Pensioni, gli assegni crescono meno rispetto al passato. Ecco perchè

Giorgio Gori Martedì, 24 Marzo 2015
Il blocco dell'indicizzazione degli assegni nel biennio 2012-2013 ha già fatto lasciare sul terreno oltre 150 euro al mese sugli assegni superiori a 3mila euro lordi.

Kamsin Com'è noto gli assegni previdenziali vengono di anno un anno rivalutati in base all'andamento dell'inflazione. In gergo questo meccanimso di chiama "perequazione", una misura "compensativa" che consente agli assegni pensionistici di recuperare il potere d'acquisto eroso dall'aumento annuale dell'inflazione. Si tratta dunque di una garanzia che il reddito del pensionato rimanga costante nel tempo.

In questi ultimi anni, però, le modalità di erogazione della rivalutazione sono state piu' volte riviste sino a generare molta confusione sul punto. Con la Riforma Fornero è stato infatti disposto il blocco dell'indicizzazione nei confronti delle pensioni che erano di importo superiore a tre volte il trattamento minimo Inps (pari a 1.443 euro per il 2012; 1486,26 euro per il 2013). Le pensioni di importo inferiore sono state invece adeguate pienamente all'inflazione (+ 2,7% nel 2012 e + 3% nel 2013).

Si ricorda che prima del Dl 201/2011 la perequazione era suddivisa in tre fasce all'interno del trattamento pensionistico complessivo e l'adeguamento veniva concesso in misura piena per le pensioni fino a tre volte il trattamento minimo; scendeva al 90% per le fasce di importo comprese tra tre e cinque volte il trattamento minimo; e ancora calava al 75% per i trattamenti superiori a cinque volte il minimo.

La legge 147/2013 ha parzialmente rimosso questa misura particolarmente penalizzante. Nello specifico la legge citata ha previsto un sistema di rivalutazione suddiviso in cinque scaglioni. Per le pensioni di importo fino a tre volte il trattamento minimo l'adeguamento avviene in misura piena (100%); per le pensioni di importo superiore e sino a quattro volte il trattamento minimo viene riconosciuto il 95% dell'adeguamento; per quelle di importo superiore e sino a cinque volte il minimo l'adeguamento è pari al 75%; per i trattamenti pensionistici complessivamente superiori a cinque volte il minimo l'adeguamento è del 50%; per i trattamenti superiori a 6 volte il minimo l'adeguamento è pari al 45% (per il 2014 l’aumento è stato del 40% ma calcolato soltanto sulla quota di pensione entro il limite di sei volte il trattamento minimo: in pratica gli assegni sono cresciuti di un valore fisso pari a 13,08 euro).

Con la legge 147/2013, va in soffitta però, almeno sino al 2016, il sistema di rivalutazione differenziata per fasce d’importo all’interno della stessa pensione. Le nuove regole prevedono che l’aliquota di aumento, spettante ad ogni pensione a seconda del gruppo in cui si colloca, venga applicata all’intero importo della pensione. Questa misura aggrava ulteriormente l’effetto limitativo delle nuove disposizioni. Per fare un esempio, con il meccanismo precedente una pensione di 2.000 euro lordi sarebbe stata rivalutata al 100% per i primi 1.486,29 euro e al 90% per la parte rimanente, che equivale all’applicazione di un’aliquota media pari al 97,42% del normale, mentre oggi l’aliquota da applicare al gruppo d’importo in questione è ridotta al 75%. Ciò comporta un ulteriore aggravio rispetto a quanto prevedeva la vecchia normativa.

Per una visione d'insieme degli effetti sugli assegni pensionistici prodotti dalle Riforme degli ultimi anni si rimanda alla seguente tabella in cui vengono comparati gli effetti della normativa ante fornero e quella attualmente vigente con la legge 147/2013.

Come si vede gli assegni superiori a 3 volte il minimo hanno lasciato sul terreno circa 100 euro al mese di mancata rivalutazione, cifra che mano mano aumenta al crescere dell'importo della pensione sino a toccare quasi i 200 euro per gli assegni superiori a 6 volte il trattamento minimo inps. La maggior parte del mancato guadagno dipende dal blocco della rivalutazione nel biennio 2012-2013 dato che gli effetti negativi della misura si ripercuotono inevitabilmente sugli anni a venire.

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A cura di Giorgio Gori, Patronato Inas

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