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Il prossimo intervento sulle pensioni che si aprirà ufficialmente da giugno, dopo le elezioni amministrative, non sarà accompagnato da tagli agli assegni superiori ai 2mila euro al mese.

Kamsin Non c'è alcun progetto per tagliare gli assegni superiori a 2mila euro al mese, quelli calcolati con il sistema retributivo. Lo ha detto ieri il ministro del Lavoro, Giuliano Poletti, alla Camera nel question time dove un'interrogazione sollevata da Forza Italia ha chiesto conto delle proposte di intervento, in particolare sulle pensioni di importo elevato, come aveva suggerito il presidente dell'Inps, Tito Boeri. «Per quanto concerne la riduzione delle pensioni superiori ai 2 mila euro, che è stata qui citata come una delle opzioni — ha detto Poletti — credo di poter dire in modo molto chiaro che il governo ha espresso chiaramente l'intenzione di non voler procedere in questa direzione, né all'interno della spending review né per quello che riguarda un eventuale intervento sul tema generale della previdenza».

Il neo-presidente ha infatti avviato un'operazione trasparenza tramite la pubblicazione di alcune schede sul sito dell'Inps, che prefigurano un ricalcolo delle pensioni relativamente ad alcune categorie, quasi a voler fare intendere che gli attuali trattamenti pensionistici per queste categorie di lavoratori possano essere rivisti alla luce del sistema contributivo.

Ieri alla Camera è stato presentato anche il "Bilancio del sistema previdenziale italiano" realizzato dal comitato scientifico dell'associazione Itinerari previdenziali, presieduta da Alberto Brambilla. 

Il saldo tra entrate e uscite – affermano gli estensori del Rapporto – è negativo e “il disavanzo complessivo di gestione ha raggiunto nel 2013 i 25,360 miliardi (+ 22% sul 2012). Si tratta di un notevole peggioramento dei conti che ci riporta ai saldi del 1995”. Un esito attribuito innanzitutto alla riduzione dei lavoratori attivi con la conseguenza di un rallentamento delle entrate contributive a causa della crisi economica. Le gestioni che concorrono maggiormente al disavanzo complessivo sono: la gestione dei dipendenti pubblici (Inpdap), la gestione ex Ferrovie dello Stato, la gestione relativa ai lavoratori agricoli autonomi,  quella degli artigiani, e in generale tutti i cosiddetti Fondi speciali confluiti con contabilità separate nel Fondo pensione dei lavoratori dipendenti.

Il saldo positivo viene garantito dai commercianti, lavoratori dello spettacolo (ex Enpals) e i lavoratori parasubordinati (Gestione separata), oltre alle Casse dei liberi professionisti (escluse Inpgi e Cipag).

Il rapporto Brambilla difende anche gli assegni già liquidati ricordando che il tasso di rendimento delle pensioni col retributivo calava notevolmente oltre la soglia di 44 mila euro di reddito e che queste pensioni sono già state penalizzate con ripetuti interventi di blocco della indicizzazione ai prezzi e con l'imposizione di contributi di solidarietà. Quindi queste prestazioni sono già state "compresse a sufficienza". Inoltre, sottolinea il rapporto, le pensioni che incorporano in proporzione la parte maggiore di importo non corrispondente a quanto versato non sono le cosiddette pensioni d'oro ma quelle integrate al minimo, quelle frutto di prepensionamenti, erogate da fondi speciali e le baby pensioni del pubblico impiego. Basti pensare che ben 8,5 milioni di pensionati (il 52,2% del totale) ricevono prestazioni «totalmente o parzialmente a carico della fiscalità generale».

Al convegno ha partecipato anche il sottosegretario all'Economia, Pierpaolo Baretta, autore con Cesare Damiano, pure presente all'incontro, della proposta di legge per la flessibilità pensionistica in uscita con penalizzazioni tra i 62 e i 66 anni (con 35 di contributi). «Ha un costo -  hanno riconosciuto Baretta e Damiano - ma si può partire da lì con la riflessione sulla correzione alla riforma Fornero, sapendo che si dovrà ottenere un via libera dall'Europa».

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La Commissione Bilancio chiede lo stralcio della possibilità per i comuni capoluogo di provincia e per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti di reclutare il dirigente apicale anche al di fuori del ruolo unico.

Kamsin Il Senato è pronto a licenziare il Ddl di riforma della pubblica amministrazione nel testo uscito dalla commissione affari costituzionali. Da ieri sono iniziate le votazioni sui primi due articoli del provvedimento, quelli sulla carta della cittadinanza digitale e sulla Conferenza dei servizi; le votazioni proseguiranno nella giornata di oggi con l'obiettivo di arrivare al primo via libera di Palazzo Madama entro il 23 Aprile. Il testo del provvedimento rimarrà pressochè immutato.

Il Governo si è detto infatti soddisfatto del lavoro espresso in Commissione anche se alcune limature al testo sono state chieste ieri dalla Bilancio. La commissione guidata da Antonio Azzollini ha infatti espresso parere positivo sul provvedimento con alcune condizioni che dovranno essere recepite dal relatore con appositi emendamenti nei prossimi giorni. In particolare salta la possibilità di reclutare i segretari comunali fuori dal ruolo unico per i comuni capoluogo di provincia e per i comuni con popolazione superiore a 100.000 abitanti. Resta però la norma transitoria che vuole far confluire gli attuali segretari comunali nel ruolo unico della dirigenza con la possibilità per tre anni di continuare a svolgere le relative funzioni.

Dovrebbe arrivare anche un dietrofront sulla previsione secondo cui anche i dirigenti delle camere di commercio sarebbero dovuti confluire nel ruolo unico della dirigenza. No anche alla previsione del superamento degli automatismi di carriera per i dirigenti. Per quanto riguarda poi l'attribuzione all'Inps delle visite mediche per malattia dei dipendenti pubblici, è stato precisato che ciò debba avvenire «previa intesa in sede di conferenza Stato-Regioni e province autonome di Trento e Bolzano per la quantificazione delle risorse finanziarie e per la definizione delle modalità di impiego del personale medico».

Arriva anche la norma che riconosceva alle regioni a statuto speciale e alle province autonome di Trento e di Bolzano, nel rispetto dei rispettivi statuti speciali e delle relative norme di attuazione, la potestà legislativa in materia di lavoro di tutto il proprio personale. Infine, la commissione bilancio ha osservato che il reclutamento dei dirigenti degli organi costituzionali tramite corso-concorso o concorso generale «interferisce con l'autonomia contabile e funzionale» di tali organi che si sostanzia nella «formulazione dei fabbisogni di personale, nell'individuazione delle professionalità necessarie, nella particolare procedura di trattazione delle controversie in materia di reclutamento».

Il ministro Marianna Madia ha ribadito però che dall'esecutivo non arriveranno nuovi ritocchi. Madia in Aula ha anche precisato che «il Corpo Forestale dello Stato» verrà eventualmente assorbito «in uno degli altri Corpi di Polizia», ma le funzioni di controllo rimarranno intatte sul territorio.

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Tra le novità più rilevanti, l'opportunità di saldare le somme dovute per riscattare gli anni di studio, di pratica forense e di attività civili e militari in un arco più lungo, esteso fino a dieci anni.

Kamsin Arriva l'ultimo tassello per i nuovi criteri, per il "riscatto della laurea previsti da Cassa forense". E' stato, infatti, pubblicato in Gazzetta Ufficiale il comunicato di accoglimento della delibera, risalente a dicembre 2014, da parte dei ministeri del lavoro, della giustizia e dell'economia. Nello specifico il riscatto degli anni della laurea in giurisprudenza, del servizio militare e di quello civile, nonché del periodo del praticantato potrà essere rateizzato fino a 10 anni con una riduzione dell'interesse da corrispondere dal 4% al 2,75% annuo.

Diritto che potranno esercitare gli avvocati iscritti alla Cassa in regola con le comunicazioni reddituali e col versamento dei contributi, ma pure chi è stato cancellato dalla Cassa, ma conservi il diritto alla pensione di vecchiaia, i titolari di pensione di inabilita', nonché i superstiti che possano così conseguire il diritto alla pensione indiretta.

Gli anni in tal modo «recuperati» comporteranno un aumento di anzianità di iscrizione e contribuzione pari al numero di quelli riscattati. È «un investimento per il futuro della nostra categoria, che godrà di una dilazione importante nell'attuale stagione di crisi economica, sostiene Nunzio Luciano, presidente della Cassa Nazionale Forense. Le nuove norme saranno applicabili (a richiesta dell'interessato) alle domande di riscatto già presentate, per le quali non sia, però, scaduto il termine per la corresponsione della prima rata; il tasso del 2,75% annuo non subirà variazioni, perché «sarà mantenuto per l'intero periodo della rateazione».

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L’importo della pensione non può eccedere quanto sarebbe stato erogato applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate dall’assicurato.

Kamsin Ricalcolo piu' soft per gli assegni di coloro che hanno almeno 18 anni di contributi al 31 dicembre 1995. La Circolare Inps 74/2015 chiarisce, infatti, che dovrà essere messo in pagamento l'importo minore tra la cifra determinata con il sistema di calcolo vigente (cioè retributivo sino al 2011 e contributivo pro rata dal 1° gennaio 2012) e quella determinata applicando il calcolo interamente retributivo per tutte le anzianità contributive maturate dall’assicurato.

Ma l'assegno determinato con questa seconda modalità di calcolo sarà tuttavia meno penalizzante rispetto a quanto si riteneva all'indomani dell'approvazione della misura. Infatti da un lato l'Inps precisa che potranno essere valorizzate con l'aliquota di rendimento prevista con il sistema retributivo (2% e poi mano mano decrescente al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile) anche le anzianità contributive eccedenti i 40 anni di contributi (superando il concetto di massima anzianità contributiva); dall'altro l'istituto indica che possono essere valorizzati tutti i periodi lavorativi accreditati compresi quelli eventualmente maturati dalla data di conseguimento del diritto a quella di effettiva corresponsione della pensione.

Insomma per confrontare l'importo dell'assegno in essere si utilizzerà un calcolo retributivo diverso da quello in vigore fino al 31 dicembre 2011 e piu' favorevole potendosi derogare al limite massimo di anzianità contributiva valorizzabile. Rimarranno invece inalterati i criteri per la determinazione della retribuzione pensionabile e delle aliquote di rendimento per la generalità dei lavoratori che com'è noto decrescono al crescere dell’importo della stessa retribuzione pensionabile.

L'Inps, come indicato, metterà in pagamento l’importo minore determinato dal raffronto fra i due sistemi di calcolo.

Gli effetti - I lavoratori maggiormente colpiti dall'innovazione, cioè quelli per i quali l'importo del trattamento determinato attraverso il secondo sistema di calcolo è inferiore a quello attualmente vigente, sono coloro che cessano con un'anzianità anagrafica superiore all'età prevista per la pensione di vecchiaia (cioè oltre i 66 anni e 3 mesi) e con retribuzioni medie superiori a circa 46mila euro annui, cioè superiori al tetto pensionabile vigente nel sistema retributivo. 

Costoro, infatti, non avendo nessun massimale sulle retribuzioni, riescono a valorizzare, con il sistema contributivo, l'intera cifra sulla terza quota di pensione (quota C) ottenendo, quindi una prestazione superiore a quella determinata con il secondo sistema di calcolo grazie anche all'attivazione di coefficienti di trasformazione piu' succulenti perchè calcolati sino al 70° anno di età.

Il perimetro di applicazione del taglio risulta quindi interessare potenzialmente soprattutto i professori universitari, i dirigenti, i medici, i magistrati e alti funzionari delle forze militari o dello stato (i cd. grand commis) che com'è noto possono restare in servizio sino a 70-75 anni sfruttando retribuzioni medie lorde ben superiori ai 100mila euro; mentre non dovrebbero sussistere effetti negativi per i lavoratori con retribuzioni medio-basse che magari si trattengono oltre il 40° anno di versamenti sul posto di lavoro. Cio' in virtu' proprio del superamento del concetto di massima anzianità contributiva che, altrimenti, avrebbe costituito un ulteriore limite alla crescita degli assegni nel sistema retributivo determinando la spiacevole conseguenza di travolgere anche gli assegni di importi bassi.

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L’idea di introdurre un criterio di flessibilita’ nel sistema pensionistico si fa sempre piu’ strada: oltre a Poletti e Boeri abbiamo le dichiarazioni di Gutgeld, consigliere economico di Renzi, e dell’ex ministro Fornero, che hanno sostenuto che si puo’ ‘rendere l’eta’ pensionabile piu’ flessibile, a condizione che chi si ritira prima prenda di meno’”. Kamsin Lo dichiara in una nota Cesare Damiano, Presidente della Commissione Lavoro alla Camera. “Sul merito – prosegue – possiamo avere delle differenze, ma non c’e’ dubbio che l’idea della flessibilita’ e’ quella giusta. In Commissione lavoro della Camera è ripresa la discussione sulle correzioni al sistema pensionistico e decideremo di avere in audizione, accanto alle parti sociali, anche il ministro del Lavoro ed il Presidente dell’INPS”.

“Sul tavolo – prosegue Damiano – c’e’ la proposta del PD: poter scegliere di andare in pensione a partire dai 62 anni con 35 anni di contributi e con una penalizzazione massima dell’8%. Il Governo si confronti e non si fermi di fronte a due prevedibili ostacoli: il primo, e’ quello delle risorse che, a nostro avviso,  possono essere stornate dalla montagna di risparmi miliardari che registriamo dal 2012, ben oltre le previsioni della stessa Ragioneria. Il secondo, e’ l’ostilita’ della Unione Europea che pretende sempre di dettare legge quando si tratta di pensioni (da tagliare) e di licenziamenti (da rendere piu’ facili), alla quale va detto con chiarezza che le correzioni che noi proponiamo non mettono in discussione l’impianto della “riforma”. Si tratta, invece, di un intervento di giustizia sociale che puo’ aprire, con l’incremento del turnover, l’ingresso dei giovani nel mercato del lavoro” conclude il deputato PD.

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