Pensioni, Legittimo il taglio alla perequazione nel 2023
La Consulta, ancora una volta, promuove la sforbiciata agli assegni d’oro e d’argento contenuto nella legge di bilancio 2023 (L. n. 197/2022). Il taglio non ha natura tributaria.
Per la Consulta il taglio della rivalutazione annuale delle pensioni non ha natura tributaria. Infatti, non incide sull’importo di pensione percepita, la quale è comunque incrementata sebbene in percentuale più bassa. Pertanto, non può essere ritenuta illegittima con i principi di eguaglianza tributaria, ragionevolezza e temporaneità di cui agli artt. 3 e 53 della Costituzione. Lo ha precisato la Corte costituzionale con sentenza n. 167/2025 con la quale ha deciso in merito al ricorso della Corte dei conti Emilia-Romagna. È la seconda volta, quest’anno, che la Consulta dichiara legittimo il meccanismo di «raffreddamento» della perequazione automatica (o rivalutazione) delle pensioni d’importo oltre quattro volte il minimo Inps nel biennio 2023/2024.
Il ricorso alla Corte costituzionale
La sentenza riguarda l’adeguamento delle pensioni all’Istat (rivalutazione o perequazione) che, per l’anno 2023, la legge n. 197/2022 (legge di bilancio 2023) l’ha riconosciuta per intero solo alle pensioni complessivamente pari o inferiori a quattro volte il minimo Inps (cioè 2.101€ lordi al mese). Per gli assegni superiori la rivalutazione è stata accordata in misura progressivamente decrescente, tra l’85 e il 32%, in relazione inversa rispetto all’importo della pensione e su fasce complessive d’importo.
Per la Corte dei conti dell’Emilia-Romagna questo meccanismo di raffreddamento avrebbe violato l’articolo 53 Cost per avere «introdotto un prelievo coatto, effettuato per recuperare risorse destinate a motivi di finanza generale»; inoltre, il prelievo «avrebbe colpito soltanto una parte della platea dei pensionati». In secondo ordine, i magistrati contabili lamentano la lesione dei principi di ragionevolezza e proporzionalità di cui all’articolo 3 Cost per l’«illegittima reiterazione di misure che dovrebbero invece essere considerate eccezionali».
La decisione
La Consulta richiama in primo luogo le indicazioni già fornite con la sentenza n. 19/2025 per ribadire che:
- la perequazione è finalizzata a garantire nel tempo l’adeguatezza delle pensioni alle spinte inflazionistiche, nel rispetto dei principi di sufficienza e proporzionalità della retribuzione, che, tuttavia, non implicano un rigido parallelismo tra garanzia «previdenziale» (art. 38) e garanzia «retributiva» (art. 36);
- la garanzia della perequazione non annulla la discrezionalità del Legislatore nel fissare il quantum di tutela di volta in volta necessario;
- non sussiste un imperativo costituzionale che imponga l’adeguamento annuale di tutte le pensioni;
- il principale indicatore di «non irragionevolezza» in materia pensionistica è costituito dalla considerazione differenziata delle pensioni in base al loro importo, perché le pensioni più elevate presentano margini più ampi di resistenza all’erosione inflattiva.
- sull’effetto trascinamento, la sentenza ribadisce che le misure limitative della perequazione vanno «considerate di natura eccezionale», ma senza «il corollario della “irripetibilità" che si vorrebbe far discendere da questo presupposto».
La Consulta, inoltre, esclude la natura tributaria del modulo perequativo incriminato dalla Corte dei Conti regionale, come già fatto con la sentenza n. 70/2015, rispetto all’azzeramento della rivalutazione negli anni 2012 e 2013. Già all’epoca, infatti, la Corte costituzionale escluse che si potesse parlare di «una prestazione patrimoniale di natura tributaria, lesiva del principio di universalità dell’imposizione a parità di capacità contributiva, in quanto posta a carico di una sola categoria di contribuenti». Il che è sufficiente a escludere la lesione del principio di eguaglianza, prospettato dall’attuale ricorso.
Le raccomandazioni
La Corte, come già fatto in passato, raccomanda al legislatore di :
- tenere conto degli effetti prodotti dal taglio della rivalutazione, nel regolare eventuali misure sull’indicizzazione delle pensioni;
- proteggere il regime ordinario di rivalutazione da cambiamenti improvvisi, incidenti in senso negativo sui comportamenti di spesa delle famiglie;
- adottare un approccio calibrato rispetto ai pensionati del sistema contributivo, caratterizzato dalla tendenziale corrispettività tra provvista finanziaria (c.d. montante) e misura della pensione liquidata.