Bernardo Diaz

Bernardo Diaz

Bernardo Diaz, dottore commercialista collabora con PensioniOggi.it dal novembre del 2015.  

Dopo la bocciatura della Corte Costituzionale della norma sugli affitti in nero, il Governo ha aperto un dossier per valutare cosa fare.

{div class:article-banner-left}{/div}

I giudici della Corte Costituzionale – con la Sentenza 50/2014 – hanno cancellato la possibilità per l'inquilino di denunciare il proprietario ottenendo in cambio un affitto a canone iper-scontato per quattro anni, rinnovabili di altri quattro.

Nello specifico la Consulta ha dichiarato illegittimo l'articolo 3, commi 8 e 9, del Dlgs 23/2011 che permetteva all'inquilino di registrare di propria iniziativa il contratto d'affitto presso un qualsiasi Ufficio delle Entrate, beneficiando cosi' di un canone annuo pari al triplo della rendita catastale (importo che spesso era del  70-80% inferiore ai valori di mercato), con una durata di quattro anni rinnovabili di altri quattro.

La registrazione poteva essere effettuata a cura dell'inquilino – ma anche da parte dei funzionari del Fisco o della Guardia di Finanza – in tutti i casi in cui il contratto d'affitto non era stato registrato dal propretario entro il termine previsto dalla legge, in genere 30 giorni dalla firma; stessa situazione accadeva quando il contratto era stato registrato indicando un importo inferiore a quello reale e quando al posto di un contratto di locazione, era stato registrato un finto comodato gratuito.

Con la decisione della Consulta i proprietari potranno chiedere agli inquilini di liberare l'abitazione. Ma bisognerà anche regolare il periodo in cui il conduttore ha occupato l'alloggio: se è vero che il canone di legge non esiste più, il proprietario ha diritto a un'indennità per l'arricchimento senza causa, e alla fine potrebbe essere il giudice a risolvere la questione.

Ora dunque il governo dovrà decidere cosa fare con i contratti registrati a partire da giugno 2011 sulle base del Dlgs 23/2011. Sul tavolo i nodi delle conseguenze per gli inquilini, che potrebbero essere chiamati a pagare i canoni fissati in origine, e come fare per non disperdere i primi risultati sul fronte della lotta agli affitti in nero. Il dossier è di competenza del Ministero delle Infrastrutture, che nei giorni scorsi ha incontrato i Sindacati degli inquilini e le Associazioni della proprietà edilizia.

Pesanti gli effetti per i conduttori che hanno denunciato e beneficiato dei canoni ridotti, che si stanno vedendo già recapitate le diffide per ottenere il reintegro dei canoni. Peggio ancora per  gli inquilini che non avevano un contratto scritto che potrebbero anche essere citati in giudizio per occupazione abusiva e vedersi arrivare una sentenza di sfratto, nel giro di due o tre mesi se non si fa opposizione; oltre ovviamente al rischio di un distacco delle utenze.

Salta l'ipotesi di vincolare tutta l'aliquota extra dello 0,8 per mille alle detrazioni sulle prime case. I contribuenti saranno chiamati alle Casse entro il 16 Giugno.

{div class:article-banner-left}{/div}

Sulla Tasi non c'è pace. Nella versione licenziata tra giovedì e venerdì dalle commissioni Bilancio e Finanze della Camera, infatti, non sono stati apportate correzioni alla «super-Tasi», cioè a quell'aliquota aggiuntiva pari allo 0,8 per mille rispetto alle massime aliquote stabilite dalla legge che può essere applicata dai Comuni per finanziare le detrazioni sull'abitazione principali.

Lo scontro in questi giorni è stato sulla possibilità di introdurre un vincolo di destinazione integrale agli sconti dell'extragettito prodotto dalla Super Tasi. "Ogni comune - spiega Causi deputato del Pd e relatore del provvedimento in Commissione Finanze - è libero di scegliere quale aliquota applicare, fa parte del patto con gli Enti locali.

Il vincolo della legge, però, è chiaro: si possono applicare le maggiorazioni solo garantendo detrazioni tali da permettere di non pagare la Tasi a chi non pagava l'Imu". Come a dire che saranno soprattutto i capienti a sentire sulle spalle il peso dell'aumento dell'imposta.

Forza Italia avrebbe voluto che l'intero extragettito venisse destinato alle detrazioni, "ma in questo modo gli Enti non sarebbero stati in grado di rispettare i vincoli di bilancio. E anche con l'aumento delle aliquote ci troveremo davanti a situazioni diverse: da una parte comuni in equilibrio, dall'altra enti in rosso".

E proprio per evitare che i comuni in difficoltà fossere costretti a togliere le detrazioni a tutti, lo Stato ha stanziato 625 milioni di euro per far quadrare i conti. La prospettiva rimane quindi quella di nuovi incrementi per seconde case, negozi e imprese, ma anche di una Tasi superiore alla vecchia Imu per molte abitazioni principali di valore fiscale medio-basso.

Tutto comunque sarà in discussione almeno fino all'estate, perché gli emendamenti approvati al «salva-Roma» ter hanno prorogato al 31 luglio il termine per chiudere i bilanci preventivi dei Comuni.

L'esame del decreto comunque partirà questa settimana. Poi il decreto approderà al Senato, che per la conversione in legge avrà poco meno di un mese intervallato dalle festività pasquali e dai ponti di primavera.

Nelle modifiche approvate c'è anche il chiarimento che anche la Tasi, come l'Imu, va versata in acconto il 16 giugno e in saldo il 16 dicembre (oppure in soluzione unica a giugno), evitando così che ogni Comune potesse, come prevedeva la regola originaria, scegliere a proprio piacimento le date dei versamenti.

Il pagamento dell'acconto di giugno dovrà essere effettuato sulla base dell'aliquota standard (che chiede l'1 per mille a tutti i contribuenti), con il conguaglio a dicembre per saldare il conto misurato dalle aliquote locali fissate entro il 31 Luglio.

La regola però non interessa le abitazioni principali, per cui in pratica nei Comuni che non decidono le aliquote entro maggio si pagherà l'importo intero a dicembre. Un bel rebus di scadenze. Anche perchè per le seconde case l'aliquota standard vuole l'1 per mille per tutti. E dato che in diversi Comuni i sindaci non potranno chiederla o la vorranno applicare in un modo diverso, milioni di contribuenti rischiano di essere chiamati a pagare a giugno un'imposta che dovrà loro essere restituita.

Tra gli altri ritocchi che sono passati in Commissione ci sono anche i pagamenti dell'Imu per immobili in multiproprietà e le esenzioni dalla Tasi per i rifugi alpini. In particolare per gli immobili in multiproprietà il versamento dell'Imu dovrà essere effettuato dall'amministratore del bene, il quale potrà prelevare comunque l'importo dovuto dal fondo comune e riattribuendo le quote ai singoli titolari con addebito nel rendiconto annuale.

Dopo il parere contrario della Presidenza della Repubblica rimane il doppio tetto di spesa per il bonus mobili.

Con la pubblicazione del decreto casa 2014 (dl 47/2014) avvenuta venerdì scorso in Gazzetta Ufficiale non è stato eliminato l'obbligo secondo il quale le spese per l'arredamento non possono superare l'importo che il contribuente ha sostenuto per i lavori di recupero edilizio.

Niente da fare dunque per l'eliminazione del doppio tetto di spesa introdotto con la scorsa legge di stabilità (legge 147/2013). I contribuenti dovranno pertanto rispettare 2 limiti per fruire del beneficio: rispettare il tetto massimo di spesa di 10 mila euro e non superare in ogni caso le spese sostenute per il recupero edilizio. 

Ad esempio chi spende 4.000 euro per ristrutturare il proprio appartamento potrà applicare la detrazione del 50 per cento su una spesa massima di 4.000 euro in mobili ed elettrodomestici. Qualora invece si spendano 40.000 euro per i lavori di ristrutturazione edilizia il tetto massimo resta fisso a 10 mila euro. 

Il doppio tetto per fruire del bonus mobili è stato introdotto dall'ultima legge di stabilità che è entrata in vigore lo scorso 1° gennaio 2014. Subito dopo il governo Letta è tornato sui suoi passi tentando di ripristinare la norma contenuta nel dl 63/2013 (che consentiva la fruizione del beneficio indipendentemente dall'importo delle spese di lavori di ristrutturazione edilizia con il solo limite di 10mila euro) con il decreto salva Roma bis.

Il problema è che questo decreto è stato fatto decadere con la conseguenza che il il doppio tetto è stato riportato in vita. 

Secondo Paolo Del Vecchio, consigliere dell'Ordine nazionale degli architetti, diventerà importante per i contribuenti comprendere la data in cui sono state effettuate le spese per i beni per l'acquisto degli arredamenti. "Infatti le spese che sono state effettuate fino al 31 dicembre 2013 non sono soggette al doppio tetto in quanto il vincolo introdotto dalla legge di stabilità 2013 ha efficacia a decorrere dal 1º gennaio 2014".

Ciò significa, secondo Del Vecchio che le "spese effettuate entro la fine dell'anno scorso devono esclusivamente rispettare il tetto dei 10mila euro come individuati nel dl 63/2013. 

Per capire quale disciplina applicare bisogna fare riferimento alla data di effettuazione del bonifico bancario o postale di pagamento. Se invece gli acquisti siano stati effettuati con moneta elettronica, la data di pagamento è il giorno di utilizzo della carta di credito o di debito da parte del titolare indicata nella ricevuta telematica di avvenuta transizione. 

Le spese intervenute successivamente al 2013 devono invece rispettare il doppio tetto individuato dalla legge di stabilità 2014; cioè non possono superare le spese per interventi di recupero edilizio sostenute dal contribuente".

Il modello Ire non va compilato se il pagamento avviene per intero quest'anno.

Scade oggi il termine per l'invio telematico della comunicazione all'Agenzia delle entrate e delle spese sostenute dai contribuenti nell'anno 2013 riguardanti lavori di risparmio energetico degli edifici. Si tratta del modello Ire cioè del modello di comunicazione degli "Interventi di Riqualificazione Energetica".

Soggetti all'obbligo della comunicazione sono i contribuenti che contemporaneamente proseguono quest'anno o negli anni successivi i lavori iniziati e non finiti negli anni precedenti e hanno sostenuto spese agevolate nell'anno precedente a quello dell'invio della comunicazione. Pertanto qualora i lavori siano stati effettuati prima del 31 dicembre dello scorso anno e i pagamenti vengano effettuati solo quest'anno la comunicazione non deve essere inviata. Invece se c'è stato un acconto o il saldo lo scorso anno il modello dovrà essere spedito indicando i pagamenti effettuati.

Esenti dall'obbligo dunque quei contribuenti che hanno iniziato i lavori di risparmio energetico quest'anno con pagamento dell' acconto il precedente anno; coloro che hanno terminato i lavori lo scorso anno con pagamento  dell'acconto e del saldo nel 2014; sollevati dalla comunicazione infine anche i contribuenti che hanno iniziato e terminato i lavori nel 2013 ed hanno pagato tutte le somme nel 2014.

Il mancato invio del modello Ire comporterà l'applicazione di una sanzione da 258 a 2.065 euro, ma non ha come conseguenza anche la decadenza delle detrazioni Irpef e Ires previste dalla legge. L'invio di questa comunicazione alle entrate non sostituisce inoltre quella che deve essere trasmessa all'Enea entro 90 giorni dalla fine dei lavori.

I guadagni delle famiglie italiane sono calati di oltre il 6 per cento in 4 anni.

I dati diffusi dal Dipartimento delle Finanze sulle dichiarazioni dei redditi 2012 evidenziano come la crisi sta continuando ad erodere gli stipendi e il potere d'acquisto delle famiglie italiane. In tutto il paese le dichiarazioni sono infatti accompagnate da un segno negativo; la flessione è particolarmente pesante in Sardegna in cui reddito medio si attesta a 16.840 euro in media, con un calo di oltre il 7% rispetto al 2008. Ma è tutto il sud a soffrire in modo pesante la crisi.

La Lombardia resta la regione italiana più forte per reddito medio lordo che si attesta a 23.320 euro anche se la crisi ha intaccato i gli importi dichiarati di oltre 7% negli ultimi 4 anni.

La media italiana si attesta sui 19.750 euro di reddito dichiarato, ed ha registrato un calo del 6,1% sul 2008 e dell'1,7% sul 2011. Il Ministero dell'Economia e Finanze evidenzia anche che il 5% più ricco dei contribuenti dichiara il 22,7% del totale dei redditi italiani.

A pagare maggiormente la crisi sono stati i lavoratori dipendenti. Negli ultimi anni infatti il numero di di lavoratori dipendenti indicati nelle dichiarazioni sono calati di 160 mila unità rispetto all'anno prima. Considerando che coloro che sono andati in pensione sono stati solamente 66 mila unità, resta un saldo di oltre 100 mila contribuenti che si sono persi per strada. Si tratta purtroppo di persone che hanno perso il lavoro o provato ad intraprendere un'attività di lavoro autonomo. 

E comunque anche per gli autonomi e per le imprese le cose non vanno molto meglio. I redditi da lavoro autonomo nel 2012 sono scesi in media del 15% sull'anno precedente; le imprese che utilizzano la contabilità ordinaria hanno registrato un calo di circa il 15%, va un pò meglio solo per le imprese che sono in contabilità semplificata che vedono un calo di circa il 9% sull'anno precedente.

Unico segno positivo, in questo periodo di crisi,  è stata la cedolare secca sugli affitti. La tassa piatta nel 2012 è stata scelta da oltre 760 mila contribuenti che hanno dichiarato oltre un miliardo di euro di base imponibile. Un aumento di oltre il 12% rispetto all'anno precedente.

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati