sospensione assegno sociale

Salve sig. Nicola. E grazie per la cortese risposta.
Ci siamo già scambiati delle opinioni qualche anno fa. Già allora lei fu uno dei pochi – forse l’unico - a degnarmi di attenzione.
Nonostante lei mi abbia all’epoca confermato la possibilità di pagare “ora per allora”, i contributi mancanti per raggiungere il minimo, cioè in una unica soluzione se e quando avessi dimostrato di aver lavorato in modo continuativo e comunque assumendomi il pagamento degli oneri evasi dal mio datore di lavoro, degli interessi, delle multe e quant’altro, nonostante –soprattutto - abbia prodotto materiale informativo certo e testimonianze attendibilissime, l’Inps si è sempre rifiutata di prendere atto di queste prove, sorvolando anche sul perché fui costretto a lavorare in condizioni disagevoli (e con questo termine ho detto tutto).
Le vorrei solo precisare che fui costretto a lavorare da casa (uno smartworking pesantissimo; all’epoca lavorare da casa non era evidentemente considerato smart. In effetti non lo era: lavoravo di più, in peggiori condizioni e senza che mi venissero versati contributi) per assistere una persona anziana, malata e bisognosa di cure continue, che proprio per un errore dell’ente erogatore non ha riscosso per svariati anni pensione e assegno di accompagnamento. Dalle mie parti si dice: o mangiare quella minestra o saltare dalla finestra.

Al momento sto riscuotendo l’assegno sociale ma, a parte il fatto che lo considero una umiliazione visto che ho lavorato da quando avevo 13 anni sino a ben oltre i 60, quanto elargitomi non mi consente di sopravvivere in modo decente. Ragion per cui mi vedo costretto a rimettermi in gioco cercando una occupazione qualsiasi e sperando di potermi arrangiare.
Non so se ci riuscirò e, se ci riuscirò, non so se e quanto potrò andare avanti. I miei dubbi nascono da questo: fermo restando che rinuncerei a riscuotere l’assegno nel periodo in cui sarei presumibilmente di nuovo impegnato, qualora fossi costretto a desistere per qualsiasi motivo mi chiedevo solo se avrei comunque diritto a tornare a percepire l’assegno sociale oppure se la rinuncia potrebbe essere considerata definitiva.

La ringrazio moltissimo. Chiederò ovviamente all'Inps.

L'assegno sociale è una prestazione assistenziale,indipentente cioè da contributi versati i cui requisiti sono  anagrafici (67 anni) e reddituali. Viene erogato a carattere di provvisorietà proprio perché è una prestazione collegata al reddito. È cumulabile con il reddito,ma solo parzialmente.Per aver diritto all'importo pieno, senza decurtazioni, il reddito deve essere pari a zero. Qualunque reddito modifica, diminuendo l'importo. Per questo motivo coloro che ne usufruiscono debbono presentare, di norma entro il 28 febbraio di ogni anno il modello RED che è relativo ai redditi dell'anno precdente. Nel caso non venisse presentato se si sono percepiti redditi l'INPS verifica e a conguaglio richiede con lettera d'indebito eventuali importi dovuti perché non spettanti. Per questo motivo prima di intraprendere eventuale attività lavorativa verifichi presso l'INPS se la mia risposta è corretta.Poi farà le sue opportune valutazioni.

Buonasera.
Un percettore di assegno sociale che, causa l'esiguità del predetto assegno, decidesse di rinunciarvi per tentare una attività in proprio, dovrebbe comunicare preventivamente all'Inps questa decisione o solo a fine anno o l'anno dopo, magari (mostrando una regolare denuncia dei redditi).

Qualora l'attività non generasse i profitti sperati, il percettore dell'assegno sociale potrebbe l'anno successivo ricevere di nuovo l'assegno? O la rinuncia è da intendersi definitiva?

Non ci crederete ma due patronati diversi non hanno saputo fornire dei chiarimenti all'interessato.

Grazie,