Lavoro

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In talune circostanze anche laddove il ricovero del figlio avvenga a tempo pieno presso la struttura ospedaliera o in case di cura private che assicurano l'assistenza continua, è possibile riconoscere al genitore lavoratore dipendente il diritto a fruire dei congedi straordinari retribuiti. 

La legge infatti esclude attualmente la possibilità di fruire del congedo straordinario retribuito qualora il familiare risulti ricoverato a tempo pieno in una struttura ospedaliera o in case di cura private. Eppure la regola è soggetta ad un temperamento in talune circostanze. Vediamo quali.

In primo luogo la fruizione del congedo straordinario retribuito può essere concessa quando il disabile sia un minore che ha bisogno che il genitore stia fisicamente a lui vicino e faccia dunque parte sostanzialmente di un piano terapeutico volto alla riabilitazione del minore. Una ulteriore circostanza si ha quando il disabile è in uno stato vegetativo o in una situazione terminale oppure se deve uscire dal ricovero perchè è stato autorizzato a svolgere visite e terapie esterne. Infine il congedo straordinario può essere ulteriormente concesso quando sia la stessa struttura sanitaria in cui è ricoverato il minore a richiedere la presenza del genitore. 

In tali circostanze il genitore è sempre ammesso alla fruizione del congedo straordinario. Il beneficio può essere concesso fino massimo di due anni di assenza dal lavoro e può essere fruito sia in un unico periodo che frazionato in più momenti in base alle esigenze dell'assistito. Se i figli in condizione di grave disabilità sono due il genitore però può avere diritto ad un solo congedo. Il congedo in altri termini resta sempre unico in quanto non può essere raddoppiato in modo che il genitore fruisca di un periodo di assenza dal lavoro per 4 anni.

Il genitore può comunque assistere i due figli prendendo nel complesso un anno per uno e un altro anno per l'altro figlio; o comunque può stabilire una diversa ripartizione secondo l'effettiva necessità dei disabili e dei familiari. Tuttavia resta sempre insuperabile il tetto dei due anni. 

Solamente laddove il genitore che ha già fruito del congedo per un figlio venga a mancare o diventi egli stesso invalido l'altro genitore, sempre che rispetti le condizioni richieste dalla legge, può usufruire di un periodo intero di congedo per il secondo figlio raggiungendo 4 anni complessivi di congedo.

Il mancato rispetto delle regole sul prospetto paga è sanzionato a parte rispetto all'inadeguatezza della maggiorazione versata. Se il datore di lavoro paga lo straordinario in nero, rischia di incappare in una doppia sanzione: la prima è quella inerente il mancato rispetto di quanto dettato dagli articoli 1 e 3 della legge 4/1953 sul prospetto paga; l'altra scaturisce dall'articolo 5, comma 5, del decreto legislativo 66/2003.

È quanto ha precisato il ministero del Lavoro con la nota 2642 del 6 febbraio 2014, dedicata al regime sanzionatorio applicabile per la corresponsione di somme a titolo di lavoro straordinario «fuori busta».

In base alla legge 4/1953, il datore di lavoro deve consegnare al lavoratore, quando gli corrisponde la retribuzione, un prospetto paga in cui devono essere indicati il nome, il cognome, la qualifica professionale, il periodo cui la retribuzione si riferisce, gli assegni familiari e tutti gli altri elementi che compongono la retribuzione, con indicazione delle trattenute operate.

Questa disposizione consente al lavoratore di verificare gli elementi che compongono la retribuzione e le trattenute effettuate dal datore di lavoro. In seguito, il Dlgs 66 del 2003 ha previsto che le ore di lavoro straordinario devono essere non solo computate a parte ma anche compensate con le maggiorazioni retributive indicate dai contratti collettivi di lavoro. La contrattazione collettiva può anche consentire che, in alternativa o in aggiunta alle maggiorazioni retributive, il lavoratore usufruisca di riposi compensativi.

La finalità della norma è quella di consentire al dipendente il controllo che le ore di straordinario indicate in busta paga corrispondano a quelle da lui svolte e che queste siano state calcolate con la maggiorazione contrattualmente prevista.

In realtà, entrambi gli obblighi erano già stati dettati dal Rdl 692 del 1923, secondo il quale si doveva computare a parte il lavoro straordinario e retribuirlo «con un aumento di paga, su quella del lavoro ordinario, non inferiore al 10% o con un aumento corrispondente sui cottimi».

Ma veniamo alle sanzioni: in pratica, se il datore di lavoro conteggia lo straordinario nella retribuzione che eroga al lavoratore, ma senza evidenziarlo «a parte» nel prospetto paga, e/o non applica la maggiorazione corretta, viola l'articolo 5, comma 5, del Dlgs 66/2003 ed è punito con la sanzione amministrativa che va da 25 a 154 euro (se il comportamento illecito è riferito a più di cinque lavoratori o si è verificato nel corso dell'anno solare per più di 50 giornate lavorative, la sanzione va da 154 a 1.032 euro). Se, invece, il datore di lavoro paga lo straordinario «fuori busta», consegnando quindi al dipendente un prospetto paga infedele, viola quanto disposto dalla legge 4/1953 ed è soggetto alla sanzione amministrativa che va da un minimo di 125 a un massimo di 770 euro.

La nota ministeriale ha precisato che – quando lo straordinario è pagato «fuori busta» – va applicata la sanzione prevista dalla legge del 1953. Se però emerge che sono state corrisposte maggiorazioni retributive inferiori rispetto a quelle previste dai Ccnl, scatta anche la violazione prevista dal Dlgs 66/2003 e si applicano quindi due sanzioni.

Gli obblighi di interruzione di 10 o 20 giorni verranno solo in caso di nuova assunzione di lavoratori.

Il decreto legge che modifica la disciplina dei contratti a termine è legge. E' stato infatti pubblicato ieri in GU il Dl 34/2014 recante "disposizioni urgenti per favorire il rilancio dell'occupazione e per la semplificazione degli adempimenti a carico delle imprese".

Il testo del decreto è in linea con quanto anticipato nei giorni scorsi da Poletti e dal ministero del Lavoro: il datore di lavoro potrà sempre instaurare rapporti di lavoro a tempo determinato senza causale, nel limite di durata di trentasei mesi. Viene così superata la precedente disciplina che limitava tale possibilità solo al primo rapporto di lavoro a tempo determinato. Inoltre, la possibilità di prorogare un contratto di lavoro a termine in corso di svolgimento è sempre ammessa, fino ad un massimo di 8 volte nei trentasei mesi. Rimane, quale unica condizione per le proroghe, il fatto che si riferiscano alla stessa attività lavorativa per la quale il contratto è stato inizialmente stipulato.

E' previsto un limite numerico per i contratti a tempo pari al 20 per cento rispetto all'organico complessivo dell'azienda ad eccezione delle aziende con meno di 5 dipendenti che potranno sempre stipulare un contratto a tempo determinato. Il limite del 20% può essere superato secondo quanto disposto dall'art. 10, comma 7, del D.lgs. 368/2001, che da un lato lascia alla contrattazione collettiva la possibilità di modificare tale limite quantitativo e, dall'altro, tiene conto delle esigenze connesse alle sostituzioni e alla stagionalità.

Nei giorni scorsi il Ministero del lavoro ha anche chiarito che non ci saranno più intervalli nel caso di proroga del contratto a termine acausale. Via Veneto ha precisato che gli stop and go di 10, 20 giorni varranno solo per le successioni dei contratti a termine e non quindi per il nuovo regime di proroghe libere fissato in otto volte massimo nei 36 mesi nel Dl 34/2014.

Con questa precisazione le imprese potranno sempre prorogare il rapporto di lavoro in corso di svolgimento fino ad un massimo di 8 volte nei 3 anni di durata massima del rapporto. In pratica la proroga scatterà subito senza che il datore dovrà rispettare intervalli di tempo di 10 o 20 giorni di attesa (a seconda se il contratto dura fino a 6 mesi o oltre). Il datore dovrà solo soddisfare una condizione per il rinnovo, cioè il fatto che la proroga si riferisca la stessa attività lavorativa per il quale il contratto è stato inizialmente siglato. 
Lo stop and go invece continuerà a dover essere rispettato in caso di successione dei rapporti a tempo. Quindi le imprese dovranno rispettare intervalli solo in caso di nuova assunzione.

Tra le modifiche subito in vigore la semplificazione dell'apprendistato e l'abolizione della causale per i contratti a termine.

In materia di lavoro il Consiglio dei Ministri la settimana scorsa ha approvato un pacchetto di misure che dovrebbero incidere in modo profondo sulla legge 92/2012. Le novità sono contenute in un decreto legge, e dunque di immediata entrata in vigore, e in un disegno di legge delega che sarà attuato in un secondo momento dall'esecutivo. Tra i provvedimenti contenuti nel Dl ci sono in particolare le modifiche in tema di apprendistato e contratti a termine; l'idea di fondo dell'esecutivo Renzi è di agevolarne l'uso da parte delle aziende eliminando alcuni vincoli. 

Sul contratto a termine la novità principale riguarda l'abolizione della causale. Le imprese potranno sempre stipulare contratti a tempo determinato senza indicazione della causale, cioè senza indicare i motivi dell'assunzione fermo restando il limite massimo di durata pari a 36 mesi. Attualmente la facoltà di stipulare contratti a termine acausali è possibile solo relativamente al primo rapporto a termine, estensibile una sola volta, nel limite della durata massima di 12 mesi. Secondo la bozza del decreto legge invece la proroga del contratto a termine sarà possibile fino ad un massimo di 8 volte nell'arco dei 36 mesi a condizione però che la proroga sia riferita alla stessa attività.

Il decreto inoltre introduce un vincolo del 20% dei contratti a termine rispetto all'organico complessivo dell'azienda; limite tuttavia che potrà essere "rimosso" tramite il ricorso alla contrattazione collettiva e non sarà operativo nei casi di stagionalità del rapporto di lavoro e con riguardo alle realtà imprenditoriali piu' piccole, cioè fino ad un massimo di 5 dipendenti. Nessuna modifica sembra invece profilarsi per il regime degli intervalli tra un contratto a tempo determinato e l'altro che resterebbero pertanto fissati a 10 o 20 giorni (a seconda della durata del rapporto, rispettivamente se inferiore o superiore a sei mesi).

Relativamente invece al contratto di apprendistato la novità è nell'eliminazione della forma scritta per il piano formativo del lavoratore. La forma scritta resterà solo per il primo contratto e per il patto di prova.

Inoltre viene eliminato il vincolo introdotto dalla precedente legge 92/2012 secondo il quale l'assunzione di nuovi apprendisti è possibile solo qualora alla fine del periodo formativo vengano confermati in servizio almeno il 30% degli apprendisti già impiegati (quota che passerebbe al 50% dal 2015). Per il datore viene altresì cancellato l'obbligo di integrare la formazione di tipo professionalizzante e di mestiere con l'offerta formativa pubblica che pertanto diventa del tutto discrezionale.

Non ci sarà invece l'introduzione del cosiddetto contratto di inserimento a tutele graduali. Almeno non nell'immediato. Il governo ha preferito prendersi più tempo per regolare la materia ed inserire questo provvedimento nel disegno di legge delega che avrà un iter necessariamente piu' lungo. L'intenzione dell'esecutivo è di introdurlo in futuro sulla base di una riorganizzazione delle forme contrattuali attualmente esistenti.

Il decreto Destinazione Italia raddoppia le sanzioni per i datori che non rispettano le norme dell'orario di lavoro.

La nuova stretta sul lavoro nero è contenuta nel decreto Destinazione Italia (Dl 145/2013 convertito con legge 9/2014). Tra le tante materie regolate dal decreto c'è infatti una rimodulazione degli importi della sanzioni per i datori di lavoro che impiegano manodopera non regolare e non rispettano gli orari di riposo.  Vediamo dunque quali sono le novità introdotte. 

Orario di lavoro - Relativamente alle violazioni connesse al mancato rispetto dell'orario di lavoro il provvedimento dispone l'incremento in misura doppia delle sanzioni sulle violazioni della durata massima settimanale dell'orario di lavoro, del riposo settimanale e di quello giornaliero. Le nuove sanzioni si applicano alle condotte illecite commesse dal 24 dicembre 2013, la data di entrata in vigore del Dl 145/2013. Escluse dall'intervento, e dunque dall'incremento delle sanzioni, le violazioni connesse al godimento delle ferie.

La durata massima settimanale dell'orario di lavoro, secondo quanto disposto dall'articolo 4 del Dlgs 66/2003, non può superare, per ogni periodo di sette giorni, le 48 ore, incluse le ore di straordinario. Il rispetto di questa media deve avvenire nell'ambito di un periodo di riferimento, di norma pari a quattro mesi, fatte salve specifiche disposizioni della contrattazione collettiva. Il ministero del Lavoro (Circolare 8/2005) ha chiarito inoltre che nel computo delle ore, oltre alle ferie e alla malattia non si devono considerare neanche le assenze dovute a gravidanza e infortunio. Tutti i restanti periodi di assenza, con diritto alla conservazione del posto, sono invece ricompresi nell'arco temporale di riferimento, sia pur con indicazione delle ore pari a zero.

Il riposo settimanale - Le multe salgono anche per quanto riguarda le violazioni legate al mancato rispetto del riposo settimanale: l'articolo 9, del Dlgs 66/2003, stabilisce che il lavoratore ha diritto ogni sette giorni a un periodo di riposo di almeno 24 ore consecutive, di regola in coincidenza con la domenica, da cumulare con le ore di riposo giornaliero, a eccezione dei casi previsti dalla norma stessa. Con le modifiche apportate dalla legge 133/2008, il periodo di riposo consecutivo viene determinato come media in un arco temporale non superiore a 14 giorni.

Le sanzioni - Con l'entrata in vigore del Dl 145/2013 la sanzione per il superamento dei limiti dell'orario di lavoro è dunque compresa tra 200 e 1.500 euro. Qualora la violazione riguardi più di cinque lavoratori o si sia verificata in almeno tre periodi di riferimento, la multa sale da 800 a 3mila euro. E se nella violazione sono coinvolti più di 10 lavoratori o questa si è protratta per almeno cinque periodi, la sanzione è compresa tra 2mila a 10mila euro. Per la violazione del riposo settimanale la sanzione prevista è quella relativa al superamento delle quarantotto ore settimanali di media, con gli stessi importi appena indicati.

Il riposo giornaliero - Per il riposo giornaliero le nuove sanzioni prevedono l'importo da 100 a 300 euro se la violazione coinvolge fino a cinque lavoratori o due periodi di riferimento. Le sanzioni passano da 600 a 2mila euro qualora la violazione si riferisce a più di cinque lavoratori o si è verificata in almeno tre periodi di ventiquattro ore. Se riguarda più di dieci lavoratori o almeno cinque periodi, l'importo è ricompreso tra i 1.800 e i 3mila euro.

La Campania è la prima regione in Italia ad aver firmato i decreti che concedono la cassa integrazione in deroga per l'anno 2014.

L'Assessorato al Lavoro della Regione Campania ha inviato all'Inps i decreti per il finanziamento della cassa integrazione in deroga per il 2014 per i lavoratori ammessi al beneficio il 28 febbraio scorso.

I lavoratori che potranno fruire della cassa integrazione in deroga sono in totale 3488 distribuiti in 88 aziende nelle cinque province della Campania. Nella provincia di Avellino i lavoratori beneficiari sono 699 spalmati in 13 aziende; nella provincia di Benevento i beneficiari sono 113 lavoratori in due aziende; a Caserta 437 in 18 aziende; a Napoli 1752 in 43 aziende; a Salerno 487 in 12 aziende.

La Regione ha stanziato 27 milioni di euro per far fronte all'emergenza occupazione ed ulteriori decreti saranno pubblicati la prossima settimana; tra i beneficiari dei provvedimenti compaiono anche i lavoratori Irisbus oggetto di un precedente accordo firmato tra Regione e governo.

La Regione Campania è la prima in Italia ad aver autorizzato l'erogazione dei trattamenti in deroga per il 2014. L'Assessorato al Lavoro della Regione la settimana scorsa aveva anche pubblicato i primi decreti per la fruizione della mobilità in deroga.

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