Pensioni
Esodati, tre le ipotesi sul tavolo di Poletti
Tre progetti per risolvere in maniera strutturale il problema degli esodati. Ma il nodo resta sempre quello delle risorse.
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La bagarre sugli esodati prosegue. Dopo la richiesta di avviare un tavolo di confronto tra Ministero del Lavoro, Economia ed Inps per definire il numero dei potenziali interessati, vediamo di fare il punto sulle ipotesi attualmente in pista per una soluzione strutturale al problema.
La prima sul tavolo è quella di approvare una nuova deroga, la sesta salvaguardia, partendo dalla proposta unificata licenziata dalla Commissione Lavoro della Camera lo scorso mese di marzo. L'ipotesi ha il pregio di non modificare l'impianto della Riforma del 2011 che sta portando molti benefici per le Casse dello stato, ma ha comunque un costo elevato su cui è difficile un'intesa politica.
La proposta unificata inoltre limita i benefici solo in favore di talune categorie di soggetti con precisi vincoli e paletti come è accaduto con le precedenti operazioni di salvaguardia; secondo i sindacati la proposta non ha quel carattere universale che consentirebbe di risolvere in maniera strutturale il problema di tutti coloro che si trovano senza lavoro e senza pensione.
Ad esempio fuori dalla tutela rimarrebbero i cd. "esodandi" cioè coloro che hanno lasciato il posto di lavoro dal 2012 in poi che si troverebbero soggetti alle nuove regole di pensionamento.
Le ipotesi dei pensionamenti flessibili
La seconda ipotesi è quella dello scivolo a 62 anni ed è stata rispolverata nei giorni scorsi da Poletti. E' l'idea di consentire di andare in pensione ai lavoratori bloccati in mezzo al guado dalla riforma Fornero attraverso una modifica alla riforma previdenziale del 2011 con l'introduzione di un requisito anagrafico minimo (pari a 62 anni) ed un minimo di 35 anni di contributi.
Un'ipotesi, contenuta nel progetto di legge 857 presentato da Damiano, che tuttavia prevederebbe delle decurtazioni sull'assegno tanto piu' il lavoratore anticipi l'uscita. "Si tratterebbe però di tornare ai prepensionamenti con oneri miliardari per le casse dell'Inps", ha spiegato Giuliano Cazzola, esperto di previdenza ed ex vicepresidente della Commissione Lavoro che boccia categoricamente la possibilità di procedere in tal senso.
Infine sul tavolo c'è l'opzione targata Giovannini che in realtà è una variante del progetto appena esposto. L'ex ministro del Lavoro stava lavorando al progetto del "prestito pensionistico" che prevederebbe la possibilità di riconoscere con un anticipo di 2 o 3 anni la pensione maturata a lavoratori rimasti senza impiego e senza ammortizzatore sociale con almeno 62 anni di età e 35 di contributi.
Una sorta di "prestito previdenziale" su cui il Governo Letta non riuscì a indicare i dettagli, che verrebbe incontro a persone e a imprese (come quelle di minori dimensioni) che attualmente non possono utilizzare gli strumenti previsti in materia dalla legislazione vigente.
Un'ipotesi strutturale con minori costi per lo stato (dato che il prestito sarebbe poi recuperato sulla pensione con un decurtazione entro il 10%) che inoltre avrebbe il pregio di non modificare le regole pensionistiche attualmente esistenti. Lo strumento sarebbe pertanto una ulteriore possibilità per anticipare la pensione a cui si accederebbe su base volontaria, con il possibile coinvolgimento delle imprese, come già avviene nei casi previsti dalla legge per le aziende di maggiori dimensioni.
Sempre sulle pensioni, Renzi ha prospettato di aumentare nel 2015 gli assegni sotto 1000 euro: un intervento che dovrebbe ricalcare la manovra Irpef in arrivo a maggio. Ma anche in questo caso c'e un problema di costi perche circa il 40% del pensionati (7-8 milioni di persone) ha un assegno basso, sotto i mille euro: servirebbero quindi almeno altri 5 miliardi per il bonus anche a loro.
Pensioni, necessario un intervento per risolvere le storture della Riforma del 2011
Passate le Elezioni Europee del 25 Maggio, il premier Renzi e la maggioranza saranno costretti ad un intervento di riordino sulla previdenza.
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Una volta terminate le elezioni europee di Maggio, per centrare i vincoli di bilancio concordati con Bruxelles, il governo dovrebbe essere costretto ad un intervento sul settore previdenziale in grado di eliminare almeno i privilegi più costosi e ingiusti di alcune categorie, che nella Prima e Seconda Repubblica hanno ottenuto di poter incassare «pensioni d’oro» in cambio di contributi più bassi rispetto a quelli previsti per la generalità dei lavoratori Inps.
Il riordino dovrebbe peraltro coincidere con un intervento strutturale sulle pensioni sotto i mille euro, come annunciato l'altro giorno dal Premier Matteo Renzi, per il 2015.
Un intervento su questo capitolo è del resto chiesto anche dal Consiglio d'Europa che come si ricorderà, ha richiamato piu' volte l’Italia perché le pensioni minime (circa 500 euro mensili) non consentono una vita dignitosa. La platea dei possibili interessati ammonta ad oltre 7milioni di pensionati.
Sotto i 500 euro ci sono 2,2 milioni di assegni mentre nella fascia tra 500 e mille euro gli assegni sono poco piu' di 4,9 milioni. Numeri davvero significativi che fanno comprendere la realtà del paese.
Anche per quanto riguarda il problema degli esodati, ci si augura che le forze politiche riescano a trovare la quadra e le risorse necessarie a soddisfare i tanti annunci che si sono susseguiti in questi ultimi tempi.
Insomma un intervento "manutentivo" sulla Riforma del 2011 appare quanto mai necessario. Il dilagare della disoccupazione e del precariato sta portando alla luce problemi che un tempo sembravano superati: milioni di cittadini vanno verso una vecchiaia in povertà.
La coalizione di governo dovrebbe cogliere l'occasione per fissare "regole uguali per tutti", alzare le pensioni minime, fissare un «tetto» massimo alle rendite alte, risolvere in maniera strutturale la questione degli esodati e delegare alle casse di categoria solo la previdenza integrativa.
Esodati, protesta a Montecitorio contro lo stop alla proposta Damiano
La rete degli esodati contraria all'ipotesi di introdurre il prestito pensionistico: "Vogliamo solo il nostro diritto alla pensione. Non chiediamo assistenza sociale".
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“La cosiddetta riforma Fornero è stata una manovra finanziaria che ha fatto cassa alle spalle dei pensionandi. All’inizio del 2012 gli esodati erano 400 mila, poi 160 mila sono stati salvaguardati. Ma restano centinaia di migliaia di persone ancora in attesa di capire cosa succederà: gran parte di noi sono senza reddito e senza pensione, altri lo stanno per diventare, e abbiamo davanti a noi un periodo da due a sette anni in queste condizioni”. A dirlo è Francesco Flore, della Rete Comitati Esodati in occasione della manifestazione indetta per oggi (14 aprile) dalla Rete davanti alla Camera dei Deputati. “Per l’ottava volta – aggiunge – siamo qui davanti a Montecitorio, continueremo a esserlo anche domani, mentre dopodomani saremo davanti al ministero del Lavoro per manifestare ancora una volta tutta la nostra rabbia per un diritto del quale siamo stati derubati”.
La salvaguardia dei 160 mila ‘esodati’ è avvenuta attraverso cinque successivi interventi. “Noi li abbiamo vissuti come vere e proprie lotterie” spiega Flore: “sono state cinque ‘toppe’, messe lì per correggere gli squilibri e gli obbrobri creati dalla riforma. Da oltre due anni ascoltiamo le promesse di presidenti che, da un lato, dichiarano che con gli esodati lo Stato ha fatto un patto che bisogna onorare, dall’altro, questo patto rimane disatteso”. Nell’ultimo anno la Commissione Lavoro della Camera ha elaborato una proposta di legge dedicata agli esodati, che, pur non risolvendo “totalmente il problema, è un passo importante verso la soluzione. Questa proposta di legge, condivisa da tutti i partiti, doveva iniziare il suo percorso in aula il 27 marzo. L’avvio è poi slittato a oggi, ma l’esame ancora non è cominciato. E questo perché non si hanno ancora i numeri esatti degli esodati, quindi non si possono calcolare le coperture finanziarie. Una vera e propria beffa”.
A distanza di due anni, insomma, ancora non si conosce con esattezza il numero degli esodati. “Nel maggio 2012 l’Inps comunica alla Fornero i numeri degli esodati, che sono circa 400 mila. La Fornero impugna la relazione dell’Inps, subito scatta una polemica becera tra la Fornero e il presidente dell’Inps, con il risultato che quel documento viene insabbiato” spiega Flore: “ancora oggi non sanno quanto siamo, ma è impossibile che l’Inps non conosca i numeri, questa cosa è inaccettabile per un paese civile. Soprattutto è inaccettabile perché blocca una proposta di legge che, in qualche maniera, ne salvaguarda almeno una buona parte”.
La settimana scorsa, in un presidio davanti al ministero delle Finanze, la Rete Comitati Esodati è stata ricevuta dal sottosegretario Pier Paolo Baretta. “Ha detto – spiega Flore – che il governo intende risolvere il problema in maniera strutturale e definitiva. L’intenzione è istituire una commissione ad hoc tra i ministeri delle Finanze e del Lavoro, l’Inps, la Ragioneria dello Stato e le Commissioni Lavoro di Camera e Senato per certificare i numeri che arrivano dall’Inps, per poi presentare una proposta definitiva al Parlamento”. Qualche giorno fa, infine, il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha proposto, per risolvere la questione degli esodati, la creazione di “uno scivolo per accompagnarli alla pensione". Una soluzione che la Rete respinge con fermezza: “da quel poco che abbiamo capito sarebbe ipotizzare dell’assistenza, quindi un’Aspi o qualcosa di simile, da qui fino alla pensione. Ma noi non vogliamo assistenza, noi vogliamo il ripristino del nostro diritto alla pensione, niente di più”.
Pensioni, dal governo ci si aspetta maggiore trasparenza
La classe politica dovrà mettere al centro della propria azione i giovani e la crescita del paese. Se lo stallo continuasse la previdenza per i giovani resterà un miraggio.
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"Se dovessimo dare la simulazione della pensione rischieremmo un sommovimento sociale", si lasciò scappare nel 2012 l’ex Ministro del Lavoro Elsa Fornero, responsabile della famigerata Riforma Pensionistica del 2011. Eppure in quelle parole c’era un pezzo di verità che non si riesce a far emergere.
Quanto riceveranno, davvero di pensione, i giovani di oggi? Il sistema di calcolo contributivo ormai in vigore dal 1996 per tutti i nuovi entrati nel mondo del lavoro (e poi esteso dal 1° gennaio 2012 anche nei confronti di coloro che godevano ancora del retributivo) sappiamo che lega direttamente l’assegno alle somme effettivamente versate. In molti casi i giovani però non riusciranno a costruirsi una pensione adeguata.
Una situazione che va corretta. Partendo intanto dal dire loro la verità su quanto effettivamente prenderanno di pensione. Negli ultimi mesi, più volte è stata promessa la cosiddetta «Busta arancione»: un documento inviato a ciascun lavoratore con l’indicazione della pensione che presumibilmente andrà a incassare, per capire quale sarà il proprio destino pensionistico, in modo da poter pensare a soluzioni alternative.
Si tratta questo di un atto di trasparenza verso milioni di contribuenti italiani. Un atto dovuto dato che in questi anni le aliquote contributive sono aumentate soprattutto per i lavoratori autonomi e parasubordinati. Merito della Riforma del 2011.
Ma della riforma Fornero, meritano di essere evidenziati anche gli effetti sul numero degli accessi al pensionamento. Nel 2013 sono state liquidate 649.621 pensioni rispetto ai 1.146.340 di nuovi trattamenti del 2012 (-43%). Le pensioni eliminate nel 2013 sono state 742.195 con un saldo di quasi 100mila trattamenti in meno viventi nell’anno.
L’Inps, per il 2014, prevede che vi saranno 596.556 nuove pensioni a fronte di 739.924 assegni da eliminare. Il crollo più vistoso riguarderà le pensioni di anzianità (ora pensioni di vecchiaia anticipate) che passeranno dalle 170.604 del 2013 alle 80.457 previste per il 2014 (-52,8%).
Insomma la classe politica dovrà fermarsi un attimo e creare maggiore trasparenza. E soprattutto mettere al centro i giovani.
Serve maggiore riflessione e meno decisioni d'impeto. Perchè il tema previdenziale rischia di esplodere in tutta la sua drammaticità nei prossimi anni. Si potrebbe introdurre una maggiore flessibilità: aliquote più basse a inizio carriera, più alte al progredire del reddito. Anche se la vera sfida è quella di far ripartire il paese. Il sistema contributivo, infatti, lega le pensioni alla dinamica del Pil. E se il paese crescesse del 3% l’anno, il rapporto tra ultimo reddito e pensione potrebbe aumentare anche del 25%.
Pensioni, Secondo la Cisl oltre 223 mila persone rischiano di restare nel guado
Numeri sempre più preoccupanti di lavoratori in Cassa Integrazione Straordinaria e in Deroga. Nel primo trimestre 2013 erano 199.987. A marzo le ore autorizzate di Cassa hanno toccato la soglia dei 100 milioni
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Sono oltre 223mila le persone che rischiano di perdere il loro posto di lavoro, secondo i dati calcolati dalla Cisl nei primi tre mesi di quest'anno. Sono tutti lavoratori in Cassa Integrazione straordinaria e in deroga che se saranno licenziati andranno a riempire le file degli esodati. Con la particolarità che, annuncia la Cisl, per questi lavoratori si dovranno individuare forme di salvaguardia nuove rispetto a quelle attualmente previste.
Il dato di Cigo e Cigs è preoccupante soprattutto se raffrontato a quello dello stesso periodo dell'anno scorso quando i lavoratori in bilico erano 199.987. L'allarme viene lanciato dall'Osservatorio del sindacato di Via Po che registra come la Cassa Integrazione guadagni a marzo abbia toccato la soglia dei 100 milioni di ore autorizzate, con un aumento del 2,1% rispetto a marzo 2013 e del 2,4% rispetto a febbraio.
In totale i lavoratori coinvolti ammontano a 500mila. Secondo il sindacato i dati Istat sull'occupazione riferiti all'ultimo trimestre 2013 offrono un quadro in continuo peggioramento.
A fronte di un ritmo meno accentuato di perdita di occupati nell'industria, l'edilizia perde in un anno il 5,6 % di occupati ed il terziario mostra significative riduzioni anche in aree dove l'occupazione fino a qualche tempo fa cresceva, come i servizi alla persona.
E' particolarmente inquietante il segnale che viene dall'analisi dell'occupazione per tipologia. Continua infatti da un anno la riduzione dei dipendenti a termine (-6,6% in un anno), portando la loro quota sul totale degli occupati al 9,9% dal 10,4% di un anno prima. Così come prosegue sostenuto il calo dei collaboratori (-13,3%).
Secondo la Cisl, dunque senza una ripresa economica le assunzioni non sono trainate neppure dai contratti flessibili. Solo i rapporti part-time crescono ma senza compensare affatto il calo dei rapporti a tempo pieno. Si tratta probabilmente di forme di part-time difensive per evitare licenziamenti.
In questo contesto la Cisl "apprezza" l'impegno per il lavoro del governo; ma sottolinea la necessità di misure "per bloccare il processo di deindustrializzazione e di contrazione degli investimenti con politiche di sostegno ai settori industriali emergenti ed ai programmi di ricerca ed innovazione risolvendo definitivamente alcune criticità di contesto come: il costo dell'energia, le dotazioni infrastrutturali, il costo del denaro alle famiglie ed alle imprese".
Esodati, si allontana la calendarizzazione della sesta salvaguardia
La proposta di legge Damiano che prevede una ulteriore operazione di salvaguardia per lavoratori rimasti senza impiego entro il 2011 non potrà arrivare in aula entro aprile.
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Si allontanano le possibilità di una rapida approvazione della sesta operazione di salvaguardia in favore degli esodati calendarizzata alla Camera per lunedì prossimo.
Qualche giorno fa la capogruppo della Camera dei Deputati ha infatti riconosciuto che il disegno di legge che prevede l'estensione delle operazioni di salvaguardia per lavoratori rimasti senza impiego non potrà arrivare in aula nei temi previsti in origine. Il problema sta nelle coperture sulle quali si dovrà cercare prima un confronto con Inps e Ministeri dell'Economia e del Lavoro. Ma la presidente Laura Boldrini ha assicurato che «vista la rilevanza del tema» il testo verrà calendarizzato il più presto possibile.
La proposta in standby è il progetto di legge unificato Damiano, un provvedimento che raccoglie diversi testi presentati da tutte le parti politiche e che, di fatto, consente il pensionamento con i requisiti pre-Fornero ai lavoratori rimasti senza impiego che maturano, secondo diversi parametri, i requisiti entro il 2018. Una spesa ancora difficilmente calcolabile ma che comunque oscilla tra i 20 e e 30 miliardi di euro a regime.
Troppi secondo la Ragioneria dello Stato. Il sottosegretario all'Economia Pier Paolo Baretta, nell'incontro che ha avuto con la rete degli esodati in settimana ha tuttavia rassicurato che il governo è impegnato alla ricerca di una soluzione strutturale al dramma dei lavoratori rimasti impigliati nella rete della Riforma Fornero.
Ma la soluzione non appare facile. L'idea alternativa all'approvazione di una sesta salvaguardia è sempre quella dell'introduzione del cd. "prestito pensionistico" a cui aveva già lavorato il Ministro Giovannini. Un progetto che, tuttavia, il ministro Maria Anna Madia vorrebbe tener separato dal piano di pre-pensionamenti di dipendenti pubblici da associare all'annunciata "staffetta generazionale". Anche se, al momento, non sono stati indicati numeri chiari e tanto meno ipotetici flussi di spesa.
Insomma le grane per il nuovo esecutivo non mancano. Ma se l'individuazione delle nuove risorse è oggettivamente materia complessa, il governo dovrebbe dare prova di una maggiore celerità sull'adozione dei provvedimenti a costo zero.
E su questo fronte c'è parecchio da fare a cominciare con la pubblicazione dei decreti di proroga del sostegno al reddito relativi al 2014 (e alla seconda parte del 2013) individuati dall'articolo 12, comma 5-bis del Dl 78/2010.
Sempre per la fascia di età degli over cinquantenni espulsi dal lavoro, Poletti intende rilanciare il contratto di reinserimento «unificando tutti gli incentivi che già ci sono per farlo diventare uno strumento che garantisce alle imprese un vantaggio economico significativo», in termini di «minori oneri, minore trattamento fiscale e contributivo, se assumono persone con questo tipo di problema». Con un'altra misura allo studio, si prevede di abbassare i costi per il periodo di inserimento nel contratto a tempo indeterminato.