Pensioni, Nel regime ex-Inpdai resta in vigore la clausola di salvaguardia

Bernardo Diaz Sabato, 02 Giugno 2018
Lo ha stabilito la Corte di Cassazione accogliendo il ricorso di un pensionato Ex-Inpdai. L'importo della pensione non può essere inferiore a quanto  avrebbe maturato computando tutte le anzianità assicurative con le regole di calcolo vigenti nell'AGO.
Il dirigente che ha contribuzione Inpdai ha diritto alla liquidazione della quota maturata nel soppresso regime con le regole vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria se più favorevoli. E pertanto l'importo complessivo maturato della pensione non può risultare inferiore a quanto sarebbe stato liquidato applicando le regole vigenti nell'assicurazione generale obbligatoria.

Lo ha stabilito la Corte di Cassazione con la sentenza numero 13980 del 31 maggio 2018 con la quale i giudici hanno accolto le pretese di un pensionato che, in qualità di dirigente di impresa privata, aveva maturato un lungo periodo di assicurazione presso l'ex fondo Inpdai. L'Inps nel calcolo della pensione non aveva riconosciuto l'applicazione della clausola di salvaguardia di cui all'articolo 3, comma 4 del decreto legislativo 24 aprile 1997 numero 181 secondo il quale il trattamento pensionistico spettante all'assicurato ex INPDAI, in relazione alle anzianità maturate nel predetto regime entro il 31 dicembre 2002, non possa essere inferiore a quello che sarebbe stato erogato alle medesime condizioni dall'assicurazione generale obbligatoria. Secondo l'Istituto tale clausola era venuta meno posto che tale norma non risultava richiamata dall'articolo 42 della legge n. 289/2002 che, dal 1° gennaio 2003, ha dettato una disciplina speciale per i trattamenti da erogare successivamente alla soppressione del citato Istituto.

La decisione

La Corte di Cassazione è, tuttavia, di diverso avviso. Secondo i giudici in mancanza di diversa regolamentazione contenuta nell'art. 42 cit., la liquidazione della quota di pensione riferita alle anzianità maturate entro il 2002 come della quota riferita alle anzianità maturate dal 2003 in poi debbano avvenire in base a tutte le norme vigenti nel corrispondente regime normativo. "Si evince - spiegano i giudici - dalla legge 289/2002 che la liquidazione della prima quota maturata fino al 31/12/2002 debba essere effettuata secondo le regole Inpdai; e quindi necessariamente anche in base alla regola di salvaguardia di cui all'articolo 3, comma 4 del decreto legislativo n. 181 del 1997". Infatti, nel concetto di uniformità del trattamento "nel rispetto del principio del pro rata", previsto espressamente dalla legge come regola di carattere generale, è implicato il rispetto della disciplina in base alla quale la liquidazione della corrispondente quota debba essere effettuata; come del resto questa Corte ha affermato in altre occasioni stabilendo che il principio del prò rata imponga di determinare tante quote di pensione in relazione a ciascun periodo di anzianità maturato secondo il sistema rispettivamente in vigore. Talché la pensione del ricorrente va calcolata in base alle diverse regole vigenti presso i due istituti ed alle relative contribuzioni versate".

I giudici concludono, pertanto che, in applicazione del principio di salvaguardia, il trattamento pensionistico spettante all'assicurato ex INPDAI, in relazione alle anzianità maturate entro il 2002, non può essere inferiore a quello previsto alle medesime condizioni dall'assicurazione generale obbligatoria. E ciò anche ai fini della determinazione dell'importo del trattamento pensionistico complessivo. Infatti posto che la clausola di salvaguardia "assiste" la quota di pensione maturata sino al 2002 e che la quota di pensione riferita alle anzianità contributive acquisite dal 1° gennaio 2003 in poi è già calcolata con le regole AGO, la prestazione pensionistica nel suo complesso non potrà essere comunque inferiore a quella prevista per l'assicurazione obbligatoria generale.

No alla ricongiunzione nell'AGO dopo il 2002

I giudici chiariscono anche un ulteriore punto. L'assicurato dopo la soppressione dell'Inpdai aveva prodotto domanda di ricongiunzione verso l'Ago ai sensi dell'articolo 1, della legge 29/79 per acquisire una prestazione più ricca profittando delle più elevate retribuzioni maturate a fine carriera dribblando così il criterio del pro rata. Secondo la Corte la domanda di ricongiunzione nell'AGO non può essere più prodotta posto che presupposto per il suo esercizio è che l'assicurato abbia posizioni assicurative in almeno due gestioni pensionistiche. Dato che a seguito del soppressione del regime Inpdai a partire dal 1° gennaio 2003 l'assicurato era stato iscritto nell'AGO ancorchè in evidenza contabile separata la domanda di ricongiunzione risulta ormai improcedibile coincidendo la gestione accentrante con quella cedente.

Nè si possono invocare le disposizioni eccezionali previste per la costituzione della posizione assicurativa onerosa nell'AGO dal fondo elettrici e telefonici a seguito dell'articolo 12, commi 12 octies e 12 novies del d.l. n. 78/2010 "trattandosi appunto di specifiche previsioni, dettate da successive norme di legge, per diverse fattispecie e non estensibili in via interpretativa al caso in questione". La decisione dell'Inps di rifiutare la domanda di ricongiunzione è, dunque, legittima.

Segui su Facebook tutte le novità su pensioni e lavoro. Partecipa alle conversazioni. Siamo oltre cinquantamila

© 2022 Digit Italia Srl - Partita IVA/C.f. 12640411000. Tutti i diritti riservati