Pensioni, Niente maggiorazioni al militare che cessa il servizio senza diritto a pensione

Franco Rossini Mercoledì, 07 Marzo 2018
La Corte Costituzionale ha respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti della Regione Lombardia. Il militare che cessa il servizio senza diritto a pensione non può valorizzare ai fini pensionistici la maggiorazione di un terzo per il servizio di volo. 
Niente maggiorazione del servizio di volo per i militari che cessino dal servizio senza aver conseguito il diritto alla pensione. Lo ha stabilito la Corte Costituzionale con sentenza numero 39 del 1° marzo 2018 in cui i giudici hanno bocciato la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Sezione regionale della Corte di Conti della Lombardia dell'articolo 124 del DPR 1092/1973 (testo unico delle norme sul trattamento di quiescenza dei dipendenti civili e militari dello Stato).

La questione riguardava due dipendenti dell’Aeronautica militare in pensione, che erano cessati dal servizio militare senza aver raggiunto il diritto a pensione e che, quindi, avevano costituito la posizione assicurativa presso l’Istituto nazionale della previdenza sociale (INPS) ai sensi dell'articolo 124 del DPR 1092/1973 nella versione vigente prima dell'abrogazione operata dalla legge 122/2010. I due militari chiedevano, anche in esito al predetto trasferimento gratuito, di poter beneficiare della maggiorazione di un terzo prevista dall’art. 20 del d.P.R. n. 1092 del 1973 per il periodo di servizio di volo prestato alle dipendenze dell’Aeronautica militare.

La questione ha assunto subito un rilievo Costituzionale atteso che le sezioni riunite della Corte dei conti, nelle sentenze n. 8 del 27 maggio 2011 e n. 11 del 21 giugno 2011, avevano negato il beneficio a tutti i militari che erano cessati dal servizio senza aver maturato il diritto alla pensione. Dato che l'esito del giudizio sarebbe stato sfavorevole per i due dipendenti era stata sollevata la questione di legittimità costituzionale sulla scorta del fatto che la negazione del beneficio ai militari cessati dal servizio senza diritto a pensione avrebbe violato l'articolo 3 della Costituzione e determinato «un’ingiustificata penalizzazione retroattiva», sprovvista di ogni ragione apprezzabile.

Nelle sue motivazioni la Corte dei Conti della Lombardia osservava che il servizio di volo, valutato nella posizione assicurativa costituita presso l’INPS, sia «oggettivamente identico», a prescindere dal fatto che il militare maturi o meno il diritto alla pensione al momento della cessazione dal servizio. Sarebbe stato irragionevole, pertanto, una riqualificazione del medesimo servizio alla luce di una circostanza successiva allo svolgimento del servizio di volo stesso.

La decisione della Consulta

La Corte Costituzionale ha, tuttavia, respinto la questione di legittimità costituzionale sollevata dalla Corte dei Conti negando, quindi, la possibilità per i due militari di godere della maggiorazione del servizio di volo nel caso di specie. Secondo la Consulta "l’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio si configura come un trattamento di favore, preordinato a garantire una particolare tutela per la gravosità e i rischi del servizio prestato". Ma i limiti di tale scelta sono rimessi all’apprezzamento discrezionale del legislatore, "che ne delimita i rigorosi presupposti oggettivi e soggettivi, in armonia con i princìpi di eguaglianza e ragionevolezza".

Secondo i giudici "la scelta di limitare la concessione del beneficio ai militari e ai dipendenti civili che cessino dal servizio dopo avere acquistato il diritto alla pensione non contrasta con il principio di eguaglianza. Il giudice a quo prende le mosse dall’assunto che, a parità di servizio speciale prestato, debba essere identico il trattamento previdenziale e che sia arbitraria ogni distinzione fondata su un elemento estraneo alla ratio dell’aumento convenzionale dell’anzianità di servizio. Tale assunto non può essere condiviso, poiché accosta in chiave comparativa singoli aspetti di un’articolata disciplina previdenziale, senza avere riguardo alla ratio che la ispira".

Nelle sue motivazioni la Consulta spiega che "i servizi speciali, che determinano l’aumento figurativo dell’anzianità, sono valutati solo dopo che siano raggiunti i requisiti di legge per ottenere la pensione, in una prospettiva che abbraccia l’intero percorso lavorativo. Nell’àmbito di una tale valutazione onnicomprensiva, il conseguimento del diritto alla pensione non configura un dato accidentale ed estrinseco, ma rappresenta un tratto distintivo di rilievo cruciale, che rivela l’eterogeneità delle fattispecie poste a raffronto e giustifica il trattamento differenziato dei servizi speciali di chi non abbia maturato il diritto alla pensione".

"Collocata in un orizzonte sistematico di più ampio respiro, - concludono i Giudici - la disciplina censurata non determina dunque sperequazioni arbitrarie, ma rispecchia un bilanciamento tra contrapposti interessi, che tiene conto della diversità delle situazioni comparate e non travalica i limiti della ragionevolezza e della proporzionalità". I militari, pertanto, che cessano dal servizio senza aver acquisito il diritto a pensione perdono la possibilità di valorizzare le maggiorazioni contributive per le determinate attività lavorative svolte.

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