Riforma Pensioni, Damiano: anticipo da 62 anni e Quota 41 per i precoci

redazione Mercoledì, 13 Luglio 2016
L'Ex ministro del Lavoro: "Bisogna arrivare a concedere almeno quattro anni di anticipo e non tre come propone il Governo. Servono misure anche per i precoci e per i lavoratori invalidi".
Fa bene il ministro Poletti a essere prudente sulle soluzioni che verranno individuate sul tema delle pensioni prima che si concluda, possibilmente con un accordo, il confronto tra Governo e sindacati. Noi confidimo in una soluzione che consenta, con la flessibilità, di anticipare fino a un massimo di quattro anni il momento della pensione”. Lo afferma in una nota il presidente della Commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano.

“Sulle pensioni – prosegue l'ex ministro del Lavoro – bisogna confermare che l’INPS sarà ‘l’ufficiale pagatore’ delle pensioni e lo Stato il garante della operazione di flessibilità.“In particolare – prosegue – riteniamo che vadano individuate le categorie più deboli per le quali l’anticipo, finanziario o con penalizzazioni, sia a costo zero. Stiamo parlando dei disoccupati di lungo periodo, degli addetti ai lavori usuranti, degli invalidi e dei precoci. A questi ultimi va consentito di andare in pensione con 41 anni di contributi.

Una misura, invece, va messa subito in campo dal Governo: si tratta della correzione della circolare INPS riferita ai lavoratori privati nati nel ’52, che potrebbero già fare domanda di pensione. Graziosamente l’INPS ha stabilito che queste persone dovevano essere al lavoro il 28 dicembre del 2011 per poter esigere il diritto pensionistico”. “La domanda che rivolgiamo al Governo è: dove sta scritto? Chi ha avuto la disavventura di essere stato licenziato un giorno prima, pur avendo i requisiti anagrafici e contributivi, non potrà andare in pensione.

Questa circolare penalizza proprio le persone che erano senza lavoro già nel 2011 e che sarebbero andate in pensione nel 2013. Il Governo, proprio perché e’ impegnato nel confronto con il sindacato sul tema delle pensioni, dovrebbe dare subito una risposta su questo argomento. Infatti, i lavoratori nati nel ’52 potrebbero già fare domanda di pensionamento”, spiega. “Se non si pone riparo a queste ingiustizie, piccole e grandi che siano – conclude Damiano – i cittadini si allontaneranno sempre più dalla politica e, come si è visto, puniranno il Governo nel voto”.

Prosegue intanto a porte chiuse il tavolo di confronto con i sindacati ed il Governo sulla flessibilità in uscita. La cornice degli interventi è stata tracciata dal sottosegretario Nannicini nei giorni scorsi: anticipo sino a tre anni sulla pensione di vecchiaia (ma resta l'opzione di valutare un anticipo di un anno in più, proprio per compensare gli effetti della speranza di vita) con la formula del prestito pensionistico il cui importo dovrà essere restituito attraverso rate ventennali sulla pensione che potranno incidere sino al 15% dell'assegno. L'azione combinata delle detrazioni fiscali renderà meno intenso (quanto ancora non è dato saperlo con precisione) il prelievo sul rateo per i disoccupati di lunga durata e per i lavoratori con assegni esigui (ad esempio inferiori a tre volte il trattamento minimo Inps) o per altre condizioni meritevoli di tutela. Per queste categorie di lavoratori lo stato si farebbe quindi carico di gran parte dell'anticipo pensionistico, un onere spalmato su più anni e dunque compatibile con i vincoli europei. 

Altro tema sul quale si sta lavorando però è quello dei lavoratori precoci con l'obiettivo di introdurre un tetto all'anzianità contributiva necessaria per maturare la pensione anticipata (la normativa attuale, come noto, richiede 42 anni e 10 mesi di contributi per gli uomini e 41 anni e 10 mesi per le donne). Il Governo sta valutando in particolare gli oneri relativi a due misure: lo sganciamento dell'adeguamento del requisito contributivo dalla speranza di vita e il riconoscimento di maggiorazioni dell'anzianità contributiva che consentano più facilmente agli interessati il raggiungimento della contribuzione necessaria al pensionamento. Tra le ipotesi allo studio anche l'allineamento del requisito contributivo tra uomo e donna, adempimento richiesto dall'Ue, per il quale è stato chiesto all'Inps una valutazione dell'impatto finanziario.

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