"Le dichiarazioni del ministro Calenda, se diventassero la linea del Governo nella prossima legge di Bilancio, sarebbe inaccettabile" ha detto Damiano. Siamo tornati alla riproposizione della vecchia e stantia politica dei due tempi: prima gli investimenti e la competitività e poi l’equità sociale. I lavoratori e i pensionati sono stanchi di aspettare il “sol dell’avvenire”. I sacrifici sono stati fatti abbondantemente: sulle pensioni, sul lavoro e sul blocco dei contratti”.
“Adesso – prosegue – è giunto il tempo della restituzione: non è possibile caricare sempre sui soliti noti il peso della crisi, della diminuzione del debito e della ripresa del Paese. Sfugge a Calenda il fatto che, secondo il DEF dello scorso aprile, i risparmi che si realizzeranno dal sistema pensionistico da qui al 2050 con le riforme del 2004, 2007 e 2011, ammonteranno a 900 miliardi di euro, vale a dire circa il 40% del totale del debito pubblico italiano? Oppure che i contratti di lavoro pubblici sono bloccati da ormai 7 anni?”. “Se – spiega Damiano – accanto agli investimenti, il Governo non sceglierà anche gli interventi sull’equità, sarà inevitabile un conflitto politico e sociale. Il Governo ha troppe voci che dicono tutto e il contrario di tutto. Renzi, sull’equità e sul rafforzamento della domanda, ha preso degli impegni e deve chiarire l’indirizzo del Governo”. “Noi ci aspettiamo, per le pensioni, una dotazione di base di 2 miliardi di euro ai quali aggiungere le risorse già accantonate del Fondo esodati, di Opzione Donna e dei lavori usuranti” ricorda Damiano.
E’ mai possibile che non si possa intaccare questo colossale trasferimento di risorse a copertura del debito che ha colpito il nostro Stato sociale per utilizzare qualche decina di miliardi per la flessibilita’?” “Quanto ai costi – aggiunge Damiano – bisogna partire dalla proposta promossa dal Pd nel 2013 di cui sono primo firmatario: se si sostiene che, consentendo ai lavoratori di andare in pensione con 62 anni di eta’ e 35 di contributi e con una penalità dell’8%, tutti sceglieranno immediatamente quella soluzione, si e’ capito poco delle scelte dei lavoratori. Chi fa un lavoro pesante si vorra’ ritirare, chi ce l’ha gratificante vorra’ proseguire magari fino a 70 anni”. “Infine, non si considerano i risparmi di Cassa integrazione e il fatto che molti esodati non ancora tutelati potrebbero optare per questa soluzione: anche in questo caso si tratta di risparmi”, conclude Cesare Damiano.