Pensioni, è boom di uscite anticipate con l'opzione donna
Sempre piu' lavoratrici scelgono di uscire prima con la pensione calcolata con il sistema contributivo. Dalle 56 pensioni liquidate nel 2009, si è passati a 518 nel 2010, 1.377 nel 2011, a 5.646 nel 2012 e ad oltre 20mila nel 2015.
Com'è noto la riforma Fornero del 2011 ha confermato fino al 31 Dicembre 2015 la possibilità per le donne di andare in pensione prima, a patto di scegliere per un assegno interamente calcolato con il metodo contributivo. I requisiti restano quelli fissati dalla legge 243/04 distinti per le donne che lavorano come dipendenti e per le autonome: rispettivamente, 57 anni e 58 anni, a cui bisogna aggiungere l'aumento di tre mesi dovuto alla speranza di vita. In entrambi i casi resta uguale il requisito dell'anzianità contributiva pari a 35 anni. La recente legge di stabilità ha prorogato la sperimentazione nel 2015 ammettendo al pensionamento anticipato anche le donne nate entro il terzo trimestre del 1958. Sono state così corrette, dopo una battaglia durata anni, le circolari Inps del 2012 che avevano inteso la data del 31 dicembre 2015, il termine della sperimentazione, ricomprendendo anche la finestra mobile. Per questa forma di pensione anticipata resta infatti in vigore il regime della finestra secondo cui l'assegno non viene erogato il mese successivo alla maturazione dei requisiti ma dopo un periodo di 12 mesi per le dipendenti e 18 mesi per le autonome.
Secondo il rapporto dell'Inps sono le più giovani, e dunque quelle più distanti dal raggiungimento dell’età pensionabile, che presentano una maggiore propensione a scegliere questo canale di uscita: oltre il 66% delle optanti ha tra i 58 e i 59 anni di età. Complessivamente, però, anche per l’anno di picco solo il 20% circa delle donne che avrebbero potuto esercitare l’opzione lo ha fatto.
L’entità della penalizzazione, dunque, è tale da aver limitato l’utilizzo dell’opzione donna, pur consentendo lo strumento un forte anticipo dell’accesso a pensione. Non a caso chi sceglie questo canale di uscita deve mettere in conto un trattamento medio di circa 977 euro con una riduzione di circa il 20-30% rispetto alle regole miste. Da evidenziare che non tutte le donne che hanno scelto di optare hanno conseguito la pensione subito dopo aver terminato il lavoro o comunque entro lo stesso anno in cui hanno cessato l’attività lavorativa. Considerando un collettivo di 33.471 pensionate ex lavoratrici dipendenti del settore privato, risulta che oltre il 79% di esse è transitato direttamente dal lavoro al pensionamento, ma l’11,3% ha invece aspettato un anno ed il restante 9,5% due anni o più con l’obiettivo di ridurre al minimo l’eventuale riduzione del trattamento pensionistico.
Il taglio, del resto, è molto variabile a seconda dell'età della lavoratrice e dalle caratteristiche di carriera, retribuzione ed anzianità contributiva maturata alla data di accesso al regime. In linea generale la penalità è più intensa quanto maggiore è l'anticipo richiesto (uscire a 58 anni e 3 mesi di età comporta una penalità maggiore rispetto ad una lavoratrice che esercita l'opzione due o tre anni dopo, si veda la tavola sottostante elaborata dall'Inps ) e a seconda se la quota retributiva dell'assegno è mantenuta sino al 2011 o al 1995 (nel primo caso la decurtazione sarà più importante).
Da segnalare, inoltre, che entro la fine di quest'anno si dovrà decidere circa una ulteriore proroga della sperimentazione sulla base delle risorse effettivamente utilizzate. La legge di stabilita' ha attribuito infatti al Parlamento (non più al Governo come prevedeva la legge 243/04) il compito di stabilire se ci sarà spazio per una ulteriore proroga della sperimentazione sulla base di una relazione che dovrà essere presentata alle Camere entro il 30 settembre. Se così sarà anche le lavoratrici nate nel quarto trimestre del 1958 potrebbero essere ammesse alla sperimentazione.