Pensione Privilegiata, Resta la parziale incumulabilità con i redditi da lavoro

Valerio Damiani Domenica, 13 Novembre 2016
La Corte Costituzionale conferma il giudizio dell'Inps che aveva decurtato la pensione privilegiata di un generale dell'Arma dei Carabinieri. 
La pensione privilegiata ordinaria resta incumulabile parzialmente con i redditi da lavoro. Non produce disparità di trattamento rispetto alla pensione d'anzianità, che invece gode della piena cumulabilità. Lo ha stabilito la Corte costituzionale nella sentenza n. 241/2016 pubblicata l'altro giorno. La questione di legittimità, per violazione dell'art. 3 della Costituzione, era stata posta dalla regione Marche in merito all'art. 72, comma 2, della legge n. 388/2000 con riguardo ad un generale dell’arma dei carabinieri, cessato dal servizio il 9 agosto 2000, con trentasette anni di anzianità contributiva, beneficiario di una pensione privilegiata ordinaria, in ragione di un’infermità dovuta a causa di servizio che si era messo a svolgere l'attività di avvocato una volta in pensione.

L'Inps ha accertato un indebito di Euro 199.000,76, in relazione al periodo dal 1° gennaio 2001 al 30 giugno 2014 disponendo la restituzione di tale somma nel termine di trenta giorni dal ricevimento della nota, applicando, dal luglio 2014, la ritenuta cautelativa di Euro 375,26 (pari a un quinto della pensione) e provvedendo a una riduzione della pensione erogata mediante una ritenuta continuativa mensile di Euro 1.315,48, «per prestazione opera retribuita». Secondo l'Inps, infatti, norma, a decorrere dal 1 ° gennaio 2001, le quote delle pensioni d'invalidità e degli assegni diretti d'invalidità sono cumulabili con i redditi da lavoro autonomo in misura del 70%.

Se­condo la regione, questo regime di incumulabilità è «foriero di un'arbitraria disparità di trattamento ed è pregiudizievole per il titolare di una pensione privilegiata ordinaria, che vanti i medesimi requisiti di anzianità di un pensione che percepisca la pen­sione di anzianità», la quale invece è pienamente cumulabile con i redditi da lavoro autonomo (almeno a partire dal 2008). Secondo la corte costituzionale la questione non è fondata. Premesso che la disciplina al vaglio di costituzionalità s'inscrive in un contesto normativo assai mutevole, i giudici fanno notare che la rego­lamentazione del cumulo tra pensioni e redditi da lavoro interferisce con molteplici valori di rango costituzionale, come il diritto al lavoro (art. 4 della Costituzione), il diritto a prestazioni previdenziali proporzionate all'effettivo stato di bisogno (art. 38, comma 2, della Costituzione), la solidarietà tra le diverse generazioni che interagiscono nel mercato del lavoro (art. 2 della Costituzione), in una prospettiva volta a garantirne un equo ed effettivo accesso alle opportunità di occupazione che si presentano.

In questo contesto, spiega la corte, spetta alla discre­zionalità del legislatore bilanciare i diversi valori, in un contesto di molteplici variabili di politica sociale ed economica, nonché modulare la concreta disciplina del cumulo «in armonia coi princìpi di eguaglianza e di ragionevolezza». Per quanto riguarda la pensione di privilegio, conclude la Suprema corte, il legislato­re non si è discostato da tali principi.

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Documenti: La sentenza della Corte Costituzionale 241/2016

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