Nicola Colapinto

Nicola Colapinto

Nicola Colapinto, avvocato con specializzazione in diritto del lavoro, seguo le principali questioni giuslavoristiche e previdenziali per PensioniOggi.it. 

Sempre piu' a rischio l'ipotesi di estendere lo sgravio irpef degli 80 euro anche nei confronti dei pensionati e delle famiglie numerose.

Kamsin Sarà difficile garantire l'estensione del bonus degli 80 euro oltre il perimetro dei lavoratori dipendenti compresi tra 8 e 26 mila euro di reddito. A pesare sono le ristrettezze di bilancio aggravate dalla difficile congiuntura economica fotografata dall'Istat sotto forma di recessione, deflazione e consumi al palo. Per ora sul tavolo il governo deve trovare circa 10 miliardi di euro solo per confermare nel 2015 lo sgravio Irpef a chi lo prende già dallo scorso maggio. E per andare oltre sarà necessario verificare se e quanto funzionerà la spending review dalla quale il governo punta ad incassare non meno di 16 miliardi di euro l'anno prossimo. Traguardo difficile anche se al ministero il quadro sarà più chiaro fra un paio di settimane.

Le ipotesi di estensione riguardano essenzialmente i pensionati a basso reddito e le famiglie numerose. Nelle settimane scorse l'ipotesi circolata era quella di cancellare almeno l'Irpef sulle pensioni di importo mensile lordo compreso tra 625 e 665 euro. Cioè 1,2 milioni di pensionati tra 7.500 e 8.000 mila euro l'anno ai quali lo Stato chiede circa 45 euro al mese di tasse. In questo modo, dato che si tratta di contribuenti che non rientrano nella no tax area, a differenza dei dipendenti che fino a 8 mila versano zero euro di imposta, verrebbe sanata una palese ingiustizia. Ci vogliono circa 500 milioni di euro per condurre in porto questa operazione che, ragionano i consiglieri di Renzi, avrebbe il pregio di essere molto visibile nei confronti dell'opinione pubblica a differenza di altre opzioni prese in esame.

È comunque certo che i bonus che in qualche modo sono parte integrante del welfare italiano non verranno minimamente sfiorati. Si tratta in particolari delle detrazioni da lavoro e pensione che valgono quasi 38 miliardi (per 36 milioni di contribuenti). E non corrono rischi neppure le detrazioni per i familiari a carico per un valore di oltre 10 miliardi (3,5 per il coniuge e 6,7 per i figli). Più a rischio le spese sanitarie ( 2,3 miliardi per 14 milioni di contribuenti ), nel senso che potrebbe essere operata una selezione graduata in base al reddito.

Sul tavolo c'è anche il progetto di estendere il bonus alle famiglie numerose. L'idea potrebbe essere quella di alzare la soglia massima di reddito per le famiglie numerose e aggiustarla a seconda del numero dei figli: il limite potrebbe salire da 26 a 30 mila euro con due figli a carico, a 42 mila con tre e a 50-55 mila con quattro.

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Il Governo cerca le risorse per sbloccare  gli assegni funzionali, promozioni e scatti gerarchici delle forze dell'ordine. Angeletti: il blocco annunciato dalla Madia è un atto di disperazione.

Kamsin Per le forze dell'ordine possibile lo scongelamento, ma solo per il 2015, gli assegni di funzione che, a prescindere dall'avanzamento di grado e di carriera, spettano al raggiungimento, nell'ordine, di 17, 27 e 32 anni di servizio. E' questa l'ipotesi rilanciata dalle agenzie di stampa nelle ultime ore che potrebbe essere formulata da Renzi. L'ipotesi servirebbe ad accogliere parte delle richieste pervenute dai sindacati di polizia e del Cocer contro il blocco degli stipendi nelle Pa per un altro anno. Del resto era stato proprio il ministro della Pa Marianna Madia ad indicare, nei giorni scorsi, che i 2,1 miliardi necessari per scongelare i contratti degli statali fermi ormai dal 2010 non ci sono. Quindi nella prossima legge di stabilità ci sarà molto probabilmente il congelamento degli stipendi del comparto per un altro anno, almeno.

Il trattamento di favore per le forze dell'ordine sarebbe una misura una tantum, come riporta il Corriere della Sera, a parziale compensazione delle sostanze salariali andate in fumo negli ultimi anni. Con un costo pari a ben 80 milioni di copertura. In altri termini il governo sbloccherebbe, a partire da ottobre, assegni funzionali, promozioni e scatti gerarchici che fanno crescere le busta paga degli uomini in divisa che, nel periodo compreso tra il 2010 e il 2014, hanno maturato i cd. "diritti non ancora riconosciuti". Ciò significa che lo sblocco avvantaggerebbe solo i militari con maggiore anzianità di servizio mentre nulla andrebbe a favore delle reclute ed agli agenti più giovani in generale. Per loro solo il beneficio degli 80 euro che il governo Renzi ha indicato di voler rendere strutturale a partire dal 2015.

Blocco Stipendi Statali, Angeletti: E' un atto di disperazione - ''A fronte di alcune cose buone come gli ottanta euro, di cui tra un anno vedremo gli effetti, il blocco degli stipendi agli statali e' un gesto di disperazione. Si tratta di tagli lineari. Succede quando non si sa come governare, perche' governare vuol dire fare delle scelte. Chi governa deve dire dove e' ''il grasso che cola'' e tagliare li'. Se invece fai un taglio lineare cioe' togli i soldi a tutti a prescindere da quello che fanno, da quanto sia utile, fai un gesto di disperazione, dal punto di vista della politica economica, prendi i soldi nel modo piu' semplice''.

Lo ha detto Luigi Angeletti, segretario generale della Uil, ospite ad Agora' Estate su Rai3. ''Ma la cosa piu' grave - ha aggiunto - e' che noi abbiamo bisogno di una Pubblica Amministrazione che funzioni meglio. Uno dei problemi della nostra mancata competitivita' non e' solo quanto ci costa la Pubblica Amministrazione - che costa piu' o meno come in Francia e Germania - ma il vero problema e' la quantita' e la qualita' dei servizi che vengono offerti. Il problema burocratico: avere un'autorizzazione, una pratica, un certificato, una licenza. In Italia si distruggono posti di lavoro per queste ragioni. C'e' un lungo elenco di imprenditori italiani e stranieri che sono andati via per questi motivi''. ''Quindi'' - ha aggiunto - ''affrontare questo problema dicendo che ci sono tre milioni di persone che non fanno niente o guadagnano troppo e' un atto di disperazione, di incapacita' di scegliere, di non avere il coraggio di dire dei si' e dei no''

Blocco salari statali, Poletti: facciamo i conti con realta'Zedde

Il disegno di legge delega di Riforma della Pubblica Amministrazione prevede 10 deleghe da esercitare in un anno dall'approvazione. Con la Riforma saranno accentrati i concorsi e riprogrammati i meccanismi di assunzione nella Pa, riformata anche le dirigenza.

Kamsin La seconda tranche della Riforma della Pubblica Amministrazione, dopo il decreto legge 90/2014 approvato in via definitiva ai primi di Agosto, inizierà martedì prossimo l'iter in commissione Affari costituzionali del Senato. Si tratta del ddl delega presentato dal governo Renzi che dovrebbe portare ulteriori importanti novità nel pubblico impiego.

Il Ddl delega parte con 16 articoli e la previsione di 10 deleghe da esercitare nei 12 mesi successivi all'approvazione della legge. Gli obiettivi sono noti: innovare la Pa riorganizzando l'amministrazione dello Stato (centrale e periferica), riformare la dirigenza, ridefinire il perimetro pubblico e, tra l'altro, riordinare la disciplina del lavoro alle dipendenze della Pa. Con la Delega inoltre il governo punta soprattutto ad accentrare i concorsi e riprogrammare i meccanismi di assunzione, puntando sul calcolo dei fabbisogni del personale delle amministrazioni con il superamento delle vecchie dotazioni organiche.

L'altro punto chiave sarà la verticalizzazione dei poteri all’interno della struttura dell’esecutivo, contenuta nell’articolo 7, che costituisce una vera e propria spinta verso un modello di «governo del presidente». Tale delega, che dovrà essere attuata con successivi decreti, si propone di riformare il bilanciamento di poteri e funzioni messo a punto ormai 15 anni fa col decreto 300/1999 dal governo D’Alema. Il risultato sarà un depotenziamento delle prerogative dei singoli ministeri che potranno essere riviste dal Premier ove "necessario". Sempre nell'ottica di incrementare i poteri del Primo Ministro verrà rafforzato il ruolo di coordinamento e promozione dell’attività dei ministri da parte del premier e «il ruolo della presidenza del Consiglio nell’analisi e nella definizione delle politiche pubbliche».

Altro nodo critico sarà l'incidenza delle competenze sulle retribuzioni. In un'intervista recente il sottosegretario Angelo Rughetti ha infatti ricordato che il peso della retribuzione di risultato scenderà dal 30% del totale al 10%. Inoltre il 30% della busta paga sarà in futuro legata all'incarico momentaneamente svolto e quel pezzo di stipendio sarà perso in caso di mancata conferma.

Non sembra invece che il ddl contenga novità in materia previdenziale. Il ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia aveva indicato la volontà di introdurre, nel pubblico impiego, il part-time a cinque anni dalla pensione. La misura tuttavia è stata stralciata dal testo presentato dal governo in Senato.

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Il sottosegretario difende la posizione dell'Inps secondo la quale le lavoratrici devono aver scontato il periodo di finestra mobile entro il 31 dicembre 2015 per accedere al regime sperimentale.

Kamsin E' a tutti nota la vicenda che vede contrapposta l'Inps e le lavoratrici che da settembre 2014 matureranno i requisiti anagrafici e contributivi utili per esercitare l'opzione donna. La legge 243/2004 (articolo 1, comma 9) ha stabilito infatti che fino al 31 dicembre 2015 le lavoratrici possono conseguire il diritto all'accesso al trattamento pensionistico con i requisiti agevolati (57 anni e 35 di contributi) con la prestazione calcolata però con il sistema contributivo.

L'istituto di previdenza tuttavia, con la circolare Inps 35/2012, ha precisato che tale data va intesa quale termine ultimo entro cui deve considerarsi aperta la finestra mobile (12 mesi per le dipendenti, 18 per le autonome). Senza contare che, al requisito anagrafico (58 anni per le autonome e 57 per le dipendenti) dal 2013 si applica la maggiorazione di 3 mesi per l'adeguamento alla speranza di vita. Di conseguenza per le lavoratrici autonome il tempo utile per sfruttare questa possibilità è già scaduto, mentre per le dipendenti del settore privato e del pubblico impiego il termine è prossimo allo spirare.

Se da settembre dunque migliaia di lavoratrici potrebbero avviare decine di ricorsi per vedersi annullata la Circolare in questione, il sottosegretario al Lavoro Teresa Bellanova ha precisato che l'interpretazione dell'Inps in realtà è coerente con la legge 243/2004. Ciò in quanto "la legge prevede che entro il 31 dicembre 2015 il governo verifica i risultati della predetta sperimentazione al fine di una sua eventuale prosecuzione. Quindi nel 2015 il quadro deve essere completo e di conseguenza sono ammesse all'opzione solo le lavoratrici che maturano la decorrenza entro quell'anno. In caso contrario le interessate potrebbero presentare domanda anche nel 2016, rendendo impossibile chiudere la sperimentazione nei termini previsti" ha indicato il sottosegretario nel corso dell'audizione alla Camera lo scorso Giugno.

La questione tuttavia è tutt'altro che chiusa. In favore delle lavoratrici infatti si era schierato nei mesi scorsi il Parlamento approvando una mozione con cui impegnava l'esecutivo a rivedere la posizione "restrittiva" dell'Inps sulla vicenda per rendere fruibile la sperimentazione fino a tutto il 2015 (inteso quale termine per la maturazione dei requisiti e non la decorrenza). Ma il tentativo parlamentare di annullare l'interpretazione dell'istituto nazionale di previdenza non ha, sino ad oggi, sortito alcun effetto. Secondo Bellanova infatti non sono state trovate le necessarie coperture finanziarie per accogliere le richieste parlamentari.

Nelle ultime settimane c'era stato anche un tentativo da parte del Ministro Marianna Madia di estendere il regime sperimentale sino al 2018 in favore, peraltro, dei lavoratori uomini, con il ddl delega sulla Riforma della Pubblica Amministrazione. La misura tuttavia è stata stralciata dal testo che il governo ha presentato in Senato.

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La Riforma della Pubblica Amministrazione conferma l'abolizione del trattenimento in servizio. Via libera anche alla facoltà per le Pa di risolvere il rapporto al raggiungimento dei requisiti per la pensione anticipata.

Kamsin Con la pubblicazione in gazzetta ufficiale della legge di conversione del Dl 90/2014 è possibile fare un resoconto delle innovazioni apportate alla Riforma Fornero del 2011. E' bene ricordare da subito che l'impianto complessivo non è stato cambiato. La pensione anticipata resta conseguibile al perfezionamento di 41 anni e 6 mesi di contributi (42 anni e 6 mesi per gli uomini). La pensione di vecchiaia è ottenibile al perfezionamento di 66 anni e 3 mesi per gli uomini del settore privato e pubblico (e lavoratrici del settore pubblico); 63 anni e 9 mesi per le lavoratrici del settore privato; 64 e 9 mesi per le autonome. La portata innovatrice dell'intervento, dopo il dietrofront del governo al Senato è stata dunque piuttosto limitata.  

Per i dipendenti pubblici viene resa strutturale la facoltà (prima della modifica questa possibilità era riconosciuta sino al 31.12.2014) delle Pa di risolvere il rapporto di lavoro al compimento del 62esimo di età (65 anni per i medici) qualora il lavoratore abbia raggiunto la massima anzianità contributiva. In altri termini l'amministrazione potrà unilateralmente mandare a casa, con una decisione motivata, chi ha raggiunto i 42 anni e 6 mesi di contributi (41 anni e 6 mesi per le donne), dirigenti compresi (ad eccezione però dei professori universitari, primari e magistrati). L'altra innovazione del Dl Madia, sul comparto pubblico, è l'abolizione definitiva dei trattenimenti in servizio a partire dal 31 Ottobre 2014 (31 Agosto 2014 per il comparto scuola; 31 Dicembre 2015 per la magistratura). 

Altre novità riguardano la stretta al conferimento di incarichi a pensionati. Le pubbliche amministrazioni non potranno piu' conferire incarichi di studio e di consulenza, né incarichi dirigenziali o direttivi o cariche in organi di governo di amministrazioni pubbliche, a soggetti già lavoratori pubblici e privati collocati in quiescenza, a meno che non si tratti di incarichi o cariche conferiti a titolo gratuito (e per la durata massima di un anno). 

Non ci sono invece novità per i lavoratori del settore privato ed autonomo. In particolare è stato confermato l'attuale sistema di penalizzazioni che colpisce i lavoratori che accedono alla pensione anticipata prima del 62esimo anno di età. Qualora si chieda la pensione anticipata prima dei 62 anni di età, l'assegno viene corrisposto, per la quota retributiva, con una riduzione pari all'1% per ogni anno di anticipo, percentuale che sale al 2%, per ogni anno di anticipo che supera i 2. Ad esempio se si richiede la pensione anticipata dopo aver raggiunto i 42 anni a 60 anni, si riscuoterà, per la quota di pensione calcolata con il sistema retributivo (riferito all'anzianità accumulata sino a tutto il 2011), un assegno decurtato del 2%. Se invece la si richiede a 59 anni di età la decurtazione sale al 4%. 

Il Dl 216/2011, approvato subito dopo la riforma Fornero, esclude dall'applicazione delle riduzioni percentuali i trattamenti liquidati in favore di coloro che maturano il previsto requisito di anzianità contributiva entro il 31 dicembre 2017. Ciò a condizione che il possesso del requisito, derivi da: prestazione effettiva di lavoro; periodi di astensione obbligatoria per maternità, assolvimento degli obblighi di leva, infortunio o malattia; periodi di cassa integrazione ordinaria; astensione dal lavoro per la donazione di sangue; congedi parentali di maternità e paternità; congedi e permessi con riferimento a persone con handicap in situazione di gravità. Nel passaggio alla Camera della riforma Madia era stato approvato un emendamento che escludeva dalle penalizzazioni anche chi raggiungeva il requisito dei 42 anni con l'aiuto della contribuzione figurativa, da riscatto (laurea ad esempio) o da contribuzione volontaria. Dopo la bocciatura della Ragioneria generale, e l'approvazione definitiva del provvedimento, le penalizzazioni restano alle condizioni sopra descritte. 

Nulla di nuovo anche per quanto riguarda l'opzione donna. Le donne che vogliono andare in pensione con le vecchie regole — ossia a 57 anni di età con 35 di contributi (58 anni se lavoratrici autonome) — possono continuare a farlo, in via eccezionale sino al 2015, scegliendo un trattamento calcolato interamente con il sistema contributivo a condizione che la finestra si apra entro e non oltre il 31.12.2015.

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