Riforma Pa, così saranno dimezzate le Camere di Commercio

Bernardo Diaz Mercoledì, 01 Aprile 2015
Oggi l'ultimo confronto sull'articolo 10 del testo, che contiene la riforma della dirigenza pubblica, quindi il disegno di legge sarà trasmesso all'Aula del Senato dove le votazioni dovrebbero iniziare subito dopo Pasqua.

Kamsin Le Camera di Commercio saranno dimezzate ma gli oneri per le imprese non saranno eliminati, come aveva previsto il Governo in un primo momento. Gli enti camerali passano dagli attuali 105 a non oltre 60 attraverso l'accorpamento sulla base di una soglia dimensionale minima di 80 mila imprese (ma un ente camerale dovrà essere garantito a ogni Regione, a ogni città metropolitana e alla province autonome di Trento e Bolzano), salvaguardando la presenza di almeno una camera di commercio in ogni regione. Il restyling delle Cciaa è contenuto in un emendamento all'articolo 8 del relatore alla delega p.a. approvato ieri in Commissione Affari Costituzionali di Palazzo Madama.

Il governo, quindi, porta a casa la riforma delle camere di commercio in una versione un po' soft rispetto al primo testo della Riforma che puntava ad eliminare del tutto gli enti camerali. Il compromesso raggiunto al senato, grazie a un emendamento del relatore Giorgio Pagliari (Pd), prevede la ridefinizione di compiti e funzioni eliminando le duplicazioni con altre amministrazioni pubbliche. Inoltre è previsto che gli amministratori di questi enti riordinati prestino gratuitamente il loro mandato, mentre per i dirigenti vale il tetto massimo già introdotto per tutte le amministrazioni.

Si prevede che le partecipazioni societarie delle Camere di Commercio saranno limitate a «quelle necessarie per lo svolgimento delle funzioni istituzionali, limitando lo svolgimento di attività in regime di concorrenza, eliminando progressivamente le partecipazioni societarie non essenziali e gestibili secondo criteri di efficienza da soggetti privati». Inoltre è previsto il riordino delle competenze relative alla «tenuta e valorizzazione del registro delle imprese» con particolare riguardo «alle funzioni di promozione della trasparenza del mercato e di pubblicità legale». Sarà ridotto anche «il numero dei componenti dei consigli e delle giunte, nonché delle unioni regionali e delle aziende speciali». Si prevede poi «il riordino della disciplina dei compensi dei relativi organi, prevedendo la gratuità degli incarichi diversi da quelli nei collegi dei revisori dei conti».

Taglio decreti. In Commissione è stata votata anche la delega per la modificazione o il taglio dei provvedimenti non legislativi entrati in vigore dopo il 31 dicembre 2011 che risultino datati e ritenuti non più funzionali all'azione di Governo.  Sarà possibile, quindi, eliminare, rimandi a provvedimenti non legislativi di attuazione, entrati in vigore dopo il 31 dicembre 2011. La sforbiciata dovrà essere messa in atto entro novanta giorni dall'approvazione della delega.

Servizi Pubblici Locali. In materia di servizi pubblici locali, la Commissione ha approvato la delega per rivedere gli incentivi e meccanismi premiali per gli enti locali «che favoriscono l'aggregazione delle attività e delle gestioni secondo criteri di economicità ed efficienza». Il testo, inoltre, prevede per i servizi pubblici locali «l'abrogazione, previa ricognizione, dei regimi di esclusiva, comunque denominati, non conformi ai principi generali in materia di concorrenza».

Altro via libera è arrivato su un emendamento che scorpora il Comitato paralimpico dal Coni rendendolo autonomo e prevedendo il passaggio del personale attualmente in forza al Coni servizi Spa

Dirigenza Pubblica. Da affrontare resta il nodo sulla dirigenza pubblica, contenuto nell'articolo 10 del ddl delega, il tema piu' caldo. Si tratta infatti della riforma della dirigenza, con la licenziabilità, la mobilità, il ruolo unico, il limite a tempi e rinnovi per gli incarichi, la doppia prova per l'accesso (concorso ed esame), il superamento degli automatismi di carriera, i tetti agli stipendi e il compromesso sui segretari comunali (eliminazione dopo una fase ponte di tre anni).

I principi cardine sono comuque stabiliti. Alla dirigenza pubblica si accederà solo in due modi: per corso-concorso o per concorso pubblico. Nel primo caso si entrerà nell'amministazione come funzionari, poi dopo quattro anni e dopo un esame, si potrà diventare dirigenti. Chi invece entrerà per concorso sarà assunto a tempo determinato. Dopo tre anni potrà sostenere un esame per essere stabilizzato. Scompariranno le fasce, la prima e la seconda. Ci sarà un unico ruolo dove finiranno tutti i dirigenti, quelli dei ministeri, del Fisco, dell'Inps, anche dell'Istat e degli enti di ricerca.

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