Pensioni
Pensioni, Il ddl buona scuola dimentica i quota 96
La Rassegna Stampa
Il grande disegno di legge, ora in viaggio tra commissioni di Camera e Senato, sembrava il mezzo ideale per affrontare e risolvere la questione dei Quota 96. Kamsin Sono quei docenti che, arrivati sulla soglia della pensione, nel gennaio 2012 - governo Monti, ministro del Lavoro Fornero - si sono visti cambiare le carte sulla cattedra e hanno visto allontanarsi il loro riposo. Secondo le nuove regole, pensate per cancellare le pensioni d'anzianità, realizzate con l'accetta, gli insegnanti sessantenni prossimi alla quiescenza lavorativa avrebbero potuto salutare gli alunni solo se la somma della loro età anagrafica e contributiva non fosse stata inferiore a 96 (60 anni di età più 36 di contributi, per esempio). O se avevano quarant'anni di contributi. Risultato: almeno quattromila persone hanno visto spostare in avanti, in alcuni casi molto in avanti, il traguardo. Nel 2013, poi, le cose sono progredite in senso peggiorativo. A quella data la quota per la pensione era già salita a 97,3.
I "quota 96" non sono esodati della scuola, come erroneamente vengono chiamati. Non sono pensionati senza pensione. Sono aspiranti pensionati a cui si è chiesto di restare in cattedra ora un anno in più, ora due, ora tre. E loro, logorati da 35 stagioni di insegnamento a 1.300 euro il mese - insegnare a scuola, sì, logora - sono rimasti. Controvoglia. Impedendo a precari più giovani di entrare in ruolo.
Il premier Matteo Renzi aveva promesso che avrebbe preso in mano la situazione, che avrebbe trovato i soldi per chiudere i pasticci forneriani. E due emendamenti di Sel, approvati in aula, sembrarono aver sistemato la faccenda e i cinquemila: pensionamento alla prima finestra utile, settembre 2015. Ma la Ragioneria dello Stato intervenne motu proprio e cancellò gli emendamenti: non c'era copertura finanziaria. Renzi incassò la sconfitta e non riaprì più la questione. Maestri e prof sono tornati in classe e il disegno di legge "La buona scuola" semplicemente li ha ignorati. Anche se il deputato Pd Francesco Boccia aveva detto, dopo la bocciatura degli emendamenti: "La scelta è una ferita aperta tra il governo e la Commissione Bilancio". Anche se il viceministro dell'Economia, Enrico Morando, aveva assicurato che i soldi si sarebbero trovati proprio con il ddl "La buona scuola".
Dopo tre anni di rinvii a decreti successivi, i "Quota 96" sono fisiologicamente scesi a tremila (una decina di insegnanti sono deceduti, assicurano i sindacati), Visto che il miliardo stanziato per la grande riforma serve ad altro, c'è chi ipotizza di ricollocarli - stanchi, demotivati - nell'organico funzionale della nuova scuola italiana.
Di Corrado Zunino - Repubblica.it
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Esodati, Boeri: c'è qualcosa che non funziona nelle salvaguardie
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L'Inps non è un'associazione a delinquere". Il presidente Tito Boeri, intervistato da Radio Anch'io parla degli esodati: "Nel meccanismo delle salvaguardie per i lavoratori esodati c'è qualcosa che non funziona" dato che il numero delle persone che ne beneficiano nella pratica risultano meno di quelle previste.
Per questo a giugno l'Inps presenterà al Governo una "proposta organica su assistenza e previdenza": le misure sull'assistenza, spiega Boeri, sono quelle preannunciate per chi è "in una situazione di disagio" in "quella fascia di 55-65 anni". Per gli esodati "si pensa ad una forma di reddito minimo come già c'è per le altre fasce di età ed in ogni caso dopo una verifica della situazione reddituale". Ribadisce che "c'è una operazione di equità su cui stiamo riflettendo" che punterà "non a prendersela con chi ha pensione molto alta", ma su quelle non giustificate dai contributi. "Ci sono degli squilibri, delle condizioni relativamente di privilegio, persone che hanno ricevuto molto di più rispetto ai contributi versati".
Ancora presto però, frena, per capire quale è la soglia oltre la quale le pensioni verranno considerate molto alte. Interventi in questa direzione, precisa avranno proprio l'obiettivo di "finanziare interventi assistenziali per persone in quella fascia di età tra 55-65 anni". Boeri ha anche ribadito, dopo l'annuncio di ieri sera, che dal primo maggio l'Inps inizierà a fornire a tutti i lavoratori una simulazione sulla pensione futura, le codeste "buste arancioni": si partirà da maggio con "sette milioni ed ottocentomila persone" per poi allargare la platea a tutti.
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Riforma Pensioni, Boeri: proposta entro giugno per gli over 55
L'idea è garantire un ammortizzatore sociale di 700 euro al mese per i disoccupati over 55 in condizioni disagiate. Le risorse sarebbero reperite tramite un nuovo intervento sugli assegni piu' elevati.
Kamsin "A mio giudizio c’è un problema di equità che andrebbe affrontato. Si può chiedere qualcosa a chi ha delle pensioni molto alte che non sono giustificate dai contributi per contrastare la povertà soprattutto nella fascia 55/65 anni. Parola del presidente dell’Inps, Tito Boeri, intervistato ieri da Ballarò.
Il Piano Boeri
Per queste persone il presidente dell'Inps ipotizza un sostegno pari a circa 700 euro al mese (cioè 1,5 volte l'importo dell'assegno sociale), da erogare solo in presenza di determinate condizioni di reddito. Non sarebbe quindi una pensione vera e propria ma una sorta di reddito minimo per il quale andrebbero reperiti 1,5 miliardi di euro. Parte della somma sarebbe individuata tramite una revisione delle pensioni più elevate nelle quali ci sia un divario tra quanto si è versato con i contributi e quanto si percepisce come pensione retributiva.
"Chiarisco che l’Inps non ha potere legislativo, ha sottolineato. «Saranno il Governo e il Parlamento a decidere. Noi, utilizzando tutti i dati di cui disponiamo, faremo delle proposte articolate. La filosofia di fondo è quella dell’equità, noi faremo queste proposte per equità non per fare cassa». "Riteniamo che ci sono delle persone che hanno delle pensioni molto alte che non sono giustificate dai contributi che hanno versato durante l’intero arco della vita lavorativa. A mio giudizio c’è un problema di equità che andrebbe affrontato». In particolare - è l’ipotesi - «si può chiedere a queste persone di poter dare qualcosa per contrastare la povertà, soprattutto nella fascia 55/65 anni. Vogliamo per queste generazioni trovare un modo per contrastare la povertà e dare la possibilità di andare in pensione prima in modo sostenibile, quindi avendo una pensione più bassa».
Cantone (Cgil): ok a Boeri ma si tocchino solo le pensioni d'oro.
Siamo d’accordo con un intervento di equità sulle pensioni purché si lascino in pace quelle da lavoro i cui contributi sono stati accantonati uno per uno. Si intervenga piuttosto su quelle regalate, su quelle che sono veramente d’oro, su chi prende tre o quattro pensioni, sui vitalizi e sui grandi privilegi. Questa sarebbe una vera equità”. Così il Segretario generale dello Spi-Cgil Carla Cantone in merito a quanto dichiarato dal Presidente dell’Inps Tito Boeri.
“Ho piena fiducia nell’operato di Boeri – continua Cantone – ma ricordo sommessamente che l’Inps è di proprietà dei lavoratori e dei pensionati e che ogni decisione andrà discussa nel merito. Noi vogliamo confrontarci con il governo, a partire dalla necessaria revisione della legge Fornero fino al problema che nessuno ha mai voluto affrontare finora della crescente povertà degli anziani e dei pensionati”.
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Pensioni, Boeri rilancia la busta arancione entro fine anno
Più volte annunciata e rimandata, l'operazione «busta arancione» sarebbe ormai pronta a partire. Il sistema fortemente voluto dal neopresidente Boeri si rivolgerà a chi avrà almneo 5 anni di contributi versati.
Kamsin Entro quest'autunno l'Inps farà sapere agli italiani quando potranno andare in pensione e soprattutto quanto prevedibilmente percepiranno una volta lasciata l'attività lavorativa. E' quanto ha detto ieri il neo Presidente dell'Inps Tito Boeri, a margine di un convegno sul lavoro organizzato da Confapi industria a Milano, dopo anni di annunci e rinvii. Maggio dovrebbe essere la volta buona per rilanciare quindi la "busta arancione", quel sistema che consentirà di simulare la pensione futura sulla base di quanto finora versato, della retribuzione attesa e della data di ritiro dal lavoro.
L'obiettivo è far partire lo strumento, che si chiamerà "la tua pensione" nel «mese di maggio». Questa operazione, secondo Boeri, dovrebbe aiutare anche a fare in modo che «i contributi non vengano percepiti come tassa, ma come una forma di risparmio forzosa», oltre che rendere più consapevoli i lavoratori italiani dell'assegno previdenziale su cui potranno contare durante la loro vecchiaia. Sarebber state quindi superate le perplessità che finora avevano bloccato l'iniziativa, ovvero essenzialmente il timore di far conoscere importi futuri di pensione troppo bassi in particolare peri lavoratori più giovani.
Il lavoro inizierà sulle sperimentazioni già portate a termine in due riprese, alla fine del 2014 e all'inizio di quest'anno, che hanno coinvolto in entrambi i casi circa 12 mila cittadini. Nell'occasione i lavoratori erano stati selezionati per fascia di età, quelli minori di 40 anni, quelli tra quaranta e cinquant'anni e poi quelli fino ai sessanta.
Nella versione definitiva, che scatterà a settembre, l'operazione dovrebbe interessare invece tutti gli iscritti con almeno cinque anni di contribuzione, partendo dal Fondo lavoratori dipendenti; in seguito toccherà a parasubordinati e autonomi. I dati indicati riguarderanno la data prevista di pensionamento secondo le regole vigenti (che comprendono già l'evoluzione dell'aspettativa di vita) e l'importo stimato del trattamento previdenziale, in base naturalmente di ipotesi sulla prosecuzione dell'attività lavorativa e sullo scenario economico.
La simulazione non arriverà a casa in una busta arancione, perché secondo Boeri ci sono le nuove tecnologie: tutto si farà online, utilizzando il sito internet e i codici personali per i servizi Inps. Staremo a vedere
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Pensioni, gli effetti della Riforma Fornero sono stati "modesti". Ma non scherziamo!
E' uscito oggi un articolo sul Sole 24 Ore che vorrei segnalare in quanto definisce del tutto "modesto" l'effetto prodotto dalle ultime riforme previdenziali della Riforma Fornero. Secondo il Quotidiano della Confidustria le "nuove regole previdenziali introdotte negli ultimi anni, dalle finestre mobili di Maurizio Sacconi ai più stretti requisiti di età e contribuzione di Elsa Fornero, hanno avuto un effetto piuttosto modesto sull'età di pensionamento effettiva degli italiani se si guarda alla media generale alla decorrenza del primo assegno Inps. Tra il 2009 e i primi due mesi del 2015 sono andati in pensione un milione e 503.450 lavoratori, di cui 745.495 con l'anzianità (o l'anticipo) e 757.955 con la vecchiaia. Per loro l'età media non è mai stata più alta di 62 anni e sei mesi".
L'autore procede indicando che "in sei anni dunque - tenendo conto del fatto che il dato di inizio 2015 non è ancora adeguatamente popolato - l'età media effettiva di pensionamento è aumentata di sette mesi e una settimana. L'età media all'incasso del primo assegno Inps, in particolare, è aumentata di tre anni per le pensioni di vecchiaia (dai 62,5 del 2009 ai 65,6 del 2014) e di quasi un anno per quelle di anzianità (dai 59 anni ai 59,9 anni)". Kamsin Ad avviso dello scrivente tali cifre così diffuse sono del tutto fuorvianti, quasi si voglia a tutti i costi far passare l'idea che l'incremento dell'eta' pensionabile previsto dalla Riforma Fornero non sia stato così importante e che non abbia inciso sulle scelte dei lavoratori.
Ma con i numeri bisogna fare attenzione. Basta voler prendere in considerazione solo alcuni aspetti tralasciandone altri che si fa passare un messaggio invece che un altro. Ed il trucco è presto svelato: prima di tutto nei dati si inseriscono "le pensioni supplementari, i prepensionamenti, gli assegni di invalidità trasformati al raggiungimento dell'età di vecchiaia e le pensioni erogate agli ex esodati", prestazioni che vengono liquidate con requisiti ridotti rispetto alla legge Fornero. Poi si specifica che "ad abbattere l'aumento di età effettiva ci sono le numerose deroghe previste dal nostro ordinamento e che consentono il ritiro anticipato: i lavoratori usuranti, i marittimi, i minatori, le diverse gestioni speciali (dai lavoratori del trasporto alle ferrovie al volo, dove l'età di pensionamento è di 60 anni). E c'è l'effetto del regime sperimentale e transitorio riservato alle lavoratrici dalla riforma Maroni (legge 243/2004) che prevede il possibile ritiro anticipato con 35 anni di contributi a 57 anni di età se dipendenti e 58 se autonome". A parte l'imprecisione sui ferrovieri (costoro vanno in pensione con le regole Fornero) è chiaro che calcolare l'eta pensionabile effettiva considerando anche queste tipologie di lavoratori distorce l'analisi.
La verità però è un'altra. La maggior parte di questi lavoratori sono andati in pensione tra il 2012 ed il 2014 con le norme ante-fornero perchè avevano maturato i requisiti entro il 2011. Quindi l'effetto della Riforma Fornero non può certamente essere evidenziato da tali dati e ne' può essere quantificato in sette mesi e una settimana come si vuole far credere. Al massimo tale incremento può essere ricondotto alla normativa antecedente a quella Fornero. Qualcosa da dire lo avrebbero le centinaia di migliaia di lavoratori che si sono visti aumentare in un solo giorno di sette anni (non sette mesi!) l'eta' per la pensione e che in quei numeri non sono rientrati nè ci rientreranno per molto tempo ancora.
A pensar male pare si direbbe che si vuole spegnere sul nascere qualsiasi intervento di riforma delle pensioni, tema tornato d'attualità dopo le recenti aperture del Ministro Poletti. Non a caso l'autore sostiene che "quella sull'età effettiva di pensionamento è una delle statistiche prese in esame dai comitati tecnici della Commissione europea (...) e dall'Ocse per verificare l'impatto delle riforme. Sono dati su cui riflettere prima di introdurre le nuove misure, di cui tanto si discute, per favorire una maggior flessibilità in uscita".
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A cura di Massimiliano Cendon
Riforma Pensioni, la Camera sollecita un intervento sui lavoratori autonomi
Proseguono i lavori in Commissione per spingere ad una riforma delle tutele e delle aliquote contributive per i lavoratori autonomi iscritti alla Gestione Separata.
Kamsin Riprenderà domani in Commissione Lavoro alla Camera dei Deputati l'esame delle risoluzioni volte ad impegnare il Governo ad una revisione delle tutele per i prestatori di lavoro autonomo e professionale. Le risoluzioni, presentate da M5S, Lega Nord, Sel e Partito Democratico chiedono al Governo di allineare le aliquote contributive della Gestione Separata a quelle vigenti nelle gestione artigiani e commerciati; eliminare la doppia contribuzione nella Fondazione Enasarco per gli agenti di commercio; rivedere le tutele riguardanti la malattia, la maternità con l'introduzione di adeguate politiche di sostegno al reddito; salvaguardare la contribuzione già versata alla gestione separata INPS in caso di conversione dei contratti atipici in contratti di lavoro a tempo indeterminato a tutele crescenti. L'obiettivo, ricordano dalla Commissione, è raggiungere un testo unificato e condiviso da tutti i gruppi politici.
L'iniziativa è volta comunque a sollecitare un piu' ampio intervento sul lavoro autonomo dopo le aperture dell'esecutivo registrate nelle scorse settimane: il consigliere economico di Renzi, Tommaso Nannicini, si è detto disponibile a cercare di tradurre le istanze del mondo autonomo in un disegno che sia organico e realizzabile. Dopo l'«autogol» — come lo definì lo stesso premier — del cambio di regime fiscale dei minimi, l'esecutivo si è persuaso che vada varato un provvedimento specifico da portare al Consiglio dei ministri nel giro di qualche mese, comunque prima della prossima legge di stabilità. Un progetto su cui si stanno impegnando anche, con un nuovo protagonismo, il cartello di associazioni Alta partecipazione, Acta e Confprofessioni
«Assieme a Grecia e Portogallo siamo gli unici Paesi europei a non avere una legge sul lavoro autonomo. E il momento quindi di ricostruire un nuovo patto con questo mondo. Con un testo condiviso che non ghettizzi i professionisti, renda più omogeneo il loro trattamento rispetto a commercianti e artigiani, ma nel contempo colga alcune specificità», ha detto l'onorevole Pd Chiara Gribaudo.
Tradotto, significa anzitutto riportare indietro al 24% l'aliquota contributiva dei professionisti iscritti alla gestione separata Inps, oggi al 27,72% e destinata ad arrivare al 29% nel 2017 e poi a schizzare al 33%, un livello insostenibile. «Una richiesta minima e dovuta», la definisce il presidente della commissione Lavoro della Camera, Cesare Damiano (Pd), «dopo che il governo con il Jobs act ha riordinato i contratti e distinto fra lavoro subordinato e autonomo. Ora tutti quelli che restano autenticamente autonomi devono avere la stessa aliquota di commercianti e artigiani». Insieme andrebbero rivisti, per i lavoratori iscritti a Casse professionali, anche i versamenti dei minimali «ai quali non corrisponde come contropartita neppure un minimo di pensione».
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