Sergey

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Mi occupo di diritto della previdenza e del lavoro. Mi sono laureato nel 1976 in Giurisprudenza alla Cattolica. Dal 1985 lavoro all'Inps.

Renzi lancia il sito Passo dopo Passo per consentire il monitoraggio da parte dei cittadini del programma di governo. Sino al 2017 riforme ambiziose ma nessun cenno ad una modifica della Riforma Fornero.

Kamsin Il Presidente del Consiglio ha lanciato oggi il programma delle Riforme del Governo in mille giorni. «Abbiamo fatto tanto ma non ci basta. Abbiamo fame di riforme. Oggi è la partenza dei mille giorni. La presenza del countdown e della verificabilità dei risultati è la grande rivoluzione nella politica italiana: nel momento in cui sei accusato di 'annuncite', malattia tipica di parte del ceto politico, rispondiamo con l'elenco di date a cui siamo auto-costretti». Il sito ad hoc è passodopopasso.italia.it e nasce per evidenziare, mese dopo mese, i progressi dell'azione di governo e il rispetto degli impegni assunti.

Ma nel progetto di Renzi non c'è alcun cenno ad uno dei principali temi che interessa milioni di persone. Quello relativo alle pensioni. Troppo costoso probabilmente un impegno in tal senso. Per ora il sito riporta infatti solo i (magri) interventi contenuti in materia con il Dl 90/2014 già anticipati nei giorni scorsi da Pensioni Oggi. In particolare la possibilità per la Pa di mandare a casa i dipendenti con i requisiti per la pensione anticipata che abbiano raggiunto i 62 anni di età ed il divieto di incarichi di consulenza nelle Pa ai pensionati. Stop.

Ci sono tanti altri capitoli ben arricchiti da infografiche (Riforma della giustizia, Riforma della Scuola, Riforma Costituzionale e bonus degli 80 euro) su cui il governo ci sta mettendo la faccia ma non c'è alcun cenno su un ipotetico intervento sul dossier previdenza. Nessun impegno preciso in favore dei quota 96, degli esodati e dei precoci con i quali Renzi ha aperto una ferita profonda dopo il brusco dietrofront delle misure in loro favore nel Dl 90/2014. Per la verità nel sito manca proprio un crono-programma utile per vedere quali siano le intenzioni dell'esecutivo da qui al 2017.

Anzi. E' sempre piu' in bilico anche l'estensione del bonus degli 80 euro ai pensionati. «Non torniamo indietro sugli 80 euro: cercheremo di allargare il bonus», senza però creare «false aspettative», ha detto il Premier.  E ha aggiunto: «gli 80 euro non sono una mancia elettorale, sono una scommessa politica che può piacere o meno, ma sono la più grande riduzione di tasse mai fatta e di aiuto al ceto medio. Si potevano dare ad altri? noi riteniamo che si debbano dare al ceto medio per aiutare i salari dei lavoratori».

Zedde

 

Si riapre il capitolo sulle pensioni in vista della legge di stabilità per il 2015. Sullo sfondo la possibilità di un temperamento della Riforma Fornero. Ma l'unica novità sicura è il ddl sulla Sesta Salvaguardia.

Kamsin Dopo il brusco stop con il decreto legge sulla pubblica amministrazione, le speranze di una revisione della Riforma Fornero sono affidate alla prossima legge di stabilità. Provvedimento che sarà presentato dal Governo il prossimo 15 Ottobre. Prima di questa data non ci saranno novità sui tanti capitoli che attendono una risposta. Il Decreto legge "sblocca Italia" approvato lo scorso venerdì dal Cdm non contiene infatti alcuna norma in materia previenziale se non lo sblocco di alcuni fondi per la Cig in deroga; e probabilmente non ci saranno novità neanche con la Riforma della Scuola che sarà affrontata mercoledì da Palazzo Chigi. L'attesa qui era tutta per i 4 mila docenti e personale Ata della cd. quota 96 a cui il governo aveva promesso un rapido intervento. Tutto rimandato.

Sono tante dunque le aspettative per la legge di stabilità. In primis c'è il capitolo dedicato agli esodati. Il ministro del Lavoro Giuliano Poletti ha sostanzialmente confermato, prima della pausa estiva, la volontà del governo di introdurre dei correttivi al Dl 201/2011 per concedere maggiore flessibilità sull'età pensionabile per chi ha perso il lavoro e non ha ancora i requisiti per la pensione.

L’idea fatta dal Ministro è quella di fornire un ventaglio di possibilità al lavoratore che intende lasciare il lavoro per andare in pensione prima dei tempi canonici fissati dalla riforma Monti- Fornero. Poletti ha parlato di strumenti differenziati adatti e coerenti con le diverse situazioni anche se non ha specificato nei dettagli quali saranno le iniziative.

Tra le ipotesi in campo c'è la possibilità di riproporre i cd. "pensionamenti flessibili", un progetto elaborato lo scorso anno dagli onorevoli Baretta e Damiano che consentirebbe un anticipo della pensione fino a 62 anni di età e 35 di contributi con un sistema di penalità; la riapertura del sistema delle quote che regolava la vecchia pensione di anzianità; l'introduzione del ”prestito pensionistico“ per chi ha perso il lavoro a pochi anni dal raggiungimento dei requisiti richiesti per l’accesso all’assegno pensionistico.

Il nodo principale resta però quello delle risorse. Archiviata l'ipotesi del Ministro di reperirle tramite un contributo di solidarietà sulle pensioni medio-alte, il tesoretto da utilizzare per questi interventi appare molto ridotto; ciò anche alla luce del peggioramento dei conti pubblici su cui pesa il ritorno dell'Italia in recessione, circostanza che potrebbe costringere l'esecutivo ad una rivisitazione dei propri obiettivi. Il rischio è quindi di una ulteriore delusione per chi attende l'introduzione di requisiti piu' morbidi per la pensione.

Stesse problematiche interessano gli altri nodi sul tavolo di Via Veneto. Sulla carta c'è l'ipotesi di introdurre nella legge di stabilità la proroga dell'opzione donna, una misura su cui l'esecutivo ha fatto nelle scorse settimane un frettoloso dietrofront sotto le pressioni del Mef, ma che potrebbe estendere la possibilità per lavoratori e lavoratrici di accedere alla pensione con requisiti agevolati sino al 2018 al prezzo di avere un assegno calcolato con il sistema contributivo. Costi minori avrebbe invece la ripresentazione della norma, stralciata dal Dl sulla Pa, che cancelli definitivamente le penalizzazioni sull'assegno sino al 2017.

Nel testo presentato dal governo al Senato sul disegno di legge delega sulla Pa sono scomparse le norme che avrebbero consentito l'estensione del pensionamento in deroga a 64 anni anche per i lavoratori del pubblico impiego che hanno raggiunto la quota 96 entro il 31.12.2012; così come l'introduzione nel pubblico impiego del part-time a cinque anni dalla pensione. Anche queste novità ora potrebbero confluire nella legge di stabilità in quanto hanno costi minori rispetto ad altri interventi strutturali.

Allo stato attuale l'unica novità in dirittura d'arrivo, perchè viaggia su un altro binario, è il ddl in materia di sesta salvaguardia. Il provvedimento, approvato agli inizi di luglio alla Camera, dovrebbe iniziare in Senato l'iter questo mese e consentire ad ulteriori 32 mila soggetti di mantenere le vecchie regole pensionistiche.

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Agevolate le modalità di prescrizione dei medicinali per il trattamento delle patologie croniche e invalidanti. Possibile la somministrazione sino a 6 confezioni di farmaci per ricetta. 

Tra i vari interventi di semplificazione contenuti nel decreto legge sulla riforma della pubblica amministrazione (Dl 90/2014) figura anche una novità importante per quanto riguarda i soggetti con patologie croniche. Kamsin L’articolo 26 del provvedimento infatti modifica la disciplina sulle modalità di prescrizione dei medicinali per il trattamento delle patologie croniche e invalidanti. La novella consente, a condizione che si tratti di farmaci già impiegati dal paziente da almeno sei mesi, la possibilità di somministrare un massimo di sei confezioni di farmaci per ricetta. Il provvedimento estende anche la durata della terapia (inerenti alla singola ricetta) da 60 a 180 giorni. La novità viene attuata "nelle more della messa a regime sull’intero territorio nazionale della ricetta dematerializzata" (la quale potrebbe rendere più veloce per il paziente, sotto il profilo strettamente materiale, il conseguimento della ricetta).

Com'è noto finora, il numero massimo di confezioni per ricetta (a favore degli esenti per malattia) era pari a tre, e comunque la prescrizione non poteva superare i 60 giorni di terapia. La prescrizione fino a sei pezzi per ricetta (pluriprescrizione) era consentita soltanto per i medicinali a base di antibiotici in confezione monodose, i medicinali a base di interferone a favore dei soggetti affetti da epatite cronica e i medicinali somministrati esclusivamente per fleboclisi. Con l'entrata in vigore del nuovo provvedimento pertanto il numero delle confezioni che possono essere prescritte raddoppiano.

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I requisiti standard per la pensione nelle Pa restano fissati in 66 anni e 3 mesi per la vecchiaia e 42 anni e 6 mesi per il trattamento anticipato. Ma viene resa strutturale la risoluzione unilaterale del rapporto di lavoro.

Kamsin Con la conversione del decreto legge 90/2014 (il provvedimento che ha riformato la pubblica amministrazione) molti lettori chiedono se sono stati introdotti requisiti piu' agevolati per accedere alla pensione. Appare dunque utile riassumere brevemente la disciplina attuale per conseguire il trattamento previdenziale sia nel pubblico impiego che nel privato.

Pensione di Vecchiaia - Com'è noto la riforma Fornero, DL 201/2011 ha inasprito in generale i requisiti di accesso fissandoli a 66 anni per gli uomini (dipendenti ed autonomi) e per le lavoratrici del pubblico impiego; la riforma ha anche innalzato gradualmente i requisiti con riferimento alle lavoratrici del settore privato, con l'obiettivo di parificare l'età pensionabile tra uomini e donne entro il 2018 (anno in cui i requisiti anagrafici saranno equiparati). Il trattamento di vecchiaia è conseguibile a condizione che siano stati perfezionati almeno 20 anni di contributi ma per i lavoratori interessati dalla deroga prevista dal Dlgs 503/1992 sono sufficienti anche 15 anni di contributi (come precisato dalla Circolare Inps 16/2013).

I requisiti anagrafici utili per l'accesso alla pensione di vecchiaia restano peraltro oggetto dell'adeguamento alla stima di vita Istat a partire dal 1° gennaio 2013. Il primo aumento è stato di 3 mesi, il secondo aumento sarà pari a 4 mesi (si tratta però ancora di una stima non ufficiale) ed avrà effetto dal 1° gennaio 2016.

Per effetto delle modifiche introdotte dalla Riforma Fornero e dall'applicazione della stima di vita la pensione di vecchiaia potrà essere conseguita al perfezionamento delle età anagrafiche previste dalla seguente tabella.

Pensione anticipata - In alternativa al trattamento di vecchiaia i lavoratori possono accedere alla pensione indipendentemente dall'età anagrafica al perfezionamento di 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne); requisiti anch'essi da aggiornare alla stima di vita nei prossimi anni. In tale ipotesi resta ferma la disincentivazione qualora il lavoratore non abbia compiuto i 62 anni di età secondo le regole già in vigore prima del decreto legge 90/2014.

La risoluzione unilaterale nelle Pa - Nelle Pa non opera quell'istituto, previsto dalla Riforma Fornero, che incentiva la permanenza sul posto di lavoro sino all'età dei 70 anni. Ciò in quanto  l'articolo 2, comma 5 del dl 101/2013 ha stabilito che i limiti ordinamentali per la permanenza in servizio, fissati in linea generale a 65 anni, non sono stati elevati dal Dl 201/2011 e dunque possono essere superati soltanto qualora a tale età il dipendente non abbia già acquisito un diritto a pensione. Pertanto la risoluzione unilaterale deve essere esercitata al compimento dei 65 anni di età, e comunque prima del compimento dell'età per la pensione di vecchiaia, se il lavoratore - nel frattempo - raggiunge o ha già raggiunto i requisiti per la pensione anticipata (cioè 42 anni e 6 mesi di contributi, 41 anni e 6 mesi per le donne). La risoluzione in tal caso è obbligatoria.

Ma già a 62 anni, sempre laddove siano stati raggiunti i requisiti per la pensione anticipata, la Pa può, a sua discrezione, con un atto motivato e senza pregiudizio per le attività dell'ente, risolvere il rapporto di lavoro (articolo 1 del Dl 90/2014). Si tratta questa di una risoluzione facoltativa.  In questi casi il dipendente vedrà pertanto risolversi il rapporto di lavoro alcuni anni prima dell'età per la pensione di vecchiaia "standard" senza poter opporsi alla decisione della Pa. Questa facoltà, dapprima operativa sino al 2014, ora è stata resa "strutturale" e prevede che la Pa dia un preavviso di sei mesi al dipendente che intende collocare a riposo. La risoluzione potrà interessare anche i dirigenti.

Sottratti a queste regole i comparti del pubblico impiego non contrattualizzati per i quali, com'è noto, i limiti ordinamentali sono fissati a 70 anni (magistrati, professori universitari, avvocati dello stato) e pertanto la pensione non arriverà prima di tale data. Regole parzialmente diverse interessano anche i dirigenti medici e del ruolo sanitario nonchè i responsabili di strutture ospedaliere complesse (ossia i primari).

Via il trattenimento in servizio - Appare utile anche ricordare che il provvedimento ha abolito questo istituto a partire dal 1° Novembre 2014 (1° Settembre 2014 per il comparto scuola). Pertanto non sarà piu' possibile restare in servizio per un biennio dopo il compimento dell'età pensionabile. I lavoratori che ne stanno usufruendo saranno collocati in pensione d'ufficio a decorrere dal prossimo 1° Novembre.

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Nel decreto sblocca Italia, a sorpresa, spunta anche il rifinanziamento per il 2014 degli ammortizzatori sociali in deroga. La cifra stanziata è, secondo quanto risulta dalle bozze entrate nel consiglio dei ministri, di 728 milioni di euro. Kamsin Ma per recuperare risorse da destinare alla Cassa integrazione in deroga, il governo è stato costretto a tagliare altri stanziamenti. È stato, per esempio, completamente azzerato il «bonus Letta» per finanziare le assunzioni a tempo Indeterminato di giovani tra i 18 e i 29 anni.

 Quasi 300 milioni di euro, poi, saranno presi dal contributo integrativo dello 0,30 per cento che viene versato all'Inps e il cui scopo, almeno fino ad oggi, era quello di finanziare un fondo rotativo per facilitare l'accesso al Fondo sociale europeo e al Fondo regionale europeo. Tra le risorse che il governo ha azzerato per trovare i fondi necessari al finanziamento degli ammortizzatori in deroga, c'è anche una sorta di tesoretto di 103 milioni di euro destinati al salario di produttività che erano stati stanziati nel 2012, ormai due anni fa, e che sono rimasti inutilizzati. Infine, undici milioni sono stati messi insieme definanziando il fondo a favore degli interventi per l'occupazione giovanile.

Zedde

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