l'idea di chiuderla con 500 euro una tantum piace poco perchè il Governo riconoscerà loro, al massimo, un 20-25% di quanto lasciato sul terreno in questi anni.
E così sono pronti ad una nuova sfida nelle aule dei tribunali non solo manager, medici, bancari e tutte le associazioni che tutelano i pensionati più ricchi, ma anche quelle dei consumatori, e Cgil, Cisl e Uil. Sul piede di guerra per intercettare consensi anche i partiti d'opposizione a partire dalla Lega Nord di Matteo Salvini che minaccia il ricorso alla Corte Ue dei Diritti dell'uomo, passando per Fratelli d'Italia che preannuncia una «class action», e poi Forza Italia e M5S. Piu' prudenti i giudizi della minoranza dem: “Le prime misure varate dal Consiglio dei ministri su indicizzazione delle pensioni e risorse aggiuntive per la cassa integrazione in deroga nel 2015 vanno nella giusta direzione” ha indicato Cesare Damiano, presidente della Commissione Lavoro della Camera. La scelta di restituire come priorita’ l’indicizzazione alle pensioni medio-basse e’ quanto noi chiedevamo. Il tetto di 3.200 euro lordi mensili rappresenta una misura congrua, cosi’ come e’ logico avere una restituzione differenziata: 750 euro a chi ne percepisce 1.700 e circa 280 per i pensionati con un assegno mensile di 2.700 euro. Si tratta di una logica di equita’”. “Quello che si tratta di capire e’ come funzionera’, a regime, il meccanismo di indicizzazione. Questo punto e’ ancora poco chiaro”. Secondo Damiano un intervento limitato a 2miliardi consentirà di rimettere mano alla Riforma Fornero.
In ogni caso, la battaglia legale per il mancato pieno adeguamento delle pensioni dovrà ripartire da zero. Il ministro dell'Economia, Pier Carlo Padoan, che forse la teme, ieri è stato chiaro: «I ricorsi dovranno tenere conto che il quadro è cambiato». Non appena il decreto verrà pubblicato in Gazzetta, la pronuncia della Corte sul decreto Monti non avrà più efficacia, ammette Riccardo Troiano, il legale che per conto di Federmanager ha vinto alla Consulta quello che sembra solo il primo tempo della partita.
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Riforma Pensioni, Poletti: favorevoli a staffetta generazionale
Nelle prossime settimane l'obiettivo del governo sarà rimettere mano alla legge Fornero per introdurre meccanismi di flessibilità nell'uscita dal mondo del lavoro. Le misure saranno discusse da Giugno con buone probabilità di entrare nella legge di stabilità per il 2016. Kamsin Lo ha spiegato il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, in un'intervista a Repubblica. "Io ritengo che nella legge Fornero - ha detto Poletti - ci sia un elemento di rigidità strutturale che in fondo non è nemmeno utile. Nel nostro Paese ci sono persone che vorrebbero andare prima in pensione sapendo che questa scelta potrà richiedere loro un sacrificio".
"Abbiamo due tipologie di situazioni: ci sono coloro che perdono il lavoro in età matura e in questo caso la situazione diventa acuta dal punto di vista sociale; poi ci sono coloro che per ragioni personali, magari d`intesa con l`azienda per cui lavorano, vorrebbero lasciare prima il posto. In questo secondo caso non c`è lo stesso problema sociale. Per venire incontro a entrambi dobbiamo trovare una strada che permetta di non scaricare i costi sulle casse pubbliche ma consenta una flessibilità in uscita con una penalizzazione dell`assegno futuro".
Quanto a un eventuale contributo nei nuovi meccanismi da parte delle aziende, il ministro ha chiarito: "È una questione che si porrà. Ci sono molte imprese che ci chiedono di favorire il ricambio generazionale, attraverso una sorta di staffetta giovani - anziani. Tra gli obiettivi che ci siamo posti c`è quello di favorire, per questa via, l`ingresso di più giovani nel mercato del lavoro".
Sulla questione dei rimborsi per il mancato adeguamento all'inflazione dell'assegno ai pensionati, rivendica "non è vero che ci siamo fatti uno sconto. Ci siamo assunti la responsabilità di decidere e di non fare giochetti. Abbiamo detto con chiarezza quello che si poteva fare nel contesto dato. Lo abbiamo fatto nel rispetto della sentenza della Corte costituzionale e nelle compatibilità economiche possibili".
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Delega Pa, Madia: i dirigenti pubblici potranno essere licenziati solo per demerito
Il Ministro Madia precisa che la licenziabilità del dirigente sarà subordinata ad una precisa cattiva valutazione. Non sarà sufficiente restare senza incarico.
Kamsin Rimanere senza incarico non comporterà necessariamente la decadenza dal ruolo unico dei dirigenti. E quindi il licenziamento. Lo ha precisato il ministro della Pubblica amministrazione, Marianna Madia, intervenendo in Commissione Affari Costituzionali alla Camera sull'avvio dell'iter in seconda lettura del ddl di riforma della pubblica amministrazione. Per diventare licenziabili «dovrà esserci stata una cattiva valutazione, un demerito» ha spiegato la Madia che ha anche aggiunto come l'obiettivo del Governo fosse quello di chiarire il punto «nel decreto attuativo ma se ci sarà bisogno potremo anche precisarlo alla Camera».
Il Ministro precisa che «non si esce dal ruolo perché magari si arriva secondi a un interpello. Non basta non essere stati selezionati ma occorre anche avere una valutazione negativa rispetto agli incarichi precedentemente svolti». Il ministro ha anche evidenziato che in seguito sarà meglio definito cosa si intende per cattiva valutazione.
Quindi nel passaggio alla Camera potrebbe essere specificato il meccanismo da cui dipende la licenziabilità del dirigente pubblico, intervenendo sul testo attuale della delega che per ora parla solo di decadenza dal ruolo unico a seguito di un determinato periodo di collocamento in disponibilità.
Del resto il piatto forte della delega sulla Pa è proprio quello della Riforma della dirigenza pubblica. In futuro tutti i canali per accedere a queste posizioni saranno accentrati a livello centrale con un corso-concorso o con un concorso; in entrambi i casi si potrà accedere solo con la laurea magistrale e l'esito delle procedure non darà vita alle graduatorie di idonei. I vincitori entreranno nei ruoli unici e saranno chiamati dalle amministrazioni statali, regionali e locali per un periodo di tre anni, rinnovabili per una volta. Viene inoltre imposto un tetto agli stipendi, lo stop agli automatismi di carriera e la responsabilità piena delle scelte gestionali adottate.
Quanto alle riserve mosse dai tecnici di Montecitorio sul rischio di precarizzazione della dirigenza a causa della mancanza di un termine minimo per la durata degli incarichi, Madia ha risposto: «la precarizzazione non la vedo nella durata degli incarichi», aggiungendo come la puntualizzazione sulla licenziabilità possa anche rassicurare da questi timori.
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Tempo Indeterminato, il bonus contributivo fa decollare i contratti stabili. A marzo +115mila
Dal confronto con il 2014 le assunzioni a tempo indeterminato sono cresciute del 24,1% sul primo trimestre 2014. Il bonus contributivo utilizzato tra gennaio e marzo ha raggiunto quota 155 milioni di euro.
Kamsin Crescono i contratti a tempo indeterminato nei primi mesi del 2015. Lo segnalano i dati pubblicati dall'Osservatorio Inps sul precariato. Il combinato disposto tra sgravi fiscali e Jobs Act cominciano a produrre effetti: nel primo trimestre 2015 —rispetto allo stesso periodo dello scorso anno — sono stati creati 49.972 nuovi posti di lavoro. Un'occupazione stimolata soprattutto grazie allo sgravio contributivo introdotto con la legge di Stabilità che ha concesso l'esonero dal pagamento dei contributi per i primi tre anni (fino a 8.060 euro). I dati Inps indicano certificano anche il calo dei contratti a termine (-32.117 contratti) e delle assunzioni di apprendisti (-9.188). Una sequenza di cifre che spinge il governo all'ottimismo, ma sulle quali la parte sindacale non reputa soddisfacente «I dati ci dicono che la strada da percorrere è ancora lunga — ha commentato il premier Renzi - ma la macchina finalmente è ripartita: dopo cinque anni di crollo costante tornano a crescere gli occupati».
Sul fronte sindacale, infatti, per Serena Sorrentino (Cgil)«non ci troviamo di fronte ad una vera svolta, ma a un grande regalo alle imprese e a meno diritti per i lavoratori». Mentre per Gigi Petteni (Cisl) «i dati Inps ci fanno dire che bisogna fare qualcosa di concreto anche nel 2016 stabilizzando gli incentivi e la decontribuzione affinché queste tipologie contrattuali continuino a crescere». Scettico anche il leader della Uil Carmelo Barbagallo: «Nelle oscillazioni continue di cifre è il giorno dell'ottimismo. Sei dati fossero confermati dall'Istat, anche noi saremmo contenti, ma questo percorso è stato costruito con una riduzione delle tutele». Ribatte alle accuse mosse dai sindacati, il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti: «Fino a sei mesi fa la precarietà era un dramma sociale che andava combattuto. Adesso se trasformi 100mila contratti da precari a stabili non conta niente. Continuo a pensare che portare 100mila giovani ad avere un contratto stabile e a tempo indeterminato sia una gran bella cosa».
«Il fatto positivo — ha commentato Tito Boeri, presidente dell'istituto — è che il lavoro tende ad essere più stabile che in passato. Ma per sapere se l'occupazione aumenta o meno bisognerà aspettare i dati Istat di inizio giugno». L'Inps ricorda infatti che le sue rilevazioni riguardano solo l'occupazione da lavoro dipendente, non da lavoro autonomo né da irregolare. Il dato fornito, quindi, può sembrare in contraddizione con quello Istat (a marzo 70.000 occupati in meno rispetto a marzo 2014): in realtà si tratta di informazioni differenti, dato che quello dell'Istituto di statistica è a campione e riguarda tutto l'universo del lavoro, compreso quello autonomo e irregolare.
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Parasubordinati, i nuovi importi delle indennità di malattia
Per malattia e degenza ospedaliera nel corso del 2015 aumentano le prestazioni a vantaggio di chi è nella gestione separata.
Kamsin L'Inps, con una recente circolare, ha comunicato i nuovi importi dell'indennità giornaliera per gli eventi di malattia verificatisi nel 2015. I lavoratori iscritti alla Gestione separata nei casi di malattia di durata non inferiore ai 4 giorni hanno diritto a un'indennità giornaliera erogata dall'Inps. Destinatari della tutela sono i lavoratori a progetto e categorie assimilate (collaboratori coordinati e continuativi e occasionali), non iscritti ad altre forme previdenziali e non titolari di pensione.
Dal 2012 la prestazione è stata estesa anche ai liberi professionisti iscritti alla Gestione separata. Per ottenere l'indennità è necessario: a) far valere almeno 3 mesi di contributi accreditati nella Gestione separata nei 12 mesi precedenti l'inizio della malattia; b) aver conseguito, nell'anno solare precedente la malattia, un reddito non superiore a un determinato limite (€ 70.086,10 nel 2014).
L'importo giornaliero dell'indennità non è fisso, ma varia in base al numero delle mensilità di contribuzione accreditate nei 12 mesi precedenti. La domanda per il pagamento dell'indennità va presentata all'Inps entro un anno dal termine della malattia.
In caso di ricovero, agli iscritti alla Gestione separata è riconosciuta, in aggiunta all'indennità di malattia, anche un'indennità di degenza. Questa prestazione spetta ai collaboratori, ai liberi professionisti e agli associati in partecipazione.
L'indennità giornaliera è corrisposta alle stesse condizioni previste per l'indennità di malattia ed è pari al doppio dell'importo di quest'ultima. Il periodo indennizzato è pari al numero dei giorni di ricovero, nel limite di 180 giorni per anno solare. Il termine di presentazione della domanda è di 6 mesi dalla data di dimissione ospedaliera.
Per l'indennità di malattia giornaliera si ha diritto a 10,99 euro se nei 12 mesi precedenti l'evento risultano accreditati da 3 a 4 mesi di contribuzione; si sale a 16,49 euro se i mesi con contributi sono da 5 a 8, per arrivare a 21,99 euro se le mensilità sono da 9 a 12. In caso di degenza ospedaliera, invece, l'indennità va da un minimo di 21,99 euro (con accrediti contributivi da 3 a 4 mesi), a 32,98 (accrediti per 5-8 mesi), fino a un massimo di 43,98 euro (da 9 a 12 mesi).
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A cura di Paolo Ferri - Patronato Acli